2) Passato e presente.
La
prima sensazione che
provo tornando a Londra è di sentirmi a casa ed è
veramente strano.
Tutti i ricordi che ho
dell’Inghilterra sono negativi, ma in questa grande
città non sono la più
strana delle creature e mi sento abbastanza protetta.
Con i soldi della
liquidazione che mi ha dato Anna mi
pago
il primo mese di affitto in un appartamentino. Anna si è
dimostrata davvero
comprensiva, mi ha detto che andarmene era una mossa saggia, che Hao
era una persona
da evitare, soprattutto adesso che Tamao è incinta.
Quando le ho chiesto cosa
avrei potuto fare se lui si fosse presentato alla porta del mio
appartamento
londinese lei ha sorriso enigmatica e mi ha battuto una mano sulla
spalla.
“Ci penserà Yoh, non di
devi preoccupare. Adesso cerca solo di rifarti una vita.”
Le ho dato retta.
Per i primi tre mesi sono
stata cameriera in un bar, quando ha chiuso sono stata assunta a tempo
indeterminata in un multisala e solo dopo sei mesi ho trovato un lavoro
più adatto
a me: mi ha assunta una casa editrice. Il mio compito è
tradurre i manga di
cui viene decisa la pubblicazione.
È un lavoro che mi piace e
vengo pagata molto di più che come cameriera o tutto fare al
cinema.
È perfetto.
Stasera – per la prima
volta dopo sei mesi di vita solitaria – decidi di concedermi
una birra e una
serata fuori. Non molto lontano da dove vivo si esibisce una band punk
e quale
occasione migliore per fare quattro salti?
Indosso un paio di jeans
pieni di strappi e spille, una maglia dei Rancid, una felpa con le
maniche
tagliate e il mio chiodo di pelle.
Esco di casa canticchiando
e mi sento di buon umore.
Stasera non può succedermi
nulla di male, Hao è a migliaia di chilometri e questo mi
tranquillizza
parecchio.
Quando arrivo il locale è
già pieno, spero che la band valga la pena di sopportare
questa calca, non mi
piace molto stare in mezzo alla gente.
Alle dieci iniziano a suonare e ci regalano due ore di sano punk,
pop-punk su
cui possiamo pogare e fare surf –crowd: molto bello.
Erano anni che non mi
divertivo così, adesso so perché a Kanna mancano
così tanto i concerti punk,
sono una figata assurda! Lei in Germania ci andava spesso e lo ha
raccontato
spesso a me e a Mari.
A proposito di loro, quando arrivo in casa devo scrivere loro come sta
andando,
non mi sono certo dimenticata di loro!
A mezzanotte e mezza me ne
vado dal locale, mi accorgo immediatamente di essere seguita: quattro
tizi
grandi e grossi aspettano solo di trovarsi in un angolo buio per farmi
chissà
cosa.
Poveri sciocchi! Che ci
provino, saranno cadaveri in me che non si dica!
Finalmente arriva
l’agognato angolo buio e io mi preparo
a
dare loro una lezione con Jack, ma qualcuno mi precede.
“Andatevene!”
Sibila una voce maschile,
tagliente e minacciosa.
Io mi volto verso questo
ragazzo e vedo un’ombra magra, alta e che emana
un’aura di minaccia, i quattro
se ne vanno via spaventati.
“Grazie per avermi
aiutato, posso vederti in faccia?”
Ci spostiamo sotto un
lampione e vedo una faccia magra con un leggero velo di barba, dei
capelli blu
spettinati, un piercing che luccica sul labbro e diversi tatuaggi che
gli
coprono le braccia nude.
“Figurati, ci si aiuta tra
colleghi, no?”
“Prego?”
Chiedo io, un po’ confusa.
“Sei una sciamana anche
tu, vero?”
“Sì, mi chiamo Mathilda
Matisse.”
“Mi chiamano tutti Pain,
tu puoi chiamarmi Benji.”
Io annuisco.
“Va bene, Benji. Posso
rimediare in qualche modo al fatto che tu mi abbia dato una
mano?”
Lui si gratta la testa.
“Potresti ospitarmi a casa
tua? È da un mese che vivo in strada visto che mi hanno
sbattuto fuori da
casa.”
Io ci penso un attimo, poi
annuisco.
“Va bene, seguimi.”
Devo essere matta per
portarmi a casa un barbone, ma lui non può essere peggio di
Hao, niente può
essere peggio di lui.
Arriviamo a casa mia, io
butto le chiavi nel pattino vicino all’entrata e mi tolgo la
giacca di pelle,
lui si guarda attorno.
“Bello qui, posso farmi
una doccia e magari avere qualcosa da mangiare.”
“Va bene.
