Anime & Manga > Death Note
Segui la storia  |       
Autore: R e d_V a m p i r e     22/10/2013    2 recensioni
Mello e Matt non sono morti quel ventisei Gennaio. Eppure per Mihael sarebbe stato meglio se la sua vita fosse terminata quel giorno, piuttosto che dover passare i mesi seguenti con la sola compagnia di un angoscioso senso di colpa. E ritrovarsi a dover fare forzatamente i conti con i suoi sentimenti.
Perché Mail non è morto, è vero, ma è come se lo fosse. E dal coma, del resto, è difficile risvegliarsi. Così come lo è continuare a sperare.
«Perché non muovi quel pigro culo da drogato di videogames e ti svegli? Hai dormito abbastanza e siamo qui da quasi un mese...»
«... svegliati, Mail... voglio tornare a casa...»
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri personaggi, Matt, Mello | Coppie: Matt/Mello
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Alla fine si è arreso.
No, non arreso. Lui non si arrende mai. Diciamo piuttosto che è venuto a patti con se stesso e ha decretato, saggiamente, che lasciare questo posto non sia la scelta migliore in una situazione come questa.
Ovviamente non darebbe mai la soddisfazione al nano albino di ammettere che avesse ragione. Ma dopo tre vasi rotti, quattro tavolette di cioccolata fondente ingurgitate e svariate ore passate a fissare il ragazzo disteso nel letto bianco di quella fottuta stanza bianca, non ha potuto che constatare come un trasferimento, in quel preciso momento, potesse solo significare la dipartita di quest'ultimo. E non ha fatto tanto per salvargli la vita solo per ucciderlo lui stesso, alla fine. Non che lasciarlo crepare sotto tutti quei proiettili sarebbe stato tanto diverso, in fin dei conti.
Ma era preventivato, no? Sapeva perfettamente come sarebbe potuta finire. Ne hanno parlato tanto in quei giorni in cui i silenzi bruciavano sulla pelle più delle parole - più del fuoco che gli ha lasciato quell'orrenda cicatrice addosso.
Eppure nessuna delle scene visualizzate, nessuna delle possibilità preventivate, terminava con la morte del nerd nicotinomane. La sua, oh certo, la sua c'era. Era chiara, lampante, per quanto il suo compagno non volesse che se la lasciasse sfuggire dalle labbra. E faceva paura pure a lui quella possibilità che non era mai stata come in quel momento una sicurezza. Però sorrideva, di quel ghigno storto, e scuoteva il capo tornando ai suoi piano, sbuffando qualche ''testa di cazzo'' e ignorando lo sguardo preoccupato di chi gli stava al fianco.
Aveva paura della morte? Non c'aveva mai pensato prima di quei giorni. Neppure mentre faceva esplodere il covo, nemmeno mentre il suo corpo veniva divorato dalle fiamme e la plastica diventava un tuttuno nauseante con la pelle. E nemmeno dopo, a delirare e soffrire come un cane su di un letto dalle lenzuola sempre pulite - nonostante le piaghe, il sangue e quello che la sua vescica non riusciva a contenere - perchè c'era qualcuno a prendersi cura di lui, a cambiarle, a dargli forza. A impedirgli di impazzire, ad ignorare le sue preghiere folli, i suoi sguardi spiritati, gli ordini urlati di piantargli una pallottola in mezzo agli occhi ma, cazzo, farla finita con tutto quello.
Sembrava impossibile pensarci realmente, in quei momenti, anche se la fine era così vicina.
Ma mai, mai come in quella settimana. Passata a contare le ore, i minuti. A guardare l'orologio dal quadrante scheggiato appoggiato sul frigorifero - perchè «Dannazione, cosa ti costa piantare un fottutissimo chiodo?» «Dopo, lo faccio dopo» e ovviamente quel dopo non era mai arrivato.
In ogni caso, quell'attesa era per se stesso. Non per il ragazzo stravaccato sullo stretto divanetto di pelle, in una posizione che lasciava intuire come sembrasse non sapersene che fare di quelle gambe troppo lunghe a penzolare oltre il bracciolo logoro. Non certo per lui e per i suoi capelli rossi, per quegli stupidi occhiali dai vetri gialli e un sorriso stretto su un tubicino di carta. Certo, prima o poi sarebbe arrivata anche la sua ora, ovvio. Ma per un cancro ai polmoni, vista la quantità di merda ingurgitata in tutti i tiri fatti.
Un tempo ridevano, fra un pugno e uno ''stronzo'' bofonchiati, stretti in quello stesso divano a profetizzare la propria morte per overdose da zuccheri o diabete, chissà, e poi un sorriso, un punzecchiare il braccio sano e chiaro ed arcuare le sopracciglia rossicce con tanta di quella serietà da non poter prendersela sul serio ed, in fondo, «Cazzo, biondina, secondo me creperai soffocato dentro questi corpetti da puttana».
