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Autore: MatitaGialla    24/10/2013    13 recensioni
Questa è una raccolta di One Shots:
1. Sulle lapidi che non esistono. [Drabble - I saluti a coloro che non hanno un luogo dove riposare.]
2. Figli della luna. [One Shot - Se Katniss è in grado di farlo, perché non io?.]
3. Mi presenti i tuoi? [One Shot - Peeta è sicuro: sua figlia non avrà mai un fidanzato.]
4. Ci vediamo domani [Flashfic - Peeta non amerà mai sua moglie a sufficienza.]
5. Odio la playstation [Flashfic - Ogni coppia ha le sue divergenze matrimoniali.]
6. Odio la pioggia, oggi. [Flashfic - Peeta, dopo essere tornato da Capitol City.]
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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* Fluff, probabile OOC, slice of life.

 
3. Mi presenti i tuoi?

Oggi è una di quelle mattine.
Quelle deliziose, magnifiche mattine dove tutto intorno a me sa di pace.
Dove la luce che filtra dalle finestre illumina le lenzuola sfatte e ancora calde, dove il lato del letto di Peeta è vuoto ma posso sentire il tintinnare delle pentole giù in cucina. Non è mai stato silenzioso.
Mi chiamo Katniss Everdeen, ho quarant’anni. Capitol City è stata distrutta e ora tutto va bene. Peeta è con me, siamo sposati e abbiamo due bellissimi figli.
Questa notte non ho avuto incubi, mi sono addormentata profondamente subito dopo aver fatto l’amore con il mio uomo del pane. Arrotolo tra le dita i miei capelli che si spandono sul cuscino disordinati.
Sorrido.
Oggi sarà proprio una splendida domenica che potrò passare con la mia famiglia.
Potrei portare Marco nei boschi; Talia sicuramente vorrà andare in panetteria con Peeta.
– Papà, no! Non fare così! – sento urlare all’improvviso. Balzo in piedi, terrorizzata.
I nostri figli sono a conoscenza del nostro passato, e sanno anche che il loro Papà a volte rimane appositamente in panetteria fino a tardi.
Corro giù al piano terra, infischiandomene di essere in camicia da notte.
Peeta è seduto in cucina, mi da le spalle; ha le braccia rigidamente conserte e la testa china, e muove nervosamente il piede.
Talia è davanti a lui paonazza in viso, la bocca chiusa in una smorfia. Credo di non averla mai vista così.
– Peeta? – lo chiamo. No, no, no! Oggi doveva essere una bellissima domenica!
Mi lancio sulla mia ragazza e afferro le sue esili e lunghe braccia, portandomela dietro la schiena.
Ho paura.
– Peeta? – lo chiamo di nuovo. Mi metto davanti a lui, tenendomi pronta eventualmente a proteggere Talia, eventualmente a stenderlo o eventualmente a proteggermi. Uno dei tre, ma non toccherà mia figlia mentre ha un flashback.
Abbasso lo sguardo, incrociando i suoi occhi. Con mio stupore, vedo che sono azzurri.
Sta bene? Sì, a quanto pare! I bellissimi occhi di mio marito mi guardano infastiditi e terribilmente tesi.
Raddrizzo la schiena sospirando, aggrotto le sopracciglia e mi volto verso Talia.
– Che hai combinato stavolta? – le chiedo.
Lei si stringe nelle spalle diventando ancor più rossa – Niente, mamma! È lui che esagera! –
Osservo mia figlia, nei suoi splendidi quattordici anni.
Ha i miei capelli: scuri, lisci, terribilmente morbidi quando accetta di farseli pettinare da suo padre, dal quale ha preso quei stupendi occhi azzurri.
Nonostante fisicamente somigli molto a me, è da Peeta che ha preso il carattere. La mia Talia è infatti tanto buona, sempre gentile e con un sorriso da regalare a tutti, proprio come Prim.
È per questo che ora, con quello sguardo arrabbiato e imbarazzato, non la riconosco.
Mio marito e mia figlia tacciono nel loro silenzioso nervosismo, e io mi indispettisco.
– Qualcuno mi vuole spiegare? – chiedo, ma entrambi mi ignorano; guardandosi negli occhi con aria di sfida.
– Marco! Puoi venire qui? – chiedo a gran voce, urlando verso il salotto il nome del mio secondo bambino.
