1) Gli occhi del serpente.
Ci
sono persone che
entrano come meteore nella tua vita.
Un attimo prima non le
conoscevi, poi la mano crudele del destino ti spinge inesorabilmente
verso di
loro, a rischio di bruciarti e perdere te stessa.
Hao Asakura è una di
queste persone.
Non ci vuole molto a
capire che lui sia speciale, emana un’aura do potere
– carisma – che è
impossibile ignorare. Con i suoi lunghi capelli castani, gli occhi
profondi
color cioccolato, i vestiti eleganti e le uniche note di stravaganza
costituite
da un poncho e da orecchini vistosi è un tizio che non si
dimentica.
Solitamente la gente
quando incrocia il suo sguardo ne rimane affascinata e lo ascolterebbe
parlare
per ore, esattamente com’è successo a me.
Mi chiamo Mathilda Matisse
e sono una strega inglese, le ragazze di qui guardano con invidia i
miei
capelli arancio e i miei occhi viola, ma nel mio paese non sono poi
così
strani.
Ci sono tante persone pel
di carota, ma poche streghe.
Quando sono morti i miei
sono dovuta scappare dal mio villaggio perché –
pur essendo in pieno ventesimo
secolo – la gente aveva ancora paura di quelle come me.
È dispostissima a
festeggiarle per Halloween, ma non devono essere nella loro
comunità, portano
male.
Mi raccolse un’ altra
strega, era vecchia e perciò iniziai a considerarla come una
nonna. Fu lei a
insegnarmi tutto quello che sapeva e che so e fu la prima a capire che
in una
secolare famiglia di streghe come la mia era nata una sciamana.
Non sapeva cosa fare, così
si limitò a insegnarmi quello che sapeva sulle pozioni e
sulla magia in
generale, mi voleva molto bene, ma le persone se ne vanno sempre. A
volte per
loro volontà, a volte perché il Grande Spirito le
reclama e nessuno può dirgli
di no.
Morì che ero molto giovane
e fu in quel momento che arrivò lui e mi portò
via da quello sconosciuto
villaggio inglese verso le foreste del Giappone. Fu lui a dirmi cosa
ero e
dirmi come utilizzare il mio potere, fu lui a donarmi la zucca
intagliata –
Jack – che poi sarebbe diventata il contenitore del mio
furyoku. Fu lui a
donarmi una nuova vita in cui sapevo con precisione cos’ero e
in cui non mi
sentivo una rinnegata.
Fu lì che trovai quelle
che sono le mie compagne di team, le mie sorelle: Kanna e Marion.
Abbiamo iniziato a
obbedire a Hao, soggiogate dal loro potere e a fare amicizia, tutte e
tre
avevamo storie simili.
Kanna è tedesca e ha
lunghi capelli azzurri, un tatuaggio e una sigaretta perennemente tra
le
labbra; Marion è italiana, bionda e sempre priva di
espressione. Lei non ride
mai, non ce la fa, so che si esercita da sola in segreto; ma finora non
l’allenamento non ha dato frutti.
In ogni caso, stasera non
ho voglia di pensare a loro o a Hao, voglio solo bere pensando a come
la mia
vita sia costellata di perdite.
I miei, la mia nonnina, la
mia vita, Hao…
Sono morta anche io in
un’occasione e non è stato bello. A Hao serviva
del furyoku e si prese la mia
vita e quella delle mie amiche.
Eravamo state tradite
un’altra volta e se non fosse stata per la moglie dello
Shaman King, Anna
Kyoyama, saremmo rimaste per sempre dei tristi spiriti vaganti.
Ci ha riportate in vita e
ci ha detto di aspettare il suo segnale, quando sarebbe arrivato
avremmo
cominciato a lavorare nelle terme di Funbari.
Il segnale è arrivato e
noi ci siamo messe a lavorare come cameriere, con la nostra divisa
composta da
un kimono arancio decorato di fiori nessuno direbbe che siamo state
così
infelici in passato.
Kanna si è raccolta i
capelli in uno chignon da cui scappano molte ciocche e da qualche mese
si vede
con Ryu, il cuoco delle terme.
