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Autore: Lady Five    19/10/2013    2 recensioni
Mayu è cresciuta e, contravvenendo ai desideri di Tochiro, fa ad Harlock una richiesta a cui il capitano non riesce proprio a dire di no, perché, in fondo al cuore, anche lui ne è felice.
Ma lei non è più una bambina. E niente può più essere come prima.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harlock, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Dopo alcune settimane, i lavori erano praticamente conclusi. Erano state rivestite due navette da combattimento e quelle che erano state giudicate da Yattaran e Maji le parti più sensibili dell'Arcadia.
Harlock ordinò di lasciare Ombra di Morte e di fare rotta verso la Terra, o, meglio, verso la piccola luna misteriosa. Senza dare ulteriori spiegazioni. Tutti restarono perplessi. Avvicinarsi così tanto alla Terra significava probabilmente finire dritti nelle braccia di Irita. Solo Mayu sapeva che cosa aveva in mente il capitano. Ed era molto preoccupata, ma non poteva parlarne con nessuno. Era sicura che lui non l'avrebbe presa bene, e soprattutto che sarebbe stato inutile.
Il viaggio durò parecchi giorni. L'Arcadia procedeva spavaldamente, Harlock questa volta non faceva nulla per passare inosservato, anzi, sceglieva apposta le rotte più battute, nel vano intento, non dichiarato dal capitano, di imbattersi nella nave del Dipartimento.
Raggiunsero il sistema solare senza intoppi e individuarono abbastanza facilmente la luna artificiale. Nonostante non fosse segnata sulle mappe stellari, era in bella vista, piazzata tra la Terra e Marte. Astronavi di ogni dimensione andavano e venivano indisturbate. Osservandole a debita distanza, ingrandite sullo schermo, si resero conto che recavano tutte il simbolo del Dipartimento per la preservazione della quiete spaziale. E il cargo con il laurium era diretto lì... Che cosa se ne faceva il Dipartimento di tutto quel minerale? Dovevano scoprirlo. Ma la cosa più importante ora era trovare la nave di Irita e distruggerla.
Harlock si decise quindi a rivelare i suoi piani all'equipaggio. Che non commentò, come al solito.
Yattaran ,di sua iniziativa, si mise a studiare il sistema per disintegrare la nave nemica senza il rischio di una contaminazione nucleare. La soluzione che propose era davvero azzardata. Ne parlò prima con Mayu e Yuki.
“Il modo più sicuro per liberarsi definitivamente di lei senza pericoli per nessuno sarebbe spedirla in un buco nero... Sono abbastanza certo che all'interno della nebulosa Clessidra ce ne sia uno bello grosso.”
“Ma … è rischiosissimo avvicinarsi a un buco nero!” esclamarono quasi all'unisono le due ragazze.
“Lo so... ma non dobbiamo andarci noi, solo fare in modo che ci finisca l'astronave di Irita.”
“E poi non sappiamo che cosa c'è davvero in quella nebulosa...” aggiunse Yuki.
Mayu sgranò gli occhi.
“Ma voi... ci siete stati,no? Harlock mi ha raccontato tutto. Avete sconfitto quell'essere...”
Yattaran e Yuki si guardarono. Evidentemente il capitano non aveva rivelato niente nemmeno a lei.
“Noi no. Ci è stato Harlock. Da solo. Ma non sappiamo che cosa sia successo in realtà laggiù. Lui non ce lo ha mai detto, Mayu.”
La ragazza era molto perplessa. Era abbastanza tipico di Harlock non vantarsi delle proprie imprese, ma stavolta forse aveva esagerato.
Yattaran riportò l'attenzione sul problema.
“Bisogna trovare il modo di programmare la nave in modo che entri nella nebulosa...”
“E se non c'è nessun buco nero? Oppure c'è, ma non riesce a raggiungerlo?”
“Lo so lo so, sono consapevole dei rischi, per chi mi avete preso? Lasciatemi il tempo di studiare la questione. Ma non dite niente al capitano, per il momento, mi raccomando!”
Mayu dovette fare un notevole sforzo per trattenere la sua curiosità e chiedere ad Harlock della sua avventura nella nebulosa Clessidra. Si chiedeva come mai non ne avesse parlato nemmeno con lei, dopo tutti quegli anni.
Rimasero nei paraggi di C1 - P8 per alcuni giorni, nella speranza che prima o poi Irita comparisse. Tutto erano timorosi, e nello stesso tempo ansiosi, di scoprire se il laurium fosse davvero efficace contro l'arma del Dipartimento.
Ma non succedeva nulla e il capitano cominciava a innervosirsi. Si risolse allora a cambiare tattica e passare alla provocazione. Diede ordine di attaccare alcune astronavi che lasciavano o raggiungevano la piccola luna, con azioni di disturbo, non distruttive, giusto per attirare l'attenzione. Alcune di queste rispondevano al fuoco, ma nessuna era equipaggiata per tenere testa all'Arcadia, per cui battevano in ritirata piuttosto rapidamente e si rifugiavano subito su C1 - P8. Lo scopo di Harlock era che qualcuno prima o poi si decidesse a segnalare la loro presenza a Irita.

