3.
La
donna dei miei guai
Il
banchetto di quella sera rasentò la perfezione. Gli invitati non erano molti,
l’atmosfera informale, e l’aria che a tratti soffiava dalle grandi finestre del
salone dei ricevimenti aveva un profumo che presagiva l’imminente arrivo di
venti più miti.
Erin
trascorse quasi l’intera cena a dialogare con Frigga degli inverni midgardiani
e con Thor delle più recenti visite di quest’ultimo alla giovane astrofisica
del New Mexico, alternando scoppi di risa a gustose sorsate di vino speziato.
Spesso tentò di coinvolgere il marito nella conversazione, ma sembrava che Loki
fosse assorto in ben altri pensieri: era serio, lo sguardo distante, e si degnò
di rispondere laconicamente solo per non insospettire la consorte prima del
tempo. Inoltre l’irlandese era di ottimo umore e assai bella, adorna di un
semplice abito del colore del cielo al tramonto che le ricadeva fluido lungo i
fianchi e le lasciava nude le spalle, e il Dio degli Inganni godeva enormemente
di tale vista.
Tuttavia
non si lasciò distrarre, e mentre i musici di corte, a pasto terminato,
intonavano una ballata sulle gesta delle Valchirie, prese da parte Odino con
estrema discrezione:
«Padre,
debbo chiederti di venire con mia madre, mio fratello e mia moglie in una sala
privata, lontano da possibili orecchie indiscrete.» mormorò, appena udibile tra
canti e voci.
Il re
abbassò il calice d’oro che aveva in mano e lo guardò:
«Vuoi che
abbandoniamo i festeggiamenti senza dare spiegazioni? Non intendo turbare le
genti di corte senza un dichiarato motivo, Loki, non stasera.»
«Possiamo
attendere che prendano congedo, ma ciò di cui intendo discutere è di vitale importanza
per il regno intero.» disse il principe, brusco; «A te la scelta.»
L’occhio
di Odino saettò nella luce ambrata dei fuochi accesi, carico di apprensione
improvvisa, ed egli affidò il proprio bicchiere a un valletto di passaggio per
poi prendere il figlio sottobraccio e condurlo in un angolo più appartato,
vicino alle finestre:
«È
accaduto qualcosa di grave?» s’informò in fretta, e l’altro per un istante si
compiacque dell’ansia che colse nel suo tono, dimentico di averla provata lui
stesso di fronte a Býleistr.
«Non
ancora, padre, non ancora. Accadrà però se non mi darai ascolto.» rispose.
«Non ho
mai detto di non volerti dare ascolto.» precisò il Padre degli Dei, e Loki non
riuscì a capire se fosse dispiaciuto o allarmato; «Vado a chiamare tua madre e
ad avvisare i dignitari che ci ritiriamo. Parleremo nei miei alloggi.»
Così si
separarono, e il dio dai capelli neri tornò da Erin – la quale era convinta che
sarebbero rimasti alla festa il tempo sufficiente per strappare un brano
danzereccio ai musicanti e che dunque non fu entusiasta nell’apprendere le
novità. Tuttavia non insistette, poiché lui appariva troppo inquieto per
ritenere che si trattasse di una questione da poco. Thor fu invece semplice da
convincere e seguì solerte i due sposi fuori dal salone illuminato.
«Quale
passaggio mi sono persa, stavolta? Sono forse sorti problemi diplomatici nel
cazzeggio cui ci stavamo dedicando fino a dieci minuti fa?» se ne uscì caustica
l’irlandese frattanto che percorrevano di buona lena i corridoi deserti del
palazzo. Si era dimenticata di poggiare la propria coppa di vino da qualche
parte e ne approfittò per bagnarsi la gola.
Nessuno
dei due asgardiani le rispose, probabilmente per ragioni diverse, e
continuarono a camminare di fronte a lei fino a raggiungere le camere di Odino
e Frigga; la musicista di Galway fece spallucce e tenne loro dietro seguitando
a bere, mentre i principi istruivano i soldati di guardia e attendevano i
sovrani sulla soglia. Stava cominciando a innervosirsi, e non per la la brusca
interruzione della cena: come il resto della famiglia reale sentiva di essere
all’oscuro di qualcosa, e il silenzio ostinato di Loki, che di solito non la
riguardava, non le piaceva per niente. Se v’erano guai in arrivo non
l’avrebbero solo sfiorata, suppose.