Mari ha iniziato a portare
i suo codini bassi in modo che ricadessero sul kimono, è la
mascotte del hotel
e per ora so che si vede con Lyserg Diethel, ma non si sbilancia
più di tanto.
Io invece sono sola.
“Un bicchiere di vodka,
per favore.”
Chiedo alla cameriera al
bancone che guarda con un misto di stupore e orrore il teschio che ho
in testa
e che copre il mio chignon.
“Subito.”
Poco dopo arriva con il
bicchiere e io lo vuoto in un colpo solo.
Oggi mi sento davvero uno
schifo, sola come non mai. Le altre stanno tentando di andare avanti,
vogliono
dimenticarsi di Hao e delle sue promesse, vogliono una vita normale e
forse ci
stanno riuscendo: Kanna e Ryu sono molto affiatati.
Io invece sto rimanendo
indietro, vedo solo le loro schiene e non sono al loro fianco come al
solito e
la ragione è una sola: sento ancora il richiamo di Hao
Asakura, nonostante
tutto il male che ci ha fatto.
È orribile, a volte mi
sveglio la notte per smettere di sentire la sua voce ammaliante nei
miei sogni,
non lavorerei mai più per lui, ma qualcosa mi attira verso
di lui come la
limatura di ferro è attratta dalle calamite.
È un qualcosa di viscerale
a cui ho paura di dare un nome, forse perché mi sento quella
che è stata più
salvata da lui. Non è che sia una gara tra vite di merda, ma
Kanna aveva i suoi
amici di strada e Marion una famiglia che, pur considerandola strana e
inquietante, comunque la cresceva.
Io ero sola, una foglia in
balia del vento che non vedeva l’ora di trovare un posto in
cui posarsi e che
credeva di averlo trovato in Hao.
Mi sbagliavo, lui non era
mio.
Ho deliberatamente
ignorato la sua crudeltà, il suo usare gli altri come
pedine, la facilità con
cui si liberava degli elementi inutili.
Visto che per una volta la
crudeltà non era rivolta verso di me ho provato un piacere
sadico nel vedere
gli altri soffrire per causa sua, non ho mai pensato –
nemmeno per un attimo –
che lui potesse essere così anche con noi.
Quando sono morta si è infranta
in me un’intima certezza, qualcosa di così
radicato che anche adesso sento un
pezzo di cuore che manca.
Mi ero semplicemente
affezionata alla persona più sbagliata del mondo.
Cinico, menefreghista,
ammaliatore, Hao somiglia più a un serpente che a una
persona.
“Un altro bicchiere di
vodka per la signorina e uno per me.”
Il suo arrivo mi giunge
talmente inaspettato che il bicchierino che ho in mano sfugge al
controllo
delle mie dita e si infrange per terra, seminando polvere scintillante.
“Hao.”
Cerco di dire il più
freddamente possibile.
“Mathilda.”
Il suono della sua voce è
dolce, morbido, qualcosa su cui è facile adagiarsi.
“Come mai da queste parti?
Pensavo che fossi tipo da
posti più sofisticati.”
Lui ride divertito, io ho
ritrovato la mia parlantina e un minimo di controllo della situazione.
“Sì, di solito mi
piacciono altri posti, ma immergersi nel popolo a volte può
essere un piacevole
diversivo.”
Eccolo, lo stronzo cinico.
Non ho mai sentito un
tizio essere così pieno di sé e sembrare
seducente allo stesso tempo, è
l’esatto contrario del suo gemello.
Yoh è una persona calma e
gentile, soprattutto è molto umile. Se un estraneo vedesse
come Anna conduce le
terme e la famiglia potrebbe pensare che sia privo di spina dorsale, ma
Yoh
Asakura è molto forte. Così forte da sciogliere
il cuore di Anna ed essere lo
Shaman King che comanda tutti con un pugno di velluto.
Yoh è forza calma, Hao è
fuoco distruttivo.
“Interessante, peccato che
io non possa dire il contrario, non ho il piacere di frequentare la
creme di
Tokyo.”
“Potresti, in fondo hai
lavorato per me e questo potrebbe aprirti molte porte.”
“Sì, suppongo di sì, ma
non ho intenzione di farlo. Le porte possono richiudersi e lasciarti
morire
d’inedia in una stanza.”
“Non mi hai ancora
perdonato per quel piccolo incidente.”
