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Autore: ithinkiloveyou    27/10/2013    6 recensioni
*Dal primo capitolo*
Ci stavamo scrutando come due animali appartenenti a specie non ancora scoperte: strani, rari ma bellissimi; ci guardammo ancora pochi secondi prima di alzarci in contemporanea e correre dalla parte opposta.
Mi voltai una sola volta, anche lui lo fece: i nostri occhi di incontrarono e si dissero cose che solo degli occhi stanchi e tristi possono dirsi.
Il mio nome è Penelope.
E oggi è morto il mio migliore amico.
--> questa è la mia prima fan fiction, spero vi piaccia.
Un saluto -ithinkiloveyou-
Genere: Dark, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Zayn Malik
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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ALONE
.


 
Tremante tornai da dove ero fuggita,sconvolta per lo strano incontro con quel ragazzo e per la notizia appena appresa. 
Non poteva essere vero, non poteva avermi lasciato così; fui scossa da un singhiozzo mentre aprivo la porta di casa: mi fermai sull'uscio e intravidi mia madre.  Raggiunsi la cucina e mi appoggiai sulla soglia della porta; mia madre mi guardò e prima che proferisse parola io la bloccai "Mamma,ti prego" ma lei non si diede per vinta "Amore,t.."
"Mamma" urlai istericamente e corsi in camera mia. Non volevo ascoltare la verità, quelle parole che avrebbero reso quell'avvenimento reale e non solo un brutto sogno. 
Mi accovacciai in un angolo e strinsi  le ginocchia vicino al mio petto cercando di regolare il mio respiro troppo veloce; mia madre mi raggiunse pochi secondi dopo e mi guardò  in silenzio per pochi minuti prima di pronunciare due parole che quasi non sentii
"Mi dispiace"
Risi. 
 "Ma che dici mamma, di cosa sei dispiaciuta? Di che parli?" dissi ridendo, risultando una pazza, ma poco mi importava.
"Senti tesoro, ci sono io qui, ok? Lo passeremo insieme"
"Mamma di cosa parli?" alzai la voce " Stai parlando di Daniel? Ma guarda che Daniel è vivo. Adesso usciamo insieme e andiamo al parco. Ci divertiremo, okay mamma?"
Non le diedi il tempo di controbattere che la scacciai dalla camera per prepararmi a quell'appuntamento inesistente. Con cura mi pettinai e mi legai i capelli in una treccia, per passare poi a truccarmi: quest'ultimo non durò a lungo a causa delle lacrime che continuavano a scendere. Mi vestii il più elegante possibile, perché agli occhi di Daniel volevo risultare bellissima.  Salterellando scesi le scale e tranquillamente mi sedetti sulla poltrona vicino alla porta principale; passarono una, due ore, sentii mio padre entrare in casa dalla porta sul retro e mi sentii addosso i suoi occhi e quelli di mia madre. 
Passò un'altra ora prima che mia madre venisse a chiamarmi per la cena.
"Mamma, non posso: Daniel non è ancora arrivato, ma tranquilla adesso arriva"  pronunciando le ultime parole la mia voce si era incrinata vertiginosamente. 
"Tesoro, vieni a cena dai...Daniel non arriverà"
"Adesso arriva" dissi "Lo giuro. Me l'ha giurato. Adesso arriva e andiamo a fare una passeggiata" 
Sentii mio padre raggiungermi da dietro, chiusi gli occhi mentre con le sue forti braccia mi abbracciava 
"Bambina mia, Daniel non arriverà."
"No, papà, me l'ha promesso. Giuro che adesso arriva. T-te lo giuro...magari si sarà fermato a prendermi dei fiori, sai com'è lui"
"Mi dispiace, bambina mia" mi strinse con più forza mentre tremante continuavo a ripetere che Daniel sarebbe tornato.
 Ma lui non tornò.
 Neanche i giorni dopo. 
Non rispose più ai miei messaggi, alle chiamate o alle e-mail. Era morto e io non riuscivo ad accettarlo: mi aveva lasciato così, durante uno degli ultimi giorni d'estate, lasciandomi ad affrontare da sola l'ultimo anno di superiori...mancava un solo anno e poi eravamo liberi, ma lui non ce l'aveva fatta e allora avrei dovuto farcela io per tutti e due. 

