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Autore: ste87    22/10/2013    10 recensioni
"Sposto ancora lo sguardo e per poco non mi affogo con quello che sto bevendo quando mi accorgo chi è seduto due tavoli più in la. Non posso evitare di agitarmi ogni volta che lo vedo, se poi lo scopro in compagnia di altre donne è anche peggio. Con lui faccio sempre finta che non mi importi con chi si frequenta e che può fare quello che vuole della propria vita, ma non posso negare di sentire una fitta dilaniante alla base del cuore quando ci comportiamo come due estranei. Ma ormai è questo che siamo diventati, due estranei che si fanno costantemente la guerra per non rischiare di far riaffiorare dei sentimenti che ci farebbero solo soffrire. Lo so io, lo sa lui e lo sanno le persone che ci stanno intorno, almeno quelle a cui teniamo di più." Bella e Edward sono divorziati e genitori di una bambina di nome Sophie. Cosa li ha portati alla separazione? E soprattutto riusciranno a ricucire un rapporto lesionato da tempo? Non vi resta che leggere!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Cap 12

No, non state sognando. E’ davvero il nuovo capitolo. Mi dispiace molto per il ritardo, capirei se non voleste più leggere.
Dove eravamo rimasti?

Bella va a trovare Edward in Ospedale, e dopo un pomeriggio passato a parlare della loro storia d'amore, gli confessa di essere padre:
"– questa bambina è tua figlia. Ha quattro anni ed è la persona più importante della tua vita- deglutisco a fatica visto il macigno che mi ritrovo piantato in gola – puoi anche non ricordarti di me, puoi anche non sapere chi sei in questo momento, puoi farti e farmi tutte le domande che vuoi. Ma se c’è una certezza reale e concreta in questo mondo, che nessuna amnesia può mettere in dubbio, è che tu hai una figlia e lei ha bisogno di te-"

Capitolo 12

Ci sono legami che sfidano il tempo e la logica,

ci sono legami che sono semplicemente

destinati ad essere.

-Grey's Anatomy.

