Varie note che devo fare per rendere più scorrevole la storia:
- Molti personaggi di Merlin non hanno un cognome, ma dato che in questa ff siamo in tempi moderni lo devono avere tutti, quindi è stato preso il cognome del prestavolto, ovvero dell'attore che interpreta quel personaggio. l'unica eccezione è:
- Il cognome di Merlin. La particolarità è che in tutto il fandom italiano e inglese tutte le Modern!Reincation vedono il cognome Emrys. Io accetto quel cognome come l'originale, quindi per me il Merlino dell'anno 990 ha il cognome Emrys, mentre il Merlin ai giorni nostri ha il cognome Emerson. Spiego anche perché la mia mente malata ha partorito questo: Nel mondo di HP Merlino è il fondatore del mondo magico, è ovvio che tutti conoscano il suo cognome -o quello che viene spacciato come tale- e che, dunque, da parte di Hunith chiamare il figlio Merlin avendo come cognome Emrys sarebbe cattiveria pura. inoltre, nel periodo della Prima Venuta di Voldemort, Balinor si è cambiato il cognome, ufficiosamente, semplicemente dicendo a Hunith che il suo cognome fosse Emerson al posto di Emrys. L'originale era troppo impegnativo in quel periodo di guerra. Mi faccio film mentali, sì, lo so.
- userò i nomi Merlino, Artù e Ginevra per indicare i personaggi storici, mentre Merlin, Arthur e Gwen per i moderni.
- Uther è il Ministro della magia in carica da due anni, e Hermione e la sua seconda in carica nonché addetta alla stampa. Ovviamente si è fatto da solo ;)
- Harry e Ginny si sono lasciati, ma lei è felice con Dean quindi noi siamo felici per lei.
- Harry è capo della sezione Auror di Londra, nella mia mente malata dopo la Seconda Guerra Magica c'è stato un incremento delle iscrizioni ai corsi per Auror, con conseguente aumento degli Auror. Shacklebolt è capo degli uffici di difesa, ma ha dovuto dividere l'inghilterra in sezioni, ognuna con un capo. Harry voleva andare in Galles ma per una questione d'immagine -e per il fatto che è una testa calda- Kingsley l'ha voluto tenere vicino; è il suo secondo al comando.
- da brava malata ho fatto addirittura dei calcoli per capire quando i personaggi di Merlin sarebbero rinati, ve li riporterò nel prossimo capitolo con altre precisazioni.
Diamo tutte un caloroso benvenuto a SylviaGreen, la mia meravigliosa Beta!
Grazie a lei questo capitolo ora ha un aspetto perlomeno decente!
Vi direi che ve la consiglio, ma non lo faccio perché lei per ora è tutta mia! mia!! MIA!! *immaginatevi una risata malvagia a vostro piacere, grazie*
Ah sì, la storia sarà aggiornata ogni Lunedì, temo che ci saranno degli errori,
Perché i gatti? non lo sò, mi piaccioni i gatti!
Disclaimer: Harry Potter e Merlin non sono miei, se così fosse nel primo caso sarei una miliardaria inglese e nel secondo una stazione televisiva e posso affermare di non essere nessuno delle due. A scrivere su di loro non ci guadagno niente, anzi, ci butto tempo.
Vi lascio alla fanfiction,
Enjoy!
«Oddio, hai letto il nuovo articolo su
Harry?»
«Mio dio, sì! Pare che lui e
Malfoy…»
«Davvero? Ma se ieri StregaModerna diceva che la
Granger ha
detto ad Hannah Abbott che …»
«Beh, è ovvio, con tutte le ragazze che Seamus ha
avuto …»
Merlin, Corvonero del quinto anno, alzò gli occhi
al cielo.
Otto anni dalla seconda guerra magica, e l’idolatria
verso i
vincitori della guerra non si era ancora conclusa. Sentendo il costante blaterare
senza
senso delle sue coetanee lungo i corridoi di Hogwarts, Merlin
ringraziava il
cielo ogni giorno di essere un Corvonero: almeno le ragazze della sua
casa
erano troppo concentrate negli studi per potersi permettere di fare le
galline
in sala comune. Per i corridoi, invece, non c’era
più salvezza.