Sparisce in bagno, io
intanto gli preparo tre panini molto sostanziosi che lui apprezza una
volta
lavato.
“Grazie, possiamo parlare
un po’, se vuoi.”
Gli dico curiosa, lui
annuisce.
“Cosa ci fai per strada?”
“L’orfanotrofio in cui
vivevo mi ha sbattuto fuori appena ho compiuto diciotto anni e con
questa
faccia non riesco a trovare lavoro. Ho un brutto carattere, diciamo. Tu
cosa
fai nella vita?”
“Traduco manga per una
casa editrice, sono stata a lungo in Giappone.”
Lui mi guarda e poi
spalanca gli occhi come fulminato.
“Io mi ricordo di te! Eri
una del team Hao Asakura.”
“Sì e non mi piace ricordare
questo fatto.”
“Ok.”
“Cosa usi come
contenitore?”
Lui tira fuori un lungo
stiletto dalla tasca dei pantaloni, sul filo della lama
c’è scritto qualcosa in
italiano che io non capisco.
“C’è scritto “Non ti
fidare di me”, l’ha preso mio nonno a un fascista
italiano durante la seconda
guerra mondiale.”
“Capisco e il tuo spirito
chi è?”
Qualcosa inizia a prendere
forma e vedo un giovane uomo in divisa militare, probabilmente della
prima
guerra mondiale.
“Lui è Joshua, in vita era
un cecchino infallibile ed era molto bravo con la spada. Per ora vive
dentro lo
stiletto, spero di procurarmi un pistola presto.”
“Non deve essere facile.”
Lui scuote la testa.
“Serve una pistola d’epoca
per far sì che lui sia in grado di dare il meglio, ma per ora non ho fretta, il
nuovo shaman king non
ama i conflitti.
Tu lo conosci, vero?”
“Sì, lo conosco.”
“Beata te, avrei voluto
partecipare allo shaman fight, ma non sono abbastanza forte e
così ho dovuto
rinunciare.”
“Hai fatto una buona
scelta!”
Sbadiglio.
“Senti, domani è domenica,
cosa ne dici se chiacchieriamo un po’ domani?”
Lui annuisce, io gli
preparo il divano per la notte e poi vado a letto, non prima di aver
scritto
alle mie amiche, entrambe mi raccomandano di stare attenta a Benji.
Lo farò sicuramente, anche
se per ora non ha ancora fatto scattare i miei allarmi interiori.
La
mattina lo trovo
davanti al frigorifero alla ricerca di qualcosa.
“Buongiorno.”
“Buongiorno, stavo
cercando di preparare la colazione.”
“Fai pure. Sono pigra.”
“Capito.”
Fa bollire del latte e lo versa
in due tazze, poi ci aggiunge del caffè e trova i biscotti,
alla fine serve
tutto nel minuscolo tavolino del locale.
Facciamo colazione in
silenzio, finito buttiamo le cose nel lavandino della cucina e usciamo
a
fumarci una sigaretta.
Lui sembra contento.
“Bella Londra vista da
qui, non sembra poi così pericolosa.”
“O forse la pancia piena
mette di buon umore, io non vivevo a Londra.”
“Lo so che vieni dal
Giappone.”
Io scuoto la testa, come
al solito mi sono espressa male.
“Prima di andare in
Giappone ed entrare bel gruppo di Hao Asakura vivevo in un villaggio
sperduto
nella campagna.”
“Capisco. Bel salto,
vero?”
Io alzo le spalle.
“Beh, un po’. In fondo
anche Tokyo è una metropoli ed è bella, anche se
i ricordi legati ad essa non
molto.”
Lui annuisce.
“Tu come ti sei accorto
che eri uno sciamano?”
“All’istituto riuscivo a
far sollevare le foglie secondo i miei comandi e ne avevo un
po’paura e poi
vedevo cose che gli altri ragazzi non vedevano.
Non puoi credere quanti
ragazzi e ragazze decidano di uccidersi in un istituto come quello in
cui sono
cresciuto io.”
“Ne ho una vaga idea,
invece. Sono orfana anche io e l’unico motivo in cui non sono
finita in un
orfanotrofio è stato il fatto che Asakura mi ha trovato
prima dei servizi
sociali.”
“Come sono morti i tuoi?”
“Ufficialmente per
l’esplosione accidentale di una bombola di gas, in
realtà la brava gente del
paese ha dato fuoco alla casa.
E i tuoi?”
Lui si siede su una delle
sedie.
“Incidente d’auto, mio
padre aveva il vizio di bere e una sera ce l’ha quasi fatta a
far fuori lui e
la sua famiglia. Lui è morto sul colpo, mia madre
è stata cinque giorni in coma
prima di morire.