23 Novembre 2011

L’aria è molto fredda fuori, il termometro segna appena 3 gradi.
La radio trasmette una canzone così malinconica e triste che mi fa sprofondare ancora di più nell’angoscia, perciò la spengo del tutto. Ovunque mi giri vedo tutto bianco: quest’anno la neve è caduta così abbondante che è quasi difficile transitare con le auto. I mezzi spazza neve e spargi sale sono attivi 24 ore su 24.
Ma nonostante l’impedimento dell’asfalto ghiacciato non posso fare a meno di schiacciare il pedale dell’acceleratore.
-Mami, quando arriviamo?-
-Presto amore, presto-
Sophie è seduta nel sedile posteriore e come me guarda dal finestrino il manto bianco che ricopre ogni cosa. Per placare la sua impazienza, e pure la mia, inserisco nello stereo un CD di canzoni Natalizie con la nostra playlist personale. Ormai siamo agli sgoccioli, domani è il giorno del Ringraziamento e a seguire il Black Friday. Non faremo nemmeno in tempo ad andare a comprare un albero di Natale che tutte le festività saranno passate. Abbellire la casa con le decorazioni Natalizie è uno dei nostri passatempi preferiti, anche se negli ultimi anni il Natale è stato un po’ una spina del fianco per me, con la separazione da Edward, mio padre nelle sue “non bene definite condizioni” e il compleanno di Sophie, le mie ghiandole lacrimali ad un certo punto del mese hanno chiesto pietà.
Speravo che quest’anno fosse tutto diverso, che il desiderio che avevo espresso l’anno scorso di riavere indietro la mia famiglia serena e riunita, si realizzasse.
Ma, a quanto pare, mi sbagliavo.
Sono passati ventitré giorni da quando ho confessato a Edward di nostra figlia. Da quando in quel letto d’Ospedale, mi ha guardata negli occhi e d’improvviso mi sono ritrovata a fare un giro sulle montagne russe.
-Non è possibile, non ci credo- ha detto in un primo momento, facendomi toccare il fondo. Mi sarei messa a piangere se non fosse stato per quel : -è incredibile, mi somiglia così tanto- arrivato subito dopo, che mi ha fatto toccare il cielo con un dito.
Mi ha fatto sospirare di sollievo, ma dovevo immaginare che non sarebbe durato.
Inizialmente, ha preso positivamente la notizia di Sophie; ha studiato la sua foto a lungo, tanto che, ad un certo punto, sono sicura di averlo visto commuoversi.
Poi è successo qualcosa. Tutto è cambiato.
Mi ha restituito la foto con rabbia, dicendomi che era meglio se non gli avessi detto niente, che non aveva nessuna intenzione di conoscerla e che avrei fatto bene ad andare via e a non ritornare mai più.
Le mie lacrime, che fino a quel momento erano di gioia, si sono trasformate in una specie di acido corrosivo. Ho sentito la mia pelle bruciare e non certo per il sale, ma per la collera che mi era montata dentro dopo quelle parole.
Gli ho mollato una schiaffo, uno schiaffo tremendamente forte. Con una voce tanto gelida, da non sembrare nemmeno la mia, gli ho vomitato addosso tutto quello che provavo e con un chiaro e deciso: - tu non la meriti- gli ho voltato le spalle e sono andata via.
Fino a che non ne ho parlato con qualcuno credevo, anzi ero fermamente convinta, di essere nel giusto, ma sbagliavo.
Sia Jen, sia mio padre, mi hanno fatto capire che non avrei dovuto aspettarmi di più, che anzi, la reazione di Edward era più che comprensibile.
-Edward, ha subito uno choc, cara- mi ha detto mio padre quella sera stessa- dobbiamo comprendere che quest’uomo deve convivere con il pensiero di aver perso sei anni della sua vita, i più importanti a quanto gli hai fatto credere. La notizia di Sophie, per quanto bella, lo ha lasciato con un altro vuoto nel cuore. Preferisce sparire dalla sua vita piuttosto che farne parte senza ricordare quello che lei rappresenta per lui. Cerca di comprenderlo e, soprattutto, non giudicarlo-
Ed è così, con le parole di mio padre in testa, che il giorno dopo mi sono presentata davanti alla sua porta.
Non l’ho giudicato, sono stata zitta e ho ascoltato:
-Non so cosa fare. Bella… ho così tanta paura. Ho paura di non riuscire a ritrovare il passato che ho perduto. Di non ricordarmi più di te, né della bambina. Lo so, potremmo ricominciare tutto daccapo, ma non sarebbe la stessa cosa. Sento che Sophie, entrambe, meritate molto di più ed io non voglio illudermi che presto riacquisterò la memoria. Perciò è meglio se mi faccio da parte, per il bene di tutte e due-
Ad un mio accenno di dissenso si è portato le mani al viso.
Il suo corpo tremava, scosso dai singhiozzi, neanche avesse appena ricevuto un pugno in pieno stomaco, dopodiché è scoppiato.
-Ma non capisci il male che mi fate, Bella? Voi volete qualcosa da me che io non posso darvi. Perché è successo a me? Perché?-
E poi non ce l’ho fatta: mi sono buttata sul letto vicino a lui e l’ho abbracciato forte, fino a che le sue lacrime non hanno oltrepassato il tessuto della mia camicetta e hanno accarezzato la mia pelle. Siamo rimasti così fino a che i singhiozzi che lo scuotevano non sono scomparsi e poi, entrambi imbarazzati; io, con il profumo della sua pelle ancora nelle narici e lui, con uno sguardo stranamente dolce negli occhi, ci siamo tirati indietro.


