Storie originali > Introspettivo
Segui la storia  |       
Autore: flamin    20/10/2013    6 recensioni
[Vari generi] [Friendship + accenni su pairing] [Long]
Una ragazza ‘particolare’ si ritrova costretta ad affrontare una vita diversa dopo che viene ritrovata al largo di una delle spiagge della baia del New Jersey.
Però, anche dopo essersi costruita un presente, ecco che riaffiora qualcosa dal suo passato. Qualcosa di confuso che distruggerà nuovamente tutto.

Dal capitolo 1:: L’uomo sbuffò per l’ennesima, snervante, volta e lasciò cadere sulla scrivania ingombra il resto degli appunti scarabocchiati a caso. Il suo volto, era contratto in una smorfia che, se non fosse stato per le circostanze, avrei considerato assolutamente divertente.
«Dunque, tu ricordi perché sei qui, giusto?»

Dal capitolo 2:: Beh, che dire, ricordo che da allora in poi riuscii a legare tantissimo con quella ragazzina, sebbene non ne avessi inizialmente voglia. Ma con lei riuscivo ad essere me stessa, quella persona solare e schietta che era rimasta seppellita quasi completamente, dentro di me. E l’adoravo con tutto il cuore, per me lei era come una sorella minore, qualcuno da proteggere, e nessuno avrebbe dovuto anche solo provare a toccarla, o a ferirla.
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
nda: salve a tutti! :) esatto, sono ancora qua. ho cercato di aggiornare velocemente, rispetto ai miei impegni. devo dire che sono piacevolmente sorpresa di vedere le recensioni positive allo scorso capitolo e tutti quei ‘mi piace’… insomma, mi aiutano davvero molto. aiutano anche la mia autostima sotto terra, grazie mille <3 dunque spero di non deludere le vostre aspettative, perché sarebbe l’ultima cosa che vorrei fare, ecco.
beh, sono piuttosto di fretta e penso che d’ora in poi scriverò note iniziali e finali, in alternanza, perciò gnè. volevo avvertirvi di una cosa, prima di andare. dato che da questo capitolo inizieranno a comparire vari flashbacks, per garantire maggior scorrevolezza durante la lettura, forse inizierò a narrare sia al presente che al passato, ma non ci giurerei c:
neh, conto di riuscire ad aggiornare entro la prossima settimana;
credo che non ci sia bisogno di ulteriori chiarimenti, vi auguro buona lettura! :)
 
 
 
 
 
 
≡ Streets of Philadelphia. ²³

 

Image and video hosting by TinyPic
 

{ Chapter 2 }
.: Life’s a roll coaster
 
 
 
Theres a part of me I can't get back
A little girl grew up too fast
All it took was once; I'll never be the same
Now I'm taking it back my life today
Nothing left that you can say
Cause you were never gonna take the blame
anyway
 


 
È come stare in uno di quei pallosissimi film sentimentali; varie immagini vorticano man mano che qualche povero sventurato –come la sottoscritta- inizia a ricordare, o raccontare, il proprio passato.
Eppure posso dire di ricordare davvero poco, ancora, nonostante tutto. So solo il mio nome, la mia età ed una serie di informazioni ancora, se possibile, più scontate.
Ma, intendo… la vita è perfettamente paragonabile ad una montagna russa –già, come quelle che si trovano al parco divertimenti, ma non lo dico per la sensazione di vomito e l’amarognolo in bocca; beh… più o meno-, a mio parere. Affronti alti e bassi, quello che ti pare, magari c’entra anche un po’, la cosa del vomito. Ma alla fine quello che rimane è l’esperienza; spesso ti diverti; spesso ti piace. E non hai rimpianti, perché volenti o nolenti lo hai fatto.
Victoria Grace, meglio specificata come me, ha avuto varie occasioni di capirlo.
Esatto, ho imparato, con il tempo e le esperienze, che le nuove e meravigliose avventure arrivano come un uragano, improvvisamente, stravolgendo tutto; ma, inaspettatamente, sono quelle che ti rimangono impresse più a lungo, come marchiate a fuoco.
Chiusi rumorosamente un vecchio libro polveroso, ripescato da un angolo abbandonato della libreria, ripresi atto del dove fossi e focalizzai, pian piano, la mia stanza, di un rosa-bianco quasi paranoico. E io odiavo il rosa, santi numi.
Sentii una voce venire dall’esterno.
«Vì, sei là dentro, giusto? Non ti fai sentire da un po’, almeno dacci segni di vita.» ecco decisamente uno svantaggio nell’avere diciannove anni e abitare con delle coinquiline era quello. Insomma, i momenti di privacy erano davvero rari ed avrei voluto urlargli contro di piantarla, mentre sentivo  gli sciocchi della porta diventare sempre più frequenti.
Continuò a bussare per tre minuti buoni e ogni piccolo rumore –toc, toc, toc-, mi sembrava come un codice morse… o semplicemente ero io che iniziavo a farmi troppi trip mentali; probabilmente il frequentare, di tanto in tanto, lo studio psicologico, non mi avrebbe fatto alcun male, al contrario di quanto il mio scetticismo suggeriva.
Iniziai a vedere sfocato proprio nello stesso momento in cui sentii uno strano retrogusto agrodolce in bocca.
 