Un giorno il capitano prese una decisione destinata ad aprire nuovi inquietanti scenari. Vide sul monitor una piccola nave senza nessuna insegna lasciare la luna e, senza sapere bene nemmeno lui perché, invece di sparare, ordinò un arrembaggio. A bordo vi erano pochissimi uomini, che furono ridotti all'impotenza senza difficoltà. Harlock cercò di capire di che tipo di mezzo si trattasse. Non era una nave da guerra né addetta al trasporto di truppe o merci, viste le dimensioni ridotte. E poi non aveva insegne come le altre. L'equipaggio non collaborò minimamente e il capitano con i suoi stava per andarsene, quando gli parve di sentire dei colpi ripetuti e delle grida, un po' ovattati. Stettero in ascolto: non si sbagliavano, qualcuno stava chiamando aiuto. Ad Harlock non sfuggì l'occhiata preoccupata che si scambiarono gli uomini dell'equipaggio e ciò aumentò i suoi sospetti. Cercarono per un po', seguendo la voce, finché trovarono da dove proveniva.
“Sono Harlock, capitano della nave Arcadia. Lei chi è?” chiese per precauzione.
“Sono Xelas Riento del pianeta Pangea. Sono un prigioniero politico. Sono destinato a una delle colonie penali del Dipartimento.”
Interessante.
“Si allontani dalla porta. Cerchiamo di tirarla fuori di lì.”
Sparò diversi colpi con la pistola laser e la porta cedette. Nella piccola stanza, praticamente una cella, vi era un uomo di mezza età, dall'aspetto molto distinto, con i capelli e la barba brizzolati, vestito in modo sobrio ma elegante, non con la divisa dei carcerati. Aveva l'aria di essere un dignitario o un diplomatico. Harlock sapeva che gli abitanti di quel pianeta discendevano da antichi coloni terrestri.
“Sta bene?” domandò.
“Sì, grazie. E' il Cielo che vi manda, capitano. Devo assolutamente parlarvi.”
“Non qui. Avremo modo di farlo con calma sull'Arcadia. Ora andiamocene.”
Harlock con i suoi uomini e Xelas lasciarono l'astronave, dopo aver rinchiuso l'equipaggio in un piccolo magazzino, giusto per guadagnare un po' di tempo. Perché era evidente che quel prigioniero scottava e questa volta il capitano era certo che Irita sarebbe stato informato della sua azione. Ma adesso non aveva più tanta fretta di affrontarlo. Voleva prima saperne di più. Come spesso in questi casi, aveva agito d'istinto e aveva scartato subito la possibilità che Xelas fosse in realtà una spia o comunque un nemico.
Sull'Arcadia, Xelas fu visitato dal dottor Zero, per scrupolo, anche se lui continuava a ripetere che non era necessario. Poi Harlock lo invitò nella sua cabina a mangiare e bere qualcosa, insieme a Mayu, Yuki, Yattaran e Tadashi.
“Di che cosa voleva parlarmi?” gli chiese quando l'ospite si fu rifocillato.
“Innanzitutto grazie per avermi accolto a bordo.”
“Lasci stare i ringraziamenti, non è il caso...”
Xelas si rabbuiò.
“Capitano, stanno accadendo fatti molto gravi. Conoscete il direttore del Dipartimento per la quiete spaziale, Irita, immagino...”
“Purtroppo sì.”
“Beh, da qualche tempo si è messo a capo di una... possiamo chiamarla congiura, rivolta, ribellione... In pratica, si è alleato con alcuni pianeti della Confederazione, tra cui il mio, per rovesciare lo status quo e instaurare un nuovo governo. E per raggiungere questo scopo scateneranno a breve una guerra terribile... perché il Dipartimento, con la scusa ufficiale di chiudere una volta per tutte i conti con lei, capitano, ha fatto in modo di procurarsi una nuova arma, un'arma davvero distruttiva...”
“Lo sappiamo - lo interruppe Harlock - abbiamo avuto modo di sperimentarla di persona. Ci siamo salvati per miracolo.”
“Ecco, allora potete immaginare che cosa succederebbe se venisse usata contro popolazioni inermi. In più, stanno estraendo in esclusiva l'unico minerale in grado di proteggere persone e cose da questa forma di energia...”
“Sì, sappiamo anche questo... Ma lei, che cosa c'entra in tutto questo? Se Pangea è alleato di Irita, perché lei è stato imprigionato?”
“Alcuni membri del governo non sono d'accordo con questa follia, ma non possono uscire allo scoperto. Io faccio parte dei servizi segreti e sono stato inviato da loro, ufficialmente per collaborare, in realtà per procurarmi più informazioni possibili e poter studiare delle contromisure. Ma sono stato scoperto, purtroppo. Sono stato ingenuo, ho dato fiducia a un giovane ufficiale che si fingeva dalla mia parte, e invece era uno stretto collaboratore di Irita. Non credo che mi avrebbero lasciato vivere a lungo, là dove mi stavano portando. Ma adesso che vi ho incontrato, insieme possiamo fare qualcosa...”
