90.
Incubo
Ogni notte Bulma aveva un incubo, talmente
tangibile da riuscire quasi a confondersi con la realtà:
sognava di
essere avvolta da tante spire oscure, le quali la trasportavano
all'interno di una voragine. Non era certo un sogno anomalo, pur
tuttavia al suo risveglio Bulma ne era così terrorizzata da
non
riuscire a muoversi. Ricordava anche una voce, seguita da una
spiacevole sensazione, ma non riusciva ad afferrare le parole.
Bulma
si alzò con molta fatica, poi si guardò allo
specchio: quel giorno
doveva rendersi più presentabile del solito, il principe dei
Saiyan
avrebbe scelto una concubina con la quale appartarsi. Non che
coltivasse tali speranze, i suoi buffi capelli e la sua conformazione
fisica generalmente diversa non erano di certo un incentivo su quel
pianeta.
86.
Sorte
Vegeta
aveva dovuto scegliere tra più concubine, per sommo volere
di suo
padre: si trattava di una prassi ormai riconosciuta nel regno,
disonorarla sarebbe stata considerata una cosa disdiscevole. Per cui si
guardò attentamente attorno, esaminando le minute figure che
gli
comparivano davanti. Bastava un solo cenno di mano e comprendevano
all'istante, come tanti soldati ligi al proprio dovere e bastava uno
schiocco di dita affinché loro si prostrassero ai suoi
piedi.
La
visuale di Vegeta, per quanto spaziasse, non trovava
alcunché di suo
gusto: ai suoi occhi erano tutte uguali, ma lui era il principe dei
Saiyan e voleva qualcosa di unico. Oppure raro, quasi quanto il capo
turchese che spuntava attraverso più e più file
monocolori.
«Tu,
donna, fatti avanti. Sei stata scelta».
59.
Tempo
Bulma si chiese per un sol momento se il principe
si riferisse davvero a lei, dal momento che – eccezion fatta
per il
buffo colore dei suoi capelli – possedeva un volto
assolutamente
anonimo: difatti, nella maggior parte dei casi, veniva destinata come
concubina dei guerrieri minori. Non sperava in alcun modo in una tale
fortuna, se tale si poteva definire, per cui fece un passo avanti e
si mostrò al suo futuro padrone. Vegeta la
esaminò per qualche
istante, poi le fece segno di inginocchiarsi. Bulma obbedì
immediatamente, per quanto odiasse quei cerimoniali, ascoltando
attentamente le parole del principe: «Resterai
per tutto il tempo necessario. Se vorrò liberarmi di te non
dirai
una parola».
87.
Destino
Bulma osservò la propria immagine riflessa nello
specchio, curandosi di apparire al meglio: il destino le era venuto
incontro e forse, armandosi di un'eccessiva fiducia e di una buona
dose di fortuna, avrebbe ricevuto la tanto agognata libertà.
Ma,
in fin dei conti, era davvero questo che voleva?
I pensieri di
Bulma furono interrotti dalla voce del suo padrone, profonda e
impaziente, il quale reclamava i suoi servigi: Bulma si
avvicinò al
lenzuolo entro il quale era fasciato il suo corpo, poi
lasciò cadere
con uno schiocco di dita la propria veste. Il principe
contemplò per
qualche attimo la sua figura, prima di avvicinarla rudemente a
sé:
Bulma si lasciò trasportare, poiché aveva
imparato a conoscere in
minima parte le esigenze del principe, abbassandosi fin sotto la sua
vita e prendendo a massaggiargli il membro. Non era mai stata la
concubina di un personaggio di tale rango, temeva di sbagliare sempre
qualcosa, ma lottava con se stessa per non darlo a vedere: cosa
avrebbe pensato di lei Vegeta, altrimenti?
Dopo aver ricevuto
l'assenso del principe, il quale avevo posto le mani sul suo capo,
affinché compiesse il suo dovere, entrambi godettero e
morirono del
piacere che ne derivava.
81.
Addio
Bulma
si lasciò cadere sul giaciglio, ormai piuttosto stremata,
prendendo
a respirare con affanno. Vegeta non si alzò,
preferì riposare un
po', non era mai successo prima: solitamente la sua presenza era
pressoché invisibile, tranne nei momenti di passione, quando
il suo
dovere era compiuto tornava a svolgere i suoi compiti regali.
«Tu
non sei di questo pianeta, donna», dichiarò
Vegeta, lapidario.
