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Autore: Bab1974    21/10/2013    0 recensioni
Seguito de 'Il principe dei miei sogni'.
Rubens, sentendo sempre più la lontananza da Pagan, decide di accettare la proposta di re Guilt, suo padre, e di diventare guardia di palazzo.
Durante la prima assenza di addestramento Pagan viene rapito e Rubens, avvertito, parte alla sua ricerca. Per fortuna sa già da dove cominciare...
Partecipante al contest di sango_79 Sword Contest Reload.
Genere: Azione, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con, Violenza
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Il principe della realtà V
Partecipante al contest indetto da sango_79, sul forum di EFP e su quello di Disegni e Parole, Sword Contest Reload. Lascio i link dei contest dei due siti.
EFP: http://freeforumzone.leonardo.it/d/10653215/Sword-Contest-Reload/discussione.aspx
DeP:  http://disegnieparole.forumfree.it/?t=66492490
Lascio anche il link dell'immagine a cui è ispirato questo capitolo poiché, essendo negata, non so metterla come banner.
http://s1182.photobucket.com/user/DisegniParole/media/carnelian23_zps879ea8c5.jpg.html



V-
Dantes, convinto che avrebbe fatto una brutta fine, rivelò a Rubens il punto esatto in cui si trovava il maniero di Brumac. Lo vedeva poco convinto, temeva che mentisse.
"Mi auguro che tu dica la verità per il tuo bene."
Si preparò a partire. Si era armato in maniera leggera e intelligente. Voleva correre per salvare il suo compagno e punire finalmente Brumac.


Pagan non pianse più dopo la morte del ragazzo. Aveva perso ogni energia e qualunque cosa Brumac gli facesse, sembrava che non avesse l'effetto di scuoterlo.
L'uomo non era soddisfatto: dopo gli strilli che aveva fatto durante le torture dell'altro, pensava che si sarebbe divertito con lui. Invece era come avere a che fare con una bambola di pezza, senza sentimenti. Avrebbe voluto sapere cosa gli passava per la testa.
Forse per lui sarebbe stato meglio.
Pagan cercava di concentrarsi su ciò che gli aveva insegnato Rubens in quei due anni. Non voleva credere che il tempo passato ad allenarsi, proprio per evitare che succedesse di nuovo che qualcuno gli facesse del male, non fossero serviti a nulla. Ripeteva mentalmente gli insegnamenti che il suo compagno gli aveva suggerito, adattabili in ogni caso.
-Qualsiasi cosa può diventare un'arma, se ben utilizzata.- gli raccontava e aspettava il momento giusto per attaccarlo.
Brumac aveva abusato di lui in ogni maniera ma nulla che non avesse già fatto quando era prigioniero delle segrete di Teran, perciò Pagan si estraniò studiando la maniera per fuggire da quel luogo.
La prima cosa che pensò fu di allentare il collare di ferro che aveva legato al collo, assicurato da una catena al muro, cui lo aveva legato come un cane. Ogni qual volta era solo, tirava con forza, rischiando di rimanere strozzato. Per fortuna non parlava mai a Brumac, perciò non si poteva accorgere che aveva il fiato spezzato.
Era passata quasi una settimana da che era stato legato in quella maniera, subito dopo la morte del giovane di cui aveva preso il posto, che sentì qualcosa cedere. Si accorse allora che la corta catena che aveva legato al collo, e che gli lasciava poca libertà di movimento, era sul punto di sfilarsi dal muro, dandogli la possibilità di scattare in avanti. Si bloccò, ricordandosi che aveva ancora le mani legate saldamente dietro alla schiena, e il successivo passo di tentare di far passare le braccia in avanti, dandogli maggior libertà di movimento. Ci volle qualche altro giorno per imparare la maniera giusta ma, appena si accorse di esserne capace, si fermò di nuovo. Doveva aspettare che Brumac arrivasse con la sua strafottenza, si avvicinasse e...



La trappola per il Conte scattò la prima volta che riapparì alla sua vista. L'uomo, come il solito, allontanò le guardie, trovando che fosse più piacevole non avere spettatori, piuttosto che non amanti della visione. Sperava di aver trovato in Dantes un valido aiuto ma, nonostante la sua fama di essere disposto a tutto, lo aveva visto irrigidirsi più di una volta alle violenze alle quali assisteva.
Quindi era tornato alla solitudine.
-Per mia fortuna.- pensò Pagan. Non era certo di riuscire nell'intento ma era sempre meglio che stare lì a subire. Anche perché era certo, non avendo obbligo alcuno, che non l'avrebbe fatto sopravvivere mesi come l'altra volta.
Appena rimasti soli, il Conte, per cercare di scuoterlo, gli raccontò nei minimi particolari quello che gli avrebbe fatto nelle ore successive. Pagan non si scosse, perciò gli diede qualche ceffone, giusto per gradire. La spada era appesa strafottente come lui, alla sua vita. Tutto procedeva come il solito. Ora doveva attendere il momento in cui avrebbe scelto lo strumento di tortura che gli sembrava più adatto per cominciare. Di solito perdeva qualche minuto, voltato di schiena a selezionare con lo sguardo tutte le possibilità che aveva e le attrezzature che venivano portate dentro con lui, in una griglia.