È da quel giorno che va avanti questa situazione di imbarazzo, di sguardi fuggevoli e parole non dette.
In molte occasioni, anzi, in quasi tutte, siamo stati interrotti dall’arrivo di qualcuno.
E con Esme e Carlisle vicino non abbiamo mai affrontato l’argomento, non abbiamo mai parlato direttamente, ci siamo limitati a rispondere alle domande che ci venivano poste. Prima di lasciare la sua stanza, però, non ha mai mancato di chiedermi come stesse Sophie.
Durante il suo periodo di convalescenza, come dicevo, la compagnia non ci è mancata. Se non si trattava di Carlisle o Esme, era Alice a venirlo a trovare.
Con lei è stato più facile essere me stessa. Con lei non dovevo vergognarmi se mi scopriva a fissarlo imbambolata e ad arrossire imbarazzata.
Viceversa, lei si è sentita libera di mostrarsi per quello che è, cioè: una donna felice in dolce attesa.
Quello che non ci aspettavamo, però, era che anche Edward si accorgesse delle stesse cose.
Un giorno l’ha guardata fissa negli occhi e le ha chiesto:
-Chi è lo stronzo che devo malmenare per averti messa incinta?-
Ovviamente, lui non sapeva dell’esistenza di Jasper. Non gliel’avevamo detto di proposito. Su richiesta di Esme e Carlisle, tutto quello che è successo in questi ultimi sei anni è diventato un argomento tabù. Scelta che io giudico sbagliata ma loro insistono col dire che Edward è troppo fragile ora, e che fino alla sua completa guarigione dobbiamo trattarlo come un oggetto prezioso, neanche fosse fatto di vetro soffiato!
Di questi argomenti tabù, ovviamente, fa parte il motivo della nostra separazione. Anche la fuga di Mike e il relativo incidente con la rispettiva perdita mnemonica per un po’ sono stati innominabili.
Parlo al passato perché, com’era giusto che fosse, Edward ne è venuto a conoscenza. Non abbiamo potuto evitare che il Detective Cameron si interessasse alle sue condizioni e che venisse a trovarlo in Ospedale.
Edward, gli ha fatto il terzo grado, ha voluto sapere ogni cosa.
Sotto lo sguardo preoccupato di Esme, la faccia inespressiva di Carlisle e la mia (non lo nego) preoccupazione, è venuto a conoscenza di tutto.
Del suo allontanamento dalla società paterna fino alla fondazione della M&E Corporation. Dagli anni di duro lavoro fino alla fuga di Mike. Dal suo sospettato coinvolgimento fino al suo incidente.
L’ho guardato attentamente per tutto il tempo; si è sorpreso, ha provato molto dolore ed ha incassato il colpo rivelando a tutti la sua delusione. Ha affrontato tutto con lo stoicismo che l’ha sempre caratterizzato chiedendo al Detective novità sulle indagini.
-Quale delle due?- ha chiesto con tatto il poliziotto.
-Entrambe. Quello che mi è successo è collegato alla frode aziendale?-
-Vuole sapere se qualcuno ha attentato alla sua vita per vendicarsi di quanto successo in azienda? Beh molte persone, oserei dire centinaia, potrebbero avercela con lei. Il tracollo della sua società ha mandato in rovina molta gente. Persone che avevano investito in titoli, che erano diventati soci, d’improvviso si sono ritrovate con un pugno di mosche in mano. Le indagini stanno proseguendo, ma non credo di sbagliare se le confermo che sì, il suo incidente è collegato al fallimento della M&E Corporation. Forse qualcuno ha attentato alla sua vita per vendicarsi dello sgarro subito-
-E Mike? L’avete trovato?-
-No, purtroppo no. Le indagini proseguono e non appena sapremo qualcosa glielo comunicheremo-
Da quel giorno ho visto qualcosa cambiare sul suo volto. Come se quella notizia l’avesse fatto invecchiare di colpo. Per giorni ho sentito il suo senso di colpa prevalere su tutto; quasi palpabile avrei potuto stringerlo in una mano. Ho cercato in tutti i modi di distrarlo e alla fine è arrivata sua sorella con la novità del bambino.
A quel punto, non potevamo più tacere nonostante le raccomandazioni dei suoi genitori.
Alice, gli ha raccontato tutta la storia etra lacrime, risate e occhiate di disapprovazione anche Edward è stato messo al corrente della faccenda. Ha appoggiato la sorella, ovviamente, come aveva fatto in precedenza e le ha promesso che avrebbe messo una buona parola con il padre.