 
Il suono di una campanella riecheggiò per tutto il corridoio, trapassando le mura stesse dell’edificio e scatenando il caos tra gli studenti un liceo di Brooklyn.
Ero nuova, a quel tempo, in quel posto, ma ero riuscita a socializzare –e a farmi rispettare- con solita, inaudita, facilità.
Ma, se c’era qualcosa che pochi riuscivano a capire, nessuno si dava una spiegazione logica ed esauriente sul perché ultimamente me ne stessi acquattata in un angolo della classe, con le gambe incrociate e lo sguardo serio puntato su un libro, tenendo il capo chinato e alzandolo poche volte.
Eppure qualcosa che mi costrinse a distogliere l’attenzione dalla mia amata lettura; una ragazza piuttosto rumorosa e maldestra si avvicinò accanto a me, gettando un’occhiata sottecchi.
Effettivamente sembrava essere un paio di anni più piccola di me, ma qualcosa l’aveva fatta avvicinare nella mia classe.
«Mh… Harry Potter, vero?» al che iniziò a sclerare di brutto, continuando a dire le stesse cose –per la maggior parte incomprensibili- entusiaste «Oddio, io lo amo! Trovo che sia la saga fantasy migliore di tutti i tempi, insomma, ha regalato un’infanzia-»
Roteai gli occhi, impaziente. Lo ammetto, la prima cosa che, al momento, avrei voluto era levarmela dai piedi: non che mi stesse antipatica, anzi, io nemmeno la conoscevo, ma chiunque interrompesse la sottoscritta per ragioni del genere meritava una morte lenta e dolorosa.
Ma passai al lato ‘nonchalance’, scegliendo di non picchiare nessuno «Okay» borbottai allungando parecchio la ‘o’.
«S-scusami, non volevo essere indiscreta» ribatté la ragazza dai capelli di un particolare castano mediamente scuro e dagli occhi color nocciola, afferrando la mia… indisposizione. Fece spallucce ed allungo la mano verso di me, sfoggiando un grosso sorriso «Io sono Michela Bennett, molto piacere di fare la tua conoscenza.»
Fissai il palmo sudaticcio della sua mano, con una punta di incertezza nello sguardo; probabilmente una femminuccia avrebbe esitato perché snobbare qualcuno faceva figo, ma io ero perplessa per un altro motivo: non uscivo da una limpida situazione familiare, perciò iniziare a legare, per me, diventava un ostacolo altro dieci metri e largo il quadruplo. Non volevo dar più di tanta confidenza a nessuno, ecco.
Scossi la testa e sporsi la mia mano verso di lei, ricambiando il saluto alla vecchia maniera del quartiere.
«Victoria.» risposi compiaciuta, iniziando a masticare la gomma che avevo lasciato in un angolino del palato.
«E basta? Non hai un cognome?»
Storsi il naso, iniziando a picchiettare il legno colorato del banco «Grace. Il mio cognome è Grace.»
«Oh…» l’occhiataccia che le lanciai doveva averle fatto capire che il discorso avrebbe dovuto finire lì, perciò ritornò all’argomento originale «Beh, a che punto sei arrivata? Nel libro, intendo.»
«La morte di Fred Weasley.» il mio viso si scurì e, nello stesso momento in cui abbassai lo sguardo, pensai di essere patetica, ai suoi occhi, per fare quella faccia lunga per un personaggio immaginario.
Lei ridacchiò, sedendosi accanto a me;
«Tranquilla, non sono come quei babbani.» fece cenno fuori dalla finestra, in direzione di alcuni spacconi che fumavano su di un gradino, come se fossero donne e uomini vissuti «Anche io ho pianto, leggendo di morti come queste. Penso che il legame affettivo che si è creato nel tempo, tra il lettore e i personaggi, è molto più importante di qualsiasi altro.»
«Io trovo che…» commentai alzandomi e sistemando tutto il materiale scolastico «Siano molto meglio; loro. Almeno i personaggi dei romanzi non possono farti del male.»
 
