Questa storia si è
classificata terza al contest "Rowling,
mi chiedevo solamente..." di Moonspell,
giudicato da RoseDust.
Traditore
di ideali
Quando
Harry ti chiese perché, tremasti, Remus.
Non volevi mentire, ma ti sembrava
sbagliato anche dire la
verità. Lui non avrebbe capito, proprio come non l’avrebbe fatto James,
se solo
avesse saputo.
E non volevi insudiciare il
ricordo di Sirius, nonostante
tutto.
Ti pentisti di essere tornato alla
Tana per le feste, in una
delle rare visite che ti eri potuto permettere, lontano dagli altri
Lupi, da
quell’odio cocente che ti rendeva ferino, graffiante, una belva
affamata.
Ti pentisti perché, in
agguato, c’era ancora quella
sudicia verità, che avresti coperto col tuo stesso sangue, pur di non
doverla
svelare mai.
“Senti, Remus, è tanto che me lo
domando... Perché credevi
che fosse stato Sirius a tradire i miei genitori?”.
Eppure il giovane Potter era lì,
seduto vicino a te, lo
sguardo fermo, inconsapevolmente implorante, e aveva bisogno di sapere.
Tu non
potevi negargli una risposta, non ne avresti mai avuto le forze, e di
nuovo
odiasti Sirius e quello che aveva fatto a tutti voi.
Fosti sul punto di aprire le tue fauci
e sputare fuori il
veleno che ti logorava, che ti ribolliva acido sulla lingua, ma non
potevi.
Non davanti a Harry: uguale a suo
padre, ma con gli occhi di
sua madre, il sorriso un po’ beffardo del suo padrino.
Non volevi.
In fondo, Felpato era ancora il tuo
migliore amico, con quei
capelli ondulati e quelle iridi d’argento, fredde come monete antiche,
che ti
capivano e non giudicavano, non giudicavano mai.
In fondo, era morto, e non si getta
fango sui defunti.
In fondo, l’avevi già perdonato una
volta.
***
19
anni prima
“Ramoso,
le dai troppa importanza.”
La
voce calda di Sirius risuonò blanda nella Sala Comune
quasi deserta, provocando uno scoppio di sbuffi e lamentazioni da parte
del
ragazzo a cui l’affermazione era rivolta.
“Ah,
io le darei troppa importanza? Ma se...”.
Il
giovane Black rovesciò gli occhi grigi al soffitto,
lasciandosi sommergere dai commenti frustrati del suo migliore amico.
Aveva
stima di James, questo sì. Anzi, per onor del vero, gli
voleva tutto il bene che non riusciva ad indirizzare verso il suo
stesso
fratello, ma, nonostante quello, era esasperato.
Era ben una settimana
che lo stava tirando matto.
E
per cosa, poi? Per un bel faccino e una lingua
biforcuta?
D’accordo,
Tutto
questo affaccendarsi attorno a una donna era
incomprensibile, per Sirius Black. Tuttavia, c’era da far presente che
non
aveva mai dovuto faticare con nessuna, lui.
“Le
corri troppo dietro, non la lasci stare un attimo. È un
miracolo che non ti abbia schiantato... e sto pietosamente ignorando il
tentativo di venerdì scorso.”
Peter
ridacchiò, un suono più simile a uno squittio, puntando
gli occhietti acquosi su Sirius, che, nella sua eleganza e indifferenza
da
purosangue, gli suscitava un’illimitata ammirazione.
Persino
Remus, intento a leggere con cura un libro di
Incantesimi, si lasciò sfuggire un sorriso appena accennato.
“Ah,
Felpato, a volte vorrei essere proprio come te” borbottò
James.
In
effetti, Black non si era mai interessato davvero a
una donna.
Oh,
le spasimanti certo non gli mancavano, anche se non erano
tante quante forse si sarebbe potuto credere: una buona parte della
fauna
femminile di Hogwarts lo trovava bello, se non addirittura
irresistibile.
Quello che nessuno, però, immaginava, eccetto i suoi amici più intimi,
era che
spesso le ragazze erano intimidite dal suo atteggiamento freddo,
tiepido nel
migliore dei casi, per cui finivano inevitabilmente per comportarsi con
una
timidezza tale da cancellare la flebile attrattiva che rappresentavano
per lui.