Torniamo all’essere
sciamani?”
“Torniamo.”
“Beh, praticamente a un
certo punto mi è stato consegnato lo stiletto come
eredità di mio nonno morto,
nonostante il parere contrario della direttrice
dell’orfanotrofio.
Non dovrebbero girare
armi, ma io sono riuscita a girarla sul lato affettivo, del tipo che mi
ricordava mio nonno.
La sera stessa è uscito
Joshua dallo stiletto e mi ha raccontato cosa ero e mi ha spiegato come
controllare i miei poteri.”
“Capisco. Beh, è una
storia interessante.
La mia non più di tanto,
dopo che sono morti i miei per un po’ mi ha cresciuto una
vecchia strega che
viveva nella foresta. Mi ha insegnato gli usi delle erbe e un
po’ di magia, poi
è morta e Hao è arrivato a prendermi.
Mi ha procurato Jack – la
zucca intagliata che vedi nell’angolo – e mi ha
insegnato a usare i miei
poteri, poi mi ha messa in un team con due ragazze che più o
meno hanno vissuto
le mie stesse esperienze.
C’è stato lo shaman fight,
abbiamo combattuto e poi a un certo punto a Spirito of Fire serviva
più Furyoku
e Hao si è preso le nostre vite. È stata Anna
Kyoyama a riportarci indietro e
io, insieme alle mie compagne di team, lavoravo per lei.
Poi Hao si è fatto vivo
per scopare, mi ha scopato e poi ho scoperto che sua moglie Tamao
è incinta e
ho levato le tende.”
“Che brutta storia.”
Io scuoto le spalle.
“Così va la vita. Ti va se
entriamo?
Inizio ad avere freddo.”
Lui annuisce e ci sediamo
sul divano.
“Sei l’unica sciamana
della tua famiglia.”
“No. Lo era anche mio
nonno e tu, in un certo senso, gli somigli.”
Lui alza un sopracciglio.
“Quando sono venuta a
Londra il primo weekend l’ho sprecato andando a rovistare
nelle macerie della
mia vecchia casa nella campagna e ho trovato il suo diario.
In paese nessuno diceva
nulla contro di lui o lo importunava perché ne avevano
paura, emanava un’aura
indefinita di minaccia, per te è lo stesso.”
“Capisco.
Forse hai ragione,
nonostante non sia un armadio pochi vogliono fare rissa con
me.”
“Vedi? Anche i non
sciamani a volte percepiscono qualcosa, io conosco un non sciamano che
vede i
fantasmi. È Manta, un amico di Yoh.”
“Capisco, davvero curioso.
Matisse non è un comune
inglese, è francese.”
Mio nonno è francese, è
arrivato qui durante la seconda guerra mondiale.”
“Era ebreo?”
Scuoto la testa.
“No, non lo era, ma aveva
lo stesso attirato l’attenzione dei tedeschi.”
“Come mai?”
“Conosci la famiglia Tao?”
Lui si gratta pensoso il
mento.
“Tao.. Quelli dei Kionshi?
Quelli che usano i
cadaveri per combattere?”
“Loro. Beh, mio nonno
aveva un potere simile ed era stato dai Tao per un po’, come
apprendista o
qualcosa del genere.
Era un potere interessante
agli occhi dei nazisti, almeno anche i morti sarebbero serviti a
qualcosa,
peccato che mio nonno non avesse intenzione di collaborare.
È riuscito a scappare da
Parigi, dove viveva, per unirsi a un gruppo di profughi ebrei diretti
verso il
Regno Unito. Hanno attraversato di nascosto la Manica con
l’aiuto di alcuni
pescatori e sono arrivati a Londra, mio nonno si è procurato
una stella gialla
e ha finto di essere ebreo.
Dopo la guerra è andato a
vivere in un villaggio nella campagna, ha incontrato mia nonna e si
è sposato.
Non ha mai rivelato a nessuno le sue tecniche di combattimento, ha
mantenuto la
promessa che aveva fatto ai Tao.”
“Capisco.
Credo di capire perché tuo
nonno emanasse autorità, serve per controllare i cadaveri,
credo.”
“Può darsi!”
Mi stiracchio.
“Usciamo a fare un giro,
Benji?”
“Sì, Mathilda.”
Io sorrido.
“Chiamami Match.”
“Va bene Match.”
Mi cambio e facciamo un
giretto per Londra, la maggior parte dei negozi sono chiusi e
c’è in giro poca
gente, ma vale sempre la pena dare un’occhiata al Big Ben.
“Ti piace Londra, eh?”
“Sì, molto. Mi sento così
libera.
