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Autore: TeoGuitarman    26/10/2013    1 recensioni
Matthew. Un sedicenne dislessico, iperattivo e con qualche problema a scuola. L’unica cosa che non lo fa odiare da tutti è la sua grande dote per il nuoto. In questo primo capitolo accadono cose assurde. Acqua che fa cose inaspettate.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Poseidone
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rewind: Nel capitolo precedente Matthew ha scoperto la sua discendenza e i poteri che ne comporta. L'avevamo lasciato dormiente sul suo letto con la musica che usciva dagli altoparlanti del suo iPhone.


Era finita un’altra settima di scuola e di solito nel mio giorno libero o andavo in giro con mia sorella e ci svagavamo assieme, oppure stavo da solo a casa a suonare la mia chitarra, oggi però non ne avevo voglia dato che ero ancora scioccato dalla notizia di ieri. Vicino casa mia però, c’era un bosco in cui io e mia sorella giocavamo. Una volta, perdendo il pallone ci addentrammo e scoprimmo un torrente limpido con dei pesciolini al suo interno. A differenza di Katherin io ne rimasi affascinato. Visto il mio giorno libero da studio e dalla scuola, decisi di andare a torrente e vedere se era solo un sogno e che quello che era successo fosse solo frutto di uno scherzo della mente. Mi alzai dal letto e ripresi subito l’iPhone sul cuscino mettendomelo in tasca. Uscendo dalla camera trovai mia sorella davanti la porta della mia. Non volevo nessuno che disturbasse il momento in cui avrei riprovato a utilizzare i miei poteri, ma Katherin non era quel “nessuno” e a mio parere lei doveva sapere per il semplice fatto che nessuno nascondeva nulla all’altro.  Nulla! « Andiamo da qualche parte Matt?» Disse lei sorridendo. La guardai «Andiamo al torrente?» Risposi convincente. Lei mi guardò per qualche minuto, andò in camera sua e ne uscì in tenuta da escursione, di sicuro non era un no. Avvisammo mamma e Valentine che io e Katherin stavamo andando al torrente e quindi ci avviammo.
 
Conoscevo bene la strada e qualcosa mi attirava verso quel luogo, come una forza magnetica che attira un metallo. Arrivai con un distacco su mia sorella e mentre l’aspettavo mi avvicinai al torrente. «Poseidone! Poseidone! Voglio parlarti! » Nessuno rispose e arrivò mia sorella dopo pochi secondi dopo «Matt cosa stai facendo?» chiese lei stupita vedendomi inginocchiato accanto al torrente. «Kat aspetta e vedrai.» Tenevo le mani sull’acqua. Non succedeva nulla. L’attesa era snervante. Crack! Un ramo calpestato. Mia sorella era accanto a me e quindi lei non poteva essere, ma chi altro? Solo noi conoscevamo il torrente. Mia sorella si girò prima di me e gridò alla vista di due zombie. Una voce mi disse all’improvviso «Fallo Matthew. Fa ciò che devi!» Non riuscivo a capire da dove venisse la voce, gli zombi emettevano una specie di grugnito, mia sorella era terrorizzata, l’unica soluzione plausibile era che Poseidone mi avesse parlato. Non sapevo esattamente cosa stessi facendo, ma allungai la mano verso gli zombi, si udì uno scroscio d’acqua e vidi un getto riversarsi contro di loro. Mia sorella rimase allibita, ma non c’era tempo per parlarne visto che due essere immondi ci stavano attaccando. «Sono zombi, solo un discendente di Ade può ucciderli.» Eccola nuovamente la voce di Poseidone. Aveva ragione, i forti getti d’acqua con facevano nulla a quegli essere immondi. Più mi sforzavo di abbatterli, più loro si rialzavano. Alzai una sorta di barriera acquatica e vidi mia sorella attraversarla e sparirci dietro. «No! Kat!» Gridai. Abbassai la barriera e vidi mia sorella tornare accanto a me e gli zombie a terra. “Solo un discendente di Ade può ucciderli” ripensai. «Come hai tatto. Voglio dire Matt, hai comandato a tuo volere l’acqua.» Disse Katherin sbalordita. Io dovevo esserlo, non lei. La guardai «Tu come hai fatto!» Dissi euforico. Lei portò lo sguardo sui suoi scarponi. «Non lo so. Ho sentito di farlo.» Mi rispose. Ne ero certo, dovevamo parlare con mamma. Le misi un braccio attorno, l’avvicinai a me e la riportai a casa
 
Quando arrivammo, mamma e papà erano già in cucina, se lo aspettavano, avevano inteso tutto da come eravamo entrati sbattendo la porta. «Mamma, papà dobbiamo parlare.» Disse mia sorella arrabbiata. Questo non era un bene «Cos’è questa storia che uccido zombi e sento voci? Matt invece come fa a comandare l’acqua a suo piacimento?» Continuò alzando sempre più la voce e alterandosi maggiormente a ogni parola. Mia madre e mio padre la fissarono e a quanto pare nessuno dei due era deciso ad aprir bocca «Sei figlia di Ade. Io sono figlio di Poseidone. Ok so che sembra strano ma è cosi, altrimenti come spiegheresti questi strani eventi?» Sbottai esasperato. Quello che fece mia sorella subito dopo mi lasciò allibito. «Ti odio mamma. Valentine tu non sei mio padre!» Lanciò un vaso contro il muro e corse in camera sua, l’unico luogo dove si sfogava. Vidi Valentine abbattuto, mia madre col cuore spezzato. «Faccio io papà, porta mamma a fare un giro, gioverà a tutti e due.» Mi rivolsi ai miei genitori mentre iniziavo a pulire la stanza.
 
