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Autore: Aleida Black    21/10/2013    4 recensioni
Lo stregone più potente di tutti i tempi è tornato, e con lui le risse per i corridoi di Hogwarts.
Dal 4° capitolo:
"Il fatto che Merlin l’avesse risvegliata poteva significare solo che un antico male stava per tornare. E questo non è bene, perché più un male è vecchio più ha avuto tempo per prepararsi."
HP. Ambientato 8 anni dopo la Seconda Guerra Magica, non tiene conto dell'epilogo.
Merlin!Reincarnation, Slash Merthur (prevalentemente)
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aithusa, Merlino, Principe Artù, Un po' tutti | Coppie: Gwen/Lancillotto, Merlino/Artù
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
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Ciao a tutti, questa è la mia seconda ff e la prima che pubblico... non chiederò di essere clementi, anzi, siate il più cattive possibile, per favore!

Varie note che devo fare per rendere più scorrevole la storia:
- Molti personaggi di Merlin non hanno un cognome, ma dato che in questa ff siamo in tempi moderni lo devono avere tutti, quindi è stato preso il cognome del prestavolto, ovvero dell'attore che interpreta quel personaggio. l'unica eccezione è:
- Il cognome di Merlin. La particolarità è che in tutto il fandom italiano e inglese tutte le Modern!Reincation vedono il cognome Emrys. Io accetto quel cognome come l'originale, quindi per me il Merlino dell'anno 990 ha il cognome Emrys,  mentre il Merlin ai giorni nostri ha il cognome Emerson. Spiego anche perché la mia mente malata ha partorito questo: Nel mondo di HP Merlino è il fondatore del mondo magico, è ovvio che tutti conoscano il suo cognome -o quello che viene spacciato come tale- e che, dunque, da parte di Hunith chiamare il figlio Merlin avendo come cognome Emrys sarebbe cattiveria pura. inoltre, nel periodo della Prima Venuta di Voldemort, Balinor si è cambiato il cognome, ufficiosamente, semplicemente dicendo a Hunith che il suo cognome fosse Emerson al posto di Emrys. L'originale era troppo impegnativo in quel periodo di guerra. Mi faccio film mentali, sì, lo so.
- userò i nomi Merlino, Artù e Ginevra per indicare i personaggi storici, mentre Merlin, Arthur e Gwen per i moderni.
- Uther è il Ministro della magia in carica da due anni, e Hermione e la sua seconda in carica nonché addetta alla stampa. Ovviamente si è fatto da solo ;)
- Harry e Ginny si sono lasciati, ma lei è felice con Dean quindi noi siamo felici per lei.
- Harry è capo della sezione Auror di Londra, nella mia mente malata dopo la Seconda Guerra Magica c'è stato un incremento delle iscrizioni ai corsi per Auror, con conseguente aumento degli Auror. Shacklebolt è capo degli uffici di difesa, ma ha dovuto dividere l'inghilterra in sezioni, ognuna con un capo. Harry voleva andare in Galles ma per una questione d'immagine -e per il fatto che è una testa calda- Kingsley l'ha voluto tenere vicino; è il suo secondo al comando.
- da brava malata ho fatto addirittura dei calcoli per capire quando i personaggi di Merlin sarebbero rinati, ve li riporterò nel prossimo capitolo con altre precisazioni.

Diamo tutte un caloroso benvenuto a SylviaGreen, la mia meravigliosa Beta!
Grazie a lei questo capitolo ora ha un aspetto perlomeno decente!
Vi direi che ve la consiglio, ma non lo faccio perché lei per ora è tutta mia! mia!! MIA!! *immaginatevi una risata malvagia a vostro piacere, grazie*

Ah sì, la storia sarà aggiornata ogni Lunedì, temo che ci saranno degli errori, solo che non ho una beta -proponetevi!- e se rileggo un altra volta questo capitolo inizio a impazzire e lanciare gatti, avete presente la gattara dei Simpsons? ecco, come lei. 

Perché i gatti? non lo sò, mi piaccioni i gatti!



Disclaimer:  Harry Potter e Merlin non sono miei, se così fosse nel primo caso sarei una miliardaria inglese e nel secondo una stazione televisiva e posso affermare di non essere nessuno delle due. A scrivere su di loro non ci guadagno niente, anzi, ci butto tempo.

Vi lascio alla fanfiction,
Enjoy!


