No, non state sognando.
E’ davvero il nuovo capitolo.
Bella va a trovare Edward in
Ospedale, e dopo un pomeriggio passato a parlare della loro storia
d'amore, gli
confessa di essere padre:
"–
questa bambina
è tua figlia. Ha quattro anni ed è la persona
più importante della tua vita-
deglutisco a fatica visto il macigno che mi ritrovo piantato in gola
– puoi
anche non ricordarti di me, puoi anche non sapere chi sei in questo
momento,
puoi farti e farmi tutte le domande che vuoi. Ma se
c’è una certezza reale e
concreta in questo mondo, che nessuna amnesia può mettere in
dubbio, è che tu
hai una figlia e lei ha bisogno di te-"
Capitolo 12
Ci
sono legami che sfidano il tempo e la logica,
ci
sono legami che sono semplicemente
destinati
ad essere.
-Grey's
Anatomy.
23
Novembre
2011
L’aria è molto
fredda fuori, il termometro segna
appena 3 gradi.
La radio trasmette una canzone così malinconica e
triste che mi fa sprofondare ancora di più
nell’angoscia, perciò la spengo del
tutto. Ovunque mi giri vedo tutto bianco: quest’anno la neve
è caduta così
abbondante che è quasi difficile transitare con le auto. I
mezzi spazza neve e
spargi sale sono attivi 24 ore su 24.
Ma nonostante l’impedimento dell’asfalto ghiacciato
non
posso fare a meno di schiacciare il pedale dell’acceleratore.
-Mami, quando arriviamo?-
-Presto amore, presto-
Sophie è seduta nel sedile posteriore e come me
guarda dal finestrino il manto bianco che ricopre ogni cosa. Per
placare la sua
impazienza, e pure la mia, inserisco nello stereo un CD di canzoni
Natalizie
con la nostra playlist personale. Ormai siamo agli sgoccioli, domani
è il
giorno del Ringraziamento e a seguire il Black Friday. Non faremo
nemmeno in
tempo ad andare a comprare un albero di Natale che tutte le
festività saranno
passate. Abbellire la casa con le decorazioni Natalizie è
uno dei nostri
passatempi preferiti, anche se negli ultimi anni il Natale è
stato un po’ una
spina del fianco per me, con la separazione da Edward, mio padre nelle
sue “non
bene definite condizioni” e il compleanno di Sophie, le mie
ghiandole lacrimali
ad un certo punto del mese hanno chiesto pietà.
Speravo che quest’anno fosse tutto diverso, che il
desiderio che avevo espresso l’anno scorso di riavere
indietro la mia famiglia
serena e riunita, si realizzasse.
Ma, a quanto pare, mi sbagliavo.
Sono passati ventitré giorni da quando ho confessato
a Edward di nostra figlia. Da quando in quel letto
d’Ospedale, mi ha guardata
negli occhi e d’improvviso mi sono ritrovata a fare un giro
sulle montagne
russe.
-Non è possibile, non ci credo- ha detto in un primo
momento, facendomi toccare il fondo. Mi sarei messa a piangere se non
fosse
stato per quel : -è incredibile, mi somiglia così
tanto- arrivato subito dopo,
che mi ha fatto toccare il cielo con un dito.
Mi ha fatto sospirare di sollievo, ma dovevo
immaginare che non sarebbe durato.
Inizialmente, ha preso positivamente la notizia di
Sophie; ha studiato la sua foto a lungo, tanto che, ad un certo punto,
sono
sicura di averlo visto commuoversi.
Poi è successo qualcosa. Tutto è cambiato.
Mi ha restituito la foto con rabbia, dicendomi che
era meglio se non gli avessi detto niente, che non aveva nessuna
intenzione di
conoscerla e che avrei fatto bene ad andare via e a non ritornare mai
più.
Le mie lacrime, che fino a quel momento erano di
gioia, si sono trasformate in una specie di acido corrosivo. Ho sentito
la mia pelle bruciare e non certo per il sale, ma per la
collera che mi era montata dentro dopo quelle parole.