Sirius
era sempre stato libero.
L’essere
cresciuto in una famiglia ch’era più un cappio
attorno alla gola non l’aveva fermato; i pregiudizi, le regole
fissamente
imposte, la ricchezza, non l’avevano dissuaso.
Non
si sarebbe mai lasciato ingabbiare da niente, e non certo
dall’amore.
Sirius
era un traditore di ideali.
“Beh,
per essere un po’ più come me dovresti smettere di
farle la posta come un marito geloso, James!”.
Il
tono del giovane Black era ironico, ma non troppo. Non
voleva essere offensivo, ma nemmeno approvare quel comportamento.
“Ma
abbiamo litigato...” si lagnò Potter, allungandosi sulla
poltrona con smorfie esagerate.
“E
lei non vorrà vederti” gli fece presente tranquillamente,
“Dai, Ramoso, le parlo io.”
Tre
paia di occhi sgranati si posarono sul viso pallido di
Sirius, che crollò il capo ridendo e spargendo quella matassa di onde
corvine
da tutte le parti.
In
effetti, era inusuale che s’offrisse per fare da paciere,
soprattutto perché, dal suo punto di vista, quella con Lily era una
causa persa
in partenza. Inoltre, lei non aveva più stima di lui di quanta ne
nutrisse per
James e non faceva mistero di detestare certi suoi atteggiamenti, come
passare
da una ragazza all’altra lasciandosi dietro soltanto l’ombra d’un
orgasmo
amaro.
“Non
fraintendermi, amico, apprezzo, ma non so se sia una
grande idea...”.
La
voce di Potter era giustamente dubbiosa, ma l’altro
scrollò le spalle e si tirò in piedi. Afferrò
La
fanciulla in questione stava tornando giusto in quei
momenti al suo dormitorio, lo sguardo d’un verde cristallino perso
nelle trame
del soffitto, e non si accorse di Black fin quando non se lo trovò
davanti.
Un
velo di sorpresa le adombrò il viso per un attimo, ma era
più che altro seccata.
Cercò
di aggirare l’ostacolo della sua persona, eppure, pur
non essendosi lui mosso di un millimetro per impedirle di passare, Lily
si rese
conto che non gliel’avrebbe permesso.
Sbuffò
vistosamente, ma, prima che potesse pronunciare anche
una sola sillaba, venne anticipata.
“Evans,
ti posso parlare?”.
“Lo
stai già facendo.”
Non
si premurò neanche di sembrare educata, era troppo arrabbiata.
Arrabbiata
con Severus, che si comportava come se lei non
fosse mai esistita, salvo poi consumarla da lontano con occhiate
talmente
disperate da mandarla in frantumi.
Arrabbiata
con Potter, che la tormentava e la assillava e
semplicemente non capiva – e lei sapeva, lo sapeva, che
sarebbe sempre stato
così.
Arrabbiata
con Black e con quei suoi imperscrutabili occhi
grigi, fradici di pioggia, lucenti come coltelli, irridenti ed
irrisori, e mai
del tutto sinceri.
“Sei
avvelenata, stasera” commentò affabile il Grifondoro,
“Non ti ruberò più di cinque minuti, andiamo...”.
“Arrogante!”
gli sputò contro lei, assottigliando lo sguardo
in un misto di furia ed esasperazione, “Bene, parliamo! Tanto a te non
si può
dire no e basta!”.
Non
voleva certo essere un complimento, ma le labbra del
giovane s’incurvarono in un sorriso divertito, vagamente compiaciuto.
Le
aprì la porta di un’aula in disuso con fare galante,
ch’ebbe il potere di indispettirla ancora di più, e la seguì dentro la
stanzetta fiocamente illuminata.
“Cosa
vuoi?”.
Dritta
al punto: imperiosa come una regina, feroce come una
fiera ferita.
Tanto
carattere in una creaturina così... piccola.
“Parlarti
di James, è molto...”.
“No!
Non mi dirai niente che possa interessarmi, nemmeno
lontanamente.”
“Ti
facevo più portata ad ascoltare, Evans.”
La
critica era leggera, ma c’era, e lei se ne risentì subito.