Lui saprà sicuramente di cosa si tratta. Vedo il mio topolino entrare allegramente in cucina con in braccio il suo giocattolo preferito.
Lo chiamiamo tutti topolino da quando, anni fa, disegnò i baffi e il naso da topo sulla faccia di Peeta, mentre era addormentato sul divano. Ridemmo così tanto quella sera.
Ha sette anni, e quei riccioloni biondi insieme ai miei occhi grigi mi danno proprio da pensare che un giorno avrà la fila di ragazzine alla porta. È ancora nell’età in cui si lascia coccolare da mamma e papà volentieri, ma se Talia ha preso da Peeta, Marco ha sicuramente preso il mio carattere riservato.
È un bambino indipendente; nonostante ogni notte in cui c’è un temporale viene a nascondersi nel lettone matrimoniale.
– Ciao mamma – mi dice, mentre si divincola dal mio abbraccio.
– Allora, sai che è successo? – gli chiedo in tono bonario, indicando i due musoni che non la smettono di fissarsi.
– Talia oggi esce con il suo fidanzato! – mi dice con gli occhi luccicanti, tutto orgoglioso per aver confessato un segreto che persino la sua mamma non conosceva.
Mi rendo conto di aver sgranato gli occhi.
– Hai un fidanzato? – domando a Talia, leggermente scomposta.
– Non è il mio fidanzato! – mi urla lei.
– Tu non avrai mai un fidanzato! – grida Peeta battendo una mano sul tavolo, facendo sussultare i ragazzi.
Può convincere chiunque, ma io conosco bene il mio pollo.
Talia assume la sua migliore espressione da adolescente scontenta, e con gli occhi lucidi scappa in camera portandosi dietro il fratellino che la segue trotterellando insieme al suo giocattolo.
Quando sono sicura che siano in camera, mi volto verso mio marito con un sopracciglio alzato.
Si morde il labbro ed ha iniziato a passarsi una mano nei capelli. Nonostante abbia quarant’anni, Peeta rimane un bell’uomo su ogni fronte.
Non ci sono ancora rughe importanti sul suo bel viso, e i suoi capelli mantengono il loro colore da ragazzo.
Mi chiedo per quanto ancora avrà questa fortuna, visto che io nascondo anche troppo gelosamente i miei primi capelli bianchi.
– Ebbene? – gli chiedo.
Lui schiocca lingua e si alza scocciato dalla sedia, la riposiziona svogliatamente sotto il tavolo e se ne va in camera.
Tutta questa situazione è al limito dell’assurdo. Mi scappa da ridere, ma a quanto pare Peeta la sta prendendo fin troppo seriamente.
Decido di riempirmi la pancia prima di affrontare quello che è il vero e proprio primo problema “adolescenziale” della nostra famiglia.
Dopo qualche minuto sono già in camera.
Peeta è steso sul letto con un braccio sopra gli occhi: tipico. Fa finta di dormire quando non ha voglia di parlare.
– Allora, vuoi spiegarmi? – gli chiedo, mentre mi stendo affianco a lui e metto la testa sul suo petto.
Profuma sempre di pane. Credo che ormai questo odore faccia parte della sua pelle.
– Talia è troppo piccola per frequentare dei maschi – mi risponde a voce roca, non togliendosi il braccio dalla faccia.
– Seguendo una logica coerenza, fra tre anni dovrebbe anche far finta di sposarsi ed essere incinta del suo finto ragazzo – gli rispondo divertita – e poi, tu a quattordici anni frequentavi già altre ragazze –
– Si, ma io sono un maschio! – pigola come un ragazzino.
Negli anni, non è di certo cambiato. Sbuffo, perché non tollero queste assurde distinzioni tra maschi e femmine, ma gli perdono tutto quando il suo braccio gli abbandona la fronte per stringermi le spalle.
– Peeta.. – sussurro. Vorrei fargli capire che è una cosa normale ma, chi sono io, per parlare di normalità? Ci ho messo due Hunger Games e una guerra per decidermi, e nel frattempo baciavo sia lui che Gale.
Non sono di certo la mamma che può dare l’esempio.
– No, amore; Peeta proprio niente – mi interrompe – fino a un tot di anni fa faceva il bagno con me! –
Vorrei anche prenderlo in giro, dicendogli che ormai Talia sta entrando nell’età in cui una ragazza inizia a desiderare di fare il “bagnetto” con i suoi coetanei; ma me ne rimango zitta perché il pensiero non sorride nemmeno a me, figurarsi a Peeta. Lo farebbe andare fuori di testa.