Gli ho mollato una schiaffo, uno schiaffo
tremendamente forte. Con una voce tanto gelida, da non sembrare nemmeno
la mia,
gli ho vomitato addosso tutto quello che provavo e con un chiaro e
deciso: - tu
non la meriti- gli ho voltato le spalle e sono andata via.
Fino a che non ne ho parlato con qualcuno credevo,
anzi ero fermamente convinta, di essere nel giusto, ma sbagliavo.
Sia Jen, sia mio padre, mi hanno fatto capire che
non avrei dovuto aspettarmi di più, che anzi, la reazione di
Edward era più che
comprensibile.
-Edward, ha subito uno choc, cara- mi ha detto mio
padre quella sera stessa- dobbiamo comprendere che quest’uomo
deve convivere
con il pensiero di aver perso sei anni della sua vita, i più
importanti a
quanto gli hai fatto credere. La notizia di Sophie, per quanto bella,
lo ha
lasciato con un altro vuoto nel cuore. Preferisce sparire dalla sua
vita
piuttosto che farne parte senza ricordare quello che lei rappresenta
per lui.
Cerca di comprenderlo e, soprattutto, non giudicarlo-
Ed è così, con le parole di mio padre in testa,
che
il giorno dopo mi sono presentata davanti alla sua porta.
Non l’ho giudicato, sono stata zitta e ho ascoltato:
-Non so cosa fare. Bella… ho così tanta paura. Ho
paura di non riuscire a ritrovare il passato che ho perduto. Di non
ricordarmi
più di te, né della bambina. Lo so, potremmo
ricominciare tutto daccapo, ma non
sarebbe la stessa cosa. Sento che Sophie, entrambe,
meritate molto di più ed io non voglio illudermi che presto
riacquisterò la
memoria. Perciò è meglio se mi faccio da parte,
per il bene di tutte e due-
Ad un mio accenno di dissenso si è portato le mani
al viso.
Il suo corpo tremava, scosso dai singhiozzi, neanche
avesse appena ricevuto un pugno in pieno stomaco, dopodiché
è scoppiato.
-Ma non capisci il male che mi fate, Bella? Voi
volete qualcosa da me che io non posso darvi. Perché
è successo a me? Perché?-
E poi non ce l’ho fatta: mi sono buttata sul letto
vicino a lui e l’ho abbracciato forte, fino a che le sue
lacrime non hanno
oltrepassato il tessuto della mia camicetta e hanno accarezzato la mia
pelle.
Siamo rimasti così fino a che i singhiozzi che lo scuotevano
non sono scomparsi
e poi, entrambi imbarazzati; io, con il profumo della sua pelle ancora
nelle
narici e lui, con uno sguardo stranamente dolce negli occhi, ci siamo
tirati
indietro.
È da quel giorno che va avanti questa situazione di
imbarazzo, di sguardi fuggevoli e parole non dette.
In molte occasioni, anzi, in quasi tutte, siamo
stati interrotti dall’arrivo di qualcuno.
E con Esme e Carlisle vicino non abbiamo mai
affrontato l’argomento, non abbiamo mai parlato direttamente,
ci siamo limitati a rispondere alle domande che ci venivano
poste. Prima di lasciare la sua stanza, però, non ha mai
mancato di chiedermi
come stesse Sophie.
Durante il suo periodo di convalescenza, come
dicevo, la compagnia non ci è mancata. Se non si trattava di
Carlisle o Esme,
era Alice a venirlo a trovare.
Con lei è stato più facile essere me stessa. Con
lei
non dovevo vergognarmi se mi scopriva a fissarlo imbambolata e ad
arrossire
imbarazzata.
Viceversa, lei si è sentita libera di mostrarsi per
quello che è, cioè: una donna felice in dolce
attesa.
Quello che non ci aspettavamo, però, era che anche
Edward si accorgesse delle stesse cose.
Un giorno l’ha guardata fissa negli occhi e le ha
chiesto:
-Chi è lo stronzo che devo malmenare per averti
messa incinta?-
Ovviamente, lui non sapeva dell’esistenza di Jasper.