Lo fissò per qualche attimo che parve eterno, prima di volteggiare su
se stessa
e dirigersi verso un banco, i capelli rossi ch’ondeggiavano oltre le
sue spalle
come una stola di fuoco.
Si
sedette sul legno, incrociando le braccia al petto in una
posa poco paziente.
“Prego,
Black” soffiò, nel suo tono più sprezzante,
suscitandogli una leggera risata.
E
com’era bello alla luce della luna, bello e crudele,
bianco e nero, con quegli occhi che parevano argento fuso, troppo
ardenti e
troppo gelidi per appartenere ad un comune mortale.
Sirius
sembrava una statua a cui era stata infusa la vita.
Da
spezzare il respiro, ma senza un sentimento che
riscaldasse quei suoi arti di marmo. Perfetto, eppure, allo stesso
tempo,
talmente imperfetto.
Lily
era affascinata dalle sue contraddizioni, da quel
chiaroscuro che gli velava l’anima, e persino dalla scossa
d’avvertimento che
il suo corpo le rimandava ogni volta che si trovavano accidentalmente
troppo
vicini.
Come
si poteva non rimanere incantati da uno come lui?
Un
nobile decaduto, un ribelle. Qualcuno ch’aveva scelto le
moto da corsa e le ragazze in bikini, piuttosto che diventare Lord
Black, ciò
ch’avrebbe inevitabilmente odiato.
“Lo
stai facendo impazzire, Evans. Perché non la fate finita
e non provate ad uscire insieme? È un bel tipo, James.”
Una
fitta di dolore le s’irradiò nel petto.
Quella
sera aveva pensato, aveva sperato, che lui
volesse qualcos’altro da lei. S’era illusa, incrociando quel suo
sguardo
soffuso, che il momento fosse finalmente giunto, che lui avesse capito
perché
continuava a rifiutare James – anche dopo che quest’ultimo
aveva fatto di
tutto per meritarsi il suo rispetto, persino cambiare se stesso -,
e che la
cosa gli fosse piaciuta. S’era convinta che lui fosse davvero venuto a
riscuotere il suo premio.
Ci
aveva quasi creduto, per un momento soltanto, nella luce
spaccata di quel corridoio vuoto.
Ci
aveva quasi creduto...
Scattò
giù dal banco, cercando di reprimere
quell’insopportabile tremore, quella sensazione di starsi per sfaldare –
la
stessa che l’aveva assalita quand’aveva lasciato Severus fuori dalla
Sala
Comune per tutta la notte, ad aspettare un perdono che non sarebbe mai
arrivato.
“Sai
cosa ti dico, Black?” calcò sul suo cognome non per dare
fastidio, ma per fare male, “Escici tu, con quell’idiota di Potter!”.
Oltrepassò
la sua slanciata figura, ma lui l’afferrò per un
polso e le impose di girarsi.
“Lo
so che è per colpa mia, Evans.”
Quelle
otto parole disintegrarono il respiro della strega, e
quel poco di controllo che ancora aveva di se stessa.
Si
ritrasse di scatto, come se la sua presa scottasse,
cercando qualcosa da dire, qualcosa con cui smentire,
ma la voce le era
rimasta intrappolata in gola e lei non riusciva a spingerla fuori,
oltre i
denti serrati fino allo spasmo. Non ci riusciva o forse non voleva, di
sicuro
non poteva.
Balbettò
qualche sillaba, ma quell’accenno di delirio
scomparve nell’istante esatto in cui lui decise di avvicinarsi.
Lily
arretrò precipitosamente, mandando a cozzare il retro
delle cosce contro un banco. Pensò di arrampicarcisi sopra, ma sarebbe
stato
troppo, e troppo umiliante, così rimase immobile, a guardarlo avanzare
nella
sua direzione con la calma e l’eleganza di una sfinge.
Si
bloccò a pochi centimetri dal suo viso.
“Lo
so da molto tempo” mormorò, abbassando il capo e
strofinando le labbra contro il suo orecchio, mentre il cuore della
strega
impazziva e il suo respiro si spezzava.
Fu
un attimo, e i suoi denti intrappolarono la bocca di lei.
Voleva
respingerlo, voleva dire no, no e ancora no. Voleva
urlargli contro che lei l’aveva capito, che tipo era. Voleva ringhiare
che non
l’avrebbe usata come aveva fatto con Dorcas e Mary, e tutte le altre.