Si infila sotto le coperte, spostandomi e buttando la faccia sotto il cuscino.
Io gli stringo le spalle; amo vederlo così, quando è vulnerabile. Mi si stringe lo stomaco ancora, nonostante siano passati così tanti anni.
– E chi sarebbe, questo ragazzino? – chiedo.
– Un certo Liam che è in classe sua – mugugna da sotto il cuscino – Liam, capisci?? Come può Talia frequentare uno che si chiama Liam?! Sarà mica normale, come nome! – conclude alzandosi di scatto, facendo cadere a terra il cuscino.
Io rido, perché tutto questo è così deliziosamente assurdo che non riesco a trattenermi.
Peeta geloso della sua “bambina” è uno spettacolo che mai avrei pensato di vedere.
– Peeta– gli dico, prendendogli le mani – non vorrai mica rendere triste Talia –
Guardo l’uomo davanti a me abbassare lo sguardo e scuotere il viso, da bravo papà colpevole.
Gli piazzo un bacio sulla sua corta barba bionda e gli sorrido, proprio quando entra Marco in camera nostra.
– Che succede, topolino? – gli chiede Peeta colto di sorpresa.
– Talia piange – gli risponde candidamente, mentre va a sedersi sulle sue gambe.
Peeta se lo accoccola al petto e lo abbraccia stretto, lasciandogli un bacio sulla guancia paffuta.
Non c’è altro come momenti come questo, in cui mi confermo che dare dei figli a Peeta è stata in concreto la cosa migliore che potessi mai fare, dopo la fine della rivolta.
Scenata di poco fa a parte, Peeta è un padre meraviglioso. Così amorevole ed equilibrato nel suo ruolo che ogni volta che lo guardo baciare i nostri figli, mi innamoro ancora un po’ di più.
Guardo sorridente Marco mentre cerca di sfuggire a tutte quelle coccole, ma dopo qualche secondo di battaglia si arrende e si immobilizza sorridente tra le braccia del papà.
Io guardo Peeta con aria truce. – Che c’è? – mi domanda lui, dubbioso.
Con la testa e gli occhi, indico il muro. E per muro intendo la camera adiacente alla nostra: quella di Talia.
Lui scuote la testa e io lo fulmino. Sospira abbattuto e si rotola con Marco nelle lenzuola.
– Ora ti mangio! – gli dice mentre gli fa il solletico e marco ride come un matto.
– Topolino vieni un po' qui con me, che il papà va da Talia – gli dico, dando dei colpetti alla parte del materasso dove sono distesa io.
Marco gattona verso di me e mi si stende vicino – ciao mamma! – mi dice ridendo, e io muoio ogni volta che vedo il suo sorriso sdentato. Il mio bellissimo bambino, è strepitoso.
Con gli anni, mi sono trasformata in una vera e propria madre.
All’inizio ero terrorizzata; ho persino sofferto di una leggera depressione post partum dopo aver partorito Marco, ma Peeta mi ha supportato fino in fondo in ogni momento.
Se ora riesco a donare tutto il mio amore ai miei figli, è grazie a lui. Quando faccio questi pensieri, la mia mente vola direttamente a mia madre ed alla sua depressione dopo la morte di papà.
Il solo pensiero di poter perdere Peeta mi devasta e mi logora le viscere come veleno. La capisco.
Solo negli ultimi anni, però. Vorrei averlo fatto quando avevo l’età di Talia.
Peeta arruffa i capelli di Marco e schiocca ad entrambi un bacio sulla fronte, e tutto abbattuto si chiude la porta alle spalle.
Io e Marco tratteniamo il respiro, mentre lo sentiamo bussare alla porta di Talia; e quando lei lo lascia entrare, io faccio l’occhiolino al mio bambino che scoppia a ridere.
– Hai fatto i compiti di matematica? – gli domando. Lui mi guarda angosciato.
– Sono difficili, mamma! Le operazioni non mi piacciono! – mi risponde.
– Allora dopo li facciamo insieme, ok? – replico, trascinandomelo tra le braccia.
Anche con me cerca di scappare per qualche secondo, ma poi la sua natura di cucciolo prevale sul suo carattere ribelle e si stringe al mio seno.
