Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: Daisy Pearl    23/10/2013    4 recensioni
Finì di parlare e ansimò brevemente, come se avesse fatto una corsa infinita, lo sentii andare avanti e indietro e in qualche modo riuscii a immaginarmelo. Aveva un lungo abito bianco che si adagiava sul pavimento in pietra. La veste ondeggiava con eleganza e sembrava brillare di luce propria. Le lunghe ali erano spalancate sulle sue spalle, candide come il vestito e, a completarne la figura c’erano i classici boccoli oro che gli ricadevano sulle spalle con gentilezza. Potevo quasi vedere gli occhi azzurri come il cielo fissarmi attendendo che fossi in grado di alzarmi, in quel modo mi avrebbe potuta portare dove dovevo stare.
Mi avrebbe portata all’inferno.
- Questa è la storia di Mar e di Dave. Una storia di magia, tradimenti, colpi di scena, pazza, lucidità, amore. Bene e male si intrecciano in continuazione fondendosi in alcuni punti per poi separarsi. Il confine tra bianco e nero non è mai stato così invisibile.
Genere: Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Gioco di...'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO 10


“Allora? Come pensi di fronteggiare Alan?”
“Riprendendoci i nostri poteri!”
Dave fece un sorriso incerto. “Sei sicura che sia la scelta giusta?”
Annuii. “Lotteremo ad armi pari!”
“E come recupereremo i poteri?”
Sorrisi, finalmente aveva fatto al domanda giusta.
“Con questa!” gli porsi la scatola.
Dave la guardò incuriosito.
“Edward sembrava molto interessato a questa scatola, non si sbagliava!”
“Ho fatto delle ricerche!” dissi con entusiasmo, sperando di contagiare anche lui “E ho scoperto che Alan aveva questa nello scantinato di villa lux, così l’ho recuperata.”
Gli occhi di Dave si fecero sospettosi. “Che genere di ricerche?”
Alzai gli occhi al cielo e, incapace di inventarmi un’altra storia ben delineata come quella che avevo propinato a Cyfer, gli raccontai della chiamata che fingevo che Alan mi avesse fatto.
“Quindi te l’ha detto lui che il potere era in questa scatola?”
Annuii.
“Deduco che questo tu non l’abbia detto ad Edward!”
“No, me l’avrebbe confiscata!”
“Mar!” incontrò i miei occhi “Come possiamo fidarci della parola di Alan Black?”
“Non ti sto chiedendo di fidarti di lui, ma di me!”
“Mi fido di te, ma tu non puoi sapere se Alan merita la tua fiducia!”
Convincere Dave mi stava portando via più energie del previsto, perché doveva rendere le cose sempre più complicate di quello che erano?
Cercai di reprimere la voglia di ordinargli di obbedirmi senza fare domande, da quello che mi aveva detto Jasmine nell’incontro al parco, per assorbire il potere lui doveva decidere di sua spontanea volontà di volerlo. Non sapevo se la cosa funzionava nel medesimo modo con gli oggetti, ma preferivo non rischiare. Lì per lì mi ritrovai a pensare che la forza assorbita dal libro non era voluta da nessuno di noi, eppure era diventata nostra. Tuttavia preferii comunque attenermi al piano originale: lui doveva essere consapevole e consenziente.
“Senti Dave!” cercai di mantenere la calma “Io conosco molto bene Alan e so come ragiona. A lui non piace vincere in modo facile, inoltre credo che abbia un piano più ampio.”
Dave si incuriosì. “Che tipo di piano?”
“Credo che nonostante i suoi poteri ritrovati, lui non riesca ad entrare a villa lux. La casa è sorvegliata. D’altra parte penso che lui volesse avere più potere e che quindi aveva bisogno della scatola. Quale modo migliore per recuperarla se non mandare me così da sviare ogni sospetto su di lui? Alan è un uomo pieno di se ed è sicuro che in uno scontro alla pari lui vincerebbe e, una volta avuta la vittoria su di noi, si prenderebbe quel potere che intanto è passato a noi. Così ottiene due cose in un colpo solo: vendetta e forza!”
“E tu vorresti assecondare questo folle piano? Sei impazzita?” Dave sembrava seriamente preoccupato. Accidenti, mi ero inventata una storia perfetta e lui ancora aveva obiezioni da fare.
