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Autore: Narsyl    23/10/2013    2 recensioni
Tutto ebbe inizio con un amore non corrisposto, con un'amicizia finita e con una scintilla che rinasce dalle sue ceneri. Tutto ebbe inizio con maschere cadute, occhi silenziosi che si incrociano, e altri che scrutano nell'ombra. Perchè tutto, tutto ebbe inizio con l'amore, come tutto sarebbe finito. Tutto ebbe inizio con James e Lily, e con un piccolo giglio. Una ricostruzione - fedele a tutte le informazioni esistenti sull'era dei Malandrini - della più potente magia che sia mai esistita.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Marlene McKinnon, Regulus Black, Severus Piton | Coppie: James/Lily, Sirius Black/Marlene McKinnon
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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- Lil, Lil! Lily… Dio, è impossibile comunicare con te quando hai quella roba nelle orecchie! E’ scortese, te l’hanno mai detto?

Lily si riscosse dal suo nirvana sbuffando. Era sdraiata come una lucertola sotto il sole, dopo aver passato una mezz’ora abbondante a spalmarsi prodotti di ogni tipo per evitare che la sua pelle lattea si incenerisse dopo dieci secondi netti di esposizione ai raggi; superato quell’unico ostacolo fra lei e la pace interiore, si era munita dei suoi occhiali rotondi, del suo libro babbano e del suo walkman, e fra le poesie psichedeliche dei beatnik di San Francisco e la voce roca di Janis Joplin, stava raggiungendo velocemente nuovi non ancora scoperti livelli di armonia assoluta fra la sua anima e il mondo: armonia fondata sul fatto che aldilà dei confini della sua tovaglia, il mondo non esisteva. Semplice. Le persone accanto a lei non esistevano, i bambini che schiamazzavano in acqua non esistevano, le sue amiche non esistevano, neppure le sue dita dei piedi che fuoriuscivano dal telo esistevano: potevano anche mozzargliele in quel momento per quel che le importava.

Per questo ci aveva messo buoni dieci minuti ad accorgersi che una Marlene gocciolante e spazientita stava in piedi accanto a lei, le braccia incrociate e il labbro inferiore leggermente sporgente a formare un’espressione vagamente indispettita.

- Mar, ne abbiamo già parlato – sospirò la rossa, voltandosi e stendendosi sulla schiena – Quando vedi questi due elementi – sollevò con una mano il libro e con l’altra il walkman – significa che io sono in Tibet, ok? E non posso sentire la tua voce dal Tibet.

Marlene roteò gli occhi e scosse la testa, rassegnata. Quella donna non era capace di divertirsi neppure se costretta – Bene. Presumo allora che tu farai la guardia alle borse dal Tibet, mentre noi comune mortali facciamo quello che i comuni mortali chiamano “divertirsi in spiaggia”, vero?

- Presumi bene, Sherlock. Vi raggiungo fra un po’ – sorrise, conciliante e radiosa nel suo due pezzi verde, coi capelli lunghi chiusi in una treccia e la pelle scoppiettante di lentiggini dopo una settimana di sole.

Marlene, con un sorriso pieno di vivace malizia, le mandò un bacio con la mano e prendendo la rincorsa, si tuffò dritta in acqua: il corpo flessuoso disegnò un piccolo arco perfetto; tutti gli uomini presenti non riuscirono a distogliere lo sguardo finché non fosse possibile vedere neppure un centimetro della sua pelle.

Lily sospirò, un sospiro leggero, quasi una piccola risata silenziosa.

Era felice di aver accettato l’invito di Marlene e Mary: quella vacanza si stava rivelando la cosa più bella della sua estate. Le ragazze erano divertenti, pazienti e disponibili: la conoscevano abbastanza bene da saper rispettare tutte le sue piccole maniacali abitudini, non la costringevano mai a fare nulla che non volesse, la lasciavano sola in quei preziosi momenti in cui sentiva il bisogno di spegnere il tempo attorno a lei, e la coinvolgevano in ogni tipo di attività quando uscita da quei momenti, aveva bisogno di un sorriso.