Rimaniamo stretti così per qualche minuto, mentre tendo l’orecchio e origlio la conversazione tra quei due imbranati. Vorrei essere una mosca e andare a vedere.
Quando sento Marco pigolare sotto le mie braccia, capisco che si è addormentato.
Lentamente mi alzo, lo copro e mi avvio verso la camera di Talia. Appoggio l’occhio alla serratura.
Peeta è seduto a terra con le gambe incrociate e la testa appoggiata al materasso. Talia è stesa a pancia in giù con la faccia sommersa dal cuscino.
– ..insomma Talia, perché ti piace questo ragazzo? – dice Peeta, e vedo dal suo sguardo che è geloso, è geloso marcio.
– Non sono affari tuoi, papà! Non puoi domandarmi una cosa così! – ribatte lei alzandosi di scatto e facendo cadere il guanciale a terra. Sbuffo: proprio come suo padre. Quei due sono identici.
– Ok, ok! – replica lui alzando le mani in segno di resa e passandosele nei capelli.
Lo vedo sospirare e tornare ad agitare nervosamente il piede.
Rimane in silenzio per un tempo che mi sembra interminabile quando lo vedo guardare il soffitto, aprire la bocca, richiuderla, riaprirla e poi richiuderla di nuovo.
So già cosa vuole dire, ma non riesce a farlo; e io mi ritrovo a sorridere contro il pomello della porta.
– .. e.. a che ora passerebbe a prenderti, questo Liam? – dice poi, quasi in un soffio.
Gli occhi di Talia si illuminano e in viso le si stampa un grandissimo sorriso.
– Tra un’ora! – urla lei.
Imbarazzata, getta le braccia al collo di suo padre che, seduto davanti di lei, la accoglie con un sorriso non altrettanto raggiante. – Solo, non fare cose stupide, tesoro. Ok? – le dice.
Lei strofina una guancia contro i suoi capelli ricci e annuisce contenta.
– Papà, alla mia età hai vinto gli Hunger Games con la mamma, cosa vuoi che mi succeda? Sono tua figlia dopotutto– risponde.
– No, ero più grande di due anni. E te lo dico proprio per questo.. – ribatte Peeta.
Talia scende dal suo letto e si siede vicino a suo padre. Le sue magre e lunghe gambe affusolate la rendono ancora più bella, e quando appoggia il viso sulla spalla di Peeta, lui la abbraccia e le da un bacio sulla testa.
Mi raddrizzo con la schiena dolorante, e riconosco di non avere più diciassette anni.
Della ghiandaia imitatrice, mi è rimasto solo il nome.
 
Qualcuno suona al campanello.
Vedo Peeta irrigidirsi e portare distrattamente i piatti sporchi del pranzo nel lavabo, mentre Marco corre felice ad aprire la porta.
Talia corre giù dalle scale urlando “Eccomi! Eccomi!”.
Si è legata i capelli in una treccia laterale come la mia, non lo fa mai. Le da fastidio, dice.
Sento una voce maschile ma ancora tanto, tanto giovane, salutarla.
Quando parlai la prima volta con Peeta, aveva già la voce da ragazzo; ma allora aveva già due anni in più di questo fantomatico “fidanzatino”.
Vedo mia figlia agguantare velocemente la maniglia della porta per trascinarsela dietro, quando Liam la ferma.
– Non mi presenti i tuoi? – dice.
Lei sembra sussultare, e suo malincuore riapre la porta.
Mi avvicino all’ingresso sorridente e anche un po' emozionata, lo ammetto.
Il primo amore della mia “bambina” spaventa Peeta quanto spaventa me, solo che io non ne faccio un dramma.
Sulla soglia di casa c’è un bel ragazzo di quattordici anni tutto imbarazzato, che chiacchera sorridente con Marco. Quando mi avvicino, arrossisce violentemente.
Ha degli splendidi occhi marroni, caldi e profondi; i capelli sono leggermente mossi e cadono scuri sulla fronte. È magro, ma non per la fame, come sarebbe stato invece vent’anni fa.
– Salve, signora Mellark! – mi balbetta agitato. Io lo saluto cordialmente sventolando una mano.
– Ciao, Liam. Allora, dove andate di bello questo pomeriggio? – chiedo.
Talia esce di fretta dalla porta per sfuggire al “terzo grado” genitoriale: non credevo l’avrei mai fatto; ma Liam rimane imbambolato sulla soglia della porta.