“Lui ci sottovaluta, sarà questo il nostro vantaggio!”
“E se fossimo noi a sottovalutare lui?”
Stavo davvero per perdere la pazienza. Alzai gli occhi al cielo.
“Se hai così tanta paura allora ritiro la mia proposta di lavorare in squadra, farò da sola!” agguantai la scatola e feci per aprirla.
“Ferma!” si avvicinò a me “E’ una follia!” mi sorrise dolcemente “Ma la faremo insieme!”
Cercai di reprimere un sorriso soddisfatto mentre Dave cadeva a capofitto nella mia rete. Era fatta.
“Al tre!” dissi, facendo scivolare un dito sotto il coperchio.
“Uno…” anche lui posizionò il pollice accanto al mio.
“Due…” ci lanciammo uno sguardo complice.
“Tre!” tolsi la mano facendo in modo che fosse solo lui ad aprire la scatola.
Osservai un lampo di luce fuoriuscire dal contenitore, vidi il viso di Dave deformarsi per lo stupore e la gioia, mista ad un po’ di paura.
Lo osservai mentre sembrava estasiato e lo invidiai perché avrei voluto avere tutta quella forza solo per me. Dovevo solo portare pazienza.
Un attimo dopo Dave perse i sensi e le gambe non lo ressero più.  Non lo afferrai per attutire la sua caduta, ma lo osservai con un ghigno beffardo mentre le sue ginocchia incontravano rumorosamente il pavimento seguite dal resto del busto. La testa cadde sul tappeto ai piedi del suo letto quindi non si sentì il tonfo. Avrei tanto voluto essere stata io a farlo cadere in quel modo, ma presto o tardi sarebbe giunto il mio momento.
Dovevo solo portare pazienza.
 
 
Era noioso fissare il vuoto mentre aspettavo che Dave riprendesse conoscenza per terminare il mio compito. Avevo passato i primi dieci minuti a curiosare nella sua stanza e avevo notato un sacco di oggetti che non avevo mai visto prima, per di più libri, nulla di interessante. Terminata la mia breve e infruttuosa ispezione della sua camera ero andata a curiosare sul suo cellulare. Istintivamente cercai se aveva dei messaggi di quella Jamie, ma le uniche persone con cui Dave sembrava avere contatti erano James, Emily e Alex, oltre a me ovviamente. Buttai il cellulare sul letto e guardai Dave. Era sdraiato su un fianco, gli occhi chiusi e un’espressione beata dipinta sul volto. Sorrisi pensando che l’avrebbe avuta ancora per poco.
Incapace di rimanere in quella stanza a far nulla per un minuto in più decisi di recarmi al piano inferiore per vedere come stava Cyfer, non che me ne importasse, ma preferivo osservare un medico mentre diceva a quella specie di ficcanaso che aveva un trauma cerebrale piuttosto che fissare il viso angelico Dave mentre era svenuto.
Così presi la scatola e la riportai giù, la posai sul gradino più basso, per dare l’impressione di non averla portata da nessuna parte senza che fosse ispezionata, ed entrai nella cucina.
Cyfer era seduto dove l’avevo lasciato e si stava facendo tamponare la ferita da un’infermiera. Dalle sue smorfie di dolore dedussi che doveva bruciargli parecchio, cercai di trattenere il sorriso che spontaneamente mi veniva di fare: la prossima volta ci doveva pensare due volte prima di ficcare il naso in faccende che non riguardavano né lui, né tutta la massa di gente che apparteneva a quella specie di associazione anti-magia.
“Vanno messi un paio di punti!” sentenziò l’infermiera allontanando il tampone dal taglio.
“Me li potrebbe mettere qui? Sono in servizio e non posso assolutamente muovermi!” protestò leggermente imbronciato Cyfer.
La donna sorrise come si fa quando si è in presenza di un bambino. “No, è la procedura!”
Cyfer fece un sorriso furbo e affondò la mano nella tasca della sua giacca, ne estrasse il portafogli e cercò al suo interno un foglietto che pose all’infermiera.
“Cos’è?” disse lei prendendolo in mano.
“Un ordine firmato da alte cariche che affermano che, a meno che io non abbia bisogno di cure mediche che si possono dispensare solo in ospedale, devo restare qui!”
L’infermiera lesse distrattamente e annuì, anche se era poco convinta.