La vodka arriva e ne bevo
un sorso.
“No, direi di no. È tutta
una questione di prospettiva, sai Hao Asakura?
Quello che per te può
essere piccolo per un’altra persona può essere
molto importante.”
“Capisco. Sì, può essere.”
Vuoto il mio bicchiere e
lo appoggio al bancone.
“Grazie per avermi offerto
da bere e per la piacevole chiacchierata, se così si
può definire, ma ora devo
andare.
Domani devo alzarmi molto
presto.”
Faccio per allontanarmi,
ma lui mi afferra per un polso: la sua stretta è calda e
piacevole.
Ho dei piccoli brividi
lungo tutto il corpo, non posso essere innamorata di lui! Non posso!
Il mio corpo dice il
contrario, però e questo è un bel problema.
“Non puoi fare
un’eccezione per un vecchio amico?”
Io lo guardo ironica.
Vecchio amico, è così che si
definisce uno che ti ha preso la vita solo perché gli
serviva?
“Ho qualche altra scelta?”
“C’è sempre un’altra
scelta, ma direi che in questo caso faresti meglio a venire con
me.”
“D’accordo.”
Usciamo insieme dal bar,
l’aria è leggermente frizzante così
rabbrividisco e lui mi mette
la sua giacca sulle spalle.
“Come siamo galanti, cosa
ne pensa Tamao a riguardo?”
“Oh, è a casa a scrivere
canzoni e a tenere a bada quei suoi due spiriti volgari, non credo che
soffrirà
se non saprà nulla, no?”
“Questo è mentire, ti è
sempre venuto particolarmente bene.”
“E voi apprezzavate le mie
bugie, vero?”
Io lascio cadere la sua
domanda nella fresca aria autunnale e guardo le foglie cadere sui viali
di
Tokyo.
“Come ci si sente?”
Chiedo all’improvviso.
“A fare cosa?”
“A essere dei perdenti. A
vedersi strappare all’ultimo secondo la vittoria proprio da
una delle tue
vittime, la vittima principale per essere precisi. Come ci si sente a
sapere
che non solo non hai assorbito Yoh, ma ti ha addirittura
battuto?”
Questa volta è la mia
domanda che si perde nel vento, per la prima sul suo volto si incrina
il
sorrisetto sarcastico per fare spazio a un’espressione quasi
addolorata.
Sicuramente non gli fa
piacere ricordare quei momenti, a nessuno piace perdere, soprattutto se
ci si
considera invincibili.
Un punto per me.
Casa
mia è un piccolo
appartamento vicino alle terme, un appartamento tradizionale
– con tanto di
tatami per terra – per cui pago un affitto basso.
Non so come siamo finiti
qui io e Hao.
Abbiamo passeggiato un po’
per le vie della città, osservato le vita animata dei
caffè, i ragazzini in
skate, i gruppetti di punk e quelli che si divertivano con le macchine
truccate.
Ci siamo scambiati
impressioni e battute sulla nostra vecchia vita.
“Torneresti a lavorare per
me?”
Mi ha chiesto a un certo
punto.
“No, non lo farei per
nessuna ragione al mondo.”
Deve essere stato a questo
punto che lui ha deciso di venire al mio appartamento, qui
l’elettricità che
è corsa tra di noi per tutta la sera è diventata
più forte.
Mi sento imprigionata in
una tela di ragno e non mi piace per niente.
Odio me stessa che gli
serve un the, impeccabile come ho imparato a esserlo sul lavoro.
Maledizione, così non va
bene!
Quel ragazzo deve essere
sbattuto fuori di qui!
“Non credo proprio che mi
sbatterai fuori di qui Mathilda.”
Lo guardo sconvolta, mi
ero dimenticata che lui è in grado di leggere nella mente
altrui.
“Perché? Pensi che non sia
capace?”
Lui si alza e mi prende
entrambi i polsi, è troppo vicino.
“Perché tu non vuoi
affatto che me ne vada, tu vuoi che io rimanga.”
“N-no!”
Nego poco convinta,
facendolo ridere.
“Oh, sì che vuoi che
rimanga!
Tutto il tuo corpo lo
vuole e anche la tua mente!”