Non gliel’avevamo detto di proposito. Su richiesta di Esme e
Carlisle, tutto
quello che è successo in questi ultimi sei anni è
diventato un argomento tabù.
Scelta che io giudico sbagliata ma loro insistono
col dire che Edward è troppo fragile ora, e che
fino alla sua completa guarigione dobbiamo trattarlo come un oggetto
prezioso,
neanche fosse fatto di vetro soffiato!
Di questi argomenti tabù, ovviamente, fa parte il motivo
della nostra separazione. Anche la fuga di Mike e il relativo incidente
con la
rispettiva perdita mnemonica per un po’ sono stati
innominabili.
Parlo al passato perché, com’era giusto che fosse,
Edward ne è venuto a conoscenza. Non abbiamo potuto evitare
che il Detective
Cameron si interessasse alle sue condizioni e che venisse a trovarlo in
Ospedale.
Edward, gli ha fatto il terzo grado, ha voluto
sapere ogni cosa.
Sotto lo sguardo preoccupato di Esme, la faccia
inespressiva di Carlisle e la mia (non lo nego) preoccupazione,
è venuto a
conoscenza di tutto.
Del suo allontanamento dalla società paterna fino
alla fondazione della M&E Corporation. Dagli anni di duro
lavoro fino alla
fuga di Mike. Dal suo sospettato coinvolgimento fino al suo incidente.
L’ho guardato attentamente per tutto il tempo; si
è
sorpreso, ha provato molto dolore ed ha incassato il colpo rivelando a
tutti la
sua delusione. Ha affrontato tutto con lo stoicismo che l’ha
sempre
caratterizzato chiedendo al Detective novità sulle indagini.
-Quale delle due?- ha chiesto con tatto il
poliziotto.
-Entrambe. Quello che mi è successo è collegato
alla
frode aziendale?-
-Vuole sapere se qualcuno ha attentato alla sua vita
per vendicarsi di quanto successo in azienda? Beh molte persone, oserei
dire
centinaia, potrebbero avercela con lei. Il tracollo della sua
società ha
mandato in rovina molta gente. Persone che avevano investito in titoli,
che
erano diventati soci, d’improvviso si sono ritrovate con un
pugno di mosche in
mano. Le indagini stanno proseguendo, ma non credo di sbagliare se le
confermo
che sì, il suo incidente è collegato al
fallimento della M&E Corporation.
Forse qualcuno ha attentato alla sua vita per vendicarsi dello sgarro
subito-
-E Mike? L’avete trovato?-
-No, purtroppo no. Le indagini proseguono e non
appena sapremo qualcosa glielo comunicheremo-
Da quel giorno ho visto qualcosa cambiare sul suo
volto. Come se quella notizia l’avesse fatto invecchiare di
colpo. Per giorni
ho sentito il suo senso di colpa prevalere su tutto; quasi palpabile
avrei
potuto stringerlo in una mano. Ho cercato in tutti i modi di distrarlo
e alla
fine è arrivata sua sorella con la novità del
bambino.
A quel punto, non potevamo più tacere nonostante le
raccomandazioni dei suoi genitori.
Alice, gli ha raccontato tutta la storia etra
lacrime, risate e occhiate di disapprovazione anche Edward è
stato messo al
corrente della faccenda. Ha appoggiato la sorella, ovviamente, come
aveva fatto
in precedenza e le ha promesso che avrebbe messo una buona parola con
il padre.
Sapevo già che stava
tramando qualcosa: per giorni e
giorni, ogni volta che Carlisle veniva a trovarlo, lo punzecchiava
sulla
relazione della sorella, facendolo andare via indignato.
Il giorno in cui ha attuato il suo piano diabolico,
io arrivai in ritardo,
c’erano già i suoi genitori nella stanza. Quando
ho aperto la porta l’ho
trovato moribondo, con una flebo al braccio e i monitor, dei quali non
aveva
più bisogno da tempo, accesi e un colorito pallido da far
paura. Mi sono subito
avvicinata al suo letto, troppo spaventata dalle sue condizioni.