«Cosa
accade di tanto urgente?» domandò la regina entrando nella stanza.
«È ciò
che anch’io vorrei sapere. Quando abbiamo conversato questo pomeriggio parevi
sereno, figlio.» aggiunse il re nel chiudere la porta. Le loro cinque sagome si
stagliarono riflesse sul pavimento bronzeo, assieme alle fiamme dei lumi e
delle torce, e da lontano giunsero i suoni del banchetto, ben riconoscibili
nella quiete notturna.
«E lo
ero. Quello di cui vi sto per mettere al corrente è avvenuto poco dopo la
nostra conversazione.» disse il Dio degli Inganni a braccia conserte; Erin aprì
la bocca per intervenire, ma il marito la prevenne e proseguì: «Ho colto
movimenti estranei presso uno degli ingressi segreti alla reggia e mi sono
immediatamente recato a controllare di chi o cosa si trattava. Ho aperto uno
spiraglio, e da esso un esiguo manipolo di jotun si è affacciato.»
«Giganti?»
proruppe Thor in un ruggito strozzato. Nonostante indossasse vesti morbide e
non avesse Mjölnir con sé, le sue mani si serrarono d’istinto in pugni
rabbiosi: «Stai forse dicendo che alcuni jotun sono penetrati ad Asgard e tu
non hai dato l’allarme, fratello?»
L’altro
non si lasciò impressionare né dalla sua furia né dal gelo che sembrava essersi
impossessato delle membra e delle espressioni di Odino e Frigga; la donna
d’Irlanda si limitò a inarcare entrambe le sopracciglia e a tracannare l’ennesimo
sorso di vino.
«Non ho
dato alcun allarme perché erano in troppi, una mezza dozzina, e mi avrebbero
attaccato prima che potessi farlo.» mentì Loki, che aveva già pianificato di
non lasciarsi sfuggire nemmeno una parola su Býleistr; «Inoltre il loro intento
era dichiaratamente quello di convenire con me, pertanto ho ritenuto saggio
assecondarli e udire la loro ambasciata.»
Il Padre
degli Dei sedette pesantemente su di un seggio imbottito:
«Volevano
convenire con te a proposito di cosa?»
domandò in un soffio, e se nel suo sguardo Erin lesse qualcosa di molto vicino
allo sgomento, né a lei né al principe ingannatore sfuggì il lampo di sospetto
che balenò invece in quello ormai vigile del Dio del Tuono.
Loki
inspirò a fondo, pronto a sciorinare loro il discorso più o meno onesto che si
era mentalmente preparato prima e durante il ricevimento di corte.
«Di
un’alleanza. Un accordo volto a schiacciare Asgard una volta per tutte, a
vendicare la morte di Laufey e la tentata distruzione di Jotunheim.» esordì; «Mi
hanno offerto un trono, il potere, chiedendomi in cambio di aprire un varco per
il loro esercito ed invadere così il Reame Eterno. Non mi hanno dato ragioni
per pensare che sappiano che sono stato io a compiere le efferate azioni per
cui reclamano vendetta. Credono anzi che sia stata opera di Thor e che la mia
caduta dal Ponte sia stata una conseguenza del fatto che ho cercato di
fermarlo.»
«Come
possono essere tanto sciocchi?» grugnì il biondo, stupito.
Il dio
dai capelli color del buio ebbe la tentazione di sorridere: «Sanno chi sono e
da dove vengo. Qualunque Gigante di Ghiaccio, per quanto stolto, troverebbe più
plausibile che colui che li ha colpiti sia il figlio di Odino, piuttosto che il
perduto erede del loro sovrano. Non sanno con esattezza cosa mi accadde da
infante, non sanno che non li ho mai considerati la mia gente, e certo non ho
affermato il contrario di fronte a loro.»
«Significa
che hai accettato il loro accordo? Sei forse impazzito?» lo aggredì Thor, la
voce pericolosamente gutturale, agguantandolo per una spalla.
«Se
avessi opposto un netto rifiuto adesso non sarei qui.» replicò Loki a denti
stretti, pur mantenendo la calma: «E poiché non hanno alcuna intenzione di
desistere è meglio giocare d’astuzia per evitare il peggio. Fingere per
attirarli in una trappola, convincendoli che la trappola sia a vostro danno. È
ciò che feci per sconfiggere Laufey.»
