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Autore: Ayumi Yoshida    20/10/2013    3 recensioni
La guerra è finita, l’esercito alleato ha vinto. Tutto dovrebbe andare per il meglio, tornare alla normalità, ma qualcosa non è andato come avevamo creduto dovesse andare: un compagno potente è tornato a prendersi la sua ricompensa.
“Tra qualche mese morirò. Come avrei potuto dirtelo?”
Fanfiction prima classificata al "NaruHina Contest [V Edizione: 'La nostra leggenda']" di Mokochan, ValeHina e Yume_no_Namida e nella sezione "Rating arancione" e vincitrice dei premi "Miglior Hinata", "Miglior Naruto", "Miglior NaruHina" e "Best rating orange" *___*
Nell'ultimo aggiornamento ci sono gli ultimi tre capitoli! :)
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hiashi Hyuuga, Hinata Hyuuga, Minato Namikaze, Naruto Uzumaki | Coppie: Hinata/Naruto
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Naruto Shippuuden
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Buon pomeriggio a tutti! ^^ Scusatemi per il ritardo, ma purtroppo il tempo che ho disposizione per aggiornare è sempre di meno. Senza indugiare oltre, vi lascio al capitolo, sperando che vi piaccia. In questo, sono stata un po’ cattivella, ma ancora molte cose devono succedere! ;D

Grazie di cuore a ClaudiaUzumaki, angelika e Katia per le splendide parole! Spero che la storia continui a piacervi e che vorrete farmi sapere cosa ne pensate!

 

Al prossimo capitolo! ^^

 

 

 

5 – La solitudine di chi ha qualcuno

 

Si guardò ancora una volta intorno per non pensare al fatto di essere seduto su un futon* matrimoniale: la stanza che Hiashi Hyuga gli aveva indicato per la notte era grandissima, o forse lo sembrava soltanto perché non conteneva che il futon e un piccolo mobile basso con un cassetto su cui aveva posato il suo kimono da cerimonia, ben felice di liberarsene e di indossare quello da notte bianco che aveva trovato sul letto. Non sapeva dove fosse suo padre, neppure dove fosse Hinata, che l’aveva salutato davanti alla porta circa un quarto d’ora prima lasciandolo da solo con i suoi pensieri.

Un futon matrimoniale. Cavolo. Come si erano affrettate all’improvviso le cose. Senza riuscire a non sorridere, si lasciò cadere sul letto con le braccia spalancate, sentendosi teso come lo era stato il giorno del combattimento contro Neji durante l’esame dei chunin. Per qualche motivo era da quando era arrivato in quella casa che non riusciva a rilassarsi: gli Hyuga sapevano essere davvero diversi da Hinata, a volte. Sospirò.

“È successo qualcosa?”

La voce di Hinata gli giunse inaspettata alle orecchie, facendolo balzare in piedi di scatto. La guardò: si era appena richiusa la porta alle spalle e lo stava fissando preoccupata. Gli occhi di Naruto si concentrarono senza motivo sui suoi capelli di nuovo liberi sulle spalle, sul suo yukata bianco stretto in vita, sulle sue gambe scoperte fin da sopra il ginocchio. Scosse la testa, incredulo.

“Mi chiedevo soltanto dove fossi.” replicò alzando nervosamente le spalle.

La kunoichi prese a camminare verso il futon con un sorriso colpevole.

“Scusami se ci ho messo un po’, ho fatto il bagno… Vuoi farlo anche tu?”

“No, non preoccuparti. Sto bene così.” replicò lui con un sospiro, felice di non dover per forza affondare tra acqua e bollicine profumate: voleva soltanto stare con lei dopo una giornata in cui erano stati sempre uno accanto all’altra, ma non si erano quasi neppure potuti sfiorare. “Approfittiamone per stare insieme, oggi è andata così…” aggiunse poi scrollando le spalle. Hinata gli sorrise e gli si sedette accanto.

“Mi dispiace davvero, non volevo che il nostro matrimonio andasse in questo modo.”

“Non preoccuparti, l’importante è avercela fatta, no?”

Naruto disse quelle parole in tono leggero, come se finalmente l’ansia che l’aveva oppresso tutta la giornata fosse scomparsa improvvisamente. Sollevò una mano e sfiorò lentamente i capelli di Hinata per tutta la loro lunghezza, dalle orecchie alla schiena e le sorrise in silenzio, sentendosi soltanto un pochino in imbarazzo. Il suo stomaco aveva cominciato a contorcersi.