Pensavo che stesse
davvero per morire, quando ad un tratto mi ha fatto
l’occhiolino.
L’occhiolino!
Avrei voluto prenderlo a pugni solo per lo spavento,
ma da quello che stava dicendo a Carlisle ho capito subito che dovevo
starmene
zitta.
-Papà… io non so se sopravvivrò, non
questa volta-
-Figliolo, non devi nemmeno pensarla una cosa del
genere-
-Papà… se non dovessi farcela, voglio che mi
prometta che ti prenderai cura della mamma e di Bella, di Sophie e di
Alice…-
-Certo certo, ma non devi preoccuparti, vedrai che tutto
si sistemerà-
-… e anche di Jasper- solo a sentire il nome,
Carlisle cambiò espressione –promettimelo
papà. Promettimi che non ostacolerai
più la loro unione…-
-Edward…-
-Ti prego, papà, prometti!-
Un colpo di tosse che gli fece uscire gli occhi dalle
orbite, degno dei più melodrammatici attori di Hollywood,
convinse Carlisle a
dargli la risposta.
-Te lo prometto, figliolo, te lo prometto. Ma adesso
sta calmo, non agitarti-
La tosse continuava a scuoterlo tanto da non capire
se stesse facendo finta o se invece stesse soffocando per davvero. Nel
dubbio,
implorai Carlisle di andare a chiamare il Dottore e Esme di andare a
recuperare
dell’acqua.
Entrambi terrorizzati uscirono dalla stanza correndo
e Edward poté finalmente respirare normalmente.
-Meriteresti il premio Oscar, lo sai? Oppure di
finire in prigione. Ma sei impazzito?-
-Non avrebbe mai ceduto altrimenti-
-Sei…sei… chi ti ha aiutato a fare tutto questo?-
-Un po’ tutti. Ho spiegato che si trattava di una
buona causa e hanno accettato-
-Ah-ah, non ti credo. Tu li hai pagati. Per caso il
reparto di Neurochirurgia avrà presto una sala intitolata a
tuo nome?-
-Te l’ho detto, era per una buona causa…-
Il Dottore e le infermiere, chiaramente influenzate
dalla presenza fisica di Edward (anche fasciato e con la testa quasi
fracassata
il mio ex marito miete vittime come
uno stallone nella stagione dell’accoppiamento), hanno fatto
credere a tutti
che si trattava di un’infezione che aveva colpito i polmoni e
che con le
adeguate cure, Edward, sarebbe presto guarito.
-Diabolico… sei un essere diabolico- gli ho detto quella
sera prima di andare via.
-Lo so, diabolico
è il mio secondo nome-
Sta di fatto che, dopo quel giorno, il rapporto che
Carlisle aveva con Jasper è radicalmente cambiato. Certo non
fa i salti di
gioia quando si trovano nella stessa stanza, ma almeno il loro
approccio è
diventato civile ed educato come quello di due persone che si conoscono
per la
prima volta. Alice, come c’era d’aspettarselo,
è al settimo cielo.
In questo periodo ho avuto modo di
appurare che per
Edward la novità del nipotino, e solo per lui
perché per il momento
nessun’altro ne è al corrente, ha avuto
l’effetto di una pomata lenitiva.
Ha cominciato ad interessarsi ai bambini, alla loro
crescita dentro e fuori la pancia, questo gli ha permesso di recuperare
un po’
il sorriso che aveva perso in seguito alle rivelazioni del Detective
Cameron.
Il più delle volte si rivolgeva alla sottoscritta quando
voleva avere delle
risposte, soprattutto mi chiedeva com’era stata la mia di
gravidanza.
Emozionata, ho risposto a tutte le sue domande,
raccontandogli aneddoti divertenti che lo riguardano personalmente,
come il
cazzotto che si è preso in piena faccia durante il corso
pre-parto.
In più di un’occasione, l’ho visto
camuffare un
singhiozzo in una risata e gli occhi lucidi in uno sbadiglio.
