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Autore: CowgirlSara    29/10/2004    1 recensioni
Un enorme palazzo, un giardino e un labirinto, un fantasma forse. Un giallo tradizionale, con un protagonista non convenzionale. Un storia forse un po' banale, ma è il mio primo giallo!
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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V° parte

V° parte

 

Uscirono dalla galleria e, dopo aver attraversato il lungo corridoio che portava alle scale, scesero per la stretta rampa. Mentre scendevano il granduca si rivolse a Felipe:

"Sapete, ripensandoci, è vero."

"Cosa?" la curiosità dello spagnolo si fece subito sentire.

"Che mio cugino, tornato dal nuovo mondo, era molto debole e disse di essere stato male, laggiù." Continuò il granduca.

"Questa non è che una conferma del fatto che non può essere lui il colpevole."

"Non avrò pace finche non scoprirò la verità." Felipe lo scrutò: guardava davanti a se con la fronte nobile e lo sguardo severo del guerriero.

Sentirono dei passi e così si fermarono. Gli venne incontro un paggio, con un messaggio: doveva raggiungere il suo studiolo al più presto possibile, c'era un grana da sbrigare. Allora il granduca scese un'altra rampa di scale, poi spostò un arazzo e spinse la parete, penetrando in un passaggio. Felipe si appoggiò al muro sbigottito. Eppure avrebbe dovuto sapere che poteva esserci un passaggio segreto, in tutti i palazzi ce n'erano, anche in quello di José. Ora si spiegavano molte cose: il presunto fantasma che spariva nei muri; e poi Costanza poteva avere ragione, forse Paolo stava davvero salendo, quando lo vide con lei. E soprattutto qualcun altro poteva aver ascoltato la sua discussione con Lucrezia, avvenuta nel pianerottolo sottostante, scomparendo poi attraverso il passaggio.

"Aguilon, vi sentite bene?" gli chiese il suo ospite.

"Si, eccellenza. Soltanto che il venire a conoscenza diretta del passaggio segreto, appena aperto da voi, potrebbe essere fondamentale nelle mie indagini. Grazie al vostro gesto ho appena scoperto come fa il 'fantasma' ad apparire e scomparire come un vero spirito. A proposito: ci sono altri passaggi, non è vero?" Felipe aveva ripreso colore e vigore.

"Certamente. Ma, ne parliamo dopo. Adesso ho fretta. Posso lasciarvi?"

"Non ci sono problemi." Rispose. Anzi rimanere solo gli avrebbe consentito di riordinare le idee. Il conte Paolo era stato ormai scagionato, ma Felipe aveva la sensazione che una tessera del mosaico fosse fuori posto, e riteneva che fosse quello il motivo per cui non riusciva a vedere il quadro nella sua chiarezza.

Non poté, però, portare a compimento le sue intenzioni, poiché Costanza lo pregò di cenare con lei. La donna non voleva rimanere sola con il dottore ed il cugino. Il giovane non le negò la sua compagnia.

La cena fu silenziosa; solo il dottor Penarosa parlò un po', annunciando d’essere prossimo alla partenza. D'altronde i suoi malati in Spagna aveva già fatto a meno di lui per troppo tempo.

Quando ebbero finito di mangiare, Felipe e Costanza, andarono a fare una passeggiata nel parco. Ora che ne conosceva la pianta a memoria, lo spagnolo poteva attraversare tranquillamente il labirinto. Si fermarono a parlare su un sedile vicino alla statua di Icaro; Aguilon ne guardava la base, sapendo che era la tomba di Maddalena. Non disse niente alla sua accompagnatrice, sapeva che le donne, anche con le migliori intenzioni, spesso si lasciavano sfuggire i segreti. Si salutarono con un bacio; il giovane decise che era il massimo da chiederle quella sera.

Finalmente Felipe poté restare solo. Si sdraiò sul letto, dopo essersi spogliato, e cominciò a pensare. Il conte Paolo era innocente: le sue risposte sincere, il fatto che non aveva segni sul corpo, almeno in punti visibili, e la sua mancanza di conoscenza per il nuovo mondo lo scagionavano. Ma cos'era che non convinceva lo spagnolo?

Il fantasma? Era provato che non esisteva. La colluttazione con Lucrezia? L'assassino l'aveva realmente avuta. 'Spero di non aver avuto figli illegittimi aveva detto il granduca. Perché quella frase continuava a tornargli in testa. Testa. La parrucca; o meglio le parrucche. Cos'avevano che non andava. A Roma. Chi altro, oltre Paolo, vi si recava spesso? Doveva essere una persona che, per un motivo o per l'altro, andava in quella città, che era stata nel nuovo mondo, e che conosceva il palazzo ed il giardino a menadito. Ma chi? Chi poteva essere. Figli illegittimi. A Roma, ai fori romani vendono le parrucche. Ma come faceva, Tommaso, a sapere che le vendevano proprio lì? Si sarà informato dalle persone che conosceva in città. Il granduca lo inviava molte volte in vaticano. Tommaso. No. Però quell'uomo era così freddo, impassibile; ma dietro quegli occhi verdi così distaccati, Felipe, aveva individuato un'intelligenza sottile e calcolatrice. Giuste caratteristiche per un efficiente segretario. Occhi verdi. Figli illegittimi. Non era possibile: Tommaso lavorava per il granduca da anni, ed egli gli accordava la sua fiducia smisurata. Serpi covate in seno. Era stato proprio lui, con queste parole, ad accusare il conte della congiura. Occhi verdi. Come erano simili quelli della bella Costanza e del fratello. Da chi li avevano ereditati? Non capiva il perché di queste divagazioni, la mente dell'uomo era proprio strana. Sì che lo capiva.

