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Autore: Pandacoffee    22/10/2013    4 recensioni
Ziall/Larry
Dal testo. POV Liam: “Conosce davvero il mio desiderio più grande, Liam. Mi ha chiesto se volevo essere come quella rosa e io ho detto di sì. Mi ha detto che lei era presente quando da bambini abbiamo fatto il patto di sangue, ti ricordi?”.
Mi mostra la cicatrice sul palmo della mano e io guardo d’istinto anche la mia. Annuisco e quella storia inizia a farmi venire i brividi.
“Te lo ricordi che poi ci siamo promessi che saremmo stati insieme per sempre? Abbiamo detto: lo stesso destino” dice ed io annuisco ancora.
“Mi ha detto che quel momento lei ci stava guardando” lo sussurra quasi poi distoglie lo sguardo e torna a fissare la rosa.
Mi alzo dal letto, di scatto.
“No, no Zayn” dico terrorizzato scuotendo la testa “no, no” ripeto
“Lei ha detto di essere Darcy” mi dice e io continuo a scuotere la testa.
“Darcy è morta” dico.
“No invece” mi sussurra “lei si era persa, noi eravamo nel bosco per il patto di sangue, lei voleva tornare a casa e ci è corsa incontro...era persa, aveva paura”.
Genere: Angst, Dark, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Note: è una fanfiction in due parti ispirata a Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde e a La bella e la bestia. Un mix senza senso probabilmente ahaha però oh, tant'è. Non credo di avere altro da dire, solo che sarà narrata da diversi punti di vista a seconda del momento. Il protagonista indiscusso è Niall Horan, anche se avrà massimo rilievo più nella seconda parte che pubblicherò a strabrevissimo, (se così non fosse vi fornirò il mio indirizzo mail o il mio numero di telefono e potrete insultarmi per sempre. Giuro.).

Ah, è dedicata a Louis Tomlinson, perchè mi và. <3



 
The wrong wish
 
 Ottobre 2013
 
POV Niall
I treni non sono mai in orario. I treni che prendo io specialmente, deve esserci una specie di motivazione astrologica in tutto questo. Probabilmente è dovuto all’avere Saturno che orbita dalle parti del proprio segno zodiacale o la Luna di traverso nel periodo del proprio ascendente, una di queste stronzate insomma.
Fatto sta che non ho mai, MAI, preso un treno che fosse arrivato in orario.
Quando tornavo o andavo in università? Mai una volta. Quando mi incontravo con qualche ragazza o decidevo di andare a visitare una città random impugnando la mia reflex? Assolutamente mai.
La vita mi odia. I treni mi odiano. Anche i pianeti, i segni zodiacali, gli ascendenti. Tutti mi odiano. Una sorta di ben organizzata congiura, non c’è altra spiegazione per quei 56 minuti di ritardo di fianco alla scritta Mullingar sui tabelloni dei treni.
Mi stringo nel cappotto nero e mi soffio nelle mani per cercare di scaldarle. Rimango poi ad osservare il contrasto quasi inquietante tra la mia pelle chiarissima e il nero della stoffa.
Fa davvero impressione. Mi guardo intorno in cerca di una distrazione. Inizio a saltellare da un piede all’altro. Fa così schifosamente freddo.
Comprare un giornale all’edicola della stazione? Se fossi una ragazzina sarebbe così facile. Un giornale a caso e la mia mente sarebbe occupata da uomini mezzi nudi, pop star sorridenti dalle prime pagine e gossip scadente per almeno una buona ora. No, decisamente quei giornali non fanno al caso mio.
Un bar. Il bar della stazione, certo. Mi incammino verso l’odore di brioches e caffè.
Vecchi cartelloni con le immagini dei gelati in vendita mi fanno salire brividi di freddo lungo la schiena. Sono due vecchi laminati incrostati di ruggine con coloratissimi disegni di prodotti che nemmeno credevo vendessero più. Persino quel gelato con le barzellette scandenti che mi facevano ridere un sacco quando ero bambino. Li vendono ancora?
Apro la porta e capisco immediatamente di aver fatto la scelta giusta: finalmente calore. L’ultima nuvola di condensa accompagna le mie parole :“Posso sedermi?”
Indico un tavolino rotondo. Da un lato una panca ricoperta con una stoffa lurida, dall’altra due sedie in metallo. Opto per una sedia.
“Certo” mi dice un uomo da dietro il bancone.
Il bar è quasi deserto se si esclude un signore di mezza età e i suoi insulti ad una rumorosa slot machine.
“Mi porta un cappuccino, per favore?”
“Cacao?” mi domanda
Annuisco e mi guardo intorno. Oltre a bere il cappuccino cosa farò? Odio annoiarmi, aspettare.
Non ho nemmeno qualcuno da osservare nell’attesa. È abbastanza da stalker, riesco a rendermene conto, eppure lo faccio spesso. Mi piace squadrare la gente ed ipotizzare il tipo di vita che conducono, le scelte che hanno fatto, capire se portano la fede al dito, se hanno gatti scannerizzando ogni centimetro di pelle scoperta alla ricerca di graffi rivelatori o simili.
Mentre l’ultimo brivido percorre il mio corpo mi levo il cappotto e lo appendo alla sedia. Il tizio dietro al bancone picchietta piano sul barattolo del cacao, cosparge con cura la schiuma del mio cappuccino e finalmente me lo porta.
“Aspetta il treno per Mullingar?” mi domanda avvicinandomi il contenitore dello zucchero.
“Sì” rispondo socchiudendo gli occhi come si fa in genere quando ci si aspetta una sberla.
“Lo hanno cancellato” dice facendo cenno all’esterno del bar.
Peggio di una sberla, decisamente peggio.
“Magnifico” dico in un sorriso forzato “quante possibilità ho di trovare un taxi?” domando
Socchiudo nuovamente gli occhi.
“Nessuna ragazzo” mi dice dandomi anche una pacca sulla spalla.
“Magnifico” ripeto zuccherando il mio cappuccino “fantastico”.
 