La kunoichi gli lanciò uno sguardo indagatore con le labbra diritte, improvvisamente seria: aveva capito perfettamente le sue intenzioni, perché era quello che desiderava anche lei. Senza darsi neppure il tempo di pensarci, si sporse sulla spalla di Naruto, costringendolo a cadere di schiena sul futon, e gli scivolò addosso.

Lo shinobi ingoiò tutta la saliva che gli si era formata in bocca e ribaltò di scatto le posizioni: in quel momento era Hinata ad essere distesa sul futon sotto di lui, toccava a lui prendere l’iniziativa.

Sciolse lentamente il nodo del suo yukata cercando di non prestare attenzione al fatto che gli stavano tremando le mani e lo sfilò aiutato da lei, posandolo di lato al futon. Si spogliò a sua volta.

I seni di Hinata, bianchi e tondi, erano un richiamo magnetico: vi posò sopra una mano e ne strinse uno, ma Hinata non riuscì a trattenere un gridolino che lo catapultò fuori dallo stato di trance che l’aveva guidato fino in quel momento. Le aveva fatto male. Voltando la testa di scatto per non guardarla negli occhi, allontanò la mano dal suo seno e la strinse forte nell’altra. Aveva quasi ceduto all’impulso di fare l’amore con lei senza neppure pensare alle conseguenze, era ignobile.

“Naruto?” La mano di Hinata gli sfiorò dolcemente la guancia e la sua voce si fece dispiaciuta. “Perdonami, non sono riuscita a trattenermi. Non mi hai fatto male. Possiamo continuare, se vuoi.”

“Non posso.”

Lo shinobi aumentò la distanza tra di loro sedendosi a gambe piegate sul ciglio del futon.

“Perché?”

Come se all’improvviso si vergognasse di mostrarsi nuda davanti a lui, Hinata recuperò uno degli yukata e se lo gettò malamente sul corpo per coprirsi. Naruto le lanciò uno sguardo fugace, malinconico: quella magia che aveva sentito fino a pochi secondi prima tra di loro sembrava non essere mai esistita, ed era certo che qualcosa tra di loro si fosse spezzato a causa sua. Non riusciva a combinarne una giusta, anche quando pensava prima agli altri che a sé.

“Tra poco più di due mesi morirò.” le disse come se lei non fosse a conoscenza di quella questione. “Tu… Tu resterai da sola. Se noi… Se noi continuassimo potrebbe nascere un bambino, sarebbe costretto a vivere senza padre, e sarebbe orrendo sia per lui che per te… Io non voglio.”

Già centinaia di persone avevano perso i loro cari in guerra, in missione, oppure non li avevano mai conosciuti e Naruto non voleva che potesse accadere lo stesso a suo figlio, non quando lui stesso aveva vissuto in prima persona il dolore della solitudine.

Hinata respirò profondamente per ricacciare indietro la tristezza, in silenzio, e appoggiò la testa sulla sua spalla, cercando di aumentare il più possibile il contatto con Naruto.

“Io… Vorrei davvero fare l’amore con te.” le disse lui voltandosi leggermente per guardarla, sperando che quelle parole potessero essere abbastanza per scusarsi. La kunoichi chiuse gli occhi: si sentiva in pace, tranquilla come non lo era mai stata prima. Niente era cambiato tra di loro, anzi, si erano avvicinati ancora di più scoprendo ulteriormente i proprio sentimenti. Il sesso non significava nulla, non si erano sposati con quell’intento, ma con la promessa di stare per sempre insieme. Però lo aveva fatto soffrire allontanandosi dalla strada che avevano deciso di percorrere, permettendo al suo passato di sofferenza di riaffiorare. Lo guardò dispiaciuta.

“Sono stata imprudente e insensibile nei tuoi confronti. Puoi perdonarmi?” mormorò cercando di ricacciare indietro le lacrime, ma non ci riuscì e abbracciò Naruto un attimo prima di singhiozzare, nascondendo la testa sul suo ventre. “Mi dispiace, sono-”

Lo shinobi la zittì passandole le mani attorno alla schiena e stringendola così forte a sé da toglierle il fiato.

“Dormiamo così, ok?” suggerì e si distese sul futon con lei, senza lasciarla andare: voleva portarla con sé dovunque sarebbe finito nei suoi sogni.

 

Naruto aprì gli occhi di scatto, come se avesse ricordato all’improvviso una cosa importante, sentendosi le braccia troppo leggere. Hinata dormiva accanto a lui dandogli la schiena e non c’era più traccia dell’abbraccio in cui si erano addormentati. Deluso, allungò la mano verso di lei, ma si fermò a mezz’aria senza neppure sfiorarla, ricordandosi all’improvviso di quando, durante la notte, Hinata l’aveva svegliato, imbarazzatissima, per chiedergli di dividersi perché le faceva male il braccio che sosteneva la sua schiena. Lui aveva acconsentito con una risata e le aveva accarezzato il braccio dolorante finché non si erano addormentati di nuovo.