Era bello, ripensa adesso che non riesce a guardare più in su del bordo del materasso che ha davanti, era bello nonostante tutto e sembrava che non dovessero mai trovare la parola fine. Ma era anche consapevole che la loro non era certo una fottuta favola.
E nasconde il viso tra le mani guantate, china il capo perchè non si possano notare gli occhi lucidi - anche se nessuno potrebbe, visto che l'unico altro presente in quella stanza è in coma.
I suoi schemi, tutti i suoi piani. Una variabile sbagliata. Era così anche alla Wammy's House. Per questo era ed è destinato ad essere per sempre il secondo. Neanche stavolta è andata come aveva previsto.
Perchè la scorta della Takada non avrebbe dovuto aprire il fuoco.
Perchè lui non sarebbe dovuto sfuggire a Kira e sopravvivere.
E tutto ciò che gli resta, tutto ciò che gli rimane del sapere di essere vivo, è solo il sapore amaro come fiele di una vittoria a metà - sempre che di vittoria si possa parlare.


E' passata una settimana.
Una settimana lunga come un mese, lì nella sede dell'SPK. Nel covo del suo rivale.
Ironico, non avrebbe mai pensato di ritrovarsi, un giorno, ad essere ospitato da quel nanerottolo albino.
Evita accuratamente, in ogni caso, di andarsene in giro per il palazzo. Soffoca la curiosità congenita in lui e non si smuove dalla stanza dove tengono il suo compagno.
Dopo aver ostinatamente rifiutato una camera propria e minacciato di morte più di uno degli uomini di Near alla fine Lidner si è decisa a far portare un altro letto nella stanza del malato - decisa, si badi bene, non rassegnata; Halle non può certo farsi battere dalla volontà di un moccioso vestito di pelle e fissato col cioccolato in maniera quasi disgustosa, per quanto inquietanti possano essere quegli occhi così chiari quando sono inniettati di sangue.
E' passata una settimana e non si nota nessun miglioramento nel ragazzo disteso ancora su quel letto. I monitor segnano il battito regolare del suo cuore e i livelli cerebrali, lo tengono sotto sorveglianza costante come se non bastasse quella del suo compagno di stanza.
Il viso di Matt sembra sereno, nel sonno. Certo, è fasciato peggio di una mummia - e se fossero ad Ottobre sarebbe anche ironica come cosa - e non si muove nemmeno a pregarlo. Però è vivo. Sta solo dormendo.
Mello si rannicchia contro il muro a cui è addossato il suo letto, scartando distrattamente l'ennesima tavoletta di cioccolata. Sta solo dormendo, si ripete, per convincersi a guardare quello che è stato il suo migliore amico.
Soffermandosi a contemplare il rosario dal piccolo crocifisso d'oro bianco, adagiato sulle bende del petto, che lui stesso gli ha messo al collo giorni prima.
E' strano non sentirlo più sulla propria pelle. Ma sa che è giusto così, lo sente.
Lo ha riparato, recuperando uno ad uno i grani rossi e facendoli correre lungo un nuovo filo. Perchè si è rotto. Oh, si è rotto sì. Ha ceduto improvvisamente, crollandogli in grembo. E in quell'istante ha capito che i suoi piani non erano andati come aveva previsto. In quel preciso momento, avvertendo sulle gambe il peso di quello che è un regalo di Matt, ha capito che gli fosse successo qualcosa. Che le sue sicurezze, che gli avevano dato forza fino a quel momento, erano semplicemente sbagliate.
Per questo motivo non ha tolto il casco. Per questo motivo ha sentito Takada imprecare a bassa voce e si è voltato, sparandole allo stomaco nudo, vedendola accasciarsi con un lamento. E si è gettato fuori dal furgone in corsa, prima dell'impatto contro il muro della chiesa. E dell'incendio che ha inghiottito ogni cosa. Un foglietto con un ''Mihael Keehl'' qualunque, senza la possibilità di poterlo associare ad alcun volto conosciuto. Approfittando della confusione per freddare, senza alcun rimpianto, un giovane accorso per aiutare, scambiandosi velocemente d'abito con lui e gettandone il cadavere fra le fiamme. Chi mai avrebbe potuto capire che quello non fosse l'obbiettivo di Kira? Importava solo che Kira stesso... che Light Yagami credesse di averlo ucciso.
Ma ha stretto fra le mani i resti del rosario stipati nella tasca dei jeans un po' troppo larghi, mentre al cellulare mormorava poche parole a denti stretti ad un sorpreso e silenzioso Near «... Matt... aiutalo...».