Sapevano che per lei l’estate era un periodo da dedicare al “mondo babbano”, e non l’avevano presa in giro per tutti i suoi strani vecchi libri, per le cassette e persino per le creme solari – comunque, usare un incantesimo non sarebbe stato corretto, nessuna di loro aveva ancora compiuto 17 anni. Per quanto avesse serie difficoltà ad esprimere i suoi sentimenti a riguardo, era grata a quelle due piccole pesti per aver costretto lei e Dorcas a venire, e i giorni stavano passando placidamente piacevoli tanto da farle già venire la nostalgia di riviverli anche se il loro tempo non era ancora finito.

Sarà che il contrasto con i giorni passati a Spinner’s End era troppo crudele anche solo per sfiorarne il ricordo: lei e Petunia si rivolgevano a malapena la parola da quando Petunia aveva deciso che sarebbe stata la sorella di Vernon a farle da damigella; i signori Evans cercavano di allentare la tensione, ma nei rari momenti in cui erano costrette a stare nella stessa stanza, l’aria era irrespirabile. Non che fuori di casa le cose andassero meglio: non poteva mettere il naso fuori che sentiva sul collo lo sguardo supplicante di un Severus improvvisamente redento – facile recitare la parte del pentito, lontano dagli occhi di Avery e Mulciber. Aveva cercato più di una volta di strapparle un confronto a viso aperto, ma tutto ciò che Lily gli aveva concesso erano sguardi omicidi e una serie di insulti frammentati, detti a denti stretti mentre strappava via il braccio dalla sua presa e girava i tacchi il più velocemente possibile.

Finchè non è stato troppo.

- E’ stata colpa di Potter! – aveva cercato di dire una volta Piton, rincorrendola per la via.

Lily aveva sentito la rabbia esploderle nel cervello come un aneurisma.

- Colpa di Potter?! Ti ha costretto a chiamarmi Mezzosangue?! E’ una delle uniche cose che SO neppure lui sarebbe capace di fare! Solo perché lui si comporta come un idiota questo non ti da il diritto di dare a lui la colpa per le stronzate che sei TU a fare, Mocciosus!

- Smettila di chiamarmi in quel modo! – urlò lui di rimando, il volto deformato dalla rabbia e dalla disperazione – lui mi chiama in quel modo! Loro mi chiamano in quel modo! Da quando stai dalla loro parte?

- Da quando l’altra parte è quella che mi fa più male! – sibilò Lily guardandolo con gli occhi pieni di lacrime – io ti ho sempre e solo difeso! Ho sbattuto la porta in faccia a metà dei componenti della mia casa perché ti prendevano in giro! Ho litigato migliaia di volte con Potter, e Remus, e Marlene e Mary, dicendo loro che tu eri diverso da come loro ti vedevano, che eri buono, che eri mio amico Sai quanto è stato difficile per tutti questi anni, al posto di far passare i loro commenti per quieto vivere, iniziare battaglie verbali infinite ogni volta che sentivo quel nomignolo uscire dalle labbra di chiunque? Io mi sono sempre battuta per te! Ma tu per me non l’hai mai fatto! So cosa dicono Mulciber e Avery di me, di tutti quelli come me! E so che tu infondo non la pensi diversamente!

- Lily… Mi è scappato, ok? Mi è scappato perché Potter era lì tutto intento a umiliarmi solo per avere la scusa di chiederti un appuntamento! Davvero giustifichi lui e non me?

- Io non giustifico nessuno, ma lui ha avuto la decenza di scusarsi! E lui non mi ha ferita! Mentre tu, Severus, non solo pretendi che quello che fai venga automaticamente santificato solo perché “Potter ti ha provocato”, ma con quella frase mi ha piantato un coltello nella schiena e hai distrutto anni di amicizia in un fottuto secondo! Stai lontano da me!

