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Autore: shanna_b    14/04/2008    2 recensioni
“Dottore, dove va l’amore? Me lo dica, per favore. Adesso. Me lo dica. Dove va l’amore che si prova? I sentimenti che ci sono dove vanno? Sono perduti? Si dissolvono come ombre al sole? O l’amore va da qualche parte? E dove?”
“Non lo sappiamo. E non lo sapremo mai. Per questo vogliamo morire.”
La Shannonite è una malattia pericolosa che cambia la vita in maniera radicale e può, in certi casi, diventare cronica. Scoprite come.
Dedicata a mia cognata Deborah e a tante mie amiche che hanno un attacco di questa malattia (vale anche come Jaredite, eh...). Ho provato a scrivere quello che si prova in questi casi e questo ne è uscito. Ed ovviamente mi sono inventata tutto!! Shannon+Jared Leto non mi appartengono (acc...), non li conosco (acc...) e non ho la minima idea di come siano (acc...). Non l'ho scritta a scopo di lucro, ma solo per me e per chi la voglia leggere. Grazie a chi la leggerà e lascerà un commento.
Questa ff ha visto il Best Male, Best Plot, Best Romance e il Readers' Choice nel Contest "Never Ending Story Awards" primo turno.
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Shannon Leto
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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OGGI – parte seconda

 

“Ma sei sicuro? Non è che ci rapinano o cose del genere?” Jared era piuttosto perplesso e si rivolse al fratello con il suo solito piglio anche se un po’ meno sicuro.

Shannon si bloccò in mezzo alla strada sterrata e si girò a fissarlo, con la pazienza già quasi sul punto di esaurirsi: “Cazzo, Jay, cosa vuoi che succeda? Siamo in Bolivia, nel bel mezzo del nulla, non ci conosce nessuno e in questi mercatini di paese, stranamente i turisti pullulano e c’è polizia ad ogni angolo. Ci facciamo un giro e poi torniamo in albergo per la cena.”

“Boh, se lo dici tu…” Jared non era proprio convinto.

“Ma sì. Magari ci trovi ispirazione per il prossimo video. Non hai voluto vedere com’erano le Ande? Dopo la Cina e l’Artide, non volevi le cime nevose inviolate? Beh, questo è quello che ci sta intorno.” Shannon allargò le braccia.

            “Sì, è vero, ma… non so… c’è qualcosa di strano…” Jared si grattò la testa, pensieroso, con un’espressione sconcertata.

            “Sì, il blackberry che non prende bene. E` quello che ti fa star male. Lo lasciassi in albergo quel coso…” Shannon soffocò una risatina, scuotendo la testa, e si diresse a passo deciso verso l’interno di un mercatino etnico, incassato tra due colline verdeggianti.

Nessuno faceva caso a loro: i due uomini sembravano due semplici turisti, in maglietta e pantaloni jeans strappati, con il berretto da baseball calcato sulla testa e gli occhiali da sole. Shannon teneva l’immancabile macchina fotografica al collo e ogni tanto scattava qualche foto al paesaggio e alla gente, mentre Jared si guardava intorno in cerca d’ispirazione, l’inutile blackberry in mano.

Il mercatino pullulava di gente. I turisti si limitavano a guardarsi intorno incuriositi, mentre gli abitanti del luogo si ammassavano intorno alla bancarelle per comperare o scambiare merci di tutti i tipi: da prodotti alimentari, in qualche caso di dubbia natura e provenienza, a stoffe, da strane medicine a radioline che funzionavano a manovella, senza bisogno di elettricità, e Shannon si mise a pensare, ridendosela tra sé e sé, a come si sarebbe comportato suo fratello con un blackberry a manovella!

Donne, bellissime nei loro tratti andini, con il bimbo addormentato appoggiato sulla schiena avvolto in coperte multicolori, uomini con l’asino stracarico di merce, bambini che portavano pacchi più grandi di loro, con i visi sporchi e gli occhi brillanti: questa era la realtà, lì in Bolivia. I colori erano stupefacenti e l’aria era purissima, come fosse luminosa.