 

«Oddio, hai letto il nuovo articolo su Harry?»

«Mio dio, sì! Pare che lui e Malfoy…»

«Davvero? Ma se ieri StregaModerna diceva che la Granger ha detto ad Hannah Abbott che …»

«Beh, è ovvio, con tutte le ragazze che Seamus ha avuto …»

 

Merlin, Corvonero del quinto anno, alzò gli occhi al cielo.

Otto anni dalla seconda guerra magica, e l’idolatria verso i vincitori della guerra non si era ancora conclusa. Sentendo il costante blaterare senza senso delle sue coetanee lungo i corridoi di Hogwarts, Merlin ringraziava il cielo ogni giorno di essere un Corvonero: almeno le ragazze della sua casa erano troppo concentrate negli studi per potersi permettere di fare le galline in sala comune. Per i corridoi, invece, non c’era più salvezza.

Merlin non si riteneva un ipocrita e certo non fingeva di non essere anche lui un fan: ovviamente adorava il magico trio e pochi mesi prima aveva passato due ore a fare la fila per avere la firma di Ronald Weasley sul suo nuovo libro “IO, Quidditch!”. Ma in ogni caso tutto quell’assurdo fanatismo era seccante.

 

Sbuffando si diresse verso le scalinate che l’avrebbero condotto al quinto piano, rischiando di sbattere più volte contro ragazzine troppo concentrate sulle loro riviste scandalistiche per prestare attenzione alla strada e maledicendole interiormente ogni volta.
Era diretto verso l’ufficio della preside. Un'altra volta.

Merlin oramai era diventato un frequentatore abituale degli uffici della preside: a volte perché aveva fatto accidentalmente esplodere tutte le ampolle durante pozioni, a volte per colpa di scampagnate notturne con Will e, molto più spesso di quanto volesse ammettere, a causa delle scazzottate nei corridoi con Pendragon.

Oramai passava così tanto tempo con la preside che l’aveva idealizzata un po’ come una nonna burbera: dopotutto gli prestava i libri della sua collezione privata e aveva avviato con lui una partita a scacchi, così che mentre lo riprendeva per l’ennesima rissa gli dava anche una batosta. Era frustrante vincere contro tutti gli studenti e perdere miseramente contro di lei. Ogni santa volta.

Stavolta in particolare non sapeva perché era stato chiamato, ma di motivi la preside ne poteva avere diversi, ad esempio il tentativo fallito di dare un pugno a Pendragon quella stessa mattina. Certo, avevano fatto molto di peggio –risse per i corridoi e nasi spaccati erano un classico– ma probabilmente la preside non gliela avrebbe fatta passare liscia neanche per così poco.

Quell’asino aveva preso un’altra volta in giro la sua bacchetta. Non lo sopportava. In realtà ora che aveva tempo per pensarci, o per lo meno quello per salire la scala a sinistra, gran parte delle peggiori prese in giro che Pendragon gli aveva fatto erano a causa della sua bacchetta. Probabilmente se fosse stato il biondo ad avere la bacchetta rotta, Merlin non si sarebbe risparmiato neanche la più piccola presa in giro, ma non era questo il caso ed il moro si sentiva umiliato.

 

Insomma, come se l’adolescenza di un ragazzo gay non fosse abbastanza complicata; si doveva aggiungere che il suddetto ragazzo faceva esplodere qualsiasi cosa nel raggio di diversi metri se provava a toccare una bacchetta integra, come Pendragon non perdeva occasione di fargli notare.

 

Arrivato davanti al gargoyle di pietra, disse la parola d’ordine («Trasmutazione») e si avviò su per la scalinata.

 

«Avanti.» La voce della preside McGranitt arrivò prima che lui riuscisse a bussare. Merlin aveva smesso dal primo anno di domandarsi come la preside riuscisse a capire che lui stava salendo: dopotutto un gargoyle che pesava a occhio e croce diverse tonnellate doveva fare un minimo di rumore mentre si spostava, no?

 

Aprì la porta dello studio senza troppe cerimonie e non fu particolarmente sorpreso di vedere che il CapoCasa di Corvonero, Gaius – pardon: il professor Wilson – fosse lì con lui. Gli sorrise, varcandola.