“Bene!”
Lo sguardo di Cyfer incontrò quello di Alex che se ne stava a braccia incrociate in un angolo della stanza.
“Perché hai chiamato l’ambulanza?” sibilò tra i denti mentre entrava un altro uomo con una barella.
Alex alzò le spalle a mo’ di scusa. Cyfer sbuffò e mi guardò.
“Non mi sono dimenticato di quella scatola!” mi indicò con fare minaccioso, il che mi fece sorridere. Un uomo con una grossa porzione di cotone in testa era l’esatto contrario di ‘temibile e intimidatorio’.
Lui parve offeso dal mio sorriso e tornò a concentrarsi sull’infermiera che gli passava un tampone imbevuto di una sostanza verde sulla ferita, doveva essere un’anestetizzante o qualcosa del genere.
Alex mi oltrepassò e uscì dalla porta facendomi segno col capo per invitarmi a seguirlo.
Una volta fuori dalla stanza mi guardò incrociando le braccia al petto.
“Edward mi ha detto che hai portato una scatola con della magia dentro!”
“Si sbaglia! Quell’aggeggio dev’essere difettoso!” esclamai riferendomi al trasmettitore che aveva usato quella specie di agente.
“Quel microfono non è affatto difettoso!” ribattè.
“E tu come lo sai?”
“Non andrebbe mai in giro con qualcosa di difettoso! Tutti i loro attrezzi vengono controllati più e più volte.”
Sorrisi divertita dal suo tono quasi orgoglioso.
“Sembra che tu ne sappia molto a proposito!”
“Io… ecco io amo tenermi informato!” era in difficoltà.
“Mmm capisco!” ci volle un bel po’ di forza di volontà per impedirmi di mettermi a ridere “E come fai a fare ricerche su quella che sembra un’associazione segreta?”
“Ecco… io ho i miei metodi!” Alex in difficoltà era un bello spettacolo, decisamente inedito, forse per quel motivo non volevo che finisse.
“E sarebbero?”
Aprì la bocca come se stesse per dire qualcosa, ma la richiuse poco dopo.
“Lasciamo perdere!” disse poi con un cenno della mano rientrando in cucina. Lo seguii. L’infermiera stava finendo di sistemare un grosso cerotto bianco sulla fronte di Cyfer.
“Deve tenersi d’occhio per le prossime quarantottore, se avverte mal di testa, nausea o perdita dell’equilibrio vada subito al pronto soccorso o chiami un’ambulanza.”
L’uomo fece per uscire dalla stanza e si fermò un secondo per aspettare la sua collega, ma lei sembrava non avesse alcuna intenzione di muoversi da lì. Continuava a fissare Cyfer come se si aspettasse un cenno da parte sua. Quest’ultimo si limitò a sorriderle con gratitudine. Lei parve soddisfatta.
“Chiami l’ambulanza!” gli ricordò quasi speranzosa.
Cyfer annuì educatamente dopo di che, finalmente, la  donna uscì dalla stanza, seguita da Alex.
“La scatola!” disse rivolgendomi uno sguardo severo. Sorrisi andando a recuperare l’oggetto.
“Dove’è che l’ avevi portata?” era molto sospettoso.
Ora che almeno la parte più grossa del piano era andata mi sentivo più tranquilla nel rispondere alle sue domande, era quasi divertente vederlo seduto su quella sedia, con un sopracciglio aggrottato e l’altro nascosto sotto il grosso cerotto.
“Di là, non volevo che dopo la tua caduta qualcosa di ‘pericoloso’ potesse trovarsi in questa stanza!” con le dita mimai le virgolette attorno alla parola pericoloso, per sottolinearne la stupidità.
Lui parve cogliere l’ironia, mi fece una smorfia che non sapevo bene cosa voleva dire e sospirò.
“Posso aprirla?” domandò con voce stanca.
Sorrisi. “Se non hai paura, ovviamente sì!” gli allungai la scatola e lo osservai mentre avvicinava nuovamente il microfono alla scatola.
“Non la apri?” domandai con innocenza mentre mi godevo la scena.
Mi ignorò, si portò la mano all’orecchio ed estrasse quello che doveva essere il trasmettitore.
“Dannazione, deve essersi rotto durante la caduta!” lo rigirò tra le dita e lo avvicinò agli occhi.