Una gioia per gli occhi e per lo spirito. Un guardare la vita da un’altra angolazione, anni luce lontana dalla loro.

Ad un tratto le bancarelle finirono e uno spiazzo sterrato si trovava davanti a loro. Vuoto. Come se nessuno avesse il coraggio di calpestarlo. Un cerchio di gente stava attorno a … cosa? Jared si sporse oltre la testa delle persone e la vide.

Nel mezzo del cerchio di persone stava una donna anziana seduta per terra. Portava il tipico copricapo nero boliviano ed un poncho largo di lana di mille colori. Il suo viso era segnato di rughe ed i suoi occhi neri squadravano la persona seduta davanti a sé, come se volessero leggerle l’anima. Poco distante da lei, sulla sua sinistra, un piccolo falò emanava uno strano fumo azzurrognolo, profumato. Poteva essere una specie di indovina, una maga, una strega, forse una guaritrice.

Jared diede di gomito a Shannon, che si era messo a fotografare le colline.

Dopo qualche istante, l’uomo seduto davanti alla maga si alzò e se ne andò e la donna anziana si mise a guardare il cerchio di persone intorno a sé. Infine indicò una donna alla sua destra che si precipitò a sedersi dov’era stato l’uomo. La strega le disse qualcosa che i fratelli non riuscirono a capire. La donna chiamata annuì, convinta, e dopo qualche istante si alzò e si allontanò, piangendo disperatamente.

La strega cominciò nuovamente ad ispezionare il cerchio, guardandosi attorno con attenzione, in cerca di qualcun altro a cui parlare.

Ad un tratto le persone davanti a Jared e Shannon si spostarono e se ne andarono e loro si ritrovarono proprio di fronte alla donna anziana.

Gli occhi della strega si puntarono su Shannon e non si schiodarono più per un lungo momento.

Shannon si sentì come se gli stessero facendo una radiografia, scoperto, indifeso, completamente messo a nudo. Però non era una sensazione spiacevole, era come se la donna lo stesse valutando, non giudicando.

Poi la strega sollevò la mano.

“Tu.” Disse, semplicemente, in inglese.

Shannon, stupito,  si puntò un indice al petto: “Io?” chiese.

“Sì. Tu.” Gli ripeté la strega.

Shannon fece per avvicinarsi ma Jared lo prese per il braccio, allarmato. “Che fai?”

“Mi ha chiamato.”

“Ma sei  matto? Lascia perdere.”

“No. Voglio sentire cosa vuole.”

“Ma cosa vuoi che possa dirti?”

“Non lo so, ma voglio sentire. Dai, che ti importa? Stiamo al gioco, no? Cosa mai potrà essere…”

“Ma…”

Shannon si avvicinò e si sedette davanti alla strega come aveva visto fare, e Jared si mise accovacciato un po’ indietro alla sua destra, piuttosto allibito, ancor di più quando la strega gli puntò un dito contro e gli disse: “Tu. Zitto.”

Che qualcuno chiedesse a Jared di stare zitto era la cosa meno pensabile di tutto l’universo e lui infatti tentò subito di ribattere: “Ma io…”

“Zitto.” E la sua espressione  non ammetteva repliche; poi la strega si rivolse a Shannon: “Togliti gli occhiali.”.

“Perché?” Nemmeno dare ordini a Shannon era cosa semplice.

“Perché te l’ho detto io.”

Shannon rimase a fissarla per un po’, valutando se fosse il caso di alzarsi e andarsene, ma poi decise che voleva sapere, tanto per curiosità.

“OK.” Se li sfilò e li appese alla maglietta mentre la strega si mise a fissarlo in volto, stringendo gli occhi, un leggero sorriso sulle labbra rugose, annuendo.