Sentendosi di umore nettamente migliore rispetto ai minuti precedenti, si sollevò dal futon senza cercare di far rumore e si rivestì con gli abiti da cerimonia del giorno prima, perché Hinata si era addormenta con il suo yukata addosso. Si rese conto che non sapeva cosa altro fare, perché non era a casa sua, allora ritornò accanto al futon per stendersi di nuovo, ma Hinata lo guardò dal basso all’alto con un sorriso, gli occhi assonnati e i capelli scompigliati.

“Ben svegliata!” esclamò inginocchiandolesi accanto tutto contento “Per fortuna ti sei svegliata, non sapevo bene cosa fare!”

La kunoichi si lasciò scappare un risolino e si alzò, sistemandosi per bene lo yukata per non restare scoperta.

“Vuoi fare un bagno?”

“Ok.”

“Vieni, te lo preparo. Riordinerò più tardi.”

“Non preoccuparti, non ho fretta.”

“Grazie.”

Hinata sbatté e ripiegò le coperte, espose il futon al sole sulla verandina per farlo arieggiare e lo guidò ancora una volta tra i corridoi intricati di casa Hyuga. Era certo che non sarebbe stato in grado di orientarvisi neppure se fosse vissuto cent’anni.

“Eccoci! Però credo che sia occupato, mi dispiace. Buongiorno, padre. La vasca è occupata?”

Incontrarono Hiashi proprio davanti alla porta dietro la quale Hinata aveva detto esserci il bagno. L’uomo li guardò con uno sguardo incomprensibile come al solito e Naruto si affrettò ad inchinarsi, ma deglutì rumorosamente quando gli parve che l’uomo stesse indugiando più del dovuto sullo yukata indossato da Hinata, chiaramente più grande dei suoi soliti vestiti.

“Minato-sama sta facendo il bagno.”

“Capisco. Avevo proposto lo stesso a Naruto-kun.”

“Mi dispiace, dovrà attendere.”

“Non c’è problema, davvero.”

Lo shinobi esibì uno dei suoi soliti sorrisi senza riuscire a non agitarsi, ma Hiashi distolse quasi subito l’attenzione da lui.

“Hinata, puoi venire un attimo?”

La kunoichi annuì con la testa, chiese a Naruto: “Puoi aspettarmi qui?” e, alla sua risposta affermativa, si allontanò con il padrone di casa. Naruto sospirò per scaricare la tensione e indugiò dietro la porta per qualche minuto, camminando avanti e indietro, poi, ben attento che nessuno lo stesse osservando, si infilò nella stanza da bagno in silenzio. Non vedeva l’ora di rivedere un viso amico.

“Papà, sono io!” esclamò stringendo gli occhi per vedere attraverso il fumo che riempiva la stanza.

“Naruto?” chiese Minato affacciandosi dal bordo vasca. Lo shinobi gli sorrise e, liberatosi velocemente dei vestiti, si immerse nella vasca con lui. L’acqua era caldissima e piacevole. Si lasciò scivolare fino a metà viso e soltanto allora si sentì davvero rilassato.

“Dove hai dormito?”
“In tutta sincerità, non saprei dirti.” replicò l’uomo trattenendo a stento un sorriso. “Questa casa sembra un labirinto in confronto al nostro appartamento. Però ho dormito molto bene. Tu?”

“Anche.”

Naruto non indugiò oltre sul quell’argomento per non riportare a galla i ricordi dolorosi della nottata, ma ormai la sua mente aveva già deviato in zone che non voleva visitare e gli tornò in mente che, da quel giorno, sarebbero cominciati i giorni in cui avrebbe visto Hinata poco e niente. Ormai lei era il  capo del clan. Minato si accorse subito che Naruto era diventato triste e sospirò, riuscendone ben ad immaginare il motivo.

“Se vuoi, puoi restare a vivere qui. Non preoccuparti per me. Nel contempo potrei-”

“Io non ti lascio.” disse Naruto immediatamente, senza battere ciglio. Non ci aveva pensato neppure un secondo. Felicissimo, ma malinconico allo stesso tempo, l’uomo scivolò lentamente sott’acqua per nascondere le lacrime che sentiva spingere contro gli occhi: non voleva mostrarsi debole di fronte a colui che gli aveva dato la forza di ritornare sotto forma di morto per salvarlo, suo figlio.

 

 

Note dopo la lettura:
Il futon è il letto giapponese, quello che si stende per terra e si ripiega quando non serve più. 


   
 
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