-Questo è il momento giusto.- pensò Pagan.
Cominciò con lo sfilare le braccia da dietro la schiena: era un'operazione dolorosa ma necessaria. Oltretutto doveva essere veloce e silenzioso, cose che non sempre si accordano. Riuscito, con uno sforzo immane, a passare le braccia dal fondoschiena e a finire fino alle ginocchia, doveva far passare anche le gambe. Era una delle poche incognite di quel giorno, poiché non si era mai cimentato.
Fu preso quasi dal panico, quando vide che era difficile, forse proprio perché non si era allenato. Tornò su con le braccia e decise di far passare un piede alla volta fra il sedere e le catene. Si accorse che lì lo spazio di movimento era molto di più amplio, quindi cominciò con la sinistra e subito di seguito la seconda, poiché erano legate fra loro. Si accorse che Brumac stava allungando la mano per prendere ciò che aveva selezionato. Aveva solo pochi istanti per finire di liberarsi. Per fortuna i movimenti dell'uomo erano studiati per essere lenti e frustranti, come un'ulteriore tortura.
Pagan finì di far passare la gamba destra, tirò nel collare, aiutandosi con entrambe le mani, e nel giro di poco fu libero nei movimenti. Si mise in piedi e barcollando, a causa della lunga immobilità e del fatto che avesse le gambe unite, raggiunse l'elsa della spada di Brumac, che gli spuntava da sinistra e gliela sfilò.
Il Conte si voltò stupito: era la prima volta in tanti anni che accadeva che qualcuno si liberasse dalle sue catene. Pagan gli stava puntando addosso la propria spada. Lo stupore si trasformò in un sorriso malvagio. Era troppo tempo che trovava noiose le solite torture, i medesimi stupri e il momento in cui toglieva la vita a quegli esseri stava diventando l'unico momento eccitante, purtroppo breve. Uno scossone non gli avrebbe fatto male.
"Ma tu guarda, sembravi un morto vivente, invece fingevi." commentò, osservandolo senza paura. A fatica stava in piedi con i piedi legati tra loro, non era un pericolo per lui, solo un divertimento in più. Intanto faceva qualche passo indietro, per raggiungere la griglia in cui teneva le attrezzature da tortura.
"Non muovere più un passo e tieni le mani in vista." sbottò secco Pagan. "So cosa vuoi fare ma non ho perso tutto questo tempo a liberarmi, per permetterti di fuggirmi."
Brumac obbedì e alzò le mani, continuando a fissarlo negli occhi. La spada, puntata verso il suo collo, tremava leggermente: ciò significava che chi l'impugnava era troppo debole per sorreggerla. Ora toccava a lui studiare la maniera di disarmarlo senza farsi male.
"Mettiti in ginocchio." gli fu ordinato. Brumac fece finta di obbedire ma, appena ebbe piegato le gambe, fece uno scatto verso Pagan, evitando la punta della spada, e colpendo il petto del ragazzo che perse subito l'equilibrio e mollo l'arma.
-Accidenti, tentativo fallito.- pensò Pagan, mentre Brumac lo bloccava da dietro, negandogli il più piccolo movimento con le braccia e le gambe.
"Hai cantato vittoria troppo presto, cucciolo." gli disse sussurrandogli all'orecchio "Oggi ti ridurrò in un tale stato, che nemmeno tua madre ti riconoscerà. Ho sempre evitato di colpire il tuo bel faccino, ma mi hai fatto venire una gran voglia."
-Beh, la testa è abbastanza libera, però.- pensò intanto Pagan.
Puntò i piedi a terra e, usando tutta la forza che gli rimaneva in corpo, diede una poderosa testata all'indietro. Brumac, preso alla sprovvista per la seconda volta nel giro di un soffio, si toccò il naso e vide la mano piena di sangue.
"Piccolo, lurido bastardo." lo apostrofò con gli occhi che lanciavano saette "Nessuno ha mai osato tanto. La tua punizione sarà esemplare... e pubblica. Ti umilierò davanti a tutti, permetterò ai cani di pisciarti in bocca e agli uomini di cagarti addosso. Riuscirò a farti passare per un criminale della peggior specie, senza rimetterci. Nessuno riconoscerà il tuo volto, tanto lo avrò deformato, e non potrai chiedere aiuto, perché la tua lingua rimarrà a far compagnia ai porci."
Brumac era davvero fuori di sé, come non lo aveva mai visto. Pagan lo vide correre verso la griglia e prendere una lunga frusta: aveva capito che era pericoloso e voleva stargli il più lontano possibile. Il ragazzo intanto aveva raccolto di nuovo la spada e, cercando di non perdere il poco vantaggio che aveva , gli si era fiondato addosso. Mentre Brumac alzava la mano per lanciare il primo colpo, Pagan era corso verso di lui, inciampando su i propri piedi legati. Non aveva però mancato il colpo: la lama della spada, con la forza dovuta al corpo cadente, entrò quasi totalmente nel petto di Brumac, lasciandolo con gli occhi sbarrati per il dolore e per la sorpresa, la terza di seguito.