Bulma ingoiò un pesante groppo in gola, chiedendosi come
avesse
intuito tale caratteristica: poi, pensò, il suo raro
colorito e
altre caratteristiche fisiche non potevano passare inosservate.
«Provengo dalla Terra, principe».
Vegeta grugnì, con un
moto di disgusto, dopodiché proclamò:
«E come saresti finita qui,
donna?».
Bulma si strinse nel lenzuolo, come a volervisi
accucciare all'interno, dopo qualche attimo di silenzio
ritrovò la
facoltà di parola: «Dovete sapere che provengo da
una famiglia
specializzata nell'alta tecnologia. Molto tempo fa decisi che mi
sarebbe piaciuto esplorare l'universo con i miei amici, partimmo alla
volta di molti pianeti. Finché non finimmo in questo
e...».
«E...?», incalzò Vegeta, stranamente
incuriosito.
«E
dissi loro addio», sentenziò con un fil di voce
Bulma, come se
avesse appena emesso una condanna.
85.
Vendetta
I
ricordi erano inevitabilmente tornati a galla e, con essi, le
lacrime: Bulma si era sforzata di non apparire debole di fronte ai
glaciali occhi del principe, ma la sua umanità
aveva avuto la meglio.
Quando
aveva deciso di partire con Son Goku, Crilin e Yamcha non avrebbe mai
immaginato cosa sarebbe potuto accadere: i suoi amici avevano
combattuto valorosamente contro i guerrieri mascherati –
almeno
così era parso a Bulma dalla distanza che la separava da
loro,
Yamcha aveva a lungo insistito affinché rimanesse al sicuro
nella
navicella –, ma stavano affrontando la sorte, in
realtà.
Bulma
li aveva visti cadere uno ad uno, aveva dovuto tapparsi la bocca e
soffocare le urla, altrimenti sarebbe stata scoperta. Poi, a passi
lenti e cadenzati, si era intrufolata all'interno di una folle
informe e lì aveva conosciuto le concubine – il
resto era solo
storia presente, nulla più.
Dopo tanto patimento, Bulma
desiderava una cosa sola: la meritata vendetta, in nome dei suoi
amici.
82. Bugie
Il giorno successivo
Vegeta oltrepassò la soglia della porta in maniera
particolarmente
burbera, più del solito, lanciando l'armeria nel vuoto.
Bulma
accorse immediatamente, lasciando da parte qualsiasi officio stesse
svolgendo, lanciando le braccia attorno al collo del principe. Vegeta
se ne liberò in maniera frettolosa, imprecando tra
sé e sé. Poi,
qualche secondo dopo, proclamò: «Non
vi
voglio più qui, donna».
Bulma sbattè le palpebre un paio di
volte, dopodiché trovò il coraggio di domandare:
«Per quale
motivo, se posso chiedere, principe?».
Vegeta
la berciò con lo sguardo, poi si avvicinò alla
sua figura – Bulma
era avvolta in più e più strati d'organza, i
quali cadevano
morbidamente sui suoi fianchi –, sfiorando la punta delle sue
dita.
Fu un gesto avventato, fin troppo delicato per i suoi gusti,
così
ritornò in se stesso e strinse crudelmente la presa.
Dopodiché,
guidato dal barbaro istinto, le strappò di dosso i veli che
tenevano
prigioniero il suo corpo e la fece avidamente sua. Bulma non riusciva
a comprendere quell'atteggiamento, eppure doveva sottostare al volere
del principe, per cui lasciò che la guidasse all'interno
della
camera senza battere ciglio.
Poi, tra i mugugni, riuscì solo a
udire: «Perché
sei solo
una femmina umana».
89.
Sogno
Le
luci e le tenebre avevano iniziato a confondersi, Bulma si trovava in
una fase intermedia tra il sonno e la veglia: eppure riusciva a
sentire lo sguardo di Vegeta, lapidario e freddo, fin sotto le vene.
Ciò la metteva in soggezione, lo doveva ammettere, ma in
quel
momento non le sembrava il caso di apparire titubante: il suo padrone
quel giorno era di pessimo umore, chissà per quale motivo,
per cui
cercò di non dar troppo peso ad alcuni atteggiamenti
ambigui.
Chiuse pian piano gli occhi, lasciandosi trasportare dal flusso
indistinto dei suoi pensieri, sognando nuovamente quella malvagia
voragine. Eppure stavolta c'era qualcosa di diverso, la voce
indistinta e scostante che perdeva ogni notte ora sembrava
materializzarsi nella sua mente. Doveva aguzzare le orecchie,
metaforicamente parlando, per codificare quei suoni indistinti in
frasi compiute.