Merlin non si riteneva un ipocrita e certo non fingeva di non essere
anche lui un fan: ovviamente adorava il magico trio e pochi
mesi
prima aveva passato due ore a fare la fila per avere la firma di Ronald
Weasley
sul suo nuovo libro “IO,
Quidditch!”. Ma in ogni caso tutto quell’assurdo fanatismo era seccante.
Sbuffando si diresse verso le scalinate che
l’avrebbero
condotto al quinto piano, rischiando di sbattere più volte
contro ragazzine troppo
concentrate sulle loro riviste scandalistiche per prestare attenzione
alla
strada e maledicendole interiormente ogni volta.
Era diretto verso
l’ufficio della preside. Un'altra
volta.
Merlin oramai era diventato un frequentatore abituale degli
uffici della preside: a volte perché aveva fatto
accidentalmente esplodere
tutte le ampolle durante pozioni, a volte per colpa di scampagnate
notturne con
Will e, molto più spesso di quanto volesse ammettere, a
causa delle scazzottate
nei corridoi con Pendragon.
Oramai passava così tanto tempo con la preside che
l’aveva
idealizzata un po’ come una nonna burbera: dopotutto gli
prestava i libri della
sua collezione privata e aveva avviato con lui una partita a scacchi,
così che
mentre lo riprendeva per
l’ennesima rissa
gli dava anche una batosta. Era frustrante vincere contro tutti gli
studenti e
perdere miseramente contro di lei. Ogni santa volta.
Stavolta in particolare non sapeva perché era stato
chiamato, ma di motivi la preside ne poteva avere diversi, ad esempio il
tentativo
fallito di dare un pugno a Pendragon quella stessa mattina. Certo,
avevano
fatto molto di peggio –risse per i corridoi e nasi spaccati
erano un classico– ma probabilmente la preside non gliela avrebbe fatta
passare liscia neanche
per così poco.
Quell’asino aveva preso un’altra volta in
giro la sua
bacchetta. Non lo sopportava. In realtà ora che aveva tempo per pensarci, o per lo meno quello per
salire la
scala a sinistra, gran parte delle peggiori prese in giro che Pendragon
gli
aveva fatto erano a causa della sua bacchetta. Probabilmente se fosse
stato il
biondo ad avere la bacchetta rotta, Merlin non si sarebbe risparmiato
neanche
la più piccola presa in giro, ma non era questo il caso ed
il moro si sentiva
umiliato.
Insomma, come se l’adolescenza di un ragazzo gay non
fosse
abbastanza complicata; si doveva aggiungere che il suddetto ragazzo
faceva
esplodere qualsiasi cosa nel raggio di diversi metri se provava a
toccare una
bacchetta integra, come Pendragon non perdeva occasione di
fargli notare.
Arrivato davanti al gargoyle di pietra, disse la parola
d’ordine («Trasmutazione») e si
avviò su per la scalinata.
«Avanti.» La voce della preside McGranitt
arrivò prima che
lui riuscisse a bussare. Merlin aveva smesso dal primo anno di domandarsi come la
preside
riuscisse a capire che lui stava salendo: dopotutto un gargoyle che
pesava a
occhio e croce diverse tonnellate doveva
fare un minimo di rumore mentre si spostava, no?
Aprì la porta dello studio senza troppe cerimonie e
non fu particolarmente
sorpreso di vedere che il CapoCasa di Corvonero, Gaius – pardon: il professor Wilson –
fosse lì con lui. Gli sorrise, varcandola.
In quel momento si accorse di due persone che discutevano
animatamente sedute davanti alla scrivania. E, anche se non poteva
vedere i
loro volti, quei capelli neri assurdamente disordinati da una parte e
quei
lunghi capelli castani e crespi dall’altra non potevano
essere di molte
persone.
Un filo di panico s’impossessò di lui.
Okay Merlin, diciamoci
la verità, si costrinse il ragazzo,
hai la salivazione al minimo storico, la vista offuscata e ti tremano
le gambe.
Ringrazia il cielo che soffri di pressione bassa e quindi sei abituato
a
gestire questi sintomi. Ah, ed evita di svenire davanti agli idoli
della tua
generazione, se ti riesce.