Non nego che tutto questo ha contribuito ad
avvicinarci. Ora non mi guarda più in maniera ostile come
faceva i primi giorni
e vengo pure a trovarlo più spesso.
Ogni volta mi regala sorrisi sempre più spontanei.
Ho capito che si è affezionato molto anche a Sophie,
non manca giorno in cui non mi chieda come sta, ma mai che mi preghi di
portarla da lui per fargliela conoscere.
Quando vado via, spero che sia la volta buona. Che
prima di scomparire dietro la porta lui mi chiami e mi dica –
voglio vederla- e
invece non lo fa mai.
Edward in questo momento è come un bambino, un
bambino che scopre una cosa nuova e deve ancora decidere se gli piace o
meno.
Sono stata buona e remissiva, non gli ho mai imposto
nulla anche se per il bene di Sophie avrei dovuto farlo da molto tempo
e ho
aspettato ogni sera con il cuore in gola una richiesta che non
è mai arrivata.
Però ora basta.
Oggi ho capito che non posso aspettare i suoi tempi.
Sophie sta soffrendo molto, vuole il suo papà, ha bisogno
del suo papà, e ne ha
bisogno adesso.
Per questo motivo la sto portando in Ospedale.
Non mi importa quello che dice Edward, se secondo
lui non è ancora pronto, se secondo lui non ha nulla da
offrirle. Lei ha
bisogno che lui ci sia e, in un modo o nell’altro, sono
sicura che riusciremo a
mascherare il suo handicap momentaneo.
Da un po’ di giorni avevo
notato un piccolo
cambiamento in Sophie, ma lo attribuivo alla leggera influenza che
aveva avuto
la settimana scorsa.
Oggi ho capito che sbagliavo.
Ero in riunione quando mi hanno telefonata
dall’asilo e non ho esitato un’istante a mollare
tutto e scappare da lei.
L’ho trovata in lacrime, con il viso arrossato,
seduta sulle gambe della maestra. Ho subito pensato che avesse fatto a
botte
con qualche bambino, la “mamma orso” che
è in me era già pronta a colpire per
vendicare il suo onore, ma mi sono bastati due secondi per capire
quello che
era successo.
“Alla
scoperta
dei papà e dei loro mestieri” così recitava
il cartellone giallo attaccato alla lavagna sopra le nostre teste. A
quel punto
i miei occhi, che fino a quel momento erano stati impegnati a
controllare le
braccia e le gambe di Sophie per scongiurare qualche ferita o
sbucciatura, si
sono incollati sulla schiera di uomini, più o meno una
quindicina, addossati
alla parete in attesa di cominciare la lezione, e subito dopo, furenti
di
rabbia, sulla signorina Blanchard.
-Mi dispiace signora, ma non sono riuscita ad
avvisarla in tempo- la maestra, mortificata, a
stento è riuscita a trattenere il tremore alla voce dopo la
mia sfuriata.
-Sì, ma doveva aspettarselo! Tutti i papà dei
suoi
compagni erano presenti tranne il suo. Non voglio umiliarla, le sue
iniziative
sono tanto lodevoli, ma Sophie in questo momento è molto
fragile, soprattutto
se parliamo di suo padre. Eppure lei sa cosa gli è successo!-
-Lo so, lo so. In questi giorni ho evitato di
toccare qualsiasi argomento potesse ferirla, ma è lei ad
insistere. È lei a
chiedermi di suo padre, se per caso telefona la scuola per avere sue
notizie.
Come da accordi le ho mentito, anche se controvoglia. Solo che oggi non
sono
proprio riuscita ad avvisarla, mi creda. Prepariamo questa giornata da
settimane, non può sapere quant’è stato
stressante riuscire a trovare un giorno
che andasse bene a tutti i papà-
-Proprio perché vi preparavate da settimane avreste
dovuto avvisarmi. Se avessi saputo oggi non l’avrei portata a
scuola-
-Sì, lei ha ragione… è
che…-
-Va bene, va bene le credo- l’ho interrotta prima
che potesse continuare con altre scuse. In seguito mi ha raccontato che
Sophie
è scoppiata in lacrime quando ha visto la sua amichetta
Claire giocare con il
padre e che ha continuato a piangere fino al mio arrivo.
