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Autore: REDRUMILLA_    26/10/2013    2 recensioni
Harry Styles e Louis Tomlinson sono due ragazzi tutto fuorchè normali. Harry è un indeciso cronico, si aggrappa a chi gli è vicino per vivere e, pur provando in tutti i modi a dare una ragione a tutto quel vuoto che sente dentro di lui più passa il tempo e più si sente inadatto, solo, incompreso.
Louis invece é un ragazzo rabbioso, incazzato con il mondo, con il padre drogato e alcolizzato, con la vita che gli ha giocato un brutto scherzo. Il bullo della scuola, quello che tutto ammirano per la bellezza ma disprezzano per lo spinoso carattere da duro. L' unica cosa in comune che questi due esseri così diversi hanno è un semplice, quanto contorto rapporto di familiarità. Sono fratelli.
Come puó complicarsi ulteriormente un rapporto ormai compromesso? Come puó peggiorare l'irrecuperabile?
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[Larry] [Successivamente Ziam]
Se siete sensibili o facilmente influenzabili evitate di aprire!
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate, Violenza
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"Breve" riassunto dello scorso capitolo:
Harry Styles e Louis Tomlinson sono due ragazzi tutto fuorchè normali. Harry è un indeciso cronico, si aggrappa a chi gli è vicino per vivere e, pur provando in tutti i modi a dare una ragione a tutto quel vuoto che sente dentro di lui più passa il tempo e più si sente inadatto, solo, incompreso. Louis è un ragazzo rabbioso, incazzato con mondo, con il padre drogato e alcolizzato, con la vita che gli ha giocato un brutto scherzo. Il bullo della scuola, quello che tutto ammirano per la bellezza ma disprezzano per lo spinoso carattere da duro. L'unica cosa in comune che questi due esseri così diversi hanno è un semplice, quanto contorto rapporto di familiarità. Sono fratelli. All'età di 9 anni per Hazza e 12 per LouLou sono stati allontanati per il divorzio dei proprio genitori. Si erano giurati di ritrovarsi, di continuare a vivere la loro maniacale voglia di completarsi a vicenda, il loro vivere in simbiosi. Ma questo non è avvenuto. Il più grande ha evitato di scrivere messaggi, di presentarsi alla porta del più piccolo, suscitando in quest'ultimo odio represso verso di lui. Cercando conforto e appoggio, cercando la sua figura, in qualsiasi ragazzo che in qualche modo potesse somigliargli. Arriva un giorno in cui egli deve trasferirsi per colpa del lavoro della madre. Li il mondo del povero Harry si capolverà ancora una volta perchè nella sua stessa scuola il fratello Louis è il capo. Harry non reagisce bene a tutto questo ma viene coinvolto senza volere in una "combutta" contro di lui da parte del maggiore. Finisce per entrare a far parte dei "Funny Night" il gruppo rock del fratello, come voce solista, Decicendo di provare una convivenza forzata. Tutto questo si travolge quando Harry trova le lettere del fratello nascoste in scatoloni dimenticati e ritrovati durante il trasloco.. Avviene un incontro fra i due sul tetto della scuola, Harry capisce che non può esistere senza Louis e si abbracciano. Ma quest'ultimo suscita in Harry qualcosa che va oltre il semplice affetto. Quando sua madre annuncia la cena imminente con il fratello e il padre spregevole che li ha abbandonati non ci vede più e corre dal proprio ragazzo che, durante la lontanza da lui, si era dimostrato poco comprensivo, a differenza delle aspettative di entrambi. La storia finisce con l'arrivo del riccio in casa di Nick.
 
Buona lettura, 
Capitolo 7: Pace



Harry Styles 
 
Mi guardai intorno. Ero appena corso fuori città, carpendo il primo treno che mi si è parato davanti e sono arrivato qui.
Speravo Nick mi avrebbe sollevato il morale, col suo odore penetrante, i suoi capelli morbidi al tatto e il suo umile sorriso sbieco.