In quel momento si accorse di due persone che discutevano animatamente sedute davanti alla scrivania. E, anche se non poteva vedere i loro volti, quei capelli neri assurdamente disordinati da una parte e quei lunghi capelli castani e crespi dall’altra non potevano essere di molte persone.

Un filo di panico s’impossessò di lui.

 

Okay Merlin, diciamoci la verità, si costrinse il ragazzo, hai la salivazione al minimo storico, la vista offuscata e ti tremano le gambe. Ringrazia il cielo che soffri di pressione bassa e quindi sei abituato a gestire questi sintomi. Ah, ed evita di svenire davanti agli idoli della tua generazione, se ti riesce. 

 

 «Merlin, sicuramente conoscerai il signor Potter e la Signora Granger. Signori, lui è Merlin Emerson, il ragazzo di cui vi ho parlato»

Merlin venne inchiodato da un paio di occhi verdi che ora lo fissavano incuriositi, ma nonostante il panico il suo cervello funzionava ancora e quindi non riuscì ad ignorare, con un certo orgoglio, la parole della McGranitt: ‘di cui vi ho parlato’.

Per quale motivo la preside aveva parlato di lui ai salvatori del mondo magico?

I suoi pensieri vennero bruscamente interrotti quando Hermione Granger – cioè, Hermione Granger, porca miseria! – si alzò e gli porse la mano.

La vista gli stava diventando pericolosamente nera; doveva solo aspettare un paio di secondi prima che si schiarisse e poi avrebbe detto qualcosa di sensato. Forse.

«Merlin, è un piacere conoscerti», disse.

«Ehm, io … pia-piacere mi-mio. S-Signora Granger»

 

Dai, era riuscito a dire il cognome senza balbettare come un povero ebete: questi erano passi avanti, giusto?

 

Anche Potter si alzò dalla sua sedia e girò sorridendo verso di lui, tendendogli la mano. Merlin si ritrovò a pensare alle galline che infestavano i corridoi di Hogwarts pieni di poster dell’uomo che aveva davanti, e si rese conto che quelli non erano neanche lontanamente belli come lui. Potter era di una bellezza virile, sicura e innocente. Un ossimoro vivente. Il suo gay radar si mise a ballare la samba.

«Merlin, piacere mio. Sono Harry».

 

Erano le sue budella quelle che stavano implodendo?

 

Merlin si costrinse a sorridere di rimando, afferrando anche la sua mano e stringendola lievemente, e ricevette una stretta sicura indietro.

Ecco, aveva stretto la mano da femminuccia, e ora Potter avrebbe pensato che era un pappamolle e non lo avrebbe più guardato in faccia.

Stava ancora piagnucolando nella sua mente su quanto poco virile fosse stato, su come fosse ingiusto che Harry e Hermione fossero le persone più belle che lui avesse mai visto e su come Gwen e Will non gli avrebbero mai creduto, quando la preside, come risvegliandolo da una trance, incrociò il suo sguardo e gli indicò una delle sedie davanti a lei.

Con tutta l’adrenalina che aveva in corpo l’ultima cosa che desiderava era sedersi, ma uno sguardo di Gaius gli fece capire che non l’avrebbe aiutato se sveniva a terra, e questo gli bastò.

Una volta che anche gli altri due si furono seduti, la preside McGranitt prese parola.

«Merlin, alla tua ultima visita qui, nel mio ufficio, mi hai detto una cosa. Sai di che cosa sto parlando?»

Lui non riuscì a non deglutire, ma alla fine nascose la sua insicurezza – più o meno – dietro una conferma a mezza voce. Ora sentiva di nuovo gli sguardi tutti puntati su di se. E probabilmente ce li aveva. Cazzo.

«Bene. Il professor Wilson l’ha confermata poco prima che tu arrivassi, ma comunque dovresti darcene una prova».

Diretta e concisa: questo era un tratto che gli era sempre piaciuto della preside.

Ma in quel momento no. Per niente.

Merlin abbassò la testa e sbirciò di lato, fissando Gaius. In quell’unica occhiata, il suo padrino capì il suo imbarazzo e risolse la questione immediatamente.

«Merlin, sposta questa lampada», gli suggerì, indicando un’abat-jour sulla parte sinistra della scrivania.

Come oramai aveva fatto mille volte, chiuse gli occhi per evitare che qualcuno vedesse che stavano diventando dorati, e lasciò filtrare la magia fuori di lui. Li riaprì di scatto quando sentì la Granger sussultare: la lampada ora era alla destra della McGranitt.