Harlock taceva accigliato. Le sue peggiori paure si stavano rivelando fondate.
“Vede, Xelas, purtroppo lo scenario di cui lei sta parlando era esattamente ciò che temevo. Ma questa volta io non voglio entrarci... se gli abitanti di questo universo sono incapaci di vivere in pace, io non posso farci nulla. Per quanto mi riguarda, possono continuare ad ammazzarsi a vicenda, non sarò certo io a oppormi...”
L'uomo scosse la testa sconsolato. Anche gli altri astanti erano perplessi. Non era da lui parlare così. Non dall'Harlock che loro conoscevano. Anche se, in effetti, in passato non gli era stata dimostrata molta gratitudine da parte di tanti che aveva aiutato...
“Lei non capisce, capitano. Se scoppierà questa guerra, nell'universo non ci sarà più un posto dove stare, nemmeno per lei e il suo equipaggio...”
“Per pura coincidenza, io avevo già deciso di fermare Irita e di distruggere la sua nave e la sua arma maledetta, e così farò. Al resto dovrete pensare voi...”
Xelas si illuminò.
“Neutralizzare Irita sarebbe già molto. Senza di lui, sono sicuro che la congiura imploderà da sola.”
“Sicuramente gli uomini che la tenevano prigioniero lo avvertiranno presto della sua fuga, e soprattutto del fatto che è opera nostra. Questo, spero, lo indurrà ad attaccarci. E noi saremo pronti ad accoglierlo.”
“Ma … la sua arma... l'avete scampata una volta, ma sarebbe troppo rischioso affrontarlo senza misure adeguate...”
Harlock sorrise. Ma decise di non mettere a parte il suo nuovo alleato del loro segreto riguardo al laurium. Non subito, perlomeno. Sentiva istintivamente che poteva fidarsi di lui, ma era sempre meglio essere prudenti.
“Questa volta siamo pronti, Xelas. E ora le faccio preparare una cabina. Dovrà accontentarsi, qui non siamo molto raffinati...”
Riuscì così a sviare elegantemente la curiosità dell'ospite.
Quando tutti se ne furono andati, Mayu, come spesso a fine giornata, andò a sedersi sulle sue ginocchia. Harlock non era del tutto a suo agio così, perché la situazione lo riportava un po' troppo indietro nel tempo, quando lei lo faceva da bambina. Ma la ragazza sembrava così affezionata a quel rituale che non ebbe mai il cuore di dirglielo.
“Ti fidi di lui?” gli chiese.
“Sì. A istinto Xelas mi piace.”
“Però non gli hai detto del laurium...”
“Fidarsi non significa scoprire subito le proprie carte. E' una piccola lezione che ho imparato lungo la strada.”
“Avevi visto giusto.”
“Su che cosa?”
“Su tutto. Sul laurium, sul perché ne stavano estraendo così tanto, sulla possibilità di una guerra...”
“Già. Purtroppo.”
“Davvero non vuoi fare nulla questa volta?”
Harlock ebbe un sorriso amaro.
“Perché dovrei? A che cosa servirebbe? E io che cosa ci ho ricavato in passato? Non mi hanno nemmeno mai lasciato in pace! Ho difeso la Terra dall'invasione delle Mazoniane perché ci vivevi tu... ora tu sei qui e io non ho più nessun legame con niente e con nessuno. Ho detto che fermerò Irita e lo farò. Nient'altro.”
Mayu taceva. Come non comprendere il suo risentimento?
“Ma … potrebbero andarcene di mezzo degli innocenti...”
“Tesoro, temo che tu mi stia sopravvalutando. Siamo soltanto un manipolo di pirati. Non supereroi. Probabilmente ha ragione Xelas, senza Irita la ribellione non andrà lontano. Ma non è detto. Comunque, chi vuole opporsi a questa congiura ha tutti i mezzi per farlo. Non saremo noi a fare la differenza. E ora, se non ti dispiace, vorrei andarmene a dormire.”
La ragazza si alzò di malavoglia. Ma non era per niente convinta. Si avvicinò alla vetrata, persa nei suoi ricordi.
“Contro Raflesia l'avete fatta la differenza, eccome! Se non fosse stato per voi...”
“Fortuna, cara, pura e semplice fortuna. E forse anche un pizzico di incoscienza, ma del resto eravamo tutti più giovani...” replicò Harlock sbadigliando con ostentazione.
“Ma quale fortuna? Che cosa stai dicendo? Avete tenuto testa da soli a un esercito sterminato e agguerritissimo, e alla fine anche Raflesia ha dovuto abbassare le penne e mollare la presa, e tu...”
Mayu si voltò insospettita dall'improvviso silenzio. Lui si era già infilato sotto le coperte, girato dall'altra parte, e sembrava essersi profondamente addormentato.

  
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