Io mi sento
improvvisamente fragile e in balia di lui e del suo potere.
“Smetti di leggere nella
mente della gente!
Anna Kyoyama ti ha
insegnato come si chiude la mente, mettilo in pratica!”
Lui ride.
“Ah! Inizi a sentirti
fragile!”
Le lacrime minacciano di
scendere.
“Vattene via, Hao!
Non voglio più avere a che
fare con te!”
Per tutta risposta mi
bacia con passione.
“Vuoi che me ne vada?”
“S-sì!”
Mi ribacia di nuovo e
questa volta è quasi certo che cederò.
“Vuoi che me ne vada?”
“No.”
Lui sorride, ha vinto
anche questa volta.
Anche questa volta la preda è sua, inizia di nuovo a
baciarmi e presto i nostri
vestiti sono sul tatami.
Mi porta in camera mia e
mi adagia sul futon e poi ci sono i nostri respiri, ansiti e gemiti
mischiati.
La
mattina dopo il posto
sul futon accanto al mio è vuoto.
Non che aspettassi di
trovarlo occupato, questo è il genere di cose che non
prevedono un uomo al tuo
fianco dopo che ti sei svegliata.
Mi faccio una doccia,
faccio colazione e vado al lavoro.
Devo dimenticarmi
dell’accaduto se voglio sopravvivere, altrimenti rischio di
andare in para e non
mi servirebbe a niente.
“Tutto bene, Mathilda?”
Mi chiede Kanna, notando
la mia faccia sovrappensiero.
“Sì, ho solo dormito male
questa notte. Niente di grave.”
“Ok, stanotte cerca di
dormire.”
“Puoi giurarci!”
Ci mettiamo al lavoro e la
giornata passa velocemente. Finito il nostro turno Yoh ci invita a
cena, il che
non è poi così insolito, in fondo a lui stiamo
simpatiche, lui trova quasi
tutti simpatici.
Anna brontola tutto il
tempo, dicendo che la pensione potrebbe renderle di più
anche se sappiamo tutti
che non è vero. Lei brontola perché le piace
farlo, non perché c’è un reale
motivo.
“Dai, Anna. Abbiamo
abbastanza soldi per farci una vacanza come si deve dopo Ferragosto.
Magari in
quell’isola tropicale che ti piace tanto.”
“Sei troppo conciliante, Yoh!”
Lui ride sotto i baffi e
la lite è sedata.
Sta per essere servito il
caffè quando si spalanca la porta sul retro ed entrano Tamao
e Hao mano nella
mano.
Il mio cuore finisce sotto
i piedi, cosa ci fa qui con lei?
E poi perché sembrano così
felici?
Ieri sera sembra non sia
mai successa e a me sta venendo da vomitare.
“Ciao, Hao, Tamao!
È raro vedervi qui a
quest’ora!”
Lei sorride.
“Sì, lo so che è un po’
tardi, ma dovevamo dirvelo.”
“Dirci cosa?”
Chiede spiccia Anna.
“Sono incinta, presto
sarete zii di un bambino o di una bambina!”
Il mio volto diventa verde
all’improvviso e scappo in bagno, lì posso
vomitare in liberta e a maledirlo.
Mi ha scopata sapendo che le cose con Tamao andavano bene.
Non ha avuto rispetto né
di me né di lei!
Cosa potevo aspettarmi da
lui?
Ha preso la mia vita e
avrebbe preso anche quella di suo fratello se solo gli fosse andata
bene.
Una volta ripresa torno in
cucina, Tamao è radiosa e Hao sembra contento, stronzo.
“Non è una notizia
meravigliosa, Mathilda?”
Mi chiede Anna.
“Sì, molto bella.
Complimenti e tanti auguri
a entrambi.”
Rispondo con la voce più
normale che riesco a produrre.
“Sapete già il sesso?”
Hao sorride a suo
fratello.
“No, l’abbiamo scoperto
solo ieri, è troppo presto per saperlo.”
Ieri, eh?
Prima scopre di diventare
padre e poi si scopa me, che gran bastardo!
“Direi che per
un’occasione come questa va tirato fuori lo champagne. Ne
abbiamo una cassa in
dispensa, Hao mi aiuti a cercarla?”