Cercai di non sorridere in modo troppo palese, ma mi riusciva alquanto difficile. Jasmine, facendolo cadere da quella sedia aveva salvato il potere destinato a Dave e aveva anche rotto l’aggeggio che permetteva di capire se c’era del potere in un oggetto. Sarebbe stato perfetto se quell’uomo avesse anche perso la memoria, ma non potevo pretendere troppo. Tuttavia se l’avessi fatto cadere io dalla sedia avrei considerato anche quel particolare e sicuramente la caduta sarebbe stata più efficace.
“Devo mandare la scatola ad esaminarla!” asserì osservandone ogni lato.
“Mi serve! Non è pericolosa!” dissi con innocenza.
Lo sguardo stanco di Cyfer si posò su di me mentre cercavo di assumere lo sguardo più dolce che conoscessi.
“Devo farla esaminare!”
Mi avvicinai e aprii di scatto il coperchio.  Lui trattenne il respiro e si allontanò di velocemente dalla scatola.
“Cos’hai fatto?” sembrava sconvolto.
“Eri tu che volevi aprirla!” dissi con tono fintamente innocente, dopotutto volevo porre definitivamente fine a quelle sue domande fastidiose e alla sua ingerenza nei miei affari.
“Sì, ma bluffavo!”
“Bluffavi?” incrociai le braccia in attesa di una spiegazione nascondendo quanto fossi divertita.
Lui assunse uno sguardo saccente “Non si apre mai qualcosa che si pensa contenga del potere, non prima di averne controllato le quantità!”
Non sapevo di cosa stesse parlando e non mi interessava.
“Bene, ora sai che qui dentro non c’è del potere!”
Trasse un profondo respiro che pareva quasi di sollievo e mi rivolse uno sguardo carico di rimprovero.
“Non farlo mai più!”
“Se tu non blufferai, allora lo prometto!” gli diedi le spalle e salii le scale, stanca di conversare con lui. Mentre stavo per uscire mi venne in mente una cosa.
“Signor Cyfer…”
“Chiamami Edward!”
Alzai gli occhi al cielo seccata dalla sua interruzione futile “Mi chiedevo se state tenendo d’occhio anche Robert Swish!”
“L’altro ragazzo che abitava con te?”
Ripensai agli occhi azzurri di Rob e mi venne una voglia matta di cavarglieli con le unghie. Cercai di reprimere un moto di rabbia tramutandolo in freddezza. Avrei avuto la mia vendetta.
“Sì, lui!”
“E’ ancora in prigione, in attesa del processo!”
Aggrottai le sopracciglia perplessa.
“E’ impossibile!” borbottai.
“Perchè?” Cyfer si fece improvvisamente più interessato.
“Sono sicura che sia uscito!”
“Se fosse uscito lo saprei!”
Rob aveva usato un trucco. Forse era riuscito addirittura ad evadere, forse Jasmine aveva contattato anche lui, ma l’aveva fatto uscire illegalmente. La vera domanda era: perché?
“Dov’era… cioè voglio dire… in che carcere si trova?”
“Perché lo vuoi sapere?” Cyfer era decisamente troppo interessato alla cosa, forse avrei dovuto tenere la bocca chiusa.
“Voglio parlare con lui!”
“Al telefono Alan ha nominato il suo nome?”
“No!”
Quell’uomo faceva davvero troppe domande. La sua curiosità l’avrebbe ucciso, sperai solo di avere io il piacere di farlo.
“Ti ci porterò io domani!”
Alzai un sopracciglio incredula.
“Tu non devi stare qui a proteggere la baracca?”
“Credo che più di tutto, io debba tenere d’occhio te!”
Sbattei gli occhi con fare seducente sperando di convincerlo “Perché sono la damigella in pericolo?”
Si alzò in piedi e si avvicinò a me.
“Perché hai troppi segreti perché io mi possa fidare di te!”
Sorrisi abbassando gli occhi sulle sue labbra. Mi ero dimenticata quanto fosse divertente flirtare con un uomo al solo scopo di raggiungere un obiettivo, mi sembravano secoli che non lo facevo. Lì per lì mi ritrovai a pensare che malgrado tutto ciò che usciva dalla bocca Cyfer mi faceva venir voglia di ucciderlo, aveva delle labbra estremamente sexy.