 
Ora, seppur riconosco che viaggiare durante uno sciopero nazionale dei trasporti non sia un’idea grandiosa, è davvero così strano credere che due ore prima dello sciopero i mezzi dovrebbero esserci? Perché cazzo danno un orario se poi non lo rispettano e iniziano a scioperare prima?
La gente come si sposta durante i giorni di sciopero trasporti? Se uno non ha una macchina, una bici o una moto intendo. Cosa fa?
E credo sia il freddo a suggerirmi di chiamare un’ambulanza. L’ospedale non dista molto da casa del mio amico Mark alla fine. Potrei dormire da lui e partire il giorno dopo?
Ma che dico, cazzo!! Devo partire oggi. Stasera. Non si accettano compromessi.
“Senta ma...” inizio “non dovrebbero scioperare anche i taxi, no? Perché dice che non ne troverò uno?”
“Perché c’è la fila” mi dice asciugando un bicchiere da dietro al bancone. Non alza nemmeno lo sguardo su di me.
“La fila?”
Annuisce.
“Devo arrivare a Mullingar entro domani mattina, assolutamente” gli spiego mentre lui alza le spalle.
“Esisterà un altro modo, no?” domando, sento che la mia voce è quasi isterica.
“I taxi sono l’unica cosa che posso suggerirti, ragazzo” mi dice poi posa bicchieri e asciugamano. Mi guarda.
“Ti darei un passaggio ma sono qui in bicicletta” aggiunge.
In bicicletta. Ci sono meno dieci gradi e questo gira in bici.
“Sai cosa puoi fare però?” mi domanda, retorico, come tutte le domande di questo tipo, eppure rispondo.
“No, cosa?”
Il tipo alla slot machine rallenta i movimenti, tossicchia e getta una strana occhiata al barista.
“Cosa?” domando impaziente
“I taxi alla stazione sono chiaramente i più pieni” dice, si volta verso la finestra del bar che da sulla strada dalla parte opposta rispetto al primo binario “se vai per di là e cammini, cammini, cammini, arrivi al paese vicino”
Ad ogni “cammini” mi sembrava che l’idea diventasse sempre meno allettante.
“E che faccio al paese vicino?” domando
“Chiedi del signor Malik” mi dice come fosse ovvio
“Il signor Malik?” mi affretto a chiedere.
Il tipo strano alla slot machine si ferma del tutto, mi guarda. Anche il lampeggiare fastidioso e il rumore del gioco che stava facendo paiono attutirsi. Il barista mi guarda strabuzzando gli occhi.
“Zayn Malik” mi dice ancora
“Non saprei... non so... è uno famoso?” chiedo.
I due signori si guardano.
“Uno famoso?” ripete il barista e lo ripete ancora, e ancora “FAMOSO?” scandisce infine.
“È quello che vorrei sapere, sì” rispondo stizzito.
Qualcuno mi dirà chi è questo Zayn qualcosa? ... nemmeno mi ricordo come cacchio si chiama.
“Vai e scoprilo” mi dice il tipo alla slot tornando a giocare.
Mi alzo dal tavolino ed estraggo il portafogli. Mi sono davvero stancato di quella conversazione. Mi avvicino alla cassa.
“E questo Zayn coso...” inizio e vedo distintamente il barista rabbrividire “in che modo potrà aiutarmi?”
Prende i soldi, mi sorride, mi da il resto e poi: “Com’è che ti chiami?” mi domanda
“Niall Horan” rispondo
“Bene, Niall Horan... credo il signor Zayn coso” dice con una punta d’astio “possa aiutare chiunque in tutti i modi possibili” conclude.
“Mi porterà a Mullingar?” domando e ci deve essere qualcosa di davvero spassoso nella mia voce o in quello che dico perché scoppiano a ridere tutti e due, all’unisono.
“Lei continui a camminare lungo quella via” dice poi il barista riprendendo smettendo finalmente di riderm in faccia “sempre dritto”
“E come lo trovo questo tizio?”
Ed è qui che, se fossimo in un film horror, qualcuno avrebbe preso a suonare un pianoforte, un violino, un organo da chiesa, qualsiasi cosa insomma per sottolineare con la giusta enfasi la risposta del vecchio alla slot: “Sarà lui a trovare te”.
 