“Basta,
ora
basta”
ha continuato a ripetere una voce nel
mio orecchio durante tutto il colloquio. Una voce talmente insistente
da farmi
dubitare della mia sanità mentale. Ho stretto i pugni
talmente forte da
conficcarmi le unghie nei palmi per non sentirla più, per
scacciarla via e, dopo un bel respiro, tutto mi è apparso
più chiaro.
Che
stupida
che sono stata!
Avrei voluto urlarlo a squarcia
gola, solo che non avrei saputo come giustificarmi con Miss Blanchard,
che, imbambolata, ha continuato a fissarmi per tutto
il tempo, forse in attesa di un mio morso in grado di staccarle la
testa. Dopo
essere uscita dal suo ufficio sono andata dritta da Sophie,
l’ho guardata negli
occhi, gli stessi occhi verdi del padre, le ho messo una ciocca di
capelli
dietro l’orecchio, le ho fatto soffiare il naso, e infine le
ho detto: - vieni
amore, ti porto da papà-.
Nei suoi occhi si è subito accesa una luce che non
vedevo da tempo e, in quel momento, ho capito di
aver fatto la scelta giusta.
Quando varchiamo la soglia
dell’Ospedale ho il cuore
letteralmente in gola. Sophie si stringe forte intorno al mio collo;
l’ho presa
in braccio per farla scendere dall’auto e non mi ha
più mollato.
In macchina le ho spiegato che Edward ha avuto
un’incidente e che non deve preoccuparsi se lo
vedrà un po’ “cambiato”. Come
una bimba grande mi ha guardata seria e mi ha detto – va bene
mamma, non
preoccuparti-.
Solo che non riesce a mascherare la sua impazienza,
mi sta praticamente stritolando una spalla!
Avrei
dovuto
farlo prima penso,
affondando
il naso nei sui capelli. La mia piccola, dolce bambina non meritava di
soffrire
tanto. Ora che sento ogni suo muscolo teso, ora che avverto con quanta
impazienza ha aspettato questo momento, vorrei maledire Edward e
soprattutto me
stessa per aver aspettato tutto questo tempo.
Sono quasi le 12.00 e
l’orario delle visite è già
terminato, infatti l’infermiera che ci troviamo davanti al
reparto mi sbarra la
strada come un bodyguard, avendone tutta la stazza oltretutto.
-La prego, dobbiamo passare, è urgente-
-Mi dispiace signora, i pazienti stanno pranzando,
non posso lasciarla passare-
-Mi tratterrò davvero poco, mi creda-
-Non posso, è il regolamento dell’Ospedale-
-Il regolamento dell’Ospedale!- sbotto irritata –
me
ne infischio del regolamento! Quest’Ospedale recentemente ha
ricevuto una
grossa donazione da parte di
mio
suocero, il signor Carlisle Cullen, lo conosce?- a mali estremi,
estremi rimedi
– non vorrà che lo telefoni e gli riferisca del
trattamento che mi avete
riservato? – non è mia consuetudine ricattare la
gente, ho sempre avuto
rispetto per il lavoro degli altri e non ho mai approfittato della
posizione
dei Cullen per avere favoritismi, ma in questo caso non posso fare
altrimenti.
L’infermiera mi guarda impietrita, indecisa se
assecondarmi o meno. Alla fine fa semplicemente un passo indietro e
torna a
compilare le sue cartelle.
-Grazie- le dico sorpassandola – è molto
importante-.
Non aspetto che mi risponda, percorro velocemente il
corridoio e quando sono di fronte la stanza di Edward sento quasi le
gambe
cedermi.
Busso per cortesia non per altro, se solo fossimo in
un film di fantascienza avrei già buttato la porta con la
forza del pensiero.
Mi risponde immediatamente invitandomi ad entrare.