“Le donne misteriose piacciono sempre!” sussurrai.
“Le ragazzine con manie di grandezza invece sono pericolose!”
Gli sorrisi per nulla offesa dalle sue parole e mi allontanai ancheggiando. Sapevo di avere il suo sguardo su di me e me ne compiacqui.
Avevo passato tutto il tempo a rimpiangere i poteri, ma non avevo perso solo essi, mi ero anche privata del divertimento della conquista, del piegare ogni uomo al mio volere semplicemente perché era divertente. Dave e i suoi occhi verdi  mi avevano tolto la voglia di godermi la vita. Per fortuna tutto era cambiato, le cose stavano andando per il verso giusto e presto sarebbero andate anche meglio.
Una volta raggiunta la camera di Dave sbuffai nel constatare che lui era ancora steso sul pavimento, nella stessa posizione nella quale l’avevo lasciato. Alzai gli occhi al cielo e mi distesi sul letto.
Ero sicura di averci messo meno tempo di lui a riprendermi.
 
 
Il ragazzo spalancò gli occhi di scatto eppure non notò una grande differenza. La stanza nella quale si trovava era nella penombra quindi non riuscì a vedere molto. Fece per alzarsi, ma qualcosa glielo impedì. Gettò un’occhiata al suo corpo e lo vide avvolto da una spessa catena di metallo. Preso dal panico iniziò a divincolarsi, ma la catena non sembrava volesse muoversi, anzi, si conficcò nella sua pelle facendogli sfuggire un urlo di dolore.
“Devi stare fermo!” disse una voce soave. Il ragazzo si accorse solo allora che una figura incappucciata era immobile a pochi metri da lui.
“Tu!” sibilò con odio prima di divincolarsi nuovamente.
“Così peggiorerai la situazione!” la voce sembrava esprimere preoccupazione.
“Sei una bastarda! Una lurida strega! LIBERAMI!” le urlò contro.
“L’odio non è la risposta Richard!” sussurrò lei avvicinandosi.
“STA LONTANA DA ME!” sbraitò lui con tutto il fiato che aveva in gola. La donna si bloccò sul posto.
“Come ti senti?” gli domandò.
“Come una vittima prima che venga macellata!” nella voce di Richard non c’era altro che disprezzo.
“Non ti farò del male!” disse lei con voce angelica, nel tentativo di rassicurarlo.
“So chi sei, conosco la tua fama!”
“Tu non sai nulla di me!”
“LIBERAMI!” Richard digrignò i denti mentre il freddo metallo gli incideva la pelle.
“Ho bisogno di sapere davvero come ti senti, è importante!”
“Tu sei pazza!”
“Voglio aiutarti!” la voce della donna sembrava quasi disperata.
“Bel modo di dimostrarlo!”
Ci fu un minuto di pausa nel quale era possibile udire solo il respiro affannato del ragazzo.
“Cosa mi vuoi fare?” domandò lui cercando di calmare la rabbia che lo aveva infiammato.
“Voglio aiutarti!”
“Non ho bisogno di aiuto, tantomeno del tuo, mi faresti solo passare a miglior vita prima del tempo!”
“Voglio davvero aiutarti!” sembrava disperata.
“Allora liberami!”
“Non posso!”
“Perché?” il tono di Richard era di sfida. Era legato a un tavolo, alla mercè di quella donna, eppure trovava ugualmente la forza di combattere.
“Perché sei pericoloso!”
“IO SONO PERICOLOSO? Che mi dici della strega che ha terrorizzato tutti i territori vicini?”
La donna non rispose.
“Tempo fa ho giurato di uccidere quella donna ed ora sono in sua presenza, alla sua mercè. Ti sembro io quello pericoloso?”
“Sei più pericoloso di me!” sibilò lei leggermente irata.
“Ho ucciso io tutti quegli uomini? Hai strappato migliaia di vite, fatto sparire centinaia di individui”
“Non li ho uccisi, li ho salvati!” ribattè la donna fissando intensamente il ragazzo.
“Non è quello che si dice!” era decisamente scettico.
“Perché sono io a non volere che si dica!” sussurrò lei voltandogli le spalle.