«Merlin,
sicuramente
conoscerai il signor Potter e la Signora Granger. Signori, lui
è Merlin
Emerson, il ragazzo di cui vi ho parlato»
Merlin venne inchiodato da un paio di occhi verdi che ora lo
fissavano incuriositi, ma nonostante il panico il suo cervello
funzionava
ancora e quindi non riuscì ad ignorare, con un certo
orgoglio, la parole della
McGranitt: ‘di cui vi ho
parlato’.
Per quale motivo la preside aveva parlato di lui ai
salvatori del mondo magico?
I suoi pensieri vennero bruscamente interrotti quando
Hermione Granger – cioè, Hermione
Granger, porca miseria! – si alzò e gli
porse la mano.
La vista gli stava diventando pericolosamente nera; doveva
solo aspettare un paio di secondi prima che si schiarisse e poi avrebbe
detto
qualcosa di sensato. Forse.
«Merlin, è un piacere
conoscerti», disse.
«Ehm, io … pia-piacere mi-mio. S-Signora
Granger»
Dai, era riuscito a
dire il cognome senza balbettare come un povero ebete: questi erano
passi
avanti, giusto?
Anche Potter si alzò dalla sua sedia e
girò sorridendo verso
di lui, tendendogli la mano. Merlin si ritrovò a pensare
alle galline che
infestavano i corridoi di Hogwarts pieni di poster dell’uomo
che aveva davanti,
e si rese conto che quelli non erano neanche lontanamente belli come
lui. Potter
era di una bellezza virile, sicura e innocente. Un ossimoro vivente. Il suo gay radar si
mise a ballare la samba.
«Merlin, piacere mio. Sono Harry».
Erano le sue budella
quelle che stavano implodendo?
Merlin si costrinse a sorridere di rimando, afferrando anche
la sua mano e stringendola lievemente, e ricevette una stretta sicura
indietro.
Ecco, aveva stretto la mano da femminuccia, e ora Potter
avrebbe pensato che era un pappamolle e non lo avrebbe più
guardato in faccia.
Stava ancora piagnucolando nella sua mente su quanto poco
virile fosse stato, su come fosse ingiusto che Harry e Hermione fossero
le
persone più belle che lui avesse mai visto e su come Gwen e
Will non gli
avrebbero mai creduto, quando la preside, come risvegliandolo da una
trance, incrociò
il suo sguardo e gli indicò una delle sedie davanti a lei.
Con tutta l’adrenalina che aveva in corpo
l’ultima cosa che
desiderava era sedersi, ma uno sguardo di Gaius gli fece capire che non
l’avrebbe
aiutato se sveniva a terra, e questo gli bastò.
Una volta che anche gli altri due si furono seduti, la
preside McGranitt prese parola.
«Merlin, alla tua ultima visita qui, nel mio
ufficio, mi hai
detto una cosa. Sai di che cosa sto parlando?»
Lui non riuscì a non deglutire, ma alla fine
nascose la sua
insicurezza – più o meno – dietro una
conferma a mezza voce. Ora sentiva di
nuovo gli sguardi tutti puntati su di se. E probabilmente ce li aveva. Cazzo.
«Bene. Il professor Wilson l’ha confermata
poco prima che tu
arrivassi, ma comunque dovresti darcene una prova».
Diretta e concisa: questo era un tratto che gli era sempre
piaciuto della preside.
Ma in quel momento no. Per niente.
Merlin abbassò la testa e sbirciò di
lato, fissando Gaius.
In quell’unica occhiata, il suo padrino capì il
suo imbarazzo e risolse la
questione immediatamente.
«Merlin, sposta questa lampada», gli
suggerì, indicando
un’abat-jour sulla parte sinistra della scrivania.
Come oramai aveva fatto mille volte, chiuse gli occhi per
evitare che qualcuno vedesse che stavano diventando dorati, e
lasciò filtrare la
magia fuori di lui. Li riaprì di scatto quando
sentì la Granger sussultare: la
lampada ora era alla destra della McGranitt.
«Ma come …»
«Impressionante!», esclamò
Harry, «Quindi tu riesci
veramente a fare incantesimi senza bacchetta!»
Merlin arrossì quasi immediatamente. L’ex-bambino-sopravvissuto-due-volte
stava lodando lui!
E l’euforia di quel momento lo fecce rispondere
senza
collegare il cervello alla bocca.
«Beh, sì, anche tu».
