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Autore: thelandofstories    18/10/2013    2 recensioni
| Kurtbastian; Min. Klaine |
Dal Prologo: "Nuovi vicini, per il piccolo Kurt, di soli cinque anni, potevano dire, probabilmente, solo una cosa: un nuovo amichetto con il quale passare più tempo." (...) "Solo una volta, Kurt, sembrò quasi cedere alla sua richiesta. Quella solita volta, in cui, fu minacciato di morte."
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, Crack Pairing | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Sebastian Smythe
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate
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Capitolo Uno - Protect your friend.

Le loro strade avevano preso una piega diversa, a differenza di quando erano bambini.
Si erano trovati davanti ad un bivio, dopo le medie.

Sebastian aveva preso la strada di sinistra e Kurt, quella di destra, ma, anche se le loro strade non si sarebbero mai più incontrate, loro riuscivano a trovare dei piccoli sentieri, dove, grazie ad essi, le loro strade, per poco si sarebbero incrociate, dando modo, ai due ragazzi, di passare del tempo insieme.

Loro non si erano mai ‘lasciati’; Sebastian ci sarebbe sempre stato, per Kurt e, quest’ultimo, ci sarebbe sempre stato per il primo e, entrambi, lo sapevano.

Certo, si vedevano sempre di meno a causa degli impegni diversi, ma, a volte, bastava una chiamata su Skype, un messaggio durante le ore di lezione o una visita veloce durante la settimana, per tirare su il morale dell’altro. Spesso erano proprio quelle loro piccole visite fuori programma che rallegravano la giornata di Kurt.

SMS. 10:45 am: “Oggi è Sabato, Seb. Hai da fare prima di uscire, questa sera?”
SMS. 11:00 am: “Ngh, sì. Mi dispiace tantissimo Kurt!”

Quel , un po’, ferì Kurt che, ancora prima di chiedere, aveva già fatto i programmi per quella giornata.

Come sempre.
Non riusciva proprio a metterselo in testa che, con Sebastian, non si potevano fare progetti a lungo termine, perché lui aveva sempre qualcosa da fare. Non che, comunque, non si vedessero, certo, ma passare una giornata intera da soli, era meglio delle solite scappatelle che si concedevano durante la settimana.

Sospirò, Kurt, facendo spallucce, prima di posare il telefono sul comodino e si sdraiò sul letto, per poter fissare il soffitto.

Amava il Sabato e la Domenica.

Non era facile, per Kurt Hummel, essere Kurt Hummel e frequentare una scuola pubblica, piena di bulli, gente che ti giudica, già alla mattina presto, appena metti piede dentro l’edificio e piena, soprattutto, di gente che farebbe di tutto per vederti, probabilmente, morto.

Oppure, forse, nemmeno si sarebbero mai accorti, della tua assenza, in quei corridoi.
Probabilmente sarebbero solo stati dispiaciuti della perdita di un oggetto da deridere.
Perché lui, per loro, non era altro che quello: un oggetto. Un passatempo. Un qualcuno o, meglio, un qualcosa, da prendere in giro e deridere.

Kurt non aveva mai avuto un bel rapporto né con la squadra di Football, né con le cheerleader, né tantomeno con la gente, in generale.
Nessuno sopportava il fatto che fosse gay. O, almeno, lo sopportavano in parte.
In quel piccolo liceo di Lima, Ohio, essere gay, era come avere la peste, se non eri nessuno.

Però lui aveva, dalla sua parte, una protezione.
Solo con lui, ogni tanto, riusciva a salvare il completo nuovo di Marc Jacobs, che aveva appena ordinato su internet.
Blaine Anderson; anche lui gay dichiarato e riusciva a vivere, senza l’aiuto di nessuno.

Perché? Semplice.
Lui faceva parte dei bulli. Lui ne era a capo.

Kurt, per avere salvare la sua faccia, doveva sottostare ai suoi ricatti, in una relazione senza amore.
Si stavano usando a vicenda: Kurt usava Blaine per sopravvivere senza difficoltà, Blaine usava Kurt per suo interesse personale.