E invece alla porta, ad aprirmi, non apparve la persona per cui avevo una cotta, la persona con cui avevo passato l’intero ultimo anno ad Holmes Chapel.
No.
Lui non era il Nick che ricordavo. Era diverso.
O forse l’unico cambiato ero io, finalmente consapevole di quello che provavo e di chi avevo davanti.
Una persona meravigliosa, generosa anche se di poche parole, avevo di fronte a me il ragazzo che mi aveva permesso di uscire dal guscio, di poter esprimere apertamente la mia sessualità, senza vergogna alcuna.
Lui era il mio eroe.
Forse ero io ad aver confuso questi due sentimenti: Ammirazione e attrazione.
Forse sin dall’inizio non ho mai provato nulla per lui.
Il nostro primo bacio, la nostra prima volta, il battito del mio cuore a tempo con i nostri fiati.
No, non mi ero sbagliato.
Sono solo cambiato.
E forse, in questo momento, la presenza di Nick nella mia vita, allontanandoci, si è fatta non più così necessaria.
E’ diventata di importanza secondaria, come un piccolo granello in un enorme deserto sterminato.
Da quanto non ero più capace di mantenere un rapporto con una persona, con LA persona più importante della mia vita?
Pensai subito a dare tutta la colpa a mio fratello che, rientrato a schianto nella mia vita, si era portato via l’unica cosa che mi teneva collegato al vero me stesso.
O meglio, al me stesso che si era ricostruito pezzo per pezzo raccogliendo i frammenti sparpagliati da quest’ultimo.
Ma ripiegai velocemente l’intera colpa su di me. Per quanto molte volte quel cretino di Lou fosse stato una presenza necessaria, quanto mancante, nella mia vita, avevo deciso di metterci una pietra sopra e riprovarci.
Alla fine sono uno smidollato.
Uno smidollato che mentre abbraccia il suo presunto ragazzo pensa a suo fratello.
La persona col suo stesso cognome, i tratti così diverti, ma lo stesso sangue.
L’essere più sbagliato per il quale prendersi una cotta.
Louis Tomlinson, il bullo bastardo che si è preso gioco di tutti in quella scuola, anche del sottoscritto.
E’ solo che, i suoi occhi, fissi su di me, come a cercare di penetrarmi e scoprire quello che sento, quello che provo, sono il mio tallone di Achille.
Quelle dannatissime pietre a seguire ogni mio movimento. A scrutare ogni mio minimo imbarazzo.
A fissare le mie gote rosse, consapevoli di avermi arrecato non poco imbarazzo.
Quel ragazzo rude, quanto conscio di come prendermi, si stava ripetutamente prendendo gioco di me.
E io ero caduto nel suo tranello, quello di riunirmi a lui.
Ma forse nemmeno Louis si sarebbe immaginato che io avessi superato questo scoglio e fossi arrivato subito a quello successivo.
A quello erroneamente malsano.
Provavo un attrazione verso di lui, un attrazione di quelle classiche.
Battito accelerato, mani che sudano, la solita cosa.
Era riuscito a farmi provare un sentimento così forte in un solo abbraccio, capace di farmi dimenticare del tutto del mio presunto amore per Nick.
E adesso mi ritrovavo stretto nel suo abbraccio, senza ben sapere cosa fare a pregare che quel contatto finisse presto.
Che potessi tornare il prima possibile fra le braccia di mio fratello e potergli sorridere come una volta, nascondendomi nelle sue piccole spalle.
“Nick” ruppi il silenzio, rimuovendo le sue mani dai miei capelli.
“Dimmi Harry..” accennò un sorriso e si staccò da me.
Si diresse in salotto e mi chiese di accomodarmi.
Nick non era stupido, lui già sapeva.
Mi prese dolcemente la mano, come a darmi forza.
A quanto pare sapeva che non sarebbe funzionato, non avevamo mai provato a stare separati per così tanto tempo ed il mio amore si era rivelato troppo debole.