Il silenzio successivo gli fece notare la
figuraccia, e Merlin valutò che, tutto
sommato, sparire dalla vista di Harry Potter sprofondando nel pavimento
era una
valida alternativa al restare lì come un ebete a fissarlo,
con la voglia che
gli esplodeva e le orecchie infuocate.
Maledette orecchie
sensibili.
Una fragorosa risata si sentì dalla sedia di Harry,
vicino
ad altre più sommesse.
Ma era la sua che importava. E che, sentendola, si era
improvvisamente calmato.
«Sì, ma io sono un po’
più vecchio di te e non vado oltre l’Accio
Bacchetta»
Merlin si rincuorò lievemente e osò
alzare lo sguardo fino a
Hermione. La strega lo stava fissando con interesse, ma aveva un
sorriso
rassicurante sulle labbra. Dopo pochi attimi si rivolse a Potter.
«Harry, tu hai anche bisogno di dire
l’incantesimo».
E lui che sperava che la cosa potesse passare in sordina!
Altro che sorriso rassicurante!
Lo sguardo della preside si allargò almeno come
quello di
Harry.
Superando il momentaneo mutismo della McGranitt, Harry si
voltò definitivamente a fissarlo.
«Come hai fatto?». Non gli diede neanche
il tempo di
rispondere. «Gli incantesimi senza bacchetta sono difficili, molto difficili
per un sedicenne, ma gli incanti non verbali lo sono
ancora di più. È la prima volta in tutta la mia
vita che li vedo fare entrambi.
Contemporaneamente».
Ora era in piedi e lo fissava come se lui fosse un alieno.
«Esattamente, cosa
sei in grado di fare?»
Ecco, quella era esattamente la domanda che temeva di
più.
Aveva più volte provato a testare con Gaius la
portata dei
suoi poteri senza bacchetta e l’unica cosa che era riuscito a
capire era che
gli venivano spontanei, quasi istintivi; dipendevano dal suo umore, non
dal suo
studio, e non si poteva prevedere che cosa sarebbe successo se li
avesse usati.
Una volta aveva passato un pomeriggio ad urlare alohomora alla serratura
dello studio del pozionista, senza bacchetta e senza successo, tanto
che il
professore l‘aveva costretto a sedersi per il tè
pomeridiano per fargli passare
la frustrazione. Una volta saccheggiate le sue scorte private di
biscotti,
congedandosi dallo studio, aveva passato sovrappensiero una mano sopra
la
serratura ed era scattata.
Ma in ogni caso Merlin non si sentiva pronto a dire tutto
questo a Potter.
Ancora una volta fu Gaius a venire in suo soccorso.
Santo Gaius dai
sotterranei, Santo subito.
«Abbiamo svolto diversi test»,
iniziò, lo sguardo di tutti su
di lui. Sembrò non accorgersene. «Sebbene il
risultato abbia mostrato che
questo tipo di sortilegio non ha limiti reali», e a queste
parole la Granger tornò
repentinamente a guardare Merlin, mentre Harry e la preside
continuavano a
guardare Gaius, «questa è una magia istintiva, non
stabile e non soggetta a
nessuna regola, tranne la sua stessa volontà».
Dopo un altro lungo istante di
pesante silenzio – stava diventando una mania –
Potter si risedette, con un
tonfo reso ancora più rumoroso dalla mancanza di altri
suoni, e si passò una
mano sulla faccia. Naturalmente rendendosi anche più
attraente, ma non era
quello il momento per dirlo.
Hermione si alzò e in quel momento Merlin si
accorse del
tacco dodici e degli abiti che indossava, sicuramente molto formali per
una
visita di cortesia. Immediatamente realizzò che i due si
trovavano lì non come ex-studenti
della McGranitt venuti a salutarla, ma come capo degli Auror e
ViceMinistro
della Magia, oltre che come salvatori del mondo magico.
Ripensando alle forze che erano in gioco, effettivamente la
loro presenza non era proprio una cosa positiva. Nel frattempo Hermione
si era
allontanata dalla scrivania, dove la preside appoggiava i gomiti con le
mani incrociate
a tenere la fronte.
Gaius era tranquillo in piedi vicino alla libreria, ma di
lui non si poteva dire lo stesso.
La prima a parlare fu la McGranitt.