Voleva,
Lily lo voleva davvero, eppure le sue dita si
chiusero con violenza attorno alla stoffa della camicia di Sirius, e
lei si
trovò a ricambiarlo con ansia febbrile.
Aveva
perso troppo di recente, per non abbandonarsi al suo
segreto proibito.
Fu
tutto brusco, istintivo.
La
sollevò e la posò sul banco, una delle sue mani fredde che
scorreva sulla pelle delle sue gambe, l’altra inchiodata dietro la sua
nuca.
Le
sgualcì la divisa, lei gli graffiò una guancia. Le
conficcò i denti nel collo, lei gli fece saltare i bottoni della
camicia. Le
impresse l’impronta dei polpastrelli ghiacciati nel ventre, lei gli
s’aggrappò
rabbiosamente ai capelli.
Voleva
ferirlo, voleva lacerare, ma ogni volta
ch’incrociava quel suo sguardo ardente i morsi sfumavano in baci, la
tensione
esplodeva in desiderio e persino le unghie smettevano di scavare la sua
carne
contaminata.
Si
lasciò sfuggire un ringhio sordo quando la mano di lui
finì sotto la sua biancheria. Avrebbe voluto, ancora una volta, gridare
di no,
ma la sua bocca s’esibì soltanto in versi e gemiti spezzati.
Non
riusciva a capire se faceva più male che le piacesse così
tanto o quel suo sorriso appena accennato.
Eppure
il piacere aumentava e lei non poteva smettere, perché
avrebbe voluto dire tornare al prima, e a Sirius che spesso neanche la
guardava
– mentre adesso bruciava tanto quanto lei.
Si
riscosse soltanto quando lui si scostò per slacciarsi la
cintura, le iridi d’argento ironicamente puntate sul suo viso.
Sei
all’altezza, piccola?
Si
sentiva andare a fuoco, Lily. Un po’ di rabbia, un po’ di
passione, ed era così strano che fosse veramente
lei quella ragazza con
la gonna che ricadeva ad onde sul suo bassoventre scoperto, la
camicetta e il
reggiseno tutti in disordine, le ginocchia puntate strette contro le
anche di
Sirius Black.
Era
tutto sbagliato, tutto a rovescio, andava contro la sua
morale, eppure non poteva smettere. Forse non
ragionava più da un pezzo,
ma nemmeno la porta lasciata schiusa la frenò, mentre faceva leva sulle
braccia
e scivolava coi fianchi più vicina a lui, ch’afferrò la sua coscia nuda
come se
n’andasse della vita di entrambi.
Le
loro labbra cozzarono nel momento esatto in cui lui
forzava il suo corpo, scivolando dentro di lei con disarmante lentezza.
Ci fu
uno scoppio di dolore, il lampo d’un sorriso velato.
Sirius
la strinse tra le braccia, avvicinandola al proprio
petto, una mano ancora affondata nella sua gamba, e prese a muoversi.
Piano,
a fondo, e sembrava così tanto una danza, ma senza
tutte quelle formalità. Lily poteva aggrapparsi al suo collo e baciarlo
quanto
voleva, e ansimare e persino spingere contro di lui, e nessuno avrebbe
mai
saputo che non era mai stata in grado di ballare senza crollare
sgraziatamente
a terra. Lui sorrideva e basta, il respiro solo un po’ increspato.
E,
con la testa rovesciata all’indietro e la sua bocca sul
collo, e quel ritmo che cresceva, cresceva, cresceva e palpitava,
Lily
le capiva, Mary e Emmeline e tutte le altre – le capiva proprio.
–
Sembrava davvero che mi amasse, e invece era solo il suo
modo di fare l’amore. –
Più
di tutte capiva Dorcas, ma scacciò quel ricordo amaro
dalla propria testa, smise di pensare e si limitò soltanto a sentire,
lui e tutto quel piacere che sapeva offrire.
Non
fu difficile lasciarsi andare all’estasi, soverchiante e
invadente e inebriante, e lui la seguì dopo qualche altra spinta.
Il freddo fu
terribile, dopo.