Troppo debole per sopportare gli scossori da parte di Louis.
Ero un debole, e non potevo mentire a Nick, non se lo meritava.
“Io..Non sono un tipo fatto per le relazione a distanza..” dissi sommesso. Mi vergognavo, sapevo di aver tradito la persona che più ammiravo, il mio tutto.
Per un attimo rimase muto, non parlò, mi fissò semplicemente con sguardo interdetto quanto consapevole.
Lui non voleva, lui non avrebbe voluto.
Lui sapeva cosa voleva dire amare qualcuno, da star male.
L’unica sua colpa era essersi innamorato di una persona malsana come me.
Bacata, con un attaccamento ossessivo ad una figura assente ormai dalla mia vita, almeno fino a poco tempo fa.
Amore.
Cosa vuol dire Amore? Io non lo sapevo.
E, tristemente, l’unica cosa che mi riporta minimamente alla parole “Amore” erano le carezze di un piccolo Louis, impaurito quanto me, in una delle nostre fughe notturne per correre nella casa nell’albero.
Non ero mai stato un bambino normale.
E adesso di certo non sono un adolescente del tutto apposto.
“Va bene.” Mi disse solo quello.
Abbassò lo sguardo, fissò rapidamente le sue scarpe e la porta.
Capì subito che quello non era più posto per me.
Camminai con la testa china fino ad arrivare alla porta, voltandomi solo un attimo a fissare la sua faccia afflitta.
Il suo sguardo rivolgersi alla nostra foto sulla mensola accanto alla televisione e il suo volto abbassarsi di nuovo.
Sommesso.
Ero una persona pessima, ma non potevo mentire.
Prima di chiudermi dietro la porta lo guardai di sbieco e sussurrai qualcosa che sicuramente arrivò alle sue orecchie.
“Scusa Nick, ti am—“ Non potei finire la frase che me lo vidi al muso.
Lo sguardo fisso su di me, come a volermi sbranare.
E urlò.
“Ti amo? Hai la faccia tosta di dirmi che mi ami? Ti avrei lasciato benissimo andare se tu non mi avessi detto questa stronzata.” Sputò.
“Amore? Tu lo chiami amore questo sentimento? Quello che ti ha portato a scaricarmi dopo poco che sei arrivato a scoprire che tuo fratello è a scuola con te?” continuò.
“Tu sei malato Harry. Sei malato.
E’ tuo fratello, lo sai? Non è un ragazzo come me! Che ti puoi fare e poi lasciare quante volte vuoi!
Lui è del tuo stesso sangue, siete PARENTI!” urlò, sottolineando quella parola finale.
Abbassai la testa.
Lo sapevo, sapevo che mentendogli un'altra volta avrei peggiorato la situazione.
Che sciocco.
“Cosa pensi di fare adesso? Dopo 16 anni ti rendi conto che provi qualcosa per tuo fratello? MA SEI STUPIDO?” disse.
Arretrai velocemente per cercare di chiudere la porta che ci separava. Non volevo sapere.
Non volevo che qualcuno mi dicesse questo.
Non volevo sentirmi dire la verità.
“Pensi di poter andar li e dirgli: “Ehi! A me tu piaci tanto, vuoi metterti con me, fratello mio?”  è una cosa anormale Harold, lo sai.” Si calmò, riprese il fiato e levò la sua mano dalla porta per permettermi di uscire.
La realtà, sbattuta in faccia con così tanta forza fa male.
E io non ero in grado di sopportarla.
“Basta.” Dissi con un velo di fiato.
“Addio Nick.” Conclusi chiudendomi la porta alle spalle e cercando di rinnegare l’accaduto.
Ripetevo alla mia testa che non c’era bisogno di preoccuparsi, che a me non piaceva mio fratello; Ma più le parole di Nick rimbombavano nella mia testa e più concretizzavo che non erano bugie.