Si stava già voltando quando Severus la afferrò di nuovo, gli occhi questa volta non supplicanti, ma freddi e taglienti come punte di freccia:

- Ti ho vista sul treno – sibilò, e non aggiunse altro. Lei lo fissò con espressione incolore: in quel momento, capì che non aveva mai avuto intenzione di scusarsi o redimersi. La stava ossessionando solo per scoprire se c’era qualcosa fra lei e Potter. Era l’unica cosa di cui gli importava.

Avrebbe dovuto aspettarselo, ma la consapevolezza di questa verità la colpì violentemente, lasciandola svuotata e stanca.

- Non c’è niente fra me e Potter. Non c’è mai stato niente e non ci sarà mai niente se non, forse, la possibilità di essere amici – rivolse a Severus un sorriso triste e arreso che gli spezzò il cuore – è questo che volevi sapere, no? Sei qui solo per questo. Ora lo sai. Lasciami andare.

Severus spalancò gli occhi, sopraffatto, e mollò il polso di Lily come se fosse diventato incandescente. La ragazza ne approfittò subito, mossa dall’urgenza delle lacrime che non sarebbe più riuscita a trattenere oltre. Non avrebbe permesso che lui le vedesse: si sarebbe dato semplicemente un’importanza nel suo cuore che lei non voleva più attribuirgli.

 

Lily frugò nella borsa alla ricerca del pacchetto di Pall Mall: addentò delicatamente una sigaretta e la tenne sospesa fra le labbra rosse, mentre frugava alla disperata ricerca di un accendino; ecco, pensò, la differenza fra la vita babbana e quella magica: la dimensione infinita delle borse e la capacità costante di trovare sempre e con esattezza tutto ciò che non ti serve, per perdere poi l’unico oggetto realmente necessario in quel momento. Sbuffò, e si inginocchiò sulla borsa infilandoci quasi la testa dentro, decisa a trovare il piccolo aggeggio mancante.

- Ehi, che bello spettacolo – commentò una voce che, purtroppo, conosceva. Lily tirò fuori la testa dalla borsa con uno sguardo cupo; una ciocca di capelli sfuggita alla treccia le ricadeva sul viso, e teneva ancora la sigaretta incastrata tra le labbra, spenta. Per niente intenzionata a far notare il suo imbarazzo, si tirò a sedere in maniera più composta e alzò un sopracciglio, senza sorridere.

Non era passato che un mese, e già si era dimenticato di tutte le buone intenzioni così pateticamente pronunciate a giugno… Ma Lily era decisa a non farsi più scalfire dagli uomini, o dalle persone in generale: tutti i rapporti umani finivano in delusioni e amarezza, e non valeva proprio la pena di aspettarsi nulla di diverso. Men che meno da James Potter.

- Qualcuno di voi gentiluomini sarebbe così gentile da… - non ebbe neppure da finire la frase: James le sventolò sotto il naso una piccola scatolina di fiammiferi. Lily la prese, alzando l’angolo della bocca non occupato dalla sigaretta in un freddo sorriso sghembo. Diede uno sguardo alla scatola, sulla quale c’era disegnata una complicata e apparentemente piuttosto scomoda posizione del Kamasutra.

- Che classe – commentò distrattamente mentre estraeva un fiammifero e finalmente riusciva ad accendere. Lanciò velocemente la scatola verso James, che anche se impreparato riuscì senza sforzo a prenderla al volo.

- Allora… - iniziò la rossa, tirando una boccata di fumo e fissandoli attraverso le lenti scure e rotonde – che ci fate qui?