Lui aspettò soltanto
di calmare il proprio cuore impazzito, poi si scostò e
prese a sistemarsi, senza guardarla, senza condividere quel terribile gelo.
“Evans, dà una
possibilità a James.”
Ma quello fu persino
peggio e a Lily sembrò di nuovo di sfaldarsi, di precipitare
– e dovette trattenersi per non piangere davanti a lui.
Si rivestì
rapidamente, ma la furia ardeva così forte, così vendicativa, e lei
non sapeva cosa fare, cosa voleva.
“Per
me James non è niente, se non un corteggiatore
asfissiante... Ma è il tuo migliore amico!” una pausa dolente, “Che
razza di
persona sei?”.
“Sono
senza cuore, Evans, fattene una ragione. Sono un
traditore di ideali.”
Non si voltò a
guardarla mentre scappava fuori dall’aula, ma non poté ignorare
il soffio rauco, tranciato, di quella voce così conosciuta.
“Non
guardarmi così, Lunastorta. Adesso sceglierà lui.”
“Ma lo farà per i motivi sbagliati,
Sirius! Lo farà perché
non può avere te, perché tu le hai spezzato il cuore! Come hai potuto
pensare
che sarebbe stato abbastanza?”.
“Dovrà bastare.”
Gli occhi castani di Remus si
sgranarono quando si rese conto
che Sirius non sentiva niente.
Sirius era troppo bello, troppo
indolente.
Sirius non aveva barriere di alcun
tipo, non lo si poteva
mettere in catene, non gli si potevano imporre dei freni.
Sirius era di ghiaccio, se di mezzo
c’era l’amore. Ma il
ghiaccio ferisce, brucia, scotta come fuoco sulla pelle nuda.
Sirius non poteva fare a meno di
sgualcire ogni cosa bella
che incrociava sul suo cammino.
“Traditore di ideali...” ripeté Lupin,
con un fremito della
voce solitamente ferma.
“Un complimento da parte del mio
adorato fratello.”
Remus iniziava a sentire freddo.
Tutte quelle parole così vuote, così
prive di inflessioni...
Dov’era il suo migliore amico? Quello che rideva e scherzava e aveva
quella
luce giusta – giusta per se stesso, giusta per loro –
negli occhi?
Chi era quell’estraneo che
s’allacciava la camicia e che lo
fissava con uno sguardo inumano, reso luminoso soltanto dalla luna?
Chi era l’uomo che s’era
calato nel corpo dell’eterno
amore del suo amico, senza un briciolo di pietà?
Lupin gli rivolse un’ultima occhiata
spezzata, prima di
voltarsi e dirigersi verso la soglia spalancata.
Non riusciva neanche a guardarlo.
“Non lo dire a Ramoso, Remus. L’ho
fatto soltanto per lui.”
“No, Sirius, no” la rabbia oscurò la
sua voce per un attimo,
“Tu l’hai fatto perché detesti le imposizioni, le catene. L’hai fatto
perché
per te l’amore non vale niente. L’hai fatto perché sei così schiavo di
te
stesso da non riuscire a controllarti.”
Felpato si accorse di avere le mani
velate di sudore freddo,
le strinse in pugni doloranti.
“Io non lo dirò a James, perché non lo
merita. Non avrebbe
mai meritato questo, Sirius, non da te. Morirò per questo segreto, se
vuoi, ma
almeno non fare finta di essere stato altruista, è
troppo oltraggioso
persino per i tuoi standard.”
E, se non aveva fatto male il sangue
della Evans, la porta
che sbatteva fu un’agonia.
***
Avevi guardato gli occhi verdi di
Harry – verdi come la
speranza che non avevi più, come quella che Sirius non aveva mai
neanche
assaggiato – e ti eri dipinto un sorriso sottile in viso.
Un sorriso che faceva male, che tirava
e sfilacciava tutti i
tuoi muscoli, ma abbastanza verosimile da ingannare quel ragazzo buono,
che non
meritava altro dolore.
“Erano tempi difficili, Harry. Si
riusciva a dubitare del
proprio migliore amico, immaginati...”.
Avevi mentito e avevi riso, certo che
quella bugia ti si
sarebbe riverberata nelle orecchie fino al giorno della tua morte.
Ma questo ed altro, per Sirius... no,
non per Sirius.
Per Harry, per James.