"Tu non puoi... avermi fatto questo." tossicchiò l'uomo "Io ti avevo ucciso dentro, avevo spento ogni tuo pensiero. Tu non... potevi fingere."
"Ho avuto un ottimo insegnante." confessò Pagan, rimettendosi faticosamente in piedi.
Un battito di mani attirò l'attenzione di entrambi.
"E tu sei stato un ottimo allievo." disse Rubens, comodamente seduto su di un sasso, a pochi metri dalla gabbia. "Complimenti, davvero. Pensare che mi sono dannato l'anima per venirti a salvare."
"Rubens!" gridò Pagan, fuori di sé dalla gioia. Per correre verso le sbarre inciampò ancora. Rubens, vedendo che Brumac tentava di rimettersi in piedi, nonostante il ferro infilato nel petto, decise che fosse il caso di intervenire.
"Guardie!" gridò con quanto fiato aveva in corpo "Guardie, ammazzate l'intruso."
Rubens si avvicinò alle sbarre, Pagan pure, questa volta più cautamente. Si abbracciarono attraverso la barriera, poi Rubens prese un sasso e lo gettò in testa al Conte, che si stava avvicinando.
"A cuccia, tu." ordinò "Comunque è inutile che strilli come una gallina, non c'è nessuno che ti possa aiutare."
"Hai ucciso tutti?" chiese Brumac. Era indeciso se essere arrabbiato o ammirato.
"Li ho immobilizzati." ghignò "Non sono al livello del bastardo che hai pagato tu."
Pagan avrebbe voluto chiedere che ne era stato degli altri ma in quel momento avevano cose più urgenti da fare.
"Da quanto tempo eri lì?" chiese "Perché non sei intervenuto prima?"
"Dovevo recuperare questa." rispose Rubens, mostrando la chiave della gabbia, che aveva appeso a un dito "Quando sono tornato, ho visto che era quasi libero e ho pensato di vedere come te la cavavi, prima di fare qualche mossa. Forse mi ripeterò, ma sei stato davvero incredibile."
Poi prese la chiave più saldamente e aprì la porta. Pagan gli saltò in braccia, baciandolo con passione. Rubens ricambiò sentendo il sapore del sangue in bocca. Prese la spada dalle mani del compagno.
"Che ne facciamo di questo?" chiese, puntandola addosso a Brumac.
Pagan lo fissò un attimo: non lo odiava per quello che aveva fatto a sé, era troppo buono, ma non poteva sopportare che facesse del male ad altri.
"Non so, io non ho il coraggio di ucciderlo." poi ci pensò su un po' "Che ne dici se lo lasciamo qua dentro?"
"Ahah." rise Rubens "Sarebbe molto più caritatevole dargli in colpo di grazia. Nessuno in casa riuscirà a liberarsi da solo e ci potrebbero volere anche dei giorni prima che qualcuno venga qui. Direi che come punizione è più che sufficiente. Appena tornati a Guilt, faremo sapere tutto a tuo padre e, se nella sua clemenza, deciderà di mandare un aiuto, entro una settimana li raggiungeranno e soccorreranno i sopravvissuti."
"Credi che sia troppo crudele?"
"Naa. Ti assicuro che, a parte questo che ha una bella ferita, gli altri non moriranno." Tolse dall'interno la griglia con le armi, per evitare che le usasse per aprire.
"Ora l'unica cosa che ti rimane da poter usare è la spada che hai infilato nel petto ma, se vuoi sopravvivere, ti consiglio di non toglierla, se non davanti a un guaritore." Poi chiusero la porta a chiave.
Fuori aiutò Pagan a sedersi sul sasso dal quale si era goduto lo spettacolo, poi scelse dalla griglia l'attrezzo giusto per tagliare almeno le catene e le corde in braccia e gambe.
"Al collare penseremo più tardi. Credi di farcela a camminare per qualche metro?" chiese.
Pagan annuì: sentì gli occhi inumidirsi. Finalmente poteva sfogare tutto il suo dolore e il suo rammarico.
"Ti do sempre un mare di problemi." disse al suo amato.
"Per fortuna!" disse Rubens sorridendo "La vita monotona non fa per me. Ehm, forse è meglio che ti porti io." disse Rubens, vedendolo ondeggiare.
Pagan, finalmente libero, abbracciò il suo compagno, che lo prese in braccio. Il ragazzo era troppo sfinito per combattere contro chi gli voleva bene e s'addormentò tranquillo.
-Pagan, tesoro mio, giuro che non ci sarà una prossima volta. Mi dannerò l'anima perché tu possa proseguire la tua vita felice e senza problemi.-
Lo caricò su una delle carrozze del Conte e, dopo averne strappato il simbolo della casata, tornarono a Guilt, a casa. 
-Questa volta sarà per sempre. Non permetterò ad altri di farti male.- giurò Rubens, più a se stesso che a qualche Dio. Solo lui poteva proteggerlo dal male che li circondava e avrebbe protetto il loro sogno e la loro realtà fino alla fine.
  
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