Lui parve perplesso dalla sua frase. Lei sapeva che lui aveva passato diverso tempo ad odiarla, ed ora poteva capire che una parte di lui voleva credere, sperava che lei fosse diversa da come tutti la dipingevano. Tuttavia riusciva a leggere la diffidenza nei suoi occhi e la paura di essere prossimo alla sua fine.
Sentendo che non replicava lei continuò “Sei stato maledetto. Presto ti trasformerai nell’ombra di te stesso. La maledizione ti consumerà e diventerai qualcosa che tu stesso disprezzi, qualcosa che è mosso solo dall’egoismo e dall’istinto!” la sua voce tremò leggermente.
“BASTARDA!” le urlò contro.
“Non ti ho maledetto io!” sibilò lei.
Lui si bloccò indeciso se insultarla ancora o ascoltare quello che aveva da dire, optò per la seconda.
“Io ti voglio insegnare a controllare quello che hai dentro di te, il mostro che minaccia l’esistenza stessa della magia e la vita di chi la possiede!”
“Non dire sciocchezze!”
“Magari lo fossero!” una goccia di acqua cadde dal cappuccio fino a terra, riflettendo la poca luce che regnava nella stanza. Myria sperò che Richard non l’avesse notata, ma suo malgrado vide i suoi occhi seguire la goccia che non era riuscita a trattenere.
 
“Mar, Mar!”
Sbadigliai assonnata.
“Mar, credo che abbia funzionato!” aprii gli occhi e quasi mi stupii di incontrare gli occhi vedi di Dave che mi fissavano ansiosi, mi ero aspettata di vedere un ragazzo steso su un tavolo con gli occhi scuri pieni di odio.
“Certo che ha funzionato!” mugugnai mettendomi a sedere e cercando di ripescare nella mia memoria frammenti del sogno che avevo appena fatto. Le immagini che avevo visto avevano un nonsochè di strano, sapevo che avevano un nesso con il sogno che avevo fatto quella mattina, ma non sapevo altro. La cosa mi incuriosiva, ma decisi di non farci troppo caso, di lì a pochi minuti anche quelle ultime immagini sarebbero sparite nei recessi della mia memoria e io non ne avrei conservato il ricordo.
“Mi sento… wow!” Dave non riusciva a trovare le parole, continuava a fissarsi le mani e a chiuderle a pugno, come se tutta la sua forza fosse contenuta lì dentro “Credo di poter fare tutto!”
“Strano, detto da uno che non voleva riavere i suoi poteri!” notai divertita dal paradosso.
Lui si bloccò e si fece improvvisamente serio, la felicità che brillava nei suoi occhi scomparve.
“Hai ragione, non dovrei sentirmi così!” parve abbattuto.
Mi veniva da ridere per la soddisfazione di aver cancellato il suo sorriso dalle labbra eppure mi costrinsi ad essere comprensiva.
“Dave, ci siamo ripresi i nostri poteri per fronteggiare Alan ok? È per qualcosa di importante!”
“Anche tu ti senti così?”
“Certo!” risposi cercando di sorridergli con dolcezza. Il mio tentativo parve funzionare, il suo sguardo si ammorbidì e nuovamente mi tirò a sé per abbracciarmi con dolcezza. Mi irrigidii e tentai di ritrarmi. Lui era la persona che mi aveva fatto perdere ciò che ero, lui mi aveva distrutta nell’anima, mi aveva permesso di essere debole e doveva pagare. Ogni istante che passava ne ero sempre più certa.
Sapevo che non dovevo sfuggire a quell’abbraccio, per mantenere le apparenze, così lo circondai con le braccia a mia volta facendo una smorfia.
Lui sospirò stingendomi più forte mentre io mi immaginavo qualcosa che potesse rendermi sopportabile quella situazione. Chiusi gli occhi e pensai a Dave che si accasciava a terra urlando di dolore.
Finalmente Dave si staccò da me, cercai di trattenere un sorriso. Poi un urlo uscì dalla sua bocca mentre sgranava gli occhi per la sorpresa. Le sue gambe cedettero e le ginocchia incontrarono il terreno.
Vederlo ai miei piedi, spaventato per quello che gli stava accadendo mi riempì di una gioia selvaggia e dentro di me, pregavo perché il dolore che provasse aumentasse sempre di più.
Invece il suo respiro si calmò e si portò una mano al cuore. Mi guardò sconvolto e io cercai di assumere un’espressione preoccupata.