E Sebastian lo sapeva. Lo sapeva e aveva cercato, più volte, di fargli capire che quella era una relazione insana, che non poteva portare avanti, ma Kurt continuava a ripetergli che una volta finito il liceo, Seb, io e te ce ne andremo a New York e nessuno dei due dovrà più avere a che fare con tutto questo.

Ed era solo New York, la cosa che faceva sì che, Kurt, non tentasse il suicidio ogni giorno. Era difficile, ma ormai era all’ultimo anno e tutti i giorni, si ripeteva che poteva farcela.
Che lui avrebbe brillato, a New York.
Che, a Broadway, si sarebbe sentito, finalmente, a casa.
Che, quei bulli, non avrebbero mai avuto la meglio.

Ma, nella sua vita, c’era anche quell’Anderson. Quello era un problema che nasceva tutti i giorni e cresceva, veramente. Quando Kurt pensava di averlo capito, Blaine se ne usciva con qualcosa di nuovo e orribile, ma Hummel cercava, a quel punto, solo di sopravvivere.
Si stava riaddormentando, ma la vibrazione del cellulare, contro il legno del comodino, lo fece sussultare ed allungare, con pigrizia, la mano verso l’oggetto, mugolando piano per lo sforzo.

Si morse il labbro inferiore, prima di sbloccare il touchscreen e piegò un ginocchio contro il letto, prima di darsi una leggera spinta e sdraiarsi su un fianco.
Era un altro messaggio di Sebastian.

SMS. 11:20 am: “Kurtieee! Indovina chi è sotto casa tua?”

E Kurt sorrise.

Si alzò di fretta dal letto, abbandonando il cellulare su di esso e si precipitò giù dalle scale, lasciando Burt un po’ confuso, sul motivo di tutta quell’agitazione il Sabato mattina. Arrivò davanti alla porta di casa e l’aprì, sorridendo felice, prima di gettare le braccia al collo di Sebastian che, effettivamente, era davanti alla sua porta, con un mazzo di fiori tra le mani.

“Sei il solito cretino! Per quale motivo non hai suonato il campanello?”
“Perché, se avessi suonato il campanello, sarei stato uno qualunque.”
Mormorò, Sebastian, dopo aver posato un bacio sulla testa di Kurt che, dopo quel piccolo bacio, si allontanò un po’ da lui, sfilando il mazzo di fiori dalle mani del francese per portarlo vicino al viso ed annusare il profumo delle rose.

“Sono bellissime.”
“E le tue preferite.”
Burt, nel frattempo, che stava osservando la scena dal salotto, guardò negli occhi Sebastian e gli fece un cenno di entrare in casa.

“Hai tempo per gli Hummel, Smythe?”
“Mh-mh… Sono riuscito a fuggire da mia madre, per poter passare un po’ di tempo qui. Spero che non le dispiaccia.”
“Oh, figliolo. Ti ho detto un centinaio di volte di darmi del tu. Non serve che tu sia così formale.”
Burt sapeva che tra Sebastian e Kurt non c’era nulla che implicasse una relazione, ma gli piaceva come il francese trattava suo figlio. Lui amava il modo in cui brillavano gli occhi di Kurt quando parlava del suo migliore amico. Sembravano molto legati a chiunque li conoscesse.

Anche dopo la morte di Elizabeth, le loro famiglie, erano rimaste molto unite e Sebastian ogni tanto fuggiva da casa sua per passare una settimana o anche due a casa Hummel.
I suoi genitori lo sapevano, per questo non si arrabbiavano.
Si fidavano di Burt e della sua nuova signora e sapevano che avrebbero sempre trattato Sebastian come se fosse figlio loro.

E poi entrambe le famiglie erano felici della loro amicizia: Sebastian faceva bene a Kurt e Kurt faceva bene a Sebastian.

Mentre Sebastian e Burt discutevano sull’educazione del primo, Kurt era entrato in casa e si era precipitato in salotto per recuperare un vaso ed infilarci dentro le sue rose sorridendo.
Era felice di quel piccolo regalo.

“Papà, io e Sebastian andiamo un po’ di sopra. Va bene?”
“Mh-mh… Certo.”
Dopo il via libera del più grande degli Hummel, Sebastian seguì Kurt al piano di sopra, nella sua stanza e, mentre il proprietario di essa chiudeva la porta, l’ospite di accomodava sul suo letto, guardandolo con un sorriso.