 
***
 
Mezzora. Non posso credere di aver seguito il consiglio del pazzo del bar. È una dannata mezzora che cammino su quella salita deserta, buia e mezza ghiacciata.
Sono le 17 e 48, precisamente. E vorrei tanto aver letto l’ora sul mio telefono invece che su questo stupido orologio. Il mio amato telefono è la causa di tutto questo casino. Non potevo trovare giorno migliore per farmelo rubare in metropolitana. Avrei tranquillamente preso il treno abbondantemente prima dell’inizio dello sciopero  se non avessi dovuto sporgere denuncia.
Josh doveva proprio laurearsi e fare la festa a Mullingar durante uno sciopero nazionale dei trasporti? Odio Josh, almeno quanto Saturno odia me.
Mi ero perso il pranzo, l’aperitivo, mi stavo perdendo tutto. Dovevo almeno arrivare per cena. 
Affrettai il passo, dovevo arrivare a questo fantomatico paese entro le 18, trovare quel dannatissimo Zayn Malik e farmi portare a Mullingar.
 
Oltre quaranta minuti. Sto camminando da oltre quaranta minuti. Nessun paese in vista, niente di niente. Non una casa, una macchina, qualcuno a piedi, niente. Il deserto assoluto.
Meno male che avrebbe dovuto trovarmi lui.
Mi siedo sul bordo del marciapiede, alzo il bavero della giacca e mi ficco le mani in tasca.
Come ho fatto a convincermi che percorrere una strada sconosciuta al buio fosse una buona idea? Mi alzo in piedi, di scatto. Cazzo, dovevo andarmene da lì.
Do un ultimo sguardo in giro ma chiaramente non vedo nulla. Mi volto e comincio a scendere. Quaranta minuti e sarò al bar, aspetterò un fottuto taxi e arriverò in tempo a Mullingar, penso.
Che nervoso, che nervoso.
“Signor Malik?” urlo ad un certo punto più per disperazione che per altro. Le mani ai lati della bocca per amplificare il mio grido e renderlo udibile nel bel mezzo del niente.
“MALIK” urlo di nuovo senza accennare a fermarmi. Sono un povero coglione, probabilmente nemmeno esiste, i due imbecilli del bar mi stavano prendendo per il culo.
E poi cosa vuol dire che può aiutare chiunque in tutti i modi possibili? E perché cazzo ci ho creduto?
Mi odio anche io adesso.
“Signor Horan?” urla qualcuno alle mie spalle. Sia ringraziato il cielo.
“Sono io” urlo voltandomi. Una figura confusa nel buio e la nebbia si sta sbracciando diversi metri dietro di me.
Porta un cappello, questo riesco a distinguerlo. Uno di quei cappelli dai quali ti aspetti di veder uscire un coniglio o qualcosa di simile.
“Mi segua” mi urla prima di incamminarsi proseguendo per la salita. Dovevo tornare su? Di nuovo?
“Aspetti” dico seguendolo “come sa il mio nome? Lei è il signor Malik?” domando
“No, ma si affretti” mi dice accelerando il passo
“Aspetti, aspetti” urlo di nuovo. Perché corre? Non mi dispiace, certo, forse arriverò davvero a Mullingar in tempo però almeno le presentazioni.
Riesco a raggiungerlo facendo i metri che ci dividono praticamente correndo.
“Lei non è Zayn Malik?” domando
“No”
“Come sa il mio nome?”
“Ci ha avvisato il tipo del bar” mi risponde impassibile. Ha anche un bastone oltre al cilindro. Probabilmente il signor Malik mi porterà a Mullingar in carrozza penso. In che anno sono finito?
“Hanno avvisato chi?” domando invece
Il tipo strano sbuffa e scuote la testa senza accennare a rispondere
“Senta” gli dico afferrandolo per un braccio e rallentando la sua dannatissima corsa “vorrei sapere cosa sta succedendo” dichiaro infine.
“Sono il maggiordomo del signor Malik” mi risponde come questo possa bastare ad appagare la mia curiosità, poi riprende a camminare.
“Bene” dico “e posso sapere come tutto questo mi farà arrivare a Mullingar?”
“Mullingar?” mi domanda il maggiordomo sinceramente stupito.
“Sì, io sono qui perché il signor Malik mi deve aiutare a raggiungere Mullingar, appunto” dico
“Oh” risponde lui e poi bofonchia qualcosa tra una risatina e l’altra
“Come prego?” domando
“Ho detto che si vedrà, Horan” dice ed anche qui ci vedrei bene il suono di un organo da chiesa o di un quartetto d’archi.
Rabbrividisco, un po’ per il freddo un po’ per tutta questa inspiegabile situazione.
“Dove stiamo andando?” domando dopo un po’
“Qui” mi dice fermandosi davanti al nulla.
Potrei giurarlo davanti a qualsiasi corte, qualsiasi tribunale. Metterei la mano sulla costituzione, la Bibbia, sul fuoco, qualsiasi cosa. Giurerei su Dio, se ci credessi, che il nulla più totale era quello che ci circondava. Nient’altro.
“Qui dove?” domando infatti.
Il maggiordomo mi afferra per entrambe le braccia. Mi posiziona meglio tenendo addirittura la lingua tra le labbra per la concentrazione. Ogni tanto guarda persino in alto, poi guarda me, come dovesse posizionarmi esattamente sotto qualcosa. Si guarda alle spalle, concentrato. Mi sistema addirittura la giacca.
“Senta...” inizio ma quello mi ferma mettendosi l’indice sulle labbra.
“Arrivederci” mi dice poi a voce bassissima.
E se ne va.
Davvero??? Penso tra me e me. Mi sta davvero lasciando nel nulla assoluto?
“Per favore” dico ad un certo punto, non so nemmeno a chi. Faccio per alzare un braccio, vedere l’ora quando all’improvviso...
 