Non si era inventato nulla.
A me piaceva mio fratello.
Questo pensiero fu l’unica cosa che balenava nella mia testa, o almeno, fino all’arrivo a casa.
Dove mi avrebbe atteso una madre furibonda e due parenti indesiderati.


Louis Tomlinson

L’aria era pesante in casa Styles, le gemelle erano a casa di amiche, Lottie aveva deciso di far compagnia a mia madre e Fizzie era beatamente sdraiata davanti alla televisione con le cuffie alle orecchie.
Il tavolo era imbandito di cibo acquistato qualche ora prima, preso in qualche ristorante all’ultimo momento.
Harry non c’era.
Harry non era venuto.
E io mi sentito solo, e incapace di domare un possibile litigio.
La mamma di Harry, cioè, mia mamma, era visibilmente scossa, avrebbe sicuramente preferito che fossimo il più possibile distanti da quel tavolo, da quella casa, dalla città, addirittura in un altro universo.
Era una situazione imbarazzante.
Le rughe sul volto di mia madre lasciavano percepire che erano effettivamente passati molti anni e, il seno appena pronunciato di Lottie mi ricordava che io non ero stato presente per assistere alla sua crescita, ne a quella di Fizzie, ne a quella delle, ai tempi neonate, gemelle.
La casa era molto accogliente, anche se non avevo un severo criterio di valutazione, considerando la topaia in cui sono costretto a vivere.
Le pareti erano di un acceso arancione e il ripiano rosso della cucina spiccava esageratamente.
Mi madre era sempre stata un anima artistica, non c’è che dire.
I quadri appesi alle pareti mi strappavano più di un sorriso; Il viso contento di un Harry a 13 anni, delle gemelle probabilmente per la loro prima volta a camminare sulle loro gambe e una Lottie il primo giorno di scuola.
Non mi stupì affatto mentre andavo avanti che non vi era neppure una mia foto. Neppure un ricordo di un tempo che fu. Di un tempo in cui anche io facevo parte di quella stupenda unità familiare, un passato in cui potevo seriamente definirmi parte di qualcosa.
Le riguardai tutte per cinque volte, cercando adesso dannatamente il mio volto, anche in secondo piano, anche cancellato..anche solo..
E i miei occhi si fecero lucidi.
Non feci in tempo a tramutare quella strana sensazione in una vera crisi di pianto poiché mio padre, recitando la figura del buon tutore, mi invitò ad andare a tavola.
Crisi di pianto? Io?
Che sciocchezza.
La cena fu peggio di quanto potessi immaginare.
Mio padre finse di avere un serio lavoro e, cercando di usare la poca serietà rimasta in lui, chiese come stavano le gemelle e come se la passasse Harry.
Mia mamma apparse molto diplomatica.
Alla fine quella cena non aveva senso senza mio fratello e, anche se dovevamo beatamente uscire da li al più presto, quest’ultima intraprese una conversazione niente male con quella sottospecie di essere accanto a me di tavolo e, infine, chiese addirittura come andasse la scuola.
Decisi di non mentire come quel vigliacco e sputare il rospo.
“Sono stato bocciato 2 volte, adesso mi trovo in seconda superiore e spero vivamente di passare, stavolta!” risi, per nascondere la visibile espressione amareggiata di una madre delusa.
“Ah.” Disse solo.
“Ma non preoccuparti!” Aggiunse allora mio padre, “Adesso non c’è più nessun problema, ho già chiarito con i professori e Louis si sta già calmando.” Cercò di dire, dichiarando ancora una volta falsità.
Mia madre non credette a una singola parola uscita dalla sua bocca e continuava semplicemente a scusarsi per il cambio di menù improvviso.
A dir la verità a me non dispiaceva, la carne era buona e se dovevo passare una pessima serata, almeno avrei mangiato qualcosa di decente invece che della roba pronta che mio padre avrebbe “preparato” per me.