“I tuoi occhi non ingannano. Sei tu. Proprio tu. Ora ne sono certa. Ti aspettavo da un po’.” La voce della donna si era fatta roca.

Shannon sorrise perché si sentiva un po’ preso in giro:  e come no? In mezzo alla giungla quella donna aspettava lui. Ma certo, senza dubbio. “Davvero? E perché?” Le disse.

“Perché devo dirti una cosa importante. Vuoi sentirla?”

“Certo.” Shan scosse una spalla. “Perché no?”

“Sicuro? Guarda che non è una fantasia. E` una cosa vera, reale. Poi la tua vita non sarà più la stessa.” Gli occhi della strega erano puntati su quelli di Shannon e l’uomo per un attimo si sentì un po’ a disagio.

“Shannon, andiamo…” gli diceva Jared da dietro, tirandogli la maglia.

“Se vai via non la saprai mai e potrebbe essere la cosa più importante della tua vita.” Continuò la strega.

“Voglio saperla.”

“No, Shan, no…”

La strega si rivolse a Jared in malo modo: “Zitto, tu. E` tuo fratello che deve decidere.” Jared rimase di sasso. Come faceva quella donna a sapere che erano fratelli?

Poi, rivolgendosi di nuovo a Shannon, la strega disse: “Allora?”

“Ma sì. Dimmelo. Voglio sapere.”

“Va bene.” La donna annuì e poi prese fiato, come se dovesse dire una frase lunghissima e le costasse troppa fatica.

“C’è una donna che ti ama.” Disse, semplicemente.

Shannon si girò verso Jared, si guardarono un attimo e poi scoppiarono a ridere di gusto.

“Una donna ama Shan? ‘Una’? Qualche milione di donne amano Shannon, non ‘Una’!” disse Jared, quasi tenendosi la pancia dal ridere. “Tutte le nostre Echelon ci amano fino alla follia! Nessuna esclusa!”

Anche Shannon stava ridendo, ma la strega lo fissava senza ridere, con quegli strani occhi scuri, profondi ed inquietanti, cosa che gli fece scorrere un leggero brivido lungo la schiena.

“Bene, ora direi che possiamo andare, dopo essere entrati in possesso di questa fondamentale verità.” Disse Jared, facendo per alzarsi, seguito dal fratello.

“No, aspetta.” Gli disse la strega. “Non ho finito.”

Shannon si bloccò e si rimise seduto: “Cos’altro c’è?”

La strega continuò: “Tu non la conosci, ma lei ti conosce anche più di quanto tu conosca te stesso. Il suo amore è così grande ed intenso che ti avvolge anche se tu non ne sei consapevole. Il suo spirito si è legato con il tuo perché l’amore tra anime simili non va mai perso, arriva sempre a destinazione. Tu sei distratto ed insensibile e non senti nulla, ma lei sta morendo d’amore per te.”

“Eh sì, come no?”

“Non ci credi?”

“No.”

La strega alzò una mano e la passò davanti al viso dell’uomo, mentre il piccolo falò emetteva una densa fumata azzurra più consistente. Shannon la guardava con occhi di compatimento, un sogghigno canzonatorio sul viso, ma  improvvisamente gli sembrò di sentirsi avvolgere da qualcosa, come una nebbia, un bozzolo caldo d’affetto, di comprensione, di tenerezza, di… d’amore. Il sorriso gli svanì, un brivido di piacere gli passò lungo la schiena e chiuse gli occhi, involontariamente, completamente vinto da quella schiacciante sensazione.

“Lo senti, vero? Adesso?”

L’uomo aprì gli occhi di scatto, quasi balzando indietro e la sensazione svanì: “Cosa mi hai fatto?”

“Ti è piaciuto?”

“Ma…”

“Questo è il suo amore per te.”

Amore? No, era stato solo il fumetto azzurro: “Macchè amore. Cosa c’è in quel falò?”