Sapevo già che stava tramando qualcosa: per giorni e giorni, ogni volta che Carlisle veniva a trovarlo, lo punzecchiava sulla relazione della sorella, facendolo andare via indignato.
Il giorno in cui ha attuato il suo piano diabolico, io arrivai in ritardo, c’erano già i suoi genitori nella stanza. Quando ho aperto la porta l’ho trovato moribondo, con una flebo al braccio e i monitor, dei quali non aveva più bisogno da tempo, accesi e un colorito pallido da far paura. Mi sono subito avvicinata al suo letto, troppo spaventata dalle sue condizioni. Pensavo che stesse davvero per morire, quando ad un tratto mi ha fatto l’occhiolino.
L’occhiolino!
Avrei voluto prenderlo a pugni solo per lo spavento, ma da quello che stava dicendo a Carlisle ho capito subito che dovevo starmene zitta.
-Papà… io non so se sopravvivrò, non questa volta-
-Figliolo, non devi nemmeno pensarla una cosa del genere-
-Papà… se non dovessi farcela, voglio che mi prometta che ti prenderai cura della mamma e di Bella, di Sophie e di Alice…-
-Certo certo, ma non devi preoccuparti, vedrai che tutto si sistemerà-
-… e anche di Jasper- solo a sentire il nome, Carlisle cambiò espressione –promettimelo papà. Promettimi che non ostacolerai più la loro unione…-
-Edward…-
-Ti prego, papà, prometti!-
Un colpo di tosse che gli fece uscire gli occhi dalle orbite, degno dei più melodrammatici attori di Hollywood, convinse Carlisle a dargli la risposta.
-Te lo prometto, figliolo, te lo prometto. Ma adesso sta calmo, non agitarti-
La tosse continuava a scuoterlo tanto da non capire se stesse facendo finta o se invece stesse soffocando per davvero. Nel dubbio, implorai Carlisle di andare a chiamare il Dottore e Esme di andare a recuperare dell’acqua.
Entrambi terrorizzati uscirono dalla stanza correndo e Edward poté finalmente respirare normalmente.
-Meriteresti il premio Oscar, lo sai? Oppure di finire in prigione. Ma sei impazzito?-
-Non avrebbe mai ceduto altrimenti-
-Sei…sei… chi ti ha aiutato a fare tutto questo?-
-Un po’ tutti. Ho spiegato che si trattava di una buona causa e hanno accettato-
-Ah-ah, non ti credo. Tu li hai pagati. Per caso il reparto di Neurochirurgia avrà presto una sala intitolata a tuo nome?-
-Te l’ho detto, era per una buona causa…-
Il Dottore e le infermiere, chiaramente influenzate dalla presenza fisica di Edward (anche fasciato e con la testa quasi fracassata il mio ex marito miete vittime come uno stallone nella stagione dell’accoppiamento), hanno fatto credere a tutti che si trattava di un’infezione che aveva colpito i polmoni e che con le adeguate cure, Edward, sarebbe presto guarito.
-Diabolico… sei un essere diabolico- gli ho detto quella sera prima di andare via.
-Lo so, diabolico è il mio secondo nome-
Sta di fatto che, dopo quel giorno, il rapporto che Carlisle aveva con Jasper è radicalmente cambiato. Certo non fa i salti di gioia quando si trovano nella stessa stanza, ma almeno il loro approccio è diventato civile ed educato come quello di due persone che si conoscono per la prima volta. Alice, come c’era d’aspettarselo, è al settimo cielo.