 
Beh, che dire, ricordo che da allora in poi riuscii a legare tantissimo con quella ragazzina, sebbene non ne avessi inizialmente voglia. Ma con lei riuscivo ad essere me stessa, quella persona solare e schietta che era rimasta seppellita quasi completamente, dentro di me. E l’adoravo con tutto il cuore, per me lei era come una sorella minore, qualcuno da proteggere, e nessuno avrebbe dovuto anche solo provare a toccarla, o a ferirla.
Lo psicologo dice che, adesso che credo di iniziare a capirci qualcosa nel groviglio confuso del mio inconscio, ricordare potrebbe farmi davvero bene, darmi una marcia in più per conoscere il passato e capire il presente. Dice che potrebbe essere il mio primo, vero, momentaneo, scopo nella vita; buffo, pensavo che lo scopo nella mia vita fosse finire quest’ultimo anno di liceo per poi concentrarmi appieno sulla mia carriera cinematografica.
Ma a quanto pare mi sbagliavo, in parte.
Un «Oh.» seccato, seguito da un conseguenziale e drammatico «E’ morta.» mi ravvivano velocemente, come se volessi alzarmi solo per aprire la porta ed urlare un acido «No, sono ancora qua, mi dispiace!», ma semplicemente scendo giù dal letto con riluttanza, aprendo velocemente la porta e, dopo aver afferrato in malo modo la mia giacca, mi precipito fuori dall’appartamento.
La strada era davvero umida, a tratti sudicia. Il freddo invernale pungeva la mia pelle diafana –ho scoperto di essere lievemente anemica, buffo, vero?- come un centinaio di minuscoli ed invisibili aghi che continuavano a darmi fastidio. Il respiro mi si congelò davanti agli occhi, formando un vacuo vapore argenteo, etereo; strinsi convulsamente le mie mani tra di esse, sistemandomi fremente il giubbotto leggero che avevo indosso. Oh, sì, che bella idea uscire così senza un motivo preciso, sprovvista.
“No, okay, io torno dentro.” pensai subito dopo un primo paio di minuti, pentendomi della mia stupida impulsività. Mi voltai dal lato opposto, pronta a varcare nuovamente il cancello di casa mia, quando una figura indistinta mi venne letteralmente addosso: sbattemmo entrambi il viso; indietreggiai in malo modo, massaggiandomi il naso arrossato e la fronte dolorante.
«What the hell…» esclamai con stizza, iniziando a focalizzare chi mi aveva investito, manco fosse un camion.
«Scusami, mi dispiace davvero…» una ragazza dai lunghi –lunghissimi- capelli castano scuro e gli occhi nocciola, mi venne incontro, gesticolando con le mani, affranta «Io…» si accorse di chi si ritrovava davanti, immagino, perché strizzò gli occhi per una frazione di secondo «… Victoria?»
«Ah, dopo ‘sta botta non so nemmeno io chi sono…» mi bloccai agganciando il suo sguardo. Ci fu un silenzio quasi innaturale, in una metropoli come quella.
«Mary Rose.» commentai, con la bocca asciutta e la gola secca.
La mia strana vicina di casa ed io, insieme, davanti casa.

 
   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: flamin