- , RollsSirius si sedette accanto a lei sulla sabbia e con uno scatto le tolse la sigaretta dalle labbra per portarla alle proprie – Marlene ci ha detto che eravate qui, e per quanto Villa Potter sia enorme e fornita di tutti gli svaghi, ci mancava la compagnia di qualche dolce donzella… Così abbiamo pensato di venirvi a trovare. Marlie e Mary volevano organizzare una piccola festa clandestina stasera, e noi ci siamo offerti di portare gli approvvigionamenti necessari perché la cosa diventi interessante.

Lily alzò gli occhi al cielo e borbotto un “Tipico” molto poco entusiasta. Con un’occhiataccia a Sirius, si riprese la sua sigaretta e commentò acidamente:

- Lo sapevo che la vacanza stava andando troppo bene.

James scoppiò in una risata cupa e la fissò, vagamente contrito – Ne deduco che dall’ultima volta che ci siamo visti hai ritrovato il tuo astio nei miei confronti? Dal momento che Remus e Sirius non ti creano problemi, immagino che la tua delusione per la nostra presenza sia causata solo da me. – Alzò le braccia in segno di resa, e continuò – Bene! Me ne vado! Divertitevi stasera!

Si voltò e cominciò a camminare senza meta, allontanandosi di qualche metro dagli altri.

Remus lanciò un’occhiata sorpresa a Lily:

- Pensavo avessi deciso di “incoraggiarlo al cambiamento”?

- Non ho niente di cui incoraggiarlo adesso, non siamo a scuola!

Sirius alzò un sopracciglio e le diede un piccolo pugno benevolo – Rolls, ti do il miglior consiglio che potresti ricevere dalla persona che conosce James più di qualsiasi altro al mondo: se tu distruggi il suo ego, lui per dimostrarti di non essere scalfito dai tuoi giudizi lo gonfierà tre volte tanto. E non piacerà a nessuno, né a te, né a noi, ma men che meno a lui. E’ un bravo ragazzo… Ma ha sedici anni, e non ha autocontrollo. Non fa mai nulla per nuocere. Non dico che devi accettare tutte le sue ridicole avances, perderesti la mia stima se fossi così ingenua, ma per il quieto vivere di tutti noi, e per permetterci di essere quel fantastico gruppo di amici che voi due ci avete sempre impedito di essere, ti prego, ti scongiuro, ti supplico, vallo a riprendere!

Sirius concluse il suo discorso indicando il punto poco distante in cui James aveva deciso di sedersi: aveva un mezzo broncio addosso – Lily non riuscì a capire a quella distanza se sincero o no – e fingeva di non starli fissando, ma ovviamente li stava fissando. Era così platealmente ridicolo che la giovane non riuscì a trattenere un sorriso.

- Che ho detto io? Stava andando troppo bene questa vacanza…

Si alzò e si diresse velocemente verso il ragazzo, che le lanciò un sorrisetto consapevole:

- Si sono giocati la carta della pietà? Ti hanno detto che li avrei torturati con le mie lamentele sul perché non riesci ad amarmi?

- No – disse Lily francamente – se l’avessero fatto sarei rimasta dov’ero.

James annuì, e la guardò seriamente. Era da togliere il fiato, e non solo perché era la prima volta che la vedeva con qualcosa di (completamente) diverso dall’uniforme scolastica: lei poteva anche credere che pensasse davvero quella battutina idiota, ma il vero spettacolo era stato subito dopo, quando era emersa da quella borsa con i capelli arruffati, le labbra schiuse dalla sigaretta, gli occhiali rotondi e colorati traballanti sul nasino delicato, che lasciavano intravedere appena uno scorcio di quegli occhi verdi mozzafiato, la pelle fresca di sole. Era selvaggia, vagamente rude; era già una donna, forse, decisa, irriverente, brillante. James sapeva che se non la smetteva di perdere il controllo delle proprie capacità verbali davanti a lei, non sarebbero mai arrivati da nessuna parte. Ma gli riusciva impossibile: il suo cervello cominciava a inciampare e le labbra andavano avanti per i fatti loro, e gli sembrava dopo un po’ di soffrire di una specie di amnesia verbale per cui alla fine non sapeva neppure bene cosa aveva detto, ma sapeva che era la cosa sbagliata, perché non l’aveva fatta sorridere.