«E tu sei
l’esperto intergalattico dell’astuzia.» commentò Erin debolmente da dietro il
calice, strappando al consorte una brevissima occhiata d’intesa ammiccante.
Odino si
rialzò, raggiungendo Frigga che si torceva le dita, e scosse il capo:
«Stai
dicendo che vuoi ingannarli, che agirai come se tu fossi loro alleato per poi
debellarli? Non sarebbe più semplice se tu non rispondessi alla loro proposta?
Hanno bisogno del tuo aiuto per passare attraverso i sentieri oscuri, perciò se
rifiuterai saranno bloccati.»
«Non
desisteranno tanto facilmente. Le vie segrete sono molte e neppure io le
conosco tutte, e potrebbero sempre cercare altri alleati dotati di navi da
guerra con le quali attaccarci dal cielo, come avvenne con Thanos e le sue
truppe. Non possiamo rischiare. Inoltre,» rispose il Dio degli Inganni, «desidero
batterli in maniera definitiva.»
E sebbene
non desiderasse mostrargli pietà o comprensione, quel sedicente fratello di
sangue comparso dal vuoto di stelle e oscurità continuava a incuriosirlo suo
malgrado.
Thor
mollò la presa sulla sua spalla, l’espressione di nuovo pacata:
«Non hai
torto, fratello, ma ci servirà un piano perfetto. Come vorresti muoverti?»
«Andrò su
Jotunheim regolarmente con il pretesto di fornire loro informazioni e dettagli
sul palazzo, sull’assetto dell’esercito, sui nostri punti deboli. È ovvio che
non dirò loro la verità, e al contempo studierò la situazione bellica degli
jotun, osserverò le loro mosse e incontrerò i loro generali. Quando verrà il
momento di aprire loro la strada per attaccare Asgard crederanno di trovare gli
Æsir impreparati e liberi i sentieri che portano dentro la reggia, e così non
sarà.» illustrò Loki, la voce vibrante, fissando i suoi interlocutori, e dai
loro visi attenti capì di averli in qualche modo convinti. Restava una cosa da
sistemare.
«Tutto
questo puzza di guerra lontano un miglio.» disse l’irlandese.
«E guerra
sarà, Erin. Sarà pericoloso, e mi sentirò più tranquillo se non sarai qui
finché non sarà finita.» la interpellò allora il marito cogliendola di
sorpresa.
Il re, la
regina e il Dio del Tuono guardarono alternativamente i due coniugi, perplessi,
e la flautista lanciò un’esclamazione poco ortodossa: «Se non sarò qui? E dove dovrei essere, su Midgard in
esilio come voialtri? Perché cazzo non posso restare?»
«Sì,
Erin, su Midgard. Ogni potenziale nemico tende a considerare le spose e le
compagne altrui come punti deboli da sfruttare, e non voglio che ti accada
niente.» fu la risposta.
Lei fece
una smorfia e sbatté con violenza il bicchiere vuoto sopra una cassettiera:
«E sarò
più al sicuro sulla Terra che ad Asgard, dove ci sono fior fior di soldati con
le armi anche nelle braghe e dove ci sei tu?
Non prendermi per i fondelli, Loki.»
Il
principe le andò vicino e le cinse i fianchi con entrambe le braccia:
«Sulla
Terra dove gli jotun non verranno mai a cercarti, qualora volessero farlo.»
sottolineò in tono più sommesso; «Dove non ci saranno scontri o attentati alla
tua persona.»
«Ho già
combattuto, se non sbaglio. E perché dovrebbero attentare alla mia persona?»
sbuffò Erin senza però liberarsi dall’abbraccio. Eccoli, i guai, pensò stizzita,
e la prospettiva di starsene per giorni e giorni a Boston, o a Galway, da sola
e senza poter tornare, le chiuse la bocca dello stomaco. Si era disabituata a
stare separata dal suo ingannatore divino.
In quella
Frigga si fece avanti, interrompendo con garbo la loro discussione:
«Erin,
purtroppo mio figlio dice il giusto. Nei terribili giorni dell’assedio del
Folle Titano fosti costretta a impugnare le armi e lottare, ma in questo caso
puoi evitarlo. Puoi scegliere, e attendere in sicurezza che la battaglia passi.»
interloquì; «Sei una dama, sei un membro della famiglia reale, e devi essere
protetta. Se fosse possibile io stessa mi allontanerei da Asgard.»