In questo periodo ho avuto modo di appurare che per Edward la novità del nipotino, e solo per lui perché per il momento nessun’altro ne è al corrente, ha avuto l’effetto di una pomata lenitiva.
Ha cominciato ad interessarsi ai bambini, alla loro crescita dentro e fuori la pancia, questo gli ha permesso di recuperare un po’ il sorriso che aveva perso in seguito alle rivelazioni del Detective Cameron. Il più delle volte si rivolgeva alla sottoscritta quando voleva avere delle risposte, soprattutto mi chiedeva com’era stata la mia di gravidanza.
Emozionata, ho risposto a tutte le sue domande, raccontandogli aneddoti divertenti che lo riguardano personalmente, come il cazzotto che si è preso in piena faccia durante il corso pre-parto.
In più di un’occasione, l’ho visto camuffare un singhiozzo in una risata e gli occhi lucidi in uno sbadiglio.
Non nego che tutto questo ha contribuito ad avvicinarci. Ora non mi guarda più in maniera ostile come faceva i primi giorni e vengo pure a trovarlo più spesso.
Ogni volta mi regala sorrisi sempre più spontanei.
Ho capito che si è affezionato molto anche a Sophie, non manca giorno in cui non mi chieda come sta, ma mai che mi preghi di portarla da lui per fargliela conoscere.
Quando vado via, spero che sia la volta buona. Che prima di scomparire dietro la porta lui mi chiami e mi dica – voglio vederla- e invece non lo fa mai.
Edward in questo momento è come un bambino, un bambino che scopre una cosa nuova e deve ancora decidere se gli piace o meno.
Sono stata buona e remissiva, non gli ho mai imposto nulla anche se per il bene di Sophie avrei dovuto farlo da molto tempo e ho aspettato ogni sera con il cuore in gola una richiesta che non è mai arrivata.
Però ora basta.
Oggi ho capito che non posso aspettare i suoi tempi. Sophie sta soffrendo molto, vuole il suo papà, ha bisogno del suo papà, e ne ha bisogno adesso.
Per questo motivo la sto portando in Ospedale.
Non mi importa quello che dice Edward, se secondo lui non è ancora pronto, se secondo lui non ha nulla da offrirle. Lei ha bisogno che lui ci sia e, in un modo o nell’altro, sono sicura che riusciremo a mascherare il suo handicap momentaneo.

Da un po’ di giorni avevo notato un piccolo cambiamento in Sophie, ma lo attribuivo alla leggera influenza che aveva avuto la settimana scorsa.
Oggi ho capito che sbagliavo.
Ero in riunione quando mi hanno telefonata dall’asilo e non ho esitato un’istante a mollare tutto e scappare da lei.
L’ho trovata in lacrime, con il viso arrossato, seduta sulle gambe della maestra. Ho subito pensato che avesse fatto a botte con qualche bambino, la “mamma orso” che è in me era già pronta a colpire per vendicare il suo onore, ma mi sono bastati due secondi per capire quello che era successo.

“Alla scoperta dei papà e dei loro mestieri” così recitava il cartellone giallo attaccato alla lavagna sopra le nostre teste. A quel punto i miei occhi, che fino a quel momento erano stati impegnati a controllare le braccia e le gambe di Sophie per scongiurare qualche ferita o sbucciatura, si sono incollati sulla schiera di uomini, più o meno una quindicina, addossati alla parete in attesa di cominciare la lezione, e subito dopo, furenti di rabbia, sulla signorina Blanchard.


-Mi dispiace signora, ma non sono riuscita ad avvisarla in tempo- la maestra, mortificata, a stento è riuscita a trattenere il tremore alla voce dopo la mia sfuriata.
-Sì, ma doveva aspettarselo! Tutti i papà dei suoi compagni erano presenti tranne il suo. Non voglio umiliarla, le sue iniziative sono tanto lodevoli, ma Sophie in questo momento è molto fragile, soprattutto se parliamo di suo padre. Eppure lei sa cosa gli è successo!-
-Lo so, lo so. In questi giorni ho evitato di toccare qualsiasi argomento potesse ferirla, ma è lei ad insistere. È lei a chiedermi di suo padre, se per caso telefona la scuola per avere sue notizie. Come da accordi le ho mentito, anche se controvoglia. Solo che oggi non sono proprio riuscita ad avvisarla, mi creda. Prepariamo questa giornata da settimane, non può sapere quant’è stato stressante riuscire a trovare un giorno che andasse bene a tutti i papà-
-Proprio perché vi preparavate da settimane avreste dovuto avvisarmi. Se avessi saputo oggi non l’avrei portata a scuola-
-Sì, lei ha ragione… è che…-
-Va bene, va bene le credo- l’ho interrotta prima che potesse continuare con altre scuse. In seguito mi ha raccontato che Sophie è scoppiata in lacrime quando ha visto la sua amichetta Claire giocare con il padre e che ha continuato a piangere fino al mio arrivo.