Era un disastro.

Ma era un disastro che avrebbe risolto, prima o poi. Alla fine.

- Senti, non mi scuserò per una stupida battuta. E non vuol dire che non pensassi davvero quello che ti ho detto a maggio. Lo penso davvero. Però dammi tregua, ok? Siamo in vacanza, tra amici, non è mai successo prima di incontrarci in una situazione così… informale. Qui non ho regole da rompere o coprifuochi da non rispettare, o Mocciosus da appendere a testa in giù. Non hai nulla di cui rimproverarmi, qui. Che ne dici di divertirci, per una volta? Insieme?

Lily soppesò le sue parole, e infine annuì lentamente. Gli lanciò un sorriso conciliante:

- Bene. Siamo tutti insieme in vacanza e se comincio a farti la guerra, rovinerò l’atmosfera a tutti. Hai ragione… Possiamo divertirci tutti insieme. Ma cerca di tenere le stronzate al minimo.

Detto questo, si alzò e cominciò a camminare verso gli altri. A metà strada, si voltò, la treccia ormai quasi sfatta che saltellava da una spalla all’altra. Si tolse a metà gli occhiali, tenendoli sospesi con la mano sulla punta del naso per fulminarlo con lo sguardo:

- Mi pare tu abbia già goduto abbastanza di questo spettacolo.

James sbuffò e si coprì gli occhi con le mani, strofinandosi piano le tempie in un gesto di stremata rassegnazione.

 

- Bene, le regole sono semplici: la bottiglia gira, chi esce sceglie di fare una domanda a uno qualsiasi di noi. L’altro ha due scelte: rispondere o bere l’intero contenuto del suo bicchiere alla goccia. Claro?

Sirius prese la bottiglia di birra vuota e la posò a terra in mezzo al cerchio in cui tutti erano seduti e fissò i presenti con un’espressione interrogativa. Quando vide che tutti annuivano, chi più entusiasticamente di altri – Dorcas e Lily si lanciavano sguardi di rassegnata disperazione, ma non volevano ammettere di essere tutte e due piuttosto divertite (e sbronze) – con un colpo di polso la bottiglia cominciò a girare.

- Remus. – sentenziò Sirius con una risata.

- Ehm, ok. Allora… Si suppone che questo gioco sia fatto per conoscerci tutti meglio, giusto, quindi non ha senso fare domande a voi due, ho smesso da tempo di sopportare le vostre voci. La mia domanda è per… Dorcas, si. – anni e anni di vita coi Malandrini lo avevano portato a un certo livello di malizia e sarcasmo, che il suo carattere calmo e riflessivo aveva trasformato però in un’intelligenza ironica e terribilmente sottile. Sorrise, sornione, pronunciando la sua domanda – Sei felice di essere qui in questo momento?

Tutto il cerchio scoppiò a ridere. Dorcas roteò gli occhi e poi, invece di rispondere, si voltò verso Sirius:

- Posso rispondere e bere?

- Mi piace come ragioni, Meadowes!

- Bene. Non è esattamente il mio tipo di attività, ma non ho novant’anni, e riesco a uscire dal mio quadratino mentale ogni tanto. Quindi vi stupirò, ma si, sono felice di essere qui. Se non lo fossi, non ci sarei. E dopo un paio di questi – svuotò il bicchiere in un secondo, buttando la testa all’indietro. Sorrise all’espressione sconvolta di tutti i presenti – mi sentirò anche meglio.

- Dorcas! – esclamarono in coro le tre ragazze.