E Near l'ha aiutato. I suoi uomini sono intervenuti in fretta, portando via in ambulanza il ragazzo dai capelli rossi che, incredibilmente, respirava ancora nonostante tutto quel sangue. Nonostante...
«...tch...»
Uno sbuffo, il rumore di un quadrato staccato rabbiosamente dalla tavoletta. E il flusso dei pensieri che riprende a correre, osservando ancora Matt dormire - solo dormire.
Incredibilmente i proiettili che sono riusciti a colpirlo erano meno di quanto il sangue sui suoi vestiti e per terra lasciassero intendere. Certo, alcune ferite erano abbastanza profonde, ma nessuna che abbia intaccato direttamente organi vitali. Ha semplicemente perso troppo sangue e durante le... le operazioni, subite, la sua situazione si è aggravata. Ed è subentrato il coma. Ma questo sembra stare aiutando la ripresa, i suoi valori sembrano essersi stabilizzati.
Ed allora perchè non si sveglia?


«Ci vuole tempo.»
La voce del ragazzo dai capelli bianchi è bassa, simile ad un mormorio. Non ha inflessioni particolari, sembrerebbe quasi annoiata.
Guardandolo da dietro la frangetta bionda, Mello non si stupisce troppo che non sia cambiato di una virgola dai tempi della Wammy's House. Insomma, lui ha avuto tutti gli aiuti necessari, tutta la protezione e i confort. Come sarebbe dovuto cambiare, il numero uno? E' quasi disgustoso pensare a come loro si siano fatti il culo, mentre il nanetto stava lì, con tutta una serie di giocattolini ipertecnologici e un'intera squadra ai suoi ordini.
Senza correre il rischio di farsi ammazzare come un cane.
«Non me ne fotte un cazzo... e poi che minchia ne sai, tu, di quello che ci vuole? Adesso sei anche un fottuto dottorino?!»
C'è rabbia nella voce del più grande, una rabbia a stento contenuta ed antica. Rancore, misto a disperazione. Near rannicchiato per terra se ne accorge distrattamente, arrotolandosi una ciocca attorno all'indice, riflettendo. Mello non gli fa più paura. Sì, è in grado di incutergli ancora un certo timore con quell'aria da pazzo pronto ad estrarre la propria pistola e piantarti un proiettile in fronte - magari mangiando ancora cioccolata e ridendo come uno psicopatico, chissà - ma non ha più il terrore che aveva da bambino nei suoi confronti. Forse perchè l'ha capito.
L'ha capito che, in questo momento, quello dei due che ha più paura è proprio lui.
E forse è sempre stato così, ma non ci scommetterebbe. Le percentuali sono troppo basse e lui non è il tipo che va a sentimento, nemmeno in queste cose.
«No» scandisce, piano, puntando gli occhi grandi, neri, gli stessi di quando era solo il fantasmino, sul viso deturpato dell'altro «Però quelle sono le parole dei medici che si prendono cura di lui, Mello. Quindi sta buono e aspetta, una volta tanto.»
Non rimane sorpreso, non davvero, nel vedersi crollare davanti la piramide di lego bianca che stava costruendo, alcuni pezzi che vengono sbalzati contro il petto magro nella foga che l'altro ci ha messo a spazzarla via con un braccio.
E lo guarda tranquillamente, ora in piedi davanti a lui, tremante di rabbia e con la mano ancora sollevata, lo sguardo allucinato.
«Tu non mi ordini proprio un cazzo, Near. Hai capito? Proprio un cazzo! Io... io...»
Ma la voce sfuma, e il braccio crolla lungo il fianco, all'improvviso privo di forze.
«...non ce la faccio più ad aspettare.»
E' un sussurro sofferto, e quando si rende conto di averlo pronunciato proprio davanti a lui gli rivolge uno sguardo crudele e colpisce con un calcio i pezzi di torre non ancora crollati, infierendo su quel gioco come se potesse farlo sul suo rivale stesso. Non dice più nulla, gira semplicemente i tacchi e se ne va via, a passi pesanti. Diretto in quella stanza, con ogni probabilità.
Near rimane a guardare silenzioso i pezzi sparsi per terra, in un artistico disegno privo di senso. Poi, piano piano, li raccoglie e torna a metterli uno sopra l'altro.
«Quel tipo è pazzo.» decreta con una smorfia Halle, rimasta in silenzio fino a quel momento, frenata dal rivolgersi contro al biondo solo dagli ordini di Near.
Che piega le labbra in un piccolo sorriso, arrotolandosi con più forza la ciocca attorno al dito sottile, aggiungendo un altro blocchetto alla pila senza alzare lo sguardo sulla donna.
«Già. Per questo spero che Matt, contro il pronostico, si svegli al più presto.»



   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Death Note / Vai alla pagina dell'autore: R e d_V a m p i r e