Continuai a chiedermi dell’assenza di Harry ma improvvisamente, mi madre, stanca probabilmente della situazione tesa che si era creata, decise di aprirsi con noi.
“Harry doveva comprare il cibo per stasera ma non l’ha fatto. Ha preso i soldi che gli avevo lasciato ed è sicuramente scappato.” Disse.
Harry è scappato e quella donna non se ne preoccupa assolutamente? E’ un ragazzo fragile, emotivo ed è giovane.
In balia delle sue emozioni e..
Mi sentì improvvisamente colto da un senso di colpa incredibile.
Pensavo che avessimo risolto tutto, ma non si cancellano anni di silenzio in così poco tempo.
Le mani mi sudavano e non continuavo a capacitarmi della sua risolutezza nel raccontarcelo.
Harry potrebbe essere chissà dove, da solo.
No.
Dovevo andare a cercarlo, assolutamente.
Mi mossi velocemente verso il mio cappotto e, mentre camminavo verso la porta fui fermato per primo da mio padre, che mi disse, acidamente:
“Oh, ecco che fai il fratellino amorevole! Stento a credere che tu faccia qualcosa di buono per lui visto che non lo vedi e non lo cerchi da ben 7 anni.”
In un diverso momento l’avrei attaccato al muro e se mi fosse andato a genio gli avrei addirittura fatto esalare l’ultimo respiro ma, adesso, vi era qualcosa di più importante.
E fu così che la voce adesso preoccupata di mia madre si fece spazio e attirò l’attenzione di tutti.
“Non lo troverai. E’ andato sicuramente da Nick.” Disse sconsolata.
“Ma allora cosa aspetti? Vallo a riprendere no?!” continuai io, cercando di calmarmi.
Ma è possibile che questa gabbia di matti sembri sempre più senza speranza?
E poi, chi sarebbe questo fantomatico Nick? Cosa vuole da Harry?
“Nick è suo amico, non preoccuparti. E adesso torna a tavola.” Sembrava la mamma di una volta, la mamma severa quanto buona all’occorrenza.
Ma io non ero mai stato un ragazzo che rispettava le regole, mi era sempre piaciuto infrangerle, lo trovavo alquanto divertente, a dirla tutta.
Quindi, dopo aver appurato che mio fratello si era diretto alla nostra città natale corsi subito alla stazione.
 E lo vidi.
Era li, con le spalle malamente ripiegate sul corpo, un braccio disteso lungo il bacino e uno sguardo fisso nel vuoto. L'acqua scendeva vivace su di esso ma quello non sembrava scalfirlo, anzi, delineava ancora meglio la solitudine dipinta nei suoi occhi spenti.
Lo vidi e in quel momento in poi smisi di pensare.
Smisi di penarmi di pensieri sconnessi e di incolparmi di torti passati.
Avevo lui, Harry Styles, mio fratello, che incurante di essere visto da me, stava mostrando erroneamente il suo vero essere. Stava mostrando che in fin dei conti non era così sicuro di se stesso, non aveva affatto la soluzione sotto controllo in quel momento.
E non potei che bearmi di questa vulnerabilità, attendendo vari minuti fissando il suo vero stato d'animo rendendomi conto che potrebbe essere un immagine che potrei non godermi mai più.
Adesso era solo mio fratello, quel fragile ragazzino in balia del suo fratello maggiore irriverente.
Il piccolo Hazza che passava ore a cercare trifogli nel campo vicino a casa, che inseguiva i coniglietti alla fattoria della zia e che piangeva quando nel rincorrerli si feriva i ginocchi già doloranti per la corsa.
E da allora scollegai la mente dal corpo e le sole cose che vedevo erano le mie gambe che si muovevano a falcate  verso di lui, veloci.
Non sapevo la situazione in cui si trovava, il motivo per cui aveva rifiutato il contatto con i suoi capelli qualche ora prima e il perchè della sua fuga verso la nostra città natale.