Felipe si alzò dal letto, infilò la camicia ed uscì dalla sua stanza, ben deciso a recarsi nella galleria dei dipinti. Quando ci arrivò cominciò, alla fievole luce del candelabro, ad osservare da vicino ogni quadro che si trovasse davanti; in special modo quelli del padre e della madre del granduca. Guardava un quadro, poi si sedeva e rimuginava. Poi ne guardava un altro e di nuovo si sedeva. Andò avanti così fino all'alba. Quando il giorno spuntò, lo spagnolo era scoraggiato, non aveva trovato quel particolare che cercava; aveva solo appurato che il granduca e la sorella avevano ereditato gli occhi dal padre. Decise di tornare a dormire, ma mentre si avviava la sua attenzione fu colpita da in piccolo ritratto, messo in un angolo: si trattava di un mezzo busto di donna. Era bella, somigliava a qualcuno, ma non avrebbe saputo dire a chi.

"Buongiorno, signor Aguilon!" una giovane servetta gli era arrivata alle spalle. "Era molto bella, la madre del signor Tommaso. Non trovate anche voi."

"Questa è la madre di Tommaso?" chiese lo spagnolo.

"Sì, è morta tanto giovane, poverina." Rispose la ragazza.

"Gli somiglia molto, ma gli occhi non vanno bene…" Felipe stava osservando il quadro sempre più intensamente mentre un grosso sorriso gli si stava stampando in faccia. "No, questi non sono gli occhi di Tommaso." Disse infine, ridendo. Poi si voltò e diede un bacio sulle labbra alla fanciulla.

"Voi siete il miglior buongiorno che potevo desiderare!" le disse.

"Ma via, signor Aguilon…" la serva era imbarazzata. Ma non fece in tempo a dirgli altro, poiché il giovane era già andato via.  

Felipe tornò nella sua camera e decise di dormire almeno un po'. Si svegliò per andare a colazione, ma scoprì che era quasi ora di pranzo. Così, dopo essersi preparato, scese per raggiungere gli altri nel salone. Costanza gli chiese dov'era finito, Felipe, imbarazzato, si giustificò con una notte in bianco. Alla fine del pasto lo spagnolo fermò il granduca.

"Eccellenza." Gli disse, traendolo in disparte. "Avrei bisogno che voi e vostra moglie faceste una cosa per me."

"Di che si tratta, Aguilon?" chiese il suo ospite.

"Ve ne parlerò più tardi. Vediamoci nel vostro studiolo nel pomeriggio. Da soli."

"Non temete, Felipe, sapete che per me, la riservatezza su questa storia, è fondamentale."

"Allora a dopo. Adesso devo parlare con una persona." Il giovane aveva un'aria misteriosa. Il granduca lo guardò perplesso, allontanarsi.

 

Il giorno successivo, dopo che Aguilon aveva parlato con il granduca, la servitù lo passò a preparare un banchetto di festa. E quella sera, il sovrano, sua moglie ed i loro graditi ospiti, compreso il dottor Peñarosa, si sedettero a tavola per una cena favolosa. La granduchessa e Costanza erano bellissime, per la gioia dell'esteta Felipe, ed anche per quella degli altri ospiti. Tutti sembravano molto allegri, specie il giovane spagnolo. Costanza pensò che fosse per il troppo vino.

Nel bel mezzo del pasto, quando le portate si susseguivano gustose, il granduca si alzò ed attirò l'attenzione dei commensali picchiando il calice con una posata.

"Miei cari ospiti!" disse. "Ho organizzato questa serata con voi, per festeggiare la ristabilita salute della mia adorata consorte, la granduchessa Isabel. Ringrazio, con questo pasto, tutti voi per l'affetto che ci avete dimostrato e ne approfitto per…" porse la mano alla moglie, che si alzò al suo fianco. "…annunciare che è prossima la nascita del tanto sospirato nostro primogenito e speriamo che Dio ci conceda un maschio!" mentre il granduca pronunciava queste parole, Felipe, osservava le reazioni alla notizia sui volti degli ospiti. Quando il padrone di casa ebbe finito di parlare tutti i presenti batterono le mani, gioiosamente. Costanza si alzò per baciare la cognata, e Aguilon propose un brindisi.

La serata continuò con bevute, canti e balli. Ballò perfino la granduchessa. Tutto terminò con un bellissimo falò nel piazzale di ghiaia del giardino. Felipe decise che all'assassino ci sarebbe voluto un po' di tempo per riordinare le idee, perciò rischiò accettando il malizioso invito di Costanza nelle sue stanze.

Quando, al mattino dopo, la donna aprì gli occhi, Felipe era già vestito e sedeva su una sedia sotto la finestra, nella flebile luce dell'alba, accarezzando una parrucca castano scuro. La guardò mostrandole l'oggetto, poi sorrise e disse:

"Dovreste farmi un favore, questa notte."

"Non vi sono bastati quelli che vi ho fatto la notte passata?" chiese adagiandosi contro i cuscini. Il giovane sorrise complice. Lasciò la sedia per il bordo del letto e rispose:

"Quello che vi chiedo ora è un po' più pericoloso."

"Credo di avervi dimostrato che non sono una donna timorosa. Parlate adesso."

 

CONTINUA...

 

   
 
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