«professor Wilson, lei
non ha ritenuto la questione così importante da
dovermela riportare». Non
era una domanda, ma chiaramente prevedeva una risposta.
Il sopracciglio destro del professore si arcuò
leggermente,
ma il volto era ben lontano dal sembrare anche solo lontanamente
preoccupato.
«Sai che se ci fosse stata la necessità te ne
avrei parlato, Minerva»
La preside alzò la testa e fissò Gaius.
Fu evidentemente
soddisfatta di quello che vide, perché riprese la sua solita
compostezza.
«Bene, signor Merlin, suppongo che il suo nome sia
adatto».
Gaius fece un sorriso e anche Potter stirò le
labbra; da
dietro, la risata sommessa di Hermione giunse alle sue orecchie, che
dovevano
ancore riprendersi dal rossore.
La preside ha appena
fatto una battuta o sbaglio?
«Ora, se non ha altro da dirci, può
tornare alle sue solite
faccende».
Merlin si alzò, ancora barcollante, e Potter gli
porse
nuovamente una mano.
«Sono stato veramente molto felice di averti
conosciuto».
«Il piacere è stato mio».
Wow,
era riuscito a dire un’intera frase senza
balbettare come un idiota. Ora sì che poteva dirsi fiero di se stesso.
Potter non accennava a lasciare la presa delle mani,
però. E
questo era alquanto problematico.
«Spero veramente di vederti sul campo di
addestramento Auror
tra due anni»
«Oh, eh, beh … io …»
Cosa aveva detto sul
riuscire a finire una frase non balbettando come un idiota?
«So che è presto per parlarne, ti chiedo
solo di pensarci.
Okay?»
E se il ventiquattrenne che ha sconfitto Voldemort ti fissa
con i suoi verdissimi occhi luminosi, quale sedicenne non diventa
un’informe
massa gelatinosa?
Merlin riuscì a malapena ad annuire di rimando. La
mano fu
liberata e così il ragazzo si spostò verso la
parete in fondo, dove la Granger
stava fissando un quadro vuoto.
Stavolta fu Merlin a porgere la mano, e proprio quando
Hermione
si voltò, Gaius lo chiamò, appoggiandosi alla
scrivania. E qualcosa
Quel qualcosa era
la lampada che Merlin aveva postato poco prima; e stava cadendo a
terra, spinta
da Gaius. Merlin non ci pensò neanche per un momento: prima
che potesse pensare
di chiudere gli occhi, la caduta si bloccò a metà
e la lampada rimase sospesa
per qualche secondo e, al diavolo la
gravità,
sono un mago, percorrere la strada inversa e ritornare sulla
scrivania
senza nemmeno un graffio.
Gaius gli faceva spesso test simili, quindi non se ne
sorprese più di tanto.
Si voltò di nuovo verso Hermione e la
trovò a fissarlo negli
occhi con la bocca spalancata e uno sguardo scioccato. Ci mise un
po’ a capire
che Hermione non era affascinata dalla sua bellezza e non doveva
cercare una
scusa valida per fargli capire di essere gay: gli stava proprio
guardando gli occhi.
E si rese conto improvvisamente che li stava guardando anche
quando lui aveva usato il suo potere.
Aveva visto i suoi
occhi cambiare colore.
Prima che potesse dire qualunque cosa, prima che potesse
persino rendersi conto di avere una bocca e una voce per comunicare con
lei,
Hermione lo abbracciò. Senza dire niente, senza dargli il
tempo di reagire e
con altrettanta rapidità, si staccò,
afferrò Harry per un braccio e lo trascinò
fuori dall’ufficio della McGranitt. Lui ebbe appena il tempo
di dire «Herm, ma
che dia-» che già la Granger lo aveva spinto fuori e
si era chiusa la porta alle
spalle.
L’intero studio rimase in silenzio per alcuni
secondi, tanto
che tutti udirono distintamente i loro passi strascicati e persino il
bisbiglio
seccato di Potter mentre protestava per i suoi bicipiti frantumati.
Nessuno sapeva cosa dire e la tutti fissavano il punto in
cui erano scomparsi Harry ed Hermione per poi incrociare gli sguardi
degli
altri, leggendoci dentro la stessa confusione.
Ora sì che aveva un problema.