- Dio, Meadowes! Dove ti sei nascosta tutto questo tempo? Perché ci avete fatto credere per anni di essere due santarelle, voi due – esclamò James puntando il dito contro Lily e Dorcas – per poi scoprire tutto a un tratto che siete come il bue che dice cornuto all’asino?

- Siamo in vacanza, Potter – ribatté Lily ridendo – l’unica nostra colpa è di comprendere che c’è una differenza fra questo e la vita reale!

- Questa è vita reale. – sentenziò Sirius fissando il fondo del proprio bicchiere con un sorrisetto.

Man mano che continuavano a bere, il gioco diventava sempre più subdolo, le domande sempre più imbarazzanti, più personali, e il pudore nel rispondere sempre più basso. Ormai tutti sapevano chi aveva fatto sesso, con chi, quando, quante volte. Sapevano cose degli altri che probabilmente non avevano mai voluto sapere. Sapevano che Mary aveva beccato il padre con un’altra, al terzo anno, e che di lì in poi aveva smesso di credere nell’amore. Sapevano che Dorcas si era innamorata, l’estate prima, di un babbano, e che a lui aveva dato il suo primo bacio. Sapevano che Sirius aveva perso la verginità nel bagno dei Tre Manici di Scopa – Che schifo! – aveva commentato Marlene contrariata. James sentì di starsi quasi mettendo a piangere dal sollievo quando Lily ammise di essere vergine, ma per tutto il gioco evitarono sempre di porsi domande a vicenda: nessuno dei due aveva l’autocontrollo necessario per reggere. Tuttavia, a questo ci pensarono gli altri.

- Marlene.

- Ok, la mia domanda è per… - Marlene, da ubriaca, era ancora più adorabile. Aveva le guance rosse rosse e gli occhi di un azzurro brillante ma semplice, limpido, di stoviglia. Aveva sempre voluto porre questa domanda, e quando lo fece lo fece senza malizia né cattiveria – James. Sei innamorato?

Sul gruppo calò il silenzio. Lily, annebbiata dall’alcool, guardava Marlene confusamente, non capendo neppure se l’amica si stesse riferendo a lei. Sirius lanciò a Marlene un’occhiata di avvertimento che lei ignorò, gli occhi fissati su un James improvvisamente sobrio.

Ci fu un momento – uno solo – in cui pensò di rispondere e mandare tutto al diavolo. Ma fortunatamente, il momento passò.

- Bevo – mormorò, scolandosi il fondo di una bottiglia di Firewhiskey ed estraniandosi per un momento, per riprendere il controllo. Non era stato fatto un danno troppo irreparabile: erano tutti troppo ubriachi per dar peso a quello che era appena successo. Ma Marlene e Sirius si guardarono, seri, e in un attimo loro due seppero la risposta, e quasi all’unisono spostarono il loro sguardo su una strega dai capelli rossi, che con gli occhi chiusi e un sorriso beato canticchiava fra sé e sé.

- James, tocca a te – Sirius si schiarì la voce e riportò tutti sulla terra.

- Ok. La mia domanda è per Lily – la rossa alzò gli occhi di scatto, improvvisamente rigida, legandoli ai suoi in una catena infinita di avvertimenti terrorizzati e silenziosi su tutte le cose che non si doveva assolutamente permettere di chiederle. James le sorrise di rimando, indugiando nel silenzio, godendosi quella piccola tortura privata. Solo dopo che lei esaurì le sue tacite minacce e il suo sguardo era passato dall’intimidatorio al supplichevole, si decise a parlare:

– Cosa vogliono dire Rolls e Stone?

 


Ok lo so che dovevo fare la persona seria. Mi sono impegnata al meglio che ho potuto, giuro. Sto rallentando gli entusiasmi da quindicenne (a chi lo devo raccontare che ho ventidue anni, cristo!). Una cosa: se non ricevo un feedback le mie insicurezze mi paralizzeranno e non riuscirò mai in niente nella vita! Volete proprio essere la mia rovina?
  
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