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Autore: Beatrix    28/10/2013    3 recensioni
[Dal capitolo 2]
- Noi esistiamo anche per questo.
Gli occhi chiari e arrossati di Maxime, incontrarono quelli tristi di James.
- Non privarci di questa cosa, Shepard… Tu ci hai dato ciò che nessuno poteva darci: la speranza. Lasciaci ricambiare anche solo per un momento ciò che tu ogni giorno fai per noi, te ne prego… Dacci solo questa piccola possibilità - aggiunse, mentre lei nascondeva il viso nuovamente tra le ginocchia e stringeva forte la sua mano, in un gesto di assenso, sconfitta da tutto e tutti.

Il mio primo ingresso nella sezione di Mass Effect, che seguo ormai da un annetto: principalmente è una missing moments, con le dovute eccezioni. Ambientata esclusivamente in Mass Effect 3, tratta come tema principale la romance con Thane, sullo sfondo generale della guerra intergalattica e la preparazione ad essa... Ma in un modo un po' diverso. Personaggi principali: James, Steve e Shepard.
Hope you like it. ;)
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Comandante Shepard Donna, Thane Krios
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2 – Non sei sola.
 
 

James era passato velocemente dall’armeria per levarsi di dosso quell’ingombrante corazza e per cambiarsi. Sebbene i loro alloggi fossero da un’altra parte, lui si era creato un piccolo antro personale – con tanto di branda – dietro il deposito accanto al banco da lavoro. Una sorta di tana, come l’appellava l’amico.
 
Quella giornata era stata interminabile: l’attacco di Cerberus alla Cittadella, quella corsa contro il tempo, Kai Leng, la morte di Udina, la morte di Thane. Era successo l’impensabile in poco meno di una decina di ore, inutile dire che si ritrovava a pezzi.
 
Si passò stancamente le mani sul viso, stropicciandosi la faccia come appena alzato. Prese la solita maglietta bianca e si risistemò le medaglie al collo accuratamente, quando la porta dell’armeria si aprì.
 
- Hola… Come sta il Comandante? - si affrettò a raggiungere Steve, mentre il collega sbuffava sommessamente e si fermava in mezzo all’atrio d’ingresso – le mani sui fianchi. Sembrava che un Mako gli fosse appena passato sulla schiena, parcheggiandosi in retromarcia.
 
- Sta come è intuibile che stia. Distrutta… E la capisco bene, purtroppo - commentò affranto il pilota, mentre Vega si grattava la nuca con fare pensieroso. Era indeciso sul da farsi, l’equipaggio si era ritirato a leccarsi le ferite e Cortez era giusto innanzi a lui.
 
- Perché sei tornato giù, Esteban? - domandò, non riuscendo a capacitarsi del motivo per il quale lui ora non fosse al primo piano, con lei. Lui era l’unico che potesse capire appieno la situazione e che le potesse essere di conforto, d’aiuto a superare quei momenti tragici.
 
Non era riuscito a reagire alla Cittadella: quello che era uscito da quella stanza dell’ospedale, non era stato il Comandante, piuttosto un fantasma evanescente. Si era sentito perso, si era impressionato ed era rimasto senza parole, annaspando nel cercare lo sguardo degli altri e accorgendosi che tutti quanti erano impegnati a formulare i suoi stessi pensieri, chi più chi meno.
Insomma, ne era uscito abbastanza scosso. Lui aveva un’immagine ben definita di Shepard, che rispettava determinati canoni dimostrati ogni giorno nei suoi gesti, modi e anche nei rapporti che aveva con tutto l’equipaggio. Si era trovato quindi annichilito, alla stregua di un cane bastonato.
 
Ma ora, a mente fredda, si era maledetto per quell’incertezza mostrata. Avrebbe voluto fare qualcosa ed ora si sentiva tremendamente in colpa per non averlo fatto: non si poteva parlare di certo di negarle la giusta riconoscenza, visto che chiunque non poteva non ammettere che quando avevano bisogno lei c’era sempre, in un modo o nell’altro. Tuttavia James, per come era fatto e per il rispetto che nutriva per quella donna, si sentiva in dovere di fare qualcosa. Anche se sinceramente non sapeva cosa.
 
Il pilota l’aveva chiamato, conscio che lui riuscisse a sdrammatizzare qualsiasi situazione, ma quando se lo era ritrovato davanti con quello sguardo di pena e le spalle strette, quando avevano capito che non c’era veramente niente da sdrammatizzare, aveva ragionato che doveva pensarci lui. E James non aveva dissentito, anzi.
 
 
Steve aveva riso sommessamente, scuotendo un poco la testa. Vega era senza speranza, lui si affidava alla sua capacità di prendere le persone per sfinimento: per lui le cose andavano risolte subito, poco importava se quel preciso attimo era terribilmente sbagliato. Cosa sulla quale Shepard stessa concordava, generalmente parlando.
 
- E’ il nostro Comandante, James. Se mi fa intendere che mi devo levare dai piedi, io mi levo. Diamine, analizza la situazione… Ha appena perso l’uomo che amava, cosa credi che possa dire o fare?! - esclamò convinto, allargando le braccia per sottolineare la cosa. L’aveva affrontata al molo d’attracco, era andata bene. Bene nel senso che era riuscito nel suo intento di caricarsela emotivamente in spalla, evitando accuratamente l’eventualità di lei che lo mandasse a quel paese: non si poteva mai sapere in una situazione limite come quella.
 
- Per me può anche sbattermi a calci in culo fuori dal suo appartamento. Quella poi si mette a pensare e non deve farlo ora. O per lo meno non da sola. Mi hai chiamato per questo, o no? – cercò di spiegare con il suo fremere, gesticolando più del solito, mentre l’amico poggiava arreso una mano sulla fronte, realizzando che in ogni caso non l‘avrebbe ascoltato. E difatti non ebbe il tempo neanche di aprire gli occhi, che sentì la porta metallica dell’armeria scorrere.
 
Prima di allacciare quella sorta di amicizia con Shepard, Steve sapeva che solamente due erano le persone con cui il Comandante aveva stretto un rapporto che non si limitasse a quello tra commilitoni di una stessa squadra. E questi due individui erano Garrus e Joker, per motivi probabilmente che andavano ricercati in tempi ancora acerbi rispetto alla situazione odierna – tralasciando ovviamente Thane.
Ora, con gli attrezzi in mano e lo sguardo perso nel vuoto, una domanda lo tormentava e gli creava un nodo allo stomaco: aveva fatto bene?
 
Sbuffò sommessamente, mollando gli attrezzi in un angolo e massaggiandosi il collo. Era troppo distratto per lavorare e lui non lavorava così.
Ho bisogno di qualcosa di forte…
 
 

Si era gettata nella doccia, non appena Estaban era riuscito a restituirle un controllo degno del suo grado e del suo nome. Quando capì di essere in grado di mettere un passo dietro l’altro, l’aveva pregato di andarsene: solo ora aveva realizzato quanto problematico doveva essere stato quel gesto, ma ringraziava con tutta sé stessa il fatto che fosse arrivato lui in suo soccorso. Di certo, comunque, era crollata ed ora era torturata non da uno, ma ben due pensieri: se il primo era lampante, il secondo era il sentirsi in colpa verso l’amico.
 
Non per averlo esortato di andarsene – lui aveva capito e accettato la situazione – ma per essersi permessa di cedere innanzi a lui, in quel modo. Non che fosse una