Il suo cuore ebbe un incredibile balzo, tale da
portarla ad una presa di coscienza, quando riuscì ad udire:
«Morirete
in ginocchio, patetici esseri umani, al cospetto del principe dei
Saiyan».
84.
Rimpianto
Vegeta la svegliò con un paio di forti
scossoni, intimandole di prendere le sue cose e farsi guidare dalla
guardia all'esterno del palazzo. Bulma non aveva ancora ben
realizzato ciò che le sarebbe spettato, presa com'era a dare
un
significato concreto al suo sogno, si limitò a obbedire a
quanto
richiesto.
Poi, dal momento che non aveva più nulla da perdere,
chiese al principe: «Mi
state cacciando perché sono stata l'ultima umana che non
avete
ucciso quel giorno, non è vero?».
Vegeta issò lo sguardo in
alto, evitando ogni contatto visivo, ma le sue intenzioni erano
alquanto limpide; frenò con un cenno le intenzioni della
guardia,
dopodiché sentenziò: «Che razza di principe
sarei, se permettessi tali insolenze?».
Bulma sostenne lo
sguardo crudele del suo padrone, poi proclamò a pieni
polmoni: «Che
razza di uomo
permetterebbe ai suoi nemici di perire in battaglia in
ginocchio?»
Il
principe alzò un sopracciglio, probabilmente soffermandosi a
riflettere sulla sua insolenza, finché non decise che fosse
giunto
il momento di concludere quella breve ma intensa chiacchierata.
«Hai
detto tutto ciò che volevi dire, donna?»,
grugnì, sprezzante.
«No,
molto poco in verità».
Bulma sostenne ancora una volta lo
sguardo di Vegeta, fieramente e senza alcun rimpianto.
93.
Giustificazioni
Non era certo un mistero che, dopo tale
conversazione, il suo destino fosse ormai stato segnato: nel peggiore
dei casi le sarebbe stata destinata la morte, nel migliore l'eterna
prigione. Vegeta sarebbe andato avanti con la sua vita, lasciandosi
sulla scia solo l'ennesima vittima, lei non sarebbe stata altro che
un ricordo. Forse spiacevole, a giudicare dagli ultimi istanti che
avevano trascorso insieme; pur tuttavia, Bulma aveva parlato di
fronte al principe come nessuno prima d'allora e aveva vendicato a
modo suo la morte degli amici più cari.
Di tanto in tanto Bulma
sentiva il rumore dell'incudine spingere contro la sua schiena, come
a volerle intimare di affrettare il passo, scala dopo scala. Sembrava
un labirinto infinito, abissale, per un momento pensò che si
trattasse della sua punizione.
Finché si trovò a dover
oltrepassare un'immensa porta, la quale portava ad una piattaforma
che dava all'esterno. Bulma si voltò verso la guardia, la
quale le
indicò un punto in lontananza: Bulma si voltò,
riconoscendo una
navicella quantomai familiare.
Poi, si udì un colpo di tosse che
conquistò la sua attenzione: «Ordini
del principe: nessuna interferenza con questo pianeta, prenda e se ne
vada con l'astrusa tecnologia con la quale è
arrivata».
Sulle
labbra di Bulma indugiò un ovale di stupore,
dopodiché si avvicinò
alla navicella in titanio e poggiò una mano su un lato del
veicolo:
ricordava bene quando l'aveva progettata, arrivata a quel punto non
avrebbe mai pensato che potesse traerla in salvo. Eppure, a quanto
sembrava, le giustificazioni del principe erano nulla a confronto del
rimpianto che non avrebbe mai ammesso di poter provare per una
stupida
femmina umana.
«Ora
siamo pari, principe».
_________
Sognavo
di scrivere questa "What If" da tempo, l'argomento è un
po' delicato, ma Bulma e Vegeta mi sembravano più adatti. Un
momento
di attenzione: il prossimo blocco di flashfic è l'ultimo!
Vorrei
aggiornare molto presto, se non domani se ne parla martedì.
Mancano
solo i prompt 94-100 e 18-19. Le flashfic successive saranno legate
da un unico tema: il bacio. Ebbene sì, concluderò
con un po' di
fluff. :)
Grazie a tutti per aver
letto!