                           

                                               10 settembre 
La sveglia suonò riportandomi alla realtà e salvandomi dall'ennesimo incubo su Daniel. Svogliatamente mi alzai e andai a fare colazione, trovando una tavolata piena di ogni cibo e con una madre sorridente accanto: da quell'avvenimento i miei genitori mi trattavano come una psicopatica che magari avrebbe tentato di uccidersi come il suo più caro amico. 
A portarmi a scuola fu mio padre, che mi tenne d'occhio finché non fui dentro quelle maledette mura; appena entrai gli occhi di tutti si rivolsero su di me. Loro sapevano. 
Raggiunsi la segreteria quasi di corsa e chiesi il mio orario delle lezioni e il numero di armadietto: lo raggiunsi sempre molto velocemente e lo aprii, cacciandoci dentro i miei libri. Sentii l'armadietto accanto al mio aprirsi e mi girai per vedere la mia vicina o, al contrario, il mio vicino e quando vidi il ragazzo dell'incontro persi un battito. Ci guardammo per pochi secondi e senza proferire parola chiudemmo l'armadietto e ci dirigemmo da due parti opposte, per poi ritrovarci nella stessa aula ad ascoltare la lezione di algebra. 
Più volte durante quell'ora mi ritrovai ad osservarlo.  Non lo guardavo nè lo fissavo, ma bensì lo osservavo:  studiavo il movimento della sua mano che veloce scriveva sul foglio bianco le espressioni dettate dal professore, analizzavo come si mordeva il labbro, impegnato nel suo lavoro. In quell'ora ero riuscita a scoprire molte più cose di lui che durante una chiacchierata, anche se questo non potevo saperlo siccome non mi aveva mai degnato di una sua parola.
Fui risvegliata dal suono della campanella, che mi permise di ascoltare le ultime parole del professore a riguardo di qualche compito, che segnai velocemente per inseguire quel misterioso ragazzo che era appena uscito dalla classe. 
Andai a scontrarmi contro una o più persone, prima che qualcuno mi afferrasse il polso per poi girarmi in modo tale da guardarmi negli occhi: davanti a me, in tutta la sua grossezza e altezza, c'era il capo della squadra di football che, con un ghigno, mi chiese 
"Allora, biondina, dov'è il tuo amichetto gay?"
C'ero quasi riuscita, solo per quel giorno, a dimenticarmi di questo fatto, che Lucas, con solo poche parole, era riuscito a riportarmelo alla mente. Sentii gli occhi iniziare a pizzicarmi, ma con tutto il coraggio che avevo in corpo gli sputai in faccia per poi urlargli contro
"Tu lo sai. È colpa tua." 
Nel corridoi calò il silenzio e tutti gli occhi presenti in quell'area si voltarono per cercare chi fosse stato a pronunciare quelle parole.
Respiravo a fatica, mentre Lucas con fare minaccioso, mi si avvicinava: ero così vicina al suo corpo e così a portata di pugno che per un attimo pensai davvero di poter essere colpita da un suo destro, se non fosse stato per un professore che gracchiò
"Cos'è tutto sto casino? Non avete sentito la campanella, su tornate in classe! Veloci."
Guardai ancora per pochi secondi  con aria di sfida il mio avversario, per poi voltarmi e dirigermi verso l'aula di biologia, senza però perdermi le ultime parole di Lucas 
"Me la pagherai, Barker"
"Anche tu, Russel" risposi sottovoce, quasi parlassi a me stessa. 



Oibò
Ecco un altro capitolo: sappiate però che é solo una casualità, perché di solito ci metterò un pochino ad aggiornare.
Allora, sinceramente per ora la storia è un po' macabra ed anche un po' noiosa, ma siamo solo all'inizio, no? 
Vorrei comunque ringraziare chi già ha recensito :) 
Ci vediamo 
                      -ithinkiloveyou-
  
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