“Spostati subito” urla qualcuno.
La nebbia è fitta, quasi quanto il buio. Fa freddo, freddissimo. Vorrei cercare di capire da dove arrivano quelle urla.
“Via di lì” sbraita di nuovo una voce.
Qualcosa mi afferra per un braccio e “Corri” urla la persona che mi sta trascinando.
Per l’ennesima volta dall’inizio di questo delirio domando: “lei...lei è il signor Malik?”
E ride, mentre lo domando.
“Non esattamente” mi risponde
Do un potente strattone e mi libero dalla sua stretta. Mi fermo.
“Oh cristo” dico “la smettete tutti quanti di trascinarmi in giro? Chi cazzo sei?”
“Senti sono Harry Styles, ora corri per favore?”
“Ah e dovrebbe dirmi qualcosa questo nome?” domando scettico incrociando le braccia al petto
“Corri cazzo” mi dice cercando ancora di trascinarmi con sé
“Vorrei sapere chi sei e perché dovrei correre”
“Sono uno che non vuole morire, ok?” risponde.
Ero finito in un film horror, non c’erano dubbi.
Mi giro e faccio per tornare da dove ero venuto. Che poi, da dove? Ero decisamente disorientato.
“Stai per morire” mi dice confermando i miei timori.
Ero in un film horror.
“Oh ma pensa” dico continuando a camminare
“Morirai, davvero... dimenticherai tutto quanto, ogni cosa, dimenticherai dove vuoi andare, da dove vieni e come sei finito qui”
Mi giro a guardarlo.
“Chi sei?” domando nuovamente
“Harry Styles” risponde, ancora.
“Ti ho già detto che non mi dice nulla il tuo nome, dovrebbe?”
“Li leggi i giornali?” mi domanda ma continua a guardarsi intorno, nervoso “ti prego, ti prego corri” dice di nuovo.
“Si che li leggo” dico mentre mi afferra di nuovo e mi tira a sé.
“Corri” dice per l’ennesima volta. Inizia persino a piangere quando nuovamente mi ritraggo dalla sua stretta.
“Devo andare a Mullingar” dico
Il ragazzo si passa entrambe le mani sul viso e mi guarda negli occhi. Fa un passo verso di me, mi prende per entrambe le braccia.
“Ti ucciderà” scandisce piano “seguimi, ti prego” aggiunge.
Sento il rumore di un’auto e per Harry Styles sembra essere l’inizio dell’incubo.
Mi lascia andare e inizia a tremare: “vieni con me, ti prego, ti prego” ripete in lacrime “non andare da lui”
“Lui chi?” domando.
La macchina si ferma a qualche metro da noi, nella nebbia. Non la vedo ma sento una portiera aprirsi e poi chiudersi. Sento qualcuno tossicchiare e dire il mio nome.
“Horan?” dice questo qualcuno e lo dice in modo buffo. Un accento strano.
La voce è roca, impastata. Calda. Mi comunica calore e mi fa venire i brividi al tempo stesso.
Harry mi guarda mentre vede che il dubbio si impossessa di me. Andare verso la macchina o con il ragazzo strano?
Harry sta scuotendo la testa si sta mordendo le labbra mentre gli tendo la mano e mi faccio trascinare da lui, lontano dalla nebbia e dalla macchina.
Mentre corriamo nuovamente una portiera si apre e richiude. Un motore viene acceso e dei fari lanciano sfumature giallognole all’umidità.
Ci sta inseguendo? Corriamo per qualche metro, sentiamo la macchina dietro di noi quando alla fine saltiamo di una specie di collinetta.
“Sta giù” mi sussurro Harry.
Provo a parlare ma mi zittisce mettendomi una mano sulla bocca.
 
 
 