Non capito chi era andato a trovare, non capivo chi era il presunto amico di Harry, non capivo assolutamente più nulla.
Camminavo senza la minima idea di cosa avrei potuto dirgli, di come mi sarei comportato o come avrei agito.
Arrivai davanti a lui pochi secondi dopo e, fermandomi a due spanne dal suo corpo inerme e zuppo d’acqua cominciai a dubitare della sicurezza e del controllo che avevo sempre vantato di avere.
Avevo sempre ritenuto me stesso come incapace di preoccuparsi realmente di qualcosa, provare tristezza per qualcun'altro oltre me stesso, di poter fare qualcosa di dolce per qualcuno, accortezze, preoccupazioni.
E invece lui, quel ragazzino di 16 anni che ormai avevo disimparato a conoscere, mi aveva portato a dubitare di tutto ciò.
A dubitare del Louis Tomlinson che mi ero prefisso di considerare reale.
Ero a mia volta esposto, agli sbalzi d'umore, alle labbra che tremano, al sudore alle mani, ero fottutamente scoperto.
Vulnerabile.
Rimandai i miei ripensamenti sul mio essere a qualche minuto dopo.
Posai i miei occhi su quelli enormi di mio fratello, quel verde incredibilmente affascinante quanto normale.
Milioni di persone possedevano la stessa sfumatura, la stessa cromatura ma, quelli che lui aveva erano diversi ai miei occhi.
Erano unici, speciali. Erano gli occhi che da piccolo fissavo insistentemente, che continuavo a ammirare e ed erano gli unici che riuscivano a lasciarmi senza fiato.
E poche cose da piccolo ci riuscivano.
Lui si accorse subito della mia presenza, riconobbe le mie vans rosse e nere e, sollevando lo sguardo esterrefatto, si illuminò.
Non capì subito il suo repentino cambio di umore, il motivo del quale fu come se riprendesse a vivere fissandomi a sua volta.
Non lo capì ma non potei non sorridere.
Sorrisi per secondi interi, la mia mascella doleva ma non la smetteva di piegarsi e mostrare i miei canini appuntiti.
E lui fece lo stesso. Mi offri la visione delle sue fossette delinearsi agli angoli della sua bocca, quei denti perfetti scavare fra le sue labbra e splendere in tutta la sua bellezza.
Sperai che non la smettesse più.
E quando lo fece implorai silenziosamente di ripetersi, così da poter immortalare per sempre il suo volto per non dimenticarlo.
Decisi che era il momento di iniziare a dire qualcosa.
Pensai istintivamente di chiedergli il motivo, il perchè si trovasse li,il perchè non fosse venuto alla cena e il fottuto motivo per il quale era da probabilmente un tempo infinito a fissare il vuoto sotto un acquazzone.
Ma mi sembro come spezzare l'armonia che si era creata.
Rimase a fissarmi, come un bambino al ritorno della madre da una giornata di lavoro, da una torta di cioccolato appena sfornata e addirittura come se stesse guardando la cosa più affascinante ed eteria che possa esistere.
Quindi dissi semplicemente, preso dalle mie più grandi angosce.
Quasi preoccupato di perderlo di nuovo, qualsiasi parola potesse pronunciare la mia bocca fine.
Così sibilai, cercando di nascondere l'imbarazzo.
"Ehi"
Non fini nemmeno il monosillabo che 2 braccia, già più lunghe delle mie, si poggiarono velocemente sulle mi spalle
E un “Grazie” fievole scivolò dalle mie labbra.
Sentì un sussulto ma non vi feci caso. Non mi spiegai il motivo delle mie parole e nemmeno del suo gesto perché una sensazione di familiarità, come un focolare acceso in una casa di campagna con la nonna che fa la maglia.
Assoluta pace.
Si, quello ero io.
Grazie a Harry Styles vedevo una luce infondo al tunnel, non era nulla ma un qualcosa, almeno assieme a lui.
 
 
  
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