– Andiamo a mangiare un gelato, signora – mi risponde, poi lo vedo azzardare un’occhiata verso l’interno.
È ovvio che sta cercando il vero scoglio della famiglia Mellark.
Da che mondo è mondo, è il padre della ragazza quello da conquistare per primo; e Peeta, nonostante la reputazione da uomo gentile e adorato da tutti, rimane comunque lo stesso che tra i sedici e i diciannove anni ha ucciso diverse persone.
E ora non è certo scarno come dopo il depistaggio.
Le sue mani si sono irrobustite per il lavoro, e le sue spalle ora sono molto più robuste, come le sue braccia.
Nonostante la muscolatura da uomo adulto di Peeta, mantiene ancora i suoi tratti da giovane ragazzo, come una vita piuttosto stretta, ad esempio ed a differenza mia.
– Ehm.. mio marito al momento non.. – gli dico, imbarazzata.
– Sono qui, Katniss – asserisce Peeta comparendo alle mie spalle.
Vedo Talia voltarsi di spalle tutta rossa, mentre Peeta squadra glaciale il povero Liam.
Non è da lui un comportamento simile, e infatti colgo tra le sue labbra una sorta di sorriso divertito.
– Ciao, Liam. Sono Peeta – gli dice, tendendogli la mano.
Il ragazzo la stringe leggermente titubante, come avesse paura di ritrovarsi una mano stritolata; ma quando sente la presa solida e gentile del mio uomo del pane, si rasserena e sorride amabilmente.
– Salve, signor Mellark. Giuro che riporterò a casa Talia alle cinque precise. – risponde velocemente.
E ora rivedo l’uomo che ho sposato, l’uomo che ha regalato alla mia bellissima figlia il sorriso più gentile del mondo. Peeta allarga le labbra dolcemente, e annuisce.
Mi mette un braccio attorno alla spalla, e con l’altro arruffa i capelli di Marco che nel frattempo si godeva la scena appollaiato alle nostre gambe.
– Divertitevi – replica.
Talia corre indietro e ci lascia un bacio sorridente, e poi si avvia affianco a Liam lungo il vialetto che porta alla città.
Una volta chiusa la porta, Peeta si stravacca sul divano.
– Se Haymitch fosse ancora vivo *, giuro che ora me lo berrei volentieri un goccetto insieme a lui – mi dice.
Io rido e mi siedo sulla poltrona affianco.
Il nostro topolino si arrampica sul divano dov’è steso il suo papà, e si siede sopra la sua pancia.
– Papà, papà! Puoi stare tranquillo, sai? – dice, posando le sua manine sul petto robusto di Peeta.
– Si? E perché? – risponde lui, muovendo le anche facendo sobbalzare il nostro bambino come se fosse sopra un cavallo. Marco e io ridiamo.
– Perché io non me la trovo una fidanzata così! Ne ho già tre in classe, ma mica mangio il gelato con loro! – replica il topolino, orgoglioso. Peeta sta per rispondere divertito, ma il piccolo non ha finito.
– Io il gelato lo voglio mangiare solo con voi, papà – conclude poi.
Peeta strabuzza gli occhi, e io devo portarmi una mano alla bocca perché quello che ha detto il nostro bambino, mi ha talmente colpita da commuovermi.
Vedo mio marito portarsi al petto Marco, e stringerlo con così tanto amore che non posso fare a meno di alzarmi dalla poltrona e unirmi all’abbraccio.


* Mi riferisco all'ultimo capitolo di Dormire Insieme!



 
Ecco qui il terzo capitolo di questa raccolta.
Eh, che dire.. so che devo ancora rispondere a tutte le vostre recensioni ma sono stata colta da un'ispirazione improvvisa e non mi sono potuta fermare..ahah, mi è piaciuto tantissimo scriverla.
Se qualcuno è rimasto incuriosito dai nomi, ecco i motivi.
Talia: è un nome di origine greca che significa periodo di fioritura; mentre il nome Marco è semplicemente un nome che amo profondamente.
Spero davvero che vi sia piaciuta, e come al solito vi prego di recensire.
Per chi la seguisse ma non se n’è accorto, ho aggiornato anche “Ah, il liceo!” un paio di giorni fa.
Grazie a chiunque mi farà contenta lasciando una recensione.
Sogni d’oro, fandom!
  
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