I due fratelli Asakura
lasciano noi ragazze da sole, Anna e Tamao cominciano immediatamente a
parlare.
Si scambiano consigli e sensazioni, noi rimaniamo un po’ in
disparte, non
facciamo parte della famiglia e vogliamo lasciare loro la giusta
privacy.
“Mathilda, stai bene?”
Kanna me lo domanda di
nuovo, credo non le sia sfuggito il fatto che io sia scappata dopo la
lieta
notizia.
“No, ma non è il caso di
parlarne qui. Te lo dirò quando saranno finiti i
festeggiamenti.”
Lei annuisce e mi batte
una mano sulla spalla.
Poco dopo arrivano Hao e
Yoh con lo champagne e il neopapà riempie a tutti i
bicchieri e brinda a suo
figlio. Rispondono tutti al brindisi con allegria, tranne me.
Rimaniamo ancora un po’,
poi finalmente riusciamo a toglierci da questa festa che non
è la nostra e
tiriamo tutte e tre un sospiro di sollievo.
Mari sparisce subito con
Lyserg, Kanna invece mi segue a casa mia per cercare di capire cosa
stia
succedendo: in fondo è ancora la sorella maggiore del gruppo.
Arriviamo a casa mia e
noto che la casa non è molto ordinata.
“Scusa il disordine, ma…”
Lei scuote la testa.
“Lascia perdere queste
smancerie e arriva al dunque.”
“Ieri sono uscita a fare
un giro e mi sono fermata in un chioschetto, volevo bere.”
“Poi cosa è successo?”
“È arrivato Hao, mi ha
offerto da bere e abbiamo iniziato a parlare dei vecchi tempi.
Poi siamo usciti e abbiamo
fatto una passeggiata.”
Lei annuisce.
“Poi siamo arrivati a casa
mia e abbiamo fatto sesso.”
Concludo piatta.
“Che bastardo! Ma perché
ci sei stata sapendo com’è?”
Io non alzo lo sguardo e
rimango in silenzio, sento Kanna avvicinarsi e poi mi costringe a
guardarla
negli occhi.
“Tu ami Hao.”
Io non dico nulla, non la
smentisco e non le dico che ha ragione.
“Povera te, soffrirai le
pene dell’inferno, ma ti passerà prima o
poi.”
“E se non passasse?”
“Passerà. È l’ultimo
rigurgito del passato e prima o poi riuscirai a tornare a vivere nel
presente e
a trovare un ragazzo che ti piace. È Hao il bastardo, povera
Tamao.”
Io non riesco a provare pietà
per Tamao, non ancora almeno, Kanna mi prende le mani.
“Stagli lontano! Mi
prometti che gli starai lontano?”
“Sì, te lo prometto.”
“Sul serio, Mathilda!
Torna in Inghilterra, parlerò io con Anna.”
Io annuisco, prenotiamo
insieme un volo per Londra che partirà tra due giorni, il
giorno dopo parla ad
Anna e poi mi aiuta a fare le valigie la sera prima della partenza.
“Starai bene anche là, hai
bisogno di cambiare aria.”
Io annuisco, chiedendomi
se sia la cosa giusta.
Il giorno della partenza
mi sveglio molto presto, Mari e Kanna mi accompagnano
all’aeroporto di Narita
in silenzio. Non ci siamo mai separate fino ad ora.
“Tornerai presto?”
Mi chiede con voce
tremante Mari.
“Non lo so, spero di sì.”
Kanna mi guarda seria.
“Prenditi tutto il tempo
necessario, quel ragazzo non deve rientrare nella tua vita.”
“Lo so, arrivederci a
presto ragazze.”
Mi avvio verso le partenze
internazionali, mi
fa strano tornare
verso la mia terra d’origine e quasi non ricordarmela.
Kanna ha ragione, devo
dimenticarlo.
Una volta partito il mio
aereo mi perdo a guardare le nuvole bianche che circondano il velivolo
e mi
sento leggera, qualcosa è appena scivolato dalla mia schiena.
Il fascino che Hao
continuava a esercitare su di me è finito, ora mi sento
davvero libera.
Ho messo il passato nel
passato e ora mi concentro sul presente.
Addio, Giappone.
Addio, Hao.
Benvenuta, nuova vita.