Sophie, alza la testa
di scatto e mi guarda sorridente; ha appena riconosciuto la voce del
suo papà.
Un respiro profondo e abbasso la maniglia.
Appena mi vede Edward ha due reazioni.
Mi sorride e mette giù la forchetta con cui sta
mangiando dell’insalata, ma contemporaneamente le sue
sopracciglia arrivano a
toccare il soffitto. Lo vedo sbiancare di colpo quando passa da me alla
bambina; i suoi occhi si spostano da me a lei ad una
velocità pazzesca.
All’interno vi leggo tanta paura.
-Papi, papi!- urla Sophie che scalcia per scendere
dalle mie braccia e gettarsi in quelle del padre.
Il suo corpo è diventato una statua di cera.
Durante il tragitto in macchina ho pensato,
immaginato e ipotizzato diverse potenziali reazioni. Tutte positive
naturalmente, altrimenti non avrei mai rischiato. Ma ora che lo vedo
immobile
guardarmi terrorizzato, ho davvero paura che possa aver fatto una
sciocchezza.
La lascio andare pregando con lo sguardo Edward di
non deluderla. Nel tempo che intercorre tra la discesa di Sophie e la
sua
risposta, pochi secondi in realtà, sento il mio cuore
galoppare a più non posso.
Ma Edward non mi delude: la bambina corre verso il tavolino dove
è seduto ma
prima che alzi le braccia è lui ad andarle incontro e a
stringerla forte al
petto.
Una scena straziante che mi costringe a portare le
mani davanti alla bocca per non lasciarmi sfuggire qualche singhiozzo.
-Bene, alla fine ce l’hai
fatta- sento la
nanerottola di mia cognata gongolare felice. Imbambolata, guardo Edward
e Sophie
giocare insieme sul letto. Sono così presi l’uno
dall’altra che non fanno più
caso a me. A noi.
Dopo un’iniziale imbarazzo, Edward si è sciolto
completamente davanti al visino emozionato di Sophie e non ha saputo
più
resisterle. Ho continuato a piangere fino a che entrambi non sono
venuti a
stringermi forte in una sorta di abbraccio collettivo. Eravamo
così presi che a
stento abbiamo sentito la porta della stanza chiudersi dietro di noi.
Un urlo isterico ci ha fatto sobbalzare e quando ci
siamo girati abbiamo trovato Alice in lacrime.
-Scusate, sono gli ormoni- si è giustificata subito
prima di buttarci le braccia intorno al collo.
-Ora stai bene?- le chiedo preoccupata dopo che un
leggero capogiro le ha fatto vedere i sorci verdi.
-Sì, sì non preoccuparti. Tu, piuttosto, come ci
sei
riuscita? Come hai convinto “Puffo Brontolone” ad
incontrarla?-
-Oh, non ho dovuto chiedere il permesso a nessuno se
è questo che intendi. Sophie aveva bisogno di lui e anche se
tuo fratello non
lo ammetterà mai, anche lui aveva bisogno di lei- e a
vederli giocare nessuno
direbbe il contrario.
-Tu, piuttosto, perché sei qui?- mi rivolgo a Alice
ma è Edward a rispondermi.
-Te lo dico io-
Lascia Sophie sul letto e viene verso di noi. Ha
fatto molti progressi nella riabilitazione e ora con le stampelle
riesce a
camminare, più o meno, in posizione verticale.
-Mi dimettono Bella-
-Cosa?- non ho nemmeno il tempo di elaborare la
notizia che la mia bocca agisce per volontà propria
–perché vengo a saperlo
solo ora?-
-Beh perché il Dottore ce lo ha comunicato meno di
mezzora fa. Stavo facendo la visita di routine quando Alice
è arrivata. È
venuta a trovarmi come tutti i giorni ed era presente quando il Dottore
mi ha
comunicato che potevo tornarmene a casa-
-Stavo telefonando ai miei quando sei arrivata tu-
aggiunge lei.