In una grande città non
vengo notata per la mia stranezza, c’è sempre
qualcuno più strano di me, e poi
posso parlare la mia lingua natale. È stranissimo,
perché per anni non mi è
mancato parlare inglese, ora invece scopro che mi era
mancato.”
Lui non dice nulla.
“Forse perché a volte
nella vita un cambio è necessario.”
“Forse sì. Forse per me
era arrivato il momento di lasciare il Giappone e non l’avevo
capito.”
“Può darsi.”
Lui guarda l’orologio.
“Andiamo a Buckingham
Palace, stanno per fare il cambio della guardia!”
“Andiamo!”
Ci prendiamo – un gesto
spontaneo – per mano e corriamo verso il palazzo. Io sono
incantata dalle uniformi e
dalla precisione con cui viene eseguito il rito.
Che bello se mio nonno
fosse rimasto a Londra! Forse avrei ancora i miei genitori e magari non
avrei
mai incontrato Hao.
Mi intristisco.
“Cosa succede?”
“Niente, pensavo che
sarebbe stato meglio per tutta la mia famiglia se mio nonno sarebbe
rimasto a
Londra, ma purtroppo non si può cambiare il
passato.”
“Esatto. Vorrei cambiare
un sacco di cose, ad esempio impedire a mio padre di bere come una
spugna.
Negli ultimi tempi ero diventato abbastanza forte da contrastarlo, ma
avevo
paura.”
“È comprensibile se hai
passato la tua infanzia come un punchiball per la rabbia
altrui.”
Lui annuisce.
Riprendiamo il nostro giro
e ci fermiamo in un parco in cui ci sono parecchie famiglie con prole
al
seguito. Io e lui puntiamo verso le altalene.
“Benji, mi spingi?”
“Non sei un po’ vecchia
per le altalene, Match?”
Mi chiede divertito.
“Eddai!”
“Va bene!”
Inizia a spingermi piano
poi aumenta e a me sembra di toccare il cielo con i piedi, mentre il
vento
muove i miei capelli e mi accarezza il volto. È freddo, ma
è piacevole lo stesso.
Vicino a me sento Benji
ridere.
“Dai, salta su anche tu!”
“Non so se mi regge!”
“Prova!”
Lui mi dà retta e presto
siamo in due sulle altalene per i bambini, sotto lo sguardo stupito
della gente
presente. Probabilmente qualcuno da un momento all’altro
verrà a dirci che le
altalene non sono fatte per due della nostra età, ma per i
mocciosi, ma per ora
ci godiamo il momento.
Finito – grazie alle
proteste di un padre agguerrito – ci sediamo su una panchina
a guardare le
papere, le anatre e i cigni che ci sono nel laghetto.
I cigni sono belli, così
eleganti, mi ricordano Hao, io invece sono un’umile papera.
Il brontolio sordo della
pancia di Benji mi fa capire che è ora di smettere di
contemplare il laghetto e
di tornare a casa.
Ci alziamo un po’ a malincuore
e torniamo a casa, io mi metto subito ai fornelli, lui invece prepara
la tavola
in silenzio.
Servo il pranzo e lo
mangiamo in un silenzio complice che mi stupisce, come è
possibile che io sia
così in sintonia con una persona che ho conosciuto solo ieri
e che farebbe
paura alla maggior parte delle persone?
Forse perché io sono
diversa o forse perché le persone sono superficiali.
“Devo trovarmi un lavoro.”
“Come te la cavi con il
disegno?”
“Bene.”
“Hai un portfolio?”
Lui annuisce.
“Bene, stasera preparalo e
dammelo, credo di avere una mezza idea su cosa farne.”
Lui mi guarda curioso.
“Tipo?”
“Cercano un apprendista
tatuatore in un tattoo store vicino alla casa editrice, potrei sempre
lasciargli il tuo portfolio e vedere cosa succede.”
“Va bene, sarebbe
fighissimo se mi prendessero!”
“Io ci provo.”
Il pomeriggio lo
trascorriamo a fare le pulizie al mio appartamento, alla sera siamo
stanchissimi e filiamo subito tutti e due a letto. Io prima di mettermi
sotto
le coperte scrivo a Kanna e Mari, domani leggerò la loro
risposta.
Chissà cosa penseranno di
questa situazione, forse che sono impazzita del tutto o forse mi
diranno che è
ok.
Non ne ho idea, ma va bene
così, questo non mi impedisce di prendere sonno e per la
prima volta da secoli
il mio è un sonno tranquillo.
Non ci sono gli incubi in
cui rivivo la mia morte e la mia resurrezione, non
c’è Hao, c’è solo un grande
prato verde in cui cammino scalza e felice.
Finalmente un po’ di pace,
mi ci voleva proprio.