L’irlandese
si rilassò appena e Loki dedicò un cenno di ringraziamento alla madre – e
dacché Thor e Odino annuirono a loro volta, la musicista comprese che
concordavano con la regina e che avrebbero sostenuto l’idea del principe
cadetto di mandarla sul pianeta natìo.
Pertanto sospirò
e dette un paio di colpetti sul petto del consorte:
«Pare che
siate tutti del medesimo, saggio avviso. Mi arrendo. Quando dovrei partire?»
«Quanto
prima. Domani, tra due dì al massimo.» disse lui.
«Prima
Loki inizierà ad agire e prima tutto questo finirà.» soggiunse il re.
«Nel bene
o nel male.» borbottò Erin, e con ciò uscì a precipizio dalla stanza.
I sovrani
e i principi restarono in silenzio a guardarsi, a disagio, accompagnati dallo
stacchettare furioso della flautista nel corridoio e dalla calma finalmente
calata sul palazzo e sui bastioni. I festeggiamenti dovevano essere terminati.
«Se me lo
consentite, vorrei seguire la mia sposa.» annunciò il Dio degli Inganni.
«Naturalmente,
figlio. Parleremo più avanti dei dettagli del tuo piano.» assentì il Padre
degli Dei con un accenno di sorriso. Tuttavia il suo occhio era grave, e così
lo furono i gesti con cui Frigga e il Dio del Tuono salutarono il congiunto
mentre se ne andava, l’ombra dell’ansia e del sospetto che incupiva loro i
tratti.
Erin si
fermò a metà corridoio, il fiato corto. Aveva praticamente marciato fin lì, la
fronte aggrottata, e solo un refolo di vento freddo insinuatosi tra le colonne
la fece riscuotere: era giunta in un punto di slargo del camminamento, una
sorta di corte rotonda delimitata su ambo i lati da un porticato aperto da cui
si vedevano le stelle e il cielo color pece della notte.
La donna
d’Irlanda abbassò il capo, mirando la propria immagine che si specchiava nel
pavimento ricco di decori, e si sentì improvvisamente molto stanca. Aveva la
gola secca.
«Erin.»
si udì poi chiamare dalla voce profonda di Loki, e sollevò di nuovo la testa;
si girò verso di lui e lasciò che la raggiungesse, e notò che sembrava
preoccupato, per quanto egli potesse esserlo per sua indole. Una risatina
nervosa le scappò dalle labbra:
«Avanti,
dolcezza, dimmelo. Cosa c’è sotto?» gli domandò.
«Come ti
viene in mente che sotto ci sia dell’altro?» glissò l’asgardiano.
La risata
dell’irlandese si fece più convinta e ironica: «Dubito che tu voglia mandarmi
su Midgard soltanto perché temi per la mia vita.» rispose.
«Che io
sia maledetto se riesco ancora a nasconderti qualcosa, moglie.» rise il dio di
rimando, sfiorandole una guancia, ma subito tornò serio e si accinse a
rivelarle quel che aveva taciuto al resto dei familiari – se non tutto, almeno
una buona parte; «Ho posto due condizioni agli jotun, e da loro due me ne sono
state poste. Una concerneva lo Scrigno degli Antichi Inverni, che ovviamente
rivogliono indietro. L’altra riguardava te, ed è sciocca e inquietante al
contempo e non ho potuto ignorarla. I Giganti ritengono che colui che, nel loro
disegno, regnerà con loro su Asgard e Jotunheim, non debba avere al suo fianco una
donna mortale, un’umana, e vogliono che mi liberi di te. Che ti ripudi.»
La
reazione di Erin non fu esattamente quella che Loki si aspettava. Non gridò,
non diede in escandescenze, non imprecò neppure: sollevò il sopracciglio
sinistro con aria scettica e mise le mani sui fianchi, riflettendo, e lui
attese paziente che parlasse, appena divertito.
«Ecco
perché vuoi che vada su Midgard, per far credere a quei bastardi che hai dato
loro retta. Come mai sono così interessati a me? Sei certo che non ti abbiano
preso per il culo?» chiese.
«Cosa
intendi dire, Erin?» indagò il principe, colto alla sprovvista.