«Katherin aprimi sono io, Matthew.» Dissi bussando alla porta. Nessuno rispondeva o apriva quindi continuai a bussare fino a quando da dietro la porta Katherin non gridò spazientita. «Vai a farti fottere Matt.» Era davvero su di giri , ma il fatto che mi aveva chiamato Matt era già qualcosa di positivo. «Ok vado a farmi fottere ma devi pur mangiare qualcosa, guarda ti lascio del sushi fuori la porta.» Conclusi appoggiando il piatto e le bacchette in terra. Bussai alla porta e scesi le scale. Mentre mangiavo il sushi in cucina, sentii la porta aprirsi e il piatto essere alzato da terra, questo significava che si stava calmando. Salii le scale e andai a mettermi alla porta con la schiena appoggiata su di essa. Scrissi un biglietto: “Ehi come stai? Io sono andato a farmi fottere, tu hai placato le tue paturnie? Io sono qui fuori la porta, se vuoi aprimi non me ne vado da qui.” Lo feci passare sotto la porta e aspettai che lei mi rispondesse o mi aprisse la porta. La porta! Sentii la chiave girare e la porta aprirsi e, poiché ero appogiato su di essa caddi all’indietro e vidi il volto di mia sorella con gli occhi gonfi e rossi e un sorrisino nel vedermi li a terra. Rialzandomi lei si andò a sedere sul letto, io chiusi la porta, mi misi a sedere accanto a lei e le avvolsi un braccio sulle spalle. «Ehi piccola, dove sta il carattere duro della mia sorellina capitana delle cheerleader?» Iniziai sorridendo. e mi guardo, pose la testa sulla spalla e mi abbracciò. «So che è difficile, ma devi calmarti. Ok che Valentine non è nostro padre, ok che abbiamo padri diversi ma stessa madre, ok che credevi di avere una vita normale a parte la dislessia e l’iperattività, ma devi pensare che la vita che hai fatto fino a ora era quella diversa, che quella normale è questa che hai appena conosciuto.» Continuai cercando di convincerla. Le asciugai le lacrime sulle guance e ripresi. «Era Valentine che ti rimboccava le coperte, era Valentine che ti leggeva le favole della buonanotte, era Valentine che ti portava fuori a comprare il gelato, era Valentine che ti medicava quanto ti sbucciavi il ginocchio. Sapeva di non essere nostro padre, ma si è comportato come tale io come tale continuerò a trattarlo. Non posso dimenticare le cose che ha fatto per me, i consigli che mi ha dato. E tu che quando eri piccolina, lui ti coccolava. Non ti chiedo, o meglio non ti obbligo a trattarlo come prima, ti prego solo di provare a pensarci, ok?» Le annui. Presi un foglio e scrissi qualcosa in greco. «Leggi.» Dissi. «È greco, io non conosco il greco e poi sono dislessica.» Rispose lei dubbiosa, guardando però il mio sguardo si decise. «Ok. Io sono figlia di Ade.» La guardai. «Ecco, hai visto? Non era vera propria dislessia.» Le dissi sorridendo. Lei mi abbracciò. «Sorellina, pensavo, ma se sono figlio di Poseidone e tu figlia di Ade e loro due sono fratelli, io e te siamo anche cugini.» Ridacchiamo entrambi e la strinsi a me coccolandola.
 
La porta di casa si aprì e io e mia sorella uscimmo dalla sua stanza, vidi lei scendere le scale di corsa e andare ad abbracciare tutti e due. «Scusate, vi voglio bene.» Guardo Valentine e dopo averlo baciato sulla guancia gli disse «Scusa papà.» Vidi Valentine e la mamma commuoversi e io lanciai un occhiolino a tutti e due. Katherin andò in camera sua e io scesi da mia madre e mio padre, perché per me era mio padre. Non mi fecero parlare che dissero grazie. «Ehi, questo è il mio dovere, il dovere di un figlio e di un fratello.» Risposi. Loro mi abbracciarono. Salii in camera mia e mi misi a sentire gli AC/DC sull’iPod. Con le cuffiette mi isolavo e mi addormentavo meglio, poggiai la testa sul cuscino e mi addormentai. Domani finiva scuola e mamma mi aveva promesso una cosa. Questo significava: Campo Mezzosangue!
  
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