“Basta, ora basta” ha continuato a ripetere una voce nel mio orecchio durante tutto il colloquio. Una voce talmente insistente da farmi dubitare della mia sanità mentale. Ho stretto i pugni talmente forte da conficcarmi le unghie nei palmi per non sentirla più, per scacciarla via e, dopo un bel respiro, tutto mi è apparso più chiaro.
Che stupida che sono stata! Avrei voluto urlarlo a squarcia gola, solo che non avrei saputo come giustificarmi con Miss Blanchard, che, imbambolata, ha continuato a fissarmi per tutto il tempo, forse in attesa di un mio morso in grado di staccarle la testa. Dopo essere uscita dal suo ufficio sono andata dritta da Sophie, l’ho guardata negli occhi, gli stessi occhi verdi del padre, le ho messo una ciocca di capelli dietro l’orecchio, le ho fatto soffiare il naso, e infine le ho detto: - vieni amore, ti porto da papà-.
Nei suoi occhi si è subito accesa una luce che non vedevo da tempo e, in quel momento, ho capito di aver fatto la scelta giusta.

Quando varchiamo la soglia dell’Ospedale ho il cuore letteralmente in gola. Sophie si stringe forte intorno al mio collo; l’ho presa in braccio per farla scendere dall’auto e non mi ha più mollato.
In macchina le ho spiegato che Edward ha avuto un’incidente e che non deve preoccuparsi se lo vedrà un po’ “cambiato”. Come una bimba grande mi ha guardata seria e mi ha detto – va bene mamma, non preoccuparti-.
Solo che non riesce a mascherare la sua impazienza, mi sta praticamente stritolando una spalla!

Avrei dovuto farlo prima penso, affondando il naso nei sui capelli. La mia piccola, dolce bambina non meritava di soffrire tanto. Ora che sento ogni suo muscolo teso, ora che avverto con quanta impazienza ha aspettato questo momento, vorrei maledire Edward e soprattutto me stessa per aver aspettato tutto questo tempo.