«E se
fosse una trappola? Se fosse un modo per allontanarci, dividerci e magari
colpirci? Insomma, cosa gliene frega del nostro matrimonio? Proprio perché sono
una fottuta mortale non capisco cosa gliene venga se mi mandi via adesso o no.»
Suo
malgrado, l’asgardiano trovò che l’ipotesi della donna d’Irlanda fosse fin
troppo sensata; eppure ribatté: «E perché vorrebbero nuocerti? No, Erin, penso
che tale condizione sia volta a testare la mia fedeltà di alleato. Magari
tenteranno di propinarmi una sposa jotun, in questi giorni, e io starò al gioco
fintanto che sarà necessario.»
«Assecondarli, la parola d’ordine di
questa primavera.» sillabò lei.
«Non ti
perderò mai di vista.» le sussurrò Loki all’orecchio, e la musicista si
abbandonò contro la sua spalla, finalmente vinta dalla stanchezza e dal
languore.
«Quali
sono le condizioni che hai posto tu?» provò comunque a domandare, ma era ovvio
che il suo divino sposo non le avrebbe detto altro, al riguardo, per quella
sera. Le sue labbra le scivolarono sul collo, baciandoglielo piano sino alla
base, ed Erin convenne tra sé che quel nuovo argomento di conversazione era
assai più allettante del precedente. La decisione era ormai presa, e avrebbe
più avanti scoperto il resto.
«Vado a
farmi un bagno caldo, marito.» lo stuzzicò a sua volta.
«Allora
ti attendo nelle nostre stanze. Scambierò ancora due parole con Odino.»
Si
salutarono con un sorriso carico di sottintesi, poi l’irlandese riprese il
proprio cammino lungo il corridoio deserto, diretta alla sala delle abluzioni
adiacente ai loro alloggi, il nodo alla bocca dello stomaco trasformatosi in un
piacevole fuoco danzante che le mandava il cuore in gola. La malinconia e
l’inquietudine dettate dalla situazione attuale la punzecchiavano, e lei scelse
di non dar loro soddisfazione, presa com’era da ben diversi pensieri.
Nell’anticamera
la aspettavano alcune ancelle che la aiutarono a togliersi l’abito del colore
del cielo al tramonto e a sciogliersi la complicata acconciatura. Quindi si
ritirarono, augurandole la buonanotte e portando via il vestito, ed Erin entrò
nel salone da bagno con indosso solo la sottile tunica di seta che le faceva da
sottoveste: i bracieri ardevano già, e l’acqua placida della grande vasca
incassata nel pavimento ne catturava i bagliori delle fiamme; il vapore saliva
in lente volute verso il soffitto, lambendo le pareti, e tutto era in pace e
soffuso come la luce che permeava l’ambiente. D’un tratto si udì un tintinnare
leggero di vetro e la flautista si voltò verso l’angolo meno illuminato della
stanza con un piccolo sussulto:
«Non
dovevi andare da Odino, tu?» esclamò.
«Ho mentito.
Volevo farti una sorpresa.» le rispose il marito alzandosi dallo scranno su cui
sedeva, la voce bassa e sorniona; reggeva due coppe colme di vino ed era nudo,
eccezion fatta per il telo di lino chiaro che lo copriva dalla vita alle
ginocchia, e mentre le si avvicinava Erin si disse distrattamente che certi
suoi poteri, come quello che lei seguitava a definire “teletrasporto”, erano
invero una grande invenzione. Poi Loki si fermò, porgendole un calice e
guardandola negli occhi, e prima che il fuoco che le bruciava dentro la
travolgesse, la donna d’Irlanda gli fu grata per quelle attenzioni: capì che
era il modo in cui il consorte la salutava e le chiedeva perdono in vista del
periodo che avrebbero trascorso lontani l’uno dall’altra e dei pericoli che
avrebbero potuto incontrare – o forse no, dacché era pur sempre il Dio degli
Inganni, ma di sicuro erano attenzioni che lei non avrebbe mai rifiutato.