Mi inginocchiai accanto a lui e lo guardai in volto.
“Stai bene!” la mia voce uscì preoccupata al punto giusto e rimasi fiera della mia opera.
“Credo di si!” disse, ma non ne sembrava tanto certo.
“Che ti è successo?” sapevo che anche questa doveva essere stata opera di Jasmine, era solo inquietante come riuscisse ad entrare nella mia testa per leggermi nel pensiero e far avvenire tutto quello che mi passava per la testa. Dovetti anche ammettere che era davvero appagante vedere i miei pensieri prendere vita, anche se avrei voluto esserne io stessa l’artefice.
“Non lo so, ho sentito del dolore, ma non proveniva da una parte precisa del mio corpo, ora non mi sento male, ma sono sicuro che prima qualcosa stesse per rompersi dentro di me, o per esplodere!” si portò una mano alla testa. “Cosa credi sia successo?”
Rimossi un moto di disgusto mentre avvicinavo la mano al suo viso e glielo accarezzavo il più dolcemente possibile.
“Non ne ho idea Dave!”
“Dev’essere il potere!”
“Ma io sto bene!” esclamai.
Lui mi guardò preoccupato, come se si aspettasse di vedermi  cadere a terra urlando da un momento all’altro.
“Allora dev’essere stato qualcos’altro!” si fece pensieroso, ma io non avevo alcuna intenzione di permettergli di riflettere. Dave era intelligente e, anche se non aveva mai incontrato Jasmine, poteva sempre fare due più due e pensare che qualcuno stesse interferendo con la sua vita in modo non proprio ordinario.
“Dave, dobbiamo metterci al lavoro!” esclamai sbrigativa.
I suoi occhi parvero riacquistare un po’ di luce.
“Sai dove trovare Alan?”
“Non ancora, sarà lui a dirci dove e quando dobbiamo incontralo per la resa dei conti!”
Un lampo di preoccupazione attraversò i suoi occhi smeraldo.
“Non sei costretta a farlo! Andrò solo io!”
Sorrisi per quanto era sciocco. “Non mi sono mai tirata indietro e non lo farò adesso!”
L’ansia venne sostituita dall’orgoglio, sembrava fosse fiero del mio temperamento combattivo, mi guardò con dolcezza infinita e io cercai di reprimere una smorfia di disgusto.
“Dobbiamo tutelarci Dave! Dobbiamo scrivere tutto ciò che ci ricordiamo del libro bianco!”
Lui aggrottò le sopracciglia.
“Come mai?”
“Se Alan dovesse vincere almeno la sapienza di cui disponiamo ora non andrebbe persa!”
“Cosa intendi dire?”
Alzai gli occhi al cielo, incapace di trattenermi.
“Fino a oggi, ricordavi le parole del libro bianco?”
Dave si prese qualche secondo per pensare.
“No!”
“Ora ricordi!”
“Sì!” si illuminò.
“Anche senza poteri potremmo usare le tecniche che conosciamo!” sapevo che era una bugia, ma lui non poteva esserne al corrente.
“Ok, per questo vuoi scrivere tutto ciò che ricordiamo?”
“Esatto!”
“Allora dobbiamo iniziare subito, se vogliamo finire prima che Alan decida quando si terrà la resa dei conti!”
Sorrisi soddisfatta di averlo convinto. Lo vidi estrarre un quaderno e sedersi alla scrivania, prima di afferrare una penna. Portò il tappo alla bocca e lo mordicchiò con fare distratto.
“Sai che ricordo alla perfezione ogni singola parola?” parve sorpreso.
“Credo che tu abbia dei buchi invece!” gli feci notare.
“Dei buchi?”
“Sì, quelle saranno le parti che mi ricorderò io!” gli sorrisi con fare rassicurante, mentre lui si soffermava a guardare le mie labbra prima di iniziare a scrivere tutto ciò che ricordava.



Bè diciamo che anche in questo capitolo non succede nulla di che, è un po' uno stato di quiete che perdurerà anche nel prossimo capitolo, ma poi.... bè POI!
Non vedo l'ora di postare i capitoli di cui sono fiera invece che questi di passaggio XD
Grazie mille a tutti quelli che commentano, vi adoro <3
Ringrazio naturalmente anche chi legge :D
A presto!
Daisy
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: Daisy Pearl