Sono quasi le 12.00 e l’orario delle visite è già terminato, infatti l’infermiera che ci troviamo davanti al reparto mi sbarra la strada come un bodyguard, avendone tutta la stazza oltretutto.
-La prego, dobbiamo passare, è urgente-
-Mi dispiace signora, i pazienti stanno pranzando, non posso lasciarla passare-
-Mi tratterrò davvero poco, mi creda-
-Non posso, è il regolamento dell’Ospedale-
-Il regolamento dell’Ospedale!- sbotto irritata – me ne infischio del regolamento! Quest’Ospedale recentemente ha ricevuto una grossa donazione da parte di mio suocero, il signor Carlisle Cullen, lo conosce?- a mali estremi, estremi rimedi – non vorrà che lo telefoni e gli riferisca del trattamento che mi avete riservato? – non è mia consuetudine ricattare la gente, ho sempre avuto rispetto per il lavoro degli altri e non ho mai approfittato della posizione dei Cullen per avere favoritismi, ma in questo caso non posso fare altrimenti.
L’infermiera mi guarda impietrita, indecisa se assecondarmi o meno. Alla fine fa semplicemente un passo indietro e torna a compilare le sue cartelle.
-Grazie- le dico sorpassandola – è molto importante-.
Non aspetto che mi risponda, percorro velocemente il corridoio e quando sono di fronte la stanza di Edward sento quasi le gambe cedermi.
Busso per cortesia non per altro, se solo fossimo in un film di fantascienza avrei già buttato la porta con la forza del pensiero.
Mi risponde immediatamente invitandomi ad entrare.
Sophie, alza la testa di scatto e mi guarda sorridente; ha appena riconosciuto la voce del suo papà.
Un respiro profondo e abbasso la maniglia.
Appena mi vede Edward ha due reazioni.
Mi sorride e mette giù la forchetta con cui sta mangiando dell’insalata, ma contemporaneamente le sue sopracciglia arrivano a toccare il soffitto. Lo vedo sbiancare di colpo quando passa da me alla bambina; i suoi occhi si spostano da me a lei ad una velocità pazzesca. All’interno vi leggo tanta paura.
-Papi, papi!- urla Sophie che scalcia per scendere dalle mie braccia e gettarsi in quelle del padre.
Il suo corpo è diventato una statua di cera.
Durante il tragitto in macchina ho pensato, immaginato e ipotizzato diverse potenziali reazioni. Tutte positive naturalmente, altrimenti non avrei mai rischiato. Ma ora che lo vedo immobile guardarmi terrorizzato, ho davvero paura che possa aver fatto una sciocchezza.
La lascio andare pregando con lo sguardo Edward di non deluderla. Nel tempo che intercorre tra la discesa di Sophie e la sua risposta, pochi secondi in realtà, sento il mio cuore galoppare a più non posso. Ma Edward non mi delude: la bambina corre verso il tavolino dove è seduto ma prima che alzi le braccia è lui ad andarle incontro e a stringerla forte al petto.
Una scena straziante che mi costringe a portare le mani davanti alla bocca per non lasciarmi sfuggire qualche singhiozzo.

-Bene, alla fine ce l’hai fatta- sento la nanerottola di mia cognata gongolare felice. Imbambolata, guardo Edward e Sophie giocare insieme sul letto. Sono così presi l’uno dall’altra che non fanno più caso a me. A noi.
Dopo un’iniziale imbarazzo, Edward si è sciolto completamente davanti al visino emozionato di Sophie e non ha saputo più resisterle. Ho continuato a piangere fino a che entrambi non sono venuti a stringermi forte in una sorta di abbraccio collettivo. Eravamo così presi che a stento abbiamo sentito la porta della stanza chiudersi dietro di noi.
Un urlo isterico ci ha fatto sobbalzare e quando ci siamo girati abbiamo trovato Alice in lacrime.
-Scusate, sono gli ormoni- si è giustificata subito prima di buttarci le braccia intorno al collo.
-Ora stai bene?- le chiedo preoccupata dopo che un leggero capogiro le ha fatto vedere i sorci verdi.
-Sì, sì non preoccuparti. Tu, piuttosto, come ci sei riuscita? Come hai convinto “Puffo Brontolone” ad incontrarla?-
-Oh, non ho dovuto chiedere il permesso a nessuno se è questo che intendi. Sophie aveva bisogno di lui e anche se tuo fratello non lo ammetterà mai, anche lui aveva bisogno di lei- e a vederli giocare nessuno direbbe il contrario.
-Tu, piuttosto, perché sei qui?- mi rivolgo a Alice ma è Edward a rispondermi.
-Te lo dico io-
Lascia Sophie sul letto e viene verso di noi. Ha fatto molti progressi nella riabilitazione e ora con le stampelle riesce a camminare, più o meno, in posizione verticale.
-Mi dimettono Bella-
-Cosa?- non ho nemmeno il tempo di elaborare la notizia che la mia bocca agisce per volontà propria –perché vengo a saperlo solo ora?-
-Beh perché il Dottore ce lo ha comunicato meno di mezzora fa. Stavo facendo la visita di routine quando Alice è arrivata. È venuta a trovarmi come tutti i giorni ed era presente quando il Dottore mi ha comunicato che potevo tornarmene a casa-
-Stavo telefonando ai miei quando sei arrivata tu- aggiunge lei.
-Ma che notizia meravigliosa!- mi sporgo ad abbracciarlo e lui mi lascia fare. Poggia la guancia sui miei capelli e a me sembra di poter prendere fuoco –sono felice per te. In tempo per le feste eh?- dico staccandomi imbarazzata.
-Sì, in effetti il Dottor Abernathy non ha saputo respingere le mie suppliche. Festeggiare il Ringraziamento con del prosciutto spacciandolo per tacchino non è proprio il massimo!-
-Conoscendoti a furia di mangiare brodini saresti capace di pappartene uno intero!- lo incalza Alice.
Stiamo ancora ridendo quando Esme e Carlisle fanno il loro ingresso in stanza.
-Bella! Sophie!- ci saluta Esme seguita a ruota da suo marito, rimasto pietrificato dalla scena.