In
silenzio bevvero il vino speziato, e quando i calici furono vuoti l’asgardiano
si chinò a baciarla. Lentamente e senza interrompere il contatto discesero i
gradini sommersi della vasca, entrando nell’acqua calda, e lui si liberò del
telo che gli cingeva i fianchi lasciandolo galleggiare altrove; Erin si alzò
sulle punte dei piedi, mordendogli piano il labbro inferiore, e gli passò le
dita tra i capelli: gli erano cresciuti, arrivandogli di poco oltre le spalle,
e a lei piacevano da morire. Il principe la strinse a sé, e l’irlandese fece
scivolare una mano sul suo petto e giù fino all’inguine e prese ad
accarezzarlo, e Loki rovesciò indietro la testa con un sospiro. Era
dolorosamente bello, così ardente e languido, la bocca dischiusa, e tale era
Erin con la tunica di seta ormai completamente bagnata che le sottolineava le
forme e col viso proteso verso quello del consorte: il desiderio e la voglia
che reciprocamente provavano non erano diminuiti col passare del tempo, e ciò
riusciva ancora a stupirli.
Allora il
dio tornò a catturarle le labbra con le proprie, e sollevandole la veste la
spinse contro il bordo della vasca che unendosi direttamente al muro formava
una sorta di panca lambita dall’acqua. Si baciarono nell’aria tiepida e umida
sino a non avere più fiato, e lei sedette sull’orlo aprendo le gambe, e lui la
sfiorò con maestria sulle cosce tese e in mezzo a esse e risalì al ventre, ai
seni, alle spalle e alle braccia, e quando raggiunse i suoi polsi sottili
glieli bloccò ai lati della testa per una manciata di istanti: si beò di ogni
singolo dettaglio che i suoi occhi colsero nel mirare la moglie, dalle gocce
sulla sua pelle alle sue ciglia frementi, e segretamente ne fece tesoro per i
giorni a venire. Poiché tutto era un’incognita, e nemmeno il Dio degli Inganni
sapeva con chiarezza quel che sarebbe potuto accadere.
E continuando
a serrarle i polsi fece aderire il proprio corpo al suo e le fu dentro: Erin
sorrise e insieme gemette, la schiena premuta sulla parete, e si sentì liquida
e rovente come l’acqua che tranquilla s’infrangeva attorno a loro. E Loki in
lei si mosse come solo lui sapeva, senza fretta e con fermezza, e la musicista
di Galway quasi gridò cantando, il respiro che le si mozzava in gola e il cuore
che ne prendeva impazzito il posto. Cercò con urgenza la bocca del marito e impetuosamente
la fece sua, e lui le tolse le dita dai polsi per abbracciarla – e ancora
spinse e in lei si mosse come solo lui sapeva, e lei ancora lo baciò.
E quando
il fuoco li ebbe divorati e il piacere colmati, il principe non la lasciò
andare: scivolarono nell’acqua avvinghiati, in ginocchio e immersi fino alle
spalle, felici di aver goduto l’uno dell’altra come mai si sarebbero stancati
di fare.
Note
Mi diverto fin troppo a immaginarmi la vita di corte di Asgard – o il cazzeggio di corte, se vogliamo dirla à la Erin.
E mi diverto ancora di più a descrivere le scene d’amore tra i nostri
coniugi Bindolo, come mi piace chiamarli: come già nella Majestic, ciascuna di esse "marca" un preciso momento
della storia, e d’altronde il lato fisico è un tratto fondamentale della loro
relazione. Spero non risultino eccessive e che vi facciano sognare ;)
Altro passo fondamentale, la conversazione con la regal famiglia
asgardiana, che più avanti avrà più spazio e il cui rapporto attuale col Dio
degli Inganni sarà approfondito. E ritroveremo anche altre vecchie conoscenze.
Il titolo del capitolo (per la prima volta in italiano, udite udite!) è lo
stesso di una canzone della Band del Brasiliano, gruppo in cui suona il mio
principe consorte e con il quale spesso anche io collaboro: facciamo funky e
colonne sonore anni ’70, principalmente, e se vi va vi consiglio di dare un’occhiata
alle nostre varie pagine Facebook/Sound Cloud/eccetera.
Come brano di sottofondo per la scena finale, invece, ci vuole
assolutamente Heaven dei Depeche
Mode.
Ne approfitto per ricordare il mio piccolo tumblr
in cui colleziono le grafiche e i disegni relativi a Erin e Loki. E
do il benritrovata! alla cara Blue_Moon :)
Passate un ottimo weekend, o voi, e ci sentiamo la prossima settimana.
Ossequi asgardiani!