“Come va, Kurtie?”
“Mh… Insomma…”
Sospirò Kurt e rimase appoggiato con la schiena contro la porta, abbassando il viso, dopo quella domanda.

Smythe, nel vederlo in quello stato, sospirò a sua volta e diede due pacche con la mancina sul letto, nel posto vuoto accanto a sé, per attirare l’attenzione dell’altro ragazzo e fargli capire che voleva che si sedesse lì con lui.
Hummel obbedì e si staccò con la schiena dalla porta, prima di raggiungere il suo migliore amico e sedersi accanto a lui.

“Ancora Blaine?”
Sebastian non contò i minuti effettivi nei quali vide Kurt sbiancare poco prima di vederlo stringersi nelle spalle ed annuire, lentamente.

Kurt non rispose a quella domanda.
Gli bastava il nome per andare in panico.

“Perché non lo dici a tuo padre?”
“Sebastian, no…”
“Kurt io sto solo cercando di aiutarti. Quello è pazzo e vuole solo farti del male. Non credergli quando ti dice il contrario.”
“Ma io… Davvero, non fa nulla. Io sto bene.”
Il francese, a quelle parole, scosse la testa in segno di negazione e, ancora prima che potesse rispondere, Kurt si gettò tra le sue braccia, stringendo tra le dita la giacca di pelle scura che non si era ancora tolto da quando era entrato. Dopo quel gesto sospirò e posò la testa su quella dell’altro, stringendolo tra le braccia, quasi gli stesse facendo capire che, in quel momento, era al sicuro e che nessuno gli avrebbe fatto del male, finché ci sarebbe stato Sebastian a proteggerlo.

Kurt lo sapeva.

“Sebastian, ti prego… Non dire nulla a papà. Non voglio che si preoccupi per niente.”
“Kurt io—”
“New York. Te lo ricordi? Quello è il sogno di entrambi. Il tuo per la NYU e il mio per la NYADA. Manca solo un anno… Ce la posso fare.”
Mormorò Hummel contro il petto di Smythe e poi si strinse ancora di più a lui. Non voleva più pensare a quello schifo di liceo dove era rinchiuso e non voleva più pensare al suo presunto fidanzato.

Non voleva più pensare e basta.

Sebastian si era sentito ripetere quella frase almeno un milione di volte e, ogni santa volta, Kurt riusciva a farlo smettere di preoccuparsi, fino alla volta successiva.
Rimasero abbracciati per un bel po’, prima che il cellulare di Hummel vibrò sopra il letto, dove l’aveva abbandonato precedentemente, facendoli sussultare entrambi.
Controvoglia, sciolsero l’abbraccio e Kurt si allungò sopra l’oggetto che cercava attenzioni dal proprietario, sdraiandosi a pancia in giù sul letto.
C’erano, veramente, tre messaggi, -I primi due dovevano essere arrivati mentre lui era di sotto con Sebastian- ma tutti e tre erano dello stesso emittente.

Blaine Anderson.

Kurt sbuffò leggermente nel leggere quel nome sul proprio cellulare e decise di aprire la cartella dei messaggi, per poterli leggere.

SMS 11:30 am: “Kurt, indovina chi ha voglia di vederti, questo pomeriggio?”
SMS 11:45 am: “Sai, stronzetto, non è carino far aspettare. Non riesco a capire perché tu non mi voglia rispondere.”
SMS 12:05 am: “Kurt cazzo! Ti decidi a rispondere o no?!”

“Chi è?”
Chiese Sebastian quando sentì Kurt sbuffare, ma non ricevette risposta; dopo essersi rimesso seduto, Kurt posò il cellulare tra le mani del suo amico e lo guardò negli occhi, mentre questo leggeva i suoi messaggi.

“Ci andrai?”
“Non lo so. Non credo di averne voglia.”
“Non credi di aver voglia di vederlo o non credi di aver voglia di sottostare ai suoi ricatti anche al Sabato e alla Domenica?”
Quella domanda ammutolì Kurt. Sebastian era andato a parare nel posto giusto: Kurt sopportava Blaine ormai da un anno e iniziava a non averne più voglia.
Solo che non aveva mai avuto abbastanza coraggio da dirglielo in faccia.