«Ma come …»

«Impressionante!», esclamò Harry, «Quindi tu riesci veramente a fare incantesimi senza bacchetta!»

Merlin arrossì quasi immediatamente. L’ex-bambino-sopravvissuto-due-volte stava lodando lui!

E l’euforia di quel momento lo fecce rispondere senza collegare il cervello alla bocca.

«Beh, sì, anche tu».

Il silenzio successivo gli fece notare la figuraccia, e Merlin valutò che, tutto sommato, sparire dalla vista di Harry Potter sprofondando nel pavimento era una valida alternativa al restare lì come un ebete a fissarlo, con la voglia che gli esplodeva e le orecchie infuocate.

 

Maledette orecchie sensibili.

 

Una fragorosa risata si sentì dalla sedia di Harry, vicino ad altre più sommesse.

Ma era la sua che importava. E che, sentendola, si era improvvisamente calmato.

«Sì, ma io sono un po’ più vecchio di te e non vado oltre l’Accio Bacchetta»

Merlin si rincuorò lievemente e osò alzare lo sguardo fino a Hermione. La strega lo stava fissando con interesse, ma aveva un sorriso rassicurante sulle labbra. Dopo pochi attimi si rivolse a Potter.

«Harry, tu hai anche bisogno di dire l’incantesimo».

E lui che sperava che la cosa potesse passare in sordina! Altro che sorriso rassicurante!

Lo sguardo della preside si allargò almeno come quello di Harry.

Superando il momentaneo mutismo della McGranitt, Harry si voltò definitivamente a fissarlo.

«Come hai fatto?». Non gli diede neanche il tempo di rispondere. «Gli incantesimi senza bacchetta sono difficili, molto difficili per un sedicenne, ma gli incanti non verbali lo sono ancora di più. È la prima volta in tutta la mia vita che li vedo fare entrambi. Contemporaneamente».

Ora era in piedi e lo fissava come se lui fosse un alieno.

«Esattamente, cosa sei in grado di fare?»

Ecco, quella era esattamente la domanda che temeva di più.

Aveva più volte provato a testare con Gaius la portata dei suoi poteri senza bacchetta e l’unica cosa che era riuscito a capire era che gli venivano spontanei, quasi istintivi; dipendevano dal suo umore, non dal suo studio, e non si poteva prevedere che cosa sarebbe successo se li avesse usati. Una volta aveva passato un pomeriggio ad urlare alohomora alla serratura dello studio del pozionista, senza bacchetta e senza successo, tanto che il professore l‘aveva costretto a sedersi per il tè pomeridiano per fargli passare la frustrazione. Una volta saccheggiate le sue scorte private di biscotti, congedandosi dallo studio, aveva passato sovrappensiero una mano sopra la serratura ed era scattata.

Ma in ogni caso Merlin non si sentiva pronto a dire tutto questo a Potter.

Ancora una volta fu Gaius a venire in suo soccorso.

 

Santo Gaius dai sotterranei, Santo subito.

 

«Abbiamo svolto diversi test», iniziò, lo sguardo di tutti su di lui. Sembrò non accorgersene. «Sebbene il risultato abbia mostrato che questo tipo di sortilegio non ha limiti reali», e a queste parole la Granger tornò repentinamente a guardare Merlin, mentre Harry e la preside continuavano a guardare Gaius, «questa è una magia istintiva, non stabile e non soggetta a nessuna regola, tranne la sua stessa volontà». Dopo un altro lungo istante di pesante silenzio – stava diventando una mania – Potter si risedette, con un tonfo reso ancora più rumoroso dalla mancanza di altri suoni, e si passò una mano sulla faccia. Naturalmente rendendosi anche più attraente, ma non era quello il momento per dirlo.

Hermione si alzò e in quel momento Merlin si accorse del tacco dodici e degli abiti che indossava, sicuramente molto formali per una visita di cortesia. Immediatamente realizzò che i due si trovavano lì non come ex-studenti della McGranitt venuti a salutarla, ma come capo degli Auror e ViceMinistro della Magia, oltre che come salvatori del mondo magico.

Ripensando alle forze che erano in gioco, effettivamente la loro presenza non era proprio una cosa positiva. Nel frattempo Hermione si era allontanata dalla scrivania, dove la preside appoggiava i gomiti con le mani incrociate a tenere la fronte.