-Ma che notizia meravigliosa!- mi sporgo ad
abbracciarlo e lui mi lascia fare. Poggia la guancia sui miei capelli e
a me
sembra di poter prendere fuoco –sono felice per te. In tempo
per le feste eh?-
dico staccandomi imbarazzata.
-Sì, in effetti il Dottor Abernathy non ha saputo
respingere le mie suppliche. Festeggiare il Ringraziamento con del
prosciutto
spacciandolo per tacchino non è proprio il massimo!-
-Conoscendoti a furia di mangiare brodini saresti
capace di pappartene uno intero!- lo incalza Alice.
Stiamo ancora ridendo quando Esme e Carlisle fanno
il loro ingresso in stanza.
-Bella! Sophie!- ci saluta Esme seguita a ruota da suo
marito, rimasto pietrificato dalla scena.
Se
solo gli
sguardi potessero uccidere è proprio il caso di
dirlo.
-Mamma, papà, non agitatevi è tutto a posto- si
affretta a dire Edward e piano piano li vedo riacquistare il controllo.
Dopo
essersi accertati che è davvero tutto a posto, ci lasciano
per raggiungere la loro
nipotina che li osserva sorridente dall’altro lato della
stanza.
Edward, si perde a guardarli per un poco e ho
l’impressione di vedere un lampo di orgoglio nei suoi occhi.
Quando Sophie
comincia a ridere per via del solletico anche lui si unisce alla
mischia
seguito a sua volta da Alice.
Mi soffermo a guardarli mentre nel mio stomaco le
farfalle impazzite che, fino a poco fa, svolazzano euforiche, diventano
irrequiete. Un’ombra
si abbatte sulla mia felicità quando mi rendo conto che oggi
Edward verrà
dimesso, verrà dimesso e andrà a vivere di nuovo
dai suoi genitori.
Bella,
ma cosa
ti aspettavi?
Niente, non mi aspettavo niente.
Mento. Mento a me stessa per non ammettere quanto in
realtà mi faccia male questa decisione. Gli ultimi
avvenimenti hanno sconvolto
così tanto la sua vita!
E non mi riferisco solo all’amnesia, ma alle azioni
legali che dovrà intraprendere a causa della sparizione di
Mike. Senza contare
il fatto che avrà bisogno di assoluto e tranquillo riposo.
Non
può, non è pronto ad affrontare tutto
questo insieme a me mi dico da sola.
Non mi conosce, non abbiamo ancora stabilito nemmeno
un rapporto. Come dovremmo definire quello che c’è
tra di noi? Se solo penso alla
tragicità della situazione mi viene da ridere, non posso
fare altro.
Lui ed io non siamo
niente. Lui ed io non abbiamo
niente.
Carlisle, Esme, Edward e Alice hanno la loro
famiglia. Ora Edward ha anche Sophie. Alice ha il suo bambino. Esme e
Carlisle
hanno recuperato il rapporto con i figli. Sophie ha ritrovato suo padre.
Ed io? Quando avrò
qualcosa anche io?
Speravo almeno di avere più tempo.
Lo ammetto: avrei voluto convincere Edward a trasferirsi
a casa nostra.
Evidentemente non sarà oggi, ed evidentemente
nemmeno domani.
Ingoio
il
rospo…
Scaccio una lacrima solitaria dalla
guancia, prendo
un bel respiro e mi avvicino al suo letto.
...e,
silenziosa,
aspetto il mio turno.
Bene… quante di voi,
al posto di Bella, avrebbero reagito
allo stesso modo? Mi è venuto automatico pensare che lei lo
rivolesse a casa.
Grazie! Grazie delle recensioni
allo scorso capitolo e
scusate se non vi ho risposto, sarei da prendere a bastonate, ma farlo
ora non
sarebbe giusto nei vostri confronti. Grazie, perché
continuate a seguirmi. Se
avete letto il capitolo significa che la storia vi interessa ancora.
Nonostante
i lunghi tempi di pubblicazione ho tutta l’intenzione di
concluderla, perciò
non disperate.
Grazie
Ciùùù! Grazie Jesss!
Buona
serata e alla prossima!