Se solo gli sguardi potessero uccidere è proprio il caso di dirlo.
-Mamma, papà, non agitatevi è tutto a posto- si affretta a dire Edward e piano piano li vedo riacquistare il controllo. Dopo essersi accertati che è davvero tutto a posto, ci lasciano per raggiungere la loro nipotina che li osserva sorridente dall’altro lato della stanza.
Edward, si perde a guardarli per un poco e ho l’impressione di vedere un lampo di orgoglio nei suoi occhi. Quando Sophie comincia a ridere per via del solletico anche lui si unisce alla mischia seguito a sua volta da Alice.
Mi soffermo a guardarli mentre nel mio stomaco le farfalle impazzite che, fino a poco fa, svolazzano euforiche, diventano irrequiete. Un’ombra si abbatte sulla mia felicità quando mi rendo conto che oggi Edward verrà dimesso, verrà dimesso e andrà a vivere di nuovo dai suoi genitori.

Bella, ma cosa ti aspettavi? Niente, non mi aspettavo niente.
Mento. Mento a me stessa per non ammettere quanto in realtà mi faccia male questa decisione. Gli ultimi avvenimenti hanno sconvolto così tanto la sua vita!
E non mi riferisco solo all’amnesia, ma alle azioni legali che dovrà intraprendere a causa della sparizione di Mike. Senza contare il fatto che avrà bisogno di assoluto e tranquillo riposo.
Non può, non è pronto ad affrontare tutto questo insieme a me mi dico da sola.
Non mi conosce, non abbiamo ancora stabilito nemmeno un rapporto. Come dovremmo definire quello che c’è tra di noi? Se solo penso alla tragicità della situazione mi viene da ridere, non posso fare altro.
Lui ed io non siamo niente. Lui ed io non abbiamo niente.
Carlisle, Esme, Edward e Alice hanno la loro famiglia. Ora Edward ha anche Sophie. Alice ha il suo bambino. Esme e Carlisle hanno recuperato il rapporto con i figli. Sophie ha ritrovato suo padre.
Ed io? Quando avrò qualcosa anche io?
Speravo almeno di avere più tempo.
Lo ammetto: avrei voluto convincere Edward a trasferirsi a casa nostra.
Evidentemente non sarà oggi, ed evidentemente nemmeno domani.

Ingoio il rospo…

Scaccio una lacrima solitaria dalla guancia, prendo un bel respiro e mi avvicino al suo letto.

...e, silenziosa, aspetto il mio turno.

Bene… quante di voi, al posto di Bella, avrebbero reagito allo stesso modo? Mi è venuto automatico pensare che lei lo rivolesse a casa.

Grazie! Grazie delle recensioni allo scorso capitolo e scusate se non vi ho risposto, sarei da prendere a bastonate, ma farlo ora non sarebbe giusto nei vostri confronti. Grazie, perché continuate a seguirmi. Se avete letto il capitolo significa che la storia vi interessa ancora. Nonostante i lunghi tempi di pubblicazione ho tutta l’intenzione di concluderla, perciò non disperate.

Grazie Ciùùù! Grazie Jesss!

Buona serata e alla prossima!

   
 
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