Gaius era tranquillo in piedi vicino alla libreria, ma di lui non si poteva dire lo stesso.

La prima a parlare fu la McGranitt.

«professor Wilson, lei non ha ritenuto la questione così importante da dovermela riportare». Non era una domanda, ma chiaramente prevedeva una risposta.

Il sopracciglio destro del professore si arcuò leggermente, ma il volto era ben lontano dal sembrare anche solo lontanamente preoccupato. «Sai che se ci fosse stata la necessità te ne avrei parlato, Minerva»

La preside alzò la testa e fissò Gaius. Fu evidentemente soddisfatta di quello che vide, perché riprese la sua solita compostezza.

«Bene, signor Merlin, suppongo che il suo nome sia adatto».

Gaius fece un sorriso e anche Potter stirò le labbra; da dietro, la risata sommessa di Hermione giunse alle sue orecchie, che dovevano ancore riprendersi dal rossore.

La preside ha appena fatto una battuta o sbaglio?

«Ora, se non ha altro da dirci, può tornare alle sue solite faccende».

Merlin si alzò, ancora barcollante, e Potter gli porse nuovamente una mano.

«Sono stato veramente molto felice di averti conosciuto».

«Il piacere è stato mio».

 

 Wow, era riuscito a dire un’intera frase senza balbettare come un idiota. Ora sì che poteva dirsi fiero di se stesso.

 

Potter non accennava a lasciare la presa delle mani, però. E questo era alquanto problematico.

«Spero veramente di vederti sul campo di addestramento Auror tra due anni»

«Oh, eh, beh … io …»

 

Cosa aveva detto sul riuscire a finire una frase non balbettando come un idiota?

 

«So che è presto per parlarne, ti chiedo solo di pensarci. Okay?»

E se il ventiquattrenne che ha sconfitto Voldemort ti fissa con i suoi verdissimi occhi luminosi, quale sedicenne non diventa un’informe massa gelatinosa?

Merlin riuscì a malapena ad annuire di rimando. La mano fu liberata e così il ragazzo si spostò verso la parete in fondo, dove la Granger stava fissando un quadro vuoto.

Stavolta fu Merlin a porgere la mano, e proprio quando Hermione si voltò, Gaius lo chiamò, appoggiandosi alla scrivania. E qualcosa

seguì il movimento del suo gomito.

Quel qualcosa era la lampada che Merlin aveva postato poco prima; e stava cadendo a terra, spinta da Gaius. Merlin non ci pensò neanche per un momento: prima che potesse pensare di chiudere gli occhi, la caduta si bloccò a metà e la lampada rimase sospesa per qualche secondo e, al diavolo la gravità, sono un mago, percorrere la strada inversa e ritornare sulla scrivania senza nemmeno un graffio.

Gaius gli faceva spesso test simili, quindi non se ne sorprese più di tanto.

Si voltò di nuovo verso Hermione e la trovò a fissarlo negli occhi con la bocca spalancata e uno sguardo scioccato. Ci mise un po’ a capire che Hermione non era affascinata dalla sua bellezza e non doveva cercare una scusa valida per fargli capire di essere gay: gli stava proprio guardando gli occhi.

E si rese conto improvvisamente che li stava guardando anche quando lui aveva usato il suo potere.

Aveva visto i suoi occhi cambiare colore.

Prima che potesse dire qualunque cosa, prima che potesse persino rendersi conto di avere una bocca e una voce per comunicare con lei, Hermione lo abbracciò. Senza dire niente, senza dargli il tempo di reagire e con altrettanta rapidità, si staccò, afferrò Harry per un braccio e lo trascinò fuori dall’ufficio della McGranitt. Lui ebbe appena il tempo di dire «Herm, ma che dia-» che già la Granger lo aveva spinto fuori e si era chiusa la porta alle spalle.

L’intero studio rimase in silenzio per alcuni secondi, tanto che tutti udirono distintamente i loro passi strascicati e persino il bisbiglio seccato di Potter mentre protestava per i suoi bicipiti frantumati.

Nessuno sapeva cosa dire e la tutti fissavano il punto in cui erano scomparsi Harry ed Hermione per poi incrociare gli sguardi degli altri, leggendoci dentro la stessa confusione.

Ora sì che aveva un problema.

   
 
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