La strega non rispose, ma continuò: “Puoi cercarla e trovarla, se vuoi.”

“Ah, sì? E dove sarà mai?”

“Shan, non ne hai avuto abbastanza, no?” Jared cominciava a spazientirsi.

“Non lo so, ma il tuo spirito sa riconoscere il suo.”

“Non credo di avere uno spirito, qui dentro.” Shannon si toccò il petto. “L’anima non esiste. Dimmi piuttosto com’è fatta,  questa donna, visto che la conosci così bene.”

“No. Se ti dicessi che è bionda, castana, alta, magra, bassa e così via, ti direi solo l’apparenza e tu solo quella cercheresti, mentre devi guardare soltanto alla sua anima.”

“Ma andiamo…” Shannon allargò le braccia, incredulo.

“E` così e basta. Non ci sono ‘ma’… La riconoscerai quando la incontrerai. Può essere domani, può essere l’ultima ora della tua vita, può essere mai. E ora vai.”

La strega fece un gesto di commiato con la mano, ma Shannon decise che questa conversazione in fondo gli stava piacendo.

“No. Senti: ammesso e non concesso che esista, io conosco centinaia di donne, ne incontro continuamente a decine, dovrei sapere cosa ha di particolare questa donna tra le altre per trovarla, no?”

“Sha-an, la finisci o no?” Intervenne nuovamente Jared.

La strega non lo badò minimamente: “Non hai fiducia nel tuo spirito, vedo.” Disse, scuotendo la testa: “Tu in fondo vuoi credere, è una cosa in cui ti piacerebbe credere, ma nello stesso tempo non vuoi farlo. Tipico di voi occidentali, che non riuscite più ad essere spontanei, naturali. L’universo intero vi parla, ma voi non lo percepite.”

Shannon ne aveva abbastanza di quelle sciocchezze esoteriche: fece per alzarsi ma, in un attimo che parve brevissimo, la strega mise la mano sinistra dentro il falò e prese una piccola brace, mentre con l’altra mano prendeva il braccio dell’uomo.

Poi gli passò la brace ardente all’interno del polso sinistro, strofinandola sulla pelle.

Shannon gridò, più di sorpresa che di dolore, e si alzò in piedi immediatamente, liberandosi dalla stretta e affrettandosi a guardarsi il polso.

Una piccola cicatrice era ora visibile proprio sopra le sue vene: era bianca, come se fosse stata fatta da mesi, e in realtà non gli faceva alcun male. Se la toccò: era leggermente in rilievo.

Jared si affrettò a spostare suo fratello indietro con una spinta e a mettersi tra lui e la strega.

“Razza di…” tentò di dire ma per la donna era come se lui fosse trasparente: “La donna che cerchi ha una cicatrice uguale alla tua e sei stato tu senza volerlo a procurargliela.”

Shannon fece capolino da dietro Jared: “Ma cosa stai dicendo? Io non ho mai fatto male a nessuno in vita mia! Tantomeno a qualche donna.”

“E’ colpa tua invece…” La donna gli puntò il dito addosso.

“Non può essere, hai detto che non la conosco…”

La strega sogghignò: “Vai, ora. Capirai quando sarà giunto il momento. Addio.”

I fratelli si guardarono attorno: nessuna delle persone del cerchio si era mossa e tutti li stavano guardando freddamente come se quello che era avvenuto non avesse alcunché di eccezionale.

Adesso non si vedeva alcun turista e anche la polizia sembrava sparita. I Leto erano da soli: si guardarono attorno e, senza alcuna ragione reale, si sentirono ridicoli e a disagio: quello non era nel modo più assoluto il loro posto.  Cosa avevano pensato di fare?

La strega era ancora là seduta, con il suo falò, con aria innocua ed indifferente, e aveva ricominciato a guardarsi intorno.

Dopo qualche minuto, Jared e Shannon si scambiarono un’occhiata e, senza dire una parola, si avviarono verso l’albergo.

   
 
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