Sapeva di cosa era capace Anderson e aveva paura di farlo infuriare.

“Ehy. Nessuno ti obbliga ad andarci.”
“Lo so, ma se non ci vado quello è capace di presentarsi sotto casa mia, come mio fidanzato e a mio padre potrebbe venire la brillante idea di non farmi più uscire di casa.”
“Vieni alla Dalton.”

Di nuovo.
Ogni loro discorso che iniziava con la parola Blaine, finiva con la richiesta di trasferimento dal McKinley alla Dalton, la scuola privata maschile che frequentava Sebastian, a Westerville.
Anche Blaine, prima di trasferirsi al McKinley, frequentava la Dalton, ma era stato cacciato di lì per cattiva condotta.

Tutti gli avanzi di galera, poi, finiscono nelle scuole pubbliche.

“Non posso. Ho le mie amiche al McKinley e mio padre potrebbe far fatica, economicamente, a pagarmi la retta di una scuola privata.”
Entrambi, dopo le ultime parole di Kurt, rimasero in silenzio a fissare il tappeto rosso ai piedi del letto di Hummel.

Era un discorso un po’ delicato.

Quella proposta se l’era sentita fare dalla metà del secondo anno; ora frequentava il quarto e Sebastian non aveva mai smesso di proporglielo.

“Almeno per l’ultimo anno. Riusciresti a concentrarti meglio sugli studi se non avessi quella piattola ai piedi. E sai della politica di anti violenza della Dalton. Sarebbe il tuo angolo di paradiso, Kurt. Non ti potresti trovare meglio in un altro posto.”
Kurt fece ciondolare, distrattamente, la gamba giù dal letto e la fissò in quel movimento quasi ipnotico, prima di guardare Sebastian e fare una piccola smorfia con le labbra, per poi riprendersi il cellulare e iniziare a digitare qualcosa su di esso.

SMS 12:15 am: “Posso venire a casa tua, questo pomeriggio? Ti devo parlare.”

La risposta di Blaine non si fece attendere.

SMS 12:16 am: “A me va benissimo, bel culetto. Ci vediamo tra alle 03:45 a casa mia. Vedi di non tardare!”

“Cosa hai intenzione di fare?”
“Di reagire.”
“Cosa… Kurt, stai attento. Non voglio che ti faccia del male.”
Annuì, Hummel, senza dare una reale risposta all’amico, prima di avvicinarsi a lui e dargli un delicato bacio sulle labbra, mentre sentiva le labbra di Sebastian stirarsi in un sorriso dolce.

Quella che avevano, di darsi piccoli baci sulle labbra, era un’abitudine che portavano avanti da quando erano bambini. A nessuno dei due dava realmente fastidio; erano entrambi gay, ma nessuno dei due aveva mai visto l’altro come un possibile fidanzato.
Avevano già messo in chiaro quel punto.

Dormivano insieme, facevano la doccia insieme, mangiavano insieme, uscivano insieme e si baciavano, ma non stavano insieme.

“Ti voglio bene, Seb.”
“Anche io, da morire, Kurtie.”



Angolo Scrittrice:

Dopo cinque mesi ecco il primo capitolo (effettivo) di Choose your Battles (ex Something to talk About). Primo: perdonatemi per il ritardo madornale e secondo: ho cambiato il titolo perché, ascoltando le preview di Prism, mi è saltata all'occhio questa canzone e penso che il titolo, ora, sia più azzeccato. c:
Perdonatemi davvero per il ritardo e prometto che mi farò risentire prima di Marzo! (lol)

Altre Note: Non lasciatevi prendere dal non-con: più avanti si capirà meglio la nota.
Blaine è OOC -MADDAI-: un po' tutti sono OOC (Kurtie in primis e Sebastian non tanto, perché, sotto sotto, io so che è un bravo pargolo), ma Blaine è proprio diverso dalla radice. E' quello che il fandom chiamerebbe BadBoy!Blaine.

Detto ciò, spero che vi sia piaciuto il capitolo! Ancora scusate il ritardo! çwç

Alla prossima!
 
   
 
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