POV Zayn
 
Rientro in casa un’ora dopo. Apro il portone semplicemente spingendolo. Perché chiudere a chiave una casa dove nessuno sano di mente si arrischierebbe ad entrare? Ladri? Nemmeno loro oserebbero tanto.
Prima di richiudermi il pesante portone in legno alle spalle, mi giro un’ultima volta. Guardo la mia Bentley bianca parcheggiata a ridosso della scalinata d’accesso. La nebbia è sempre più fitta e la serata minaccia di diventare anche piovosa. Mi domando dove si rifugeranno Harry Styles e Niall Horan.
Mi tolgo il mantello scuotendo la testa. Se Styles crede di fregarmi così si sbaglia di grosso.
Il mio maggiordomo è in ingresso. Guardandomi lì, solo, capisce che il mio piano non è andato come credevo.
Gli faccio segno di andarsene mentre Louis Tomlinson scende la scalinata in marmo davanti a me.
Appoggia quasi tutto il peso al corrimano, alterna i piedi e i gradini con estrema lentezza. Si guarda intorno e quando capisce che sono solo si ferma.
“Harry?” domanda solo.
“Non è lui che aspettavo” dico.
Mi incammino verso il salotto. Due sedie in velluto rosso posizionate davanti al camino in modo strategico. Chiunque vi si sedesse avrebbe goduto del tepore, dell’ardere scoppiettante dei ciocchi di legno e della mia immagine.
Il mio ritratto appeso sulla sommità della parete in mattoni, bloccato dietro una cornice in legno di rosa mi osserva con la sua immutata e inalterabile solita bellezza mentre mi siedo e lo contemplo.
So che Louis è alle mie spalle e so anche che per lui la discussione non è finita.
“Sì, è arrivato” dico anticipando la sua domanda “Niall Horan, è il suo nome”
“E dov’è adesso?” mi domanda
“Con Harry” rispondo ed è a quel punto che la sua curiosità diventa insopportabile per il suo corpo e la sua mente già provata.
“Andiamo a cercarlo” dice quasi supplichevole e so che si riferisce a Styles, certo non a Niall.
“Non si avvicinerebbe a me, lo sai bene”
“Allora manda me” dice.
Mi giro a guardarlo. Gli indico l’altra sedia e lui scuote la testa.
“Non farmi ripetere sempre le stesse cose” e vorrei capisse che la discussione è finita. Non è così.
“Non abbiamo più tempo” mi dice.
Lancio una veloce occhiata al ritratto e poi alla teca in vetro posata sul tavolino davanti alla finestra.
Noto anche che, come avevo previsto, alla nebbia e al buio si è unita anche la pioggia. E mentre piano migliaia di gocce iniziano ad inumidire il terreno del giardino cade anche, come ogni sera, un altro petalo di quella rosa stregata.
Mi alzo per osservare meglio la fragilità di quel fiore imprigionato dietro la teca. I pochi petali rimasti in contrasto con quelli ormai caduti mi sottolineano che Louis ha ragione. Non abbiamo più tempo.
 
POV Harry
 
Niall Horan è seduto nel centro esatto di quella che è diventata casa mia. Una sottospecie di tenda arrangiata alla meno peggio all’interno di quel claustrofobico bosco.
“Certo” dice annuendo dietro il sorriso di chi non ha creduto nemmeno ad una parola
“Tu non mi credi” dico soltanto
“Ma...” inizia con aria fintamente scandalizzata “cosa dici? Come potrei non credere ad una storia così realistica”
“Beh, non lo so perché in effetti è la verità”
“Infatti, ho detto Certo” dice sorridendo ancora “ora per favore se tu mi indicassi la strada...”
“Hai detto Certo ma mi credi pazzo”
Scatta in piedi e sbatte la testa con il ramo portante della mia tenda. Potremmo definirlo tetto, con molta fantasia
“Ma tu sei pazzo” sbraita massaggiandosi la testa “solo un pazzo potrebbe pensare che io creda a quella ridicola storiella”
“Hai visto anche tu la macchina, ci ha inseguito, non è una storiella”
“La macchina guidata dall’uomo che sapeva il mio nome? Intendi quella macchina? Quella che mi avrebbe finalmente portato a Mullingar? Beh grazie tante, sì, l’ho vista” dice.
“Ti avrebbe ucciso” ripeto per la centesima volta
“Ancora sta storia?”
“Senti” inizio prendendo in mano il mio zaino  “guarda qui”.
Estraggo cinque giornali. Sono consumati da tanto gli ho letti. Prendo un profondo respiro e glieli passo facendo scivolare la mia mano sulla foto di me e Louis abbracciati.
“Cos’è?” mi domanda
“Leggi” dico mordendomi il labbro
 
 
 
10 novembre 2012
 
Scomparsi: Louis Tomlinson e Harry Styles
La polizia di Contres indaga sulla misteriosa sparizione di due giovani in vacanza nella cittadina. Louis Tomlinson, 20 anni ed Harry Styles, 17, sono stati visti l’ultima volta alla stazione dei treni della vicina contea di Faltrwin. Alcuni testimoni dicono di averli visti dirigersi in compagnia di un uomo lungo il sentiero che porta al monte Fanning, si ipotizza fossero diretti alla fermata della funivia alla quale comunque, dichiara il guardiano, i giovani non sono mai arrivati.
L’ultimo avvistamento, quello appunto avvenuto in stazione, risale a sei giorni fa, al 16 novembre 2012.
Famigliari e amici, fermamente convinti che niente li avrebbe spinti ad andarsene di loro spontanea volontà senza avvisare, stanno affiancando gli inquirenti nella ricerca.
Inutile sottolineare l’evidente somiglianza con la vicenda che aveva scioccato gli abitanti di Faltriwin non più di 20 anni fa. La scomparsa di un altro giovane, Liam Payne, di cui ancora non si hanno notizie, è ancora nella mente di chi all’epoca aveva passato giorno e notte a cercarlo.
Polizia e investigatori credono le due vicende non siano da considerarsi collegate e procedono nel indagare sui fatti in maniera distinta.
 
 
 
Guardo Niall mentre solleva gli occhi dal giornale e torna a posarli su di me.
Non dice nulla quindi mi decido a parlare: “te lo dicevo io che non leggi i giornali”.
Ancora niente. Mi guarda con quegli occhi azzurri troppo simili ad un altro paio d’occhi che mi mancano terribilmente. Sono di un azzurro forse più tenue, penso poco prima che Niall apra la bocca in cerca delle parole giuste da dire.
“Tu sei...” inizia poi guarda il giornale e di nuovo me “questo Harry Styles” muove le pagine marchiate ad inchiostro davanti ai miei occhi.
Annuisco.
“Come...come cavolo è possibile...?” chiede
“Cosa?”
“Tutto questo” dice.
“Non so a cosa ti riferisci”
“Perché non torni a casa? Questo giornale è di più di un anno fa... e..” mi dice e spero davvero non chieda anche quello che so che mi chiederà, purtroppo “e questo Louis poi? Dov’è?”
“Con l’uomo che guidava la macchina” rispondo
Vedo Niall agitarsi, sento quasi il suo cervello far rumore per elaborare tutto quanto.
“Perché non tornate a casa?”
“Perché non si può” gli rispondo “e comunque senza Louis io non andrei da nessuna parte” aggiungo.
Niall si siede si stropiccia gli occhi. 
“Spiegami cosa sta succedendo. Di nuovo” mi dice e io racconto.
 
 
“Lou” gli sussurro pizzicandogli un fianco “non credo affatto sia una buona idea quella di seguire uno sconosciuto”
“Sshh” mi risponde lui “ci sta facendo un favore alla fine”
Guardo verso il ragazzo che ci cammina davanti. Porta una specie di strano mantello, gli copre persino la testa. Quando gli ho stretto la mano ho notato che era liscia, perfetta, giovane. Non avrà più vent’anni, penso.
Continua a camminare e non ci dice una parola. L’ultima cosa che gli ho sentito dire è: vi accompagno io alla funivia.
E così lo abbiamo seguito. Credevo avremmo almeno fatto conversazione, siamo pure coetanei. Stupidi montanari asociali.
“Lou” dico
“Cosa?” mi risponde sempre bisbigliando
“Mi dai un bacio?” chiedo sporgendo la bocca verso di lui.
Sorride e mi passa un braccio sopra le spalle: “non adesso” dice.
 
Siamo fermi nel punto che il ragazzo ha sottolineato con un eccoci arrivati.  Non mi sembra affatto che ci sia una funivia. Sto per dirlo a Louis quando accade qualcosa di strano.
Della giornata luminosa e piena che ci circondava poco prima non c’è più traccia. Nebbia e buio. E freddo, freddissimo. Ecco cosa ci avvolge adesso.
Stringo la mano a Louis per essere certo che sia ancora con me. Lui risponde alla stretta di mano. Lo sento prendere un respiro, credo voglia domandare cosa sta succedendo eppure non lo fa.
Il ragazzo che ci accompagnava non si vede più, si sente solo la sua voce inframmezzata dai singhiozzi.
Dice mi dispiace e continua a ripeterlo, mi dispiace urla addirittura.
Sento la mano di Louis lasciare la mia e io continuo a stringere invece. Sento il mio nome ripetuto mille volte dalla voce del ragazzo che amo. Si alternano i “mi dispiace” del ragazzo e l’urlo disperato di Louis.
La mia mano è vuota e stringe solo nebbia e buio. All’improvviso il ragazzo mi si para davanti, vedo i suoi occhi nocciola fissarmi.
Mi dice, piano, come volesse essere certo che ogni parola mi arrivasse dritta al cervello: “Zayn Malik” dice “Sono Zayn Malik” ripete ancora. Poi sparisce lasciandomi solo in mezzo alla nebbia.
 
 
 
POV Louis
 
È mattina. Guardo la foto di Harry  che ho ritagliato dal giornale. La bacio poi la rimetto sotto il cuscino. Mi giro dall’altra parte del letto. Ripasso mentalmente la giornata che dovrò affrontare mentre il solito senso di nausea mi risale lungo la gola.
Starò seduto in salotto, guarderò la rosa appassire ad ogni fallimentare tentativo di liberarsi che Zayn intraprenderà. Fine.
Ecco cosa farò. Mi metto seduto e sospiro. Mi guardo le mani le stesse che hanno stretto, toccato, amato, posseduto Harry per anni. Le stesse che lo hanno lasciato andare. Torno con la mente a quella notte, la nausea diventa insopportabile mentre corro in bagno e vomita mesi di frustrazione, depressione e tristezza. E persino con le ginocchia incollate al pavimento freddo, con la testa a ciondolare sopra un gabinetto, con le mani a tenermi in equilibrio, persino con le lacrime che mi rigano la faccia e mi implorano pietà, mi uccido continuando a pensare all’ultimo momento in cui Harry mi era accanto.
 
 
“Harry” continuo ad urlare mentre le porte della villa si spalancano davanti a me. Il ragazzo che mi precede piange e biascica qualcosa che non capisco.
Urlo di nuovo il suo nome mentre la misteriosa forza che mi aveva strappato alle mani del mio ragazzo, che mi aveva sollevato in aria e mi aveva depositato davanti a quella casa, mi abbandona. Cado senza forze sul pavimento mentre la porta sbatte. Il ragazzo è in ginocchio a pochi passi da me, tiene le mani sul viso e singhiozza. Dice “Liam” con lo stesso dolore con il quale io dico Harry.
Si piega completamente in avanti ed appoggia la testa sul pavimento, continua a piangere e a dire quel nome. Dice anche “ha gli occhi come il cielo”. Io sono senza parole, senza forze. Mi alzo in piedi e corro alla porta. Mi ferma un uomo che non avevo notato.
“Non servirà” mi dice “non può vederti” mi spiega. Non so di cosa stia parlando, non sono dove sono. Chiamo Harry, urlo finché ho voce. Sento la gola bruciarmi. Mi avvicino al ragazzo e lo scuoto, deve dirmi cosa è successo, dove sono.
Continua a piangere ma non si ribella quando lo prendo per le spalle e lo obbligo a guardarmi.
Gli chiedo cosa sta succedendo e lui non fa che ripetere “Liam, Liam, non ha funzionato”. Lo lascio e mi siedo davanti a lui, cerco di prendere dei profondi respiri. Mi guardo in giro, mi asciugo le lacrime.
Quel luogo non assomiglia a nessun posto che io abbia mai visto. Sembra rimasto fermo negli anni, nei secoli. Immutato in un’innaturale assenza di tempo.
C’è un quadro, un dipinto gigantesco. È appeso sopra un camino in muratura.
“Tu abiti qui” dico ad un certo punto riprendendo il ragazzo per le spalle. Credevo stesse subendo la mia stessa ingiustizia, credevo anche lui non avesse la minima idea di dove fosse. Invece no, non era così, quella sua immensa rappresentazione su tela appesa dietro di lui ne era la prova.
“Sì” sibila come non avesse più forze.
“Cosa sta succedendo?” domando ed inizio a tramare subito dopo.
Lui piange, non fa altro che piangere e ripete quel nome all’infinito anche se davvero lì dentro sembra che il tempo non esista. Lo ripete finché anche io mi unisco al piangere convulso.
Piango e non mi interessa asciugare le lacrime, non mi interessa altro.
Lo sento prendere fiato. Si schiarisce la voce e sento distintamente il mio cuore distruggersi quando lo sento dire: “è colpa mia se hai perso Harry”.
Sta piangendo ancora quando mi alzo e corro alla finestra. Fuori dalla finestra c’è solo nebbia. Urlo più forte che posso con tutta la voce che ho in corpo, urlo il suo nome e non mi interessa di nient’altro.
 
 
 
 
 
3 AGOSTO 1991
 
 
POV Liam
 
Stringo tra le mani il biglietto che mi ha passato durante la lezione. Mi appoggio completamente al sedile della mia auto. Reclino la testa indietro e rimango a pensare. Non voglio vederlo, non voglio parlargli o forse sì. Non lo so, non so più nulla. Mi ha tradito, ecco l’ultima certezza. Ottimo.
Appoggio le mani sul volante e rileggo il biglietto appoggiato alle mie gambe: “Devo parlarti. Ci vediamo a casa mia dopo scuola”.
E forse è questo che mi da più sui nervi, il fatto che creda io ci andrò. E se non volessi? Se non volessi più saperne? Se dopo il tradimento ne avessi abbastanza di tutte le sue stranezze, dei suoi silenzi e di tutto quanto?  E forse è questo che odio più di tutto. Il fatto che ha ragione.
Metto in moto e guido veloce fino a casa sua.
Parcheggio l’auto affianco a quella di suo padre. Respiro profondamente per prendere coraggio.
Esco dalla macchina e mi richiudo la portiera alla spalle. Guardo verso la finestra di camera sua, vedo la tenda muoversi e capisco che sa che sono arrivato.
Mi avvio alla porta, non busso né suono il campanello. Poco dopo la porta mi viene aperta.
Zayn mi guarda serio e si scosta per farmi entrare.
Saliamo in silenzio le scale in marmo che portano al piano di sopra. Giriamo a destra verso il corridoio coperto da un pesante tappeto rosso. Pensa alla ragazza con la quale mi ha tradito, la immagino percorrere la stessa strada. Ci fermiamo davanti alla porta di camera sua e ancora mi immagino la donna che l’aveva seguito, come sto facendo io, all’interno di quella stanza.
Lui richiude la porta alla nostre spalle dopo avermi fatto entrare ed aver indicato il letto.
“Dimmi” dico dopo essermi seduto
“Non ti ho tradito” dice lui
Mi alzo e lo guardo: “grazie ho sentito abbastanza” gli sibilo con tutto l’astio possibile.
Lui mi prende per un braccio e mi dice: “non credo”.
Mi fa sedere di nuovo e mi si siede accanto.
“Ti ho visto con una donna” inizio “ti ha visto tutto il paese, avete fatto la strada insieme da scuola fino a casa tua. È entrata in casa con te. Ti ho seguito, l’ho vista” dico prima che lui possa negare.
“Non ti ho tradito” dice ancora e io davvero non lo sopporto.
Non voglio piangere non voglio davvero eppure lo faccio, piango. Mi asciugo le lacrime e lo guardo negli occhi.
“Chi era allora?” domando. Lui deglutisce sonoramente. Si morde il labbro, si guarda intorno. Si sfrega le mani e ogni tanto si riavvia un ciuffo ribelle di capelli.
“Zayn?”
“Era...”inizia ma sembra davvero fare fatica a riordinare le idee “una persona strana” dice e sembra quasi ammetterlo a se stesso.
“Una persona strana?” domando
“Sì” dice prendendo fiato “era fuori da scuola, mi ha chiesto il mio nome e io gliel’ho detto”
“E...” gli dico perché voglio continui
“E mi ha detto che conosceva il mio desiderio più grande” dice e io vorrei intervenire ma lui continua “non mi interrompere, lo prometti?” mi chiede.
“Sì” dico
“Mi ha dato una rosa, quella” dice indicando il fiore sul comodino “mi ha detto che non appassirà mai, che non ha bisogno d’acqua, che vive senza che qualcuno la nutra”.
Io lo guardo mentre inizia a piangere. Vorrei capire qualcosa di tutta quella storia. Zayn riprende a parlare.
“Conosce davvero il mio desiderio più grande, Liam. Mi ha chiesto se volevo essere come quella rosa e io ho detto di sì. Mi ha detto che lei  era presente quando da bambini abbiamo fatto il patto di sangue, ti ricordi?”.
Mi mostra la cicatrice sul palmo della mano e io guardo d’istinto anche la mia. Annuisco e quella storia inizia a farmi venire i brividi.
“Te lo ricordi che poi ci siamo promessi che saremmo stati insieme per sempre? Abbiamo detto: lo stesso destino” dice ed io annuisco ancora.
“Mi ha detto che quel momento lei ci stava guardando” lo sussurra quasi poi distoglie lo sguardo e torna a fissare la rosa.
Mi alzo dal letto, di scatto.
“No, no Zayn” dico terrorizzato scuotendo la testa “no, no” ripeto
“Lei ha detto di essere Darcy” mi dice e io continuo a scuotere la testa.
“Darcy è morta” dico.
“No invece” mi sussurra “lei si era persa, noi eravamo nel bosco per il patto di sangue, lei voleva tornare a casa e ci è corsa incontro...era persa, aveva paura”
Io continuo a dire di no e mi tappo le orecchie. Non voglio sentire quella storia, non voglio più.
“... noi eravamo degli imbecilli, degli idioti, dovevamo dirle la strada giusta, c’era nebbia, non dovevamo prenderci gioco di lei, non dovevamo” dice e poi piange, si accartoccia quasi su di sé.
Lo guardo e mi manca la saliva in bocca per chiedergli cosa c’entri tutto questo con la ragazza, lei non può essere Darcy. Lui sembra leggermi nella mente e mi risponde, senza che io faccia la domanda.
Sembra quasi ripetere una cantilena quando dice: “dovevamo aiutarla, Liam, dovevamo, adesso è tornata e vuole punirci per quello che abbiamo fatto”.
Mi guardo intorno e mi incammino verso la porta “non dire stronzate” dico.
“Liam” mi dice lui, la voce ferma senza più traccia del pianto di poco prima “quando i giornali hanno detto che Darcy probabilmente era morta, io ho avuto paura, te lo ricordi? Piangevo ogni notte. Io, io... ogni notte desideravo vivere per sempre, desideravo come la peggiore delle persone, che toccasse sempre agli altri andarsene e io che potessi vivere per sempre” sussurra quasi.
Ho la mano sulla maniglia e gli do le spalle.
“Mi ha detto che è quello che succederà, diventerò come la rosa, non avrò bisogno di niente e di nessuno. Mi toglierà tutto quello che possiedo, Liam” dice e mi vengono i brividi quando si avvicina a me.
“Ti amo” sussurra “se fossi una rosa tu saresti la mia acqua, io non ti ho mai tradito né mai lo avrei fatto. Sarò come la rosa, ha detto Darcy e mi toglierà tutto. Non avrò più bisogno dell’acqua... Liam”.
Zayn sta di nuovo piangendo.
“Stronzate” gli dico aprendo la porta e scendendo di corsa le scale. Lo sento urlare il mio nome, sento che dice che non è colpa sua, che dovevamo aiutare la bambina invece di farle uno scherzo stupido. Apro la porta d’ingresso ed esco a respirare l’aria calda e frizzante di agosto. Respiro rapidamente per riprendermi dall’apnea che mi sembra di aver patito in camera di Zayn.
Prendo l’ultimo respiro e mi incammino alla macchina. Guardo verso la finestra della stanza. Lui è lì, dietro il vetro, ha le mani sul visto ed è scosso dai singhiozzi.
Di colpo c’è nebbia, fa freddo e sembra di essere tornati in quel bosco tanti anni prima.
Davanti alla mia macchina una ragazza è immobile con le braccia lungo i fianchi. Mi chiama per nome.
Vorrei allontanarmi, scappare ma non ci riesco. Qualcosa mi trattiene, mi lascia incollato al terreno. Lei si avvicina. Mi guarda e io so che è lei, è Darcy.
Mi sorride prima di dire: “Solo nell’amore si è eterni. Avrete tempo fino alla fine dei petali. Mi avete lasciato nella nebbia e nella nebbia resterete anche voi per sempre se non aiuterete chi è perso a tornare e casa e chi ama a ritrovare il proprio amore. Aspettate che i colori del cielo arrivino alle vostre tenebre”.
Mi si chiudono gli occhi mentre crollo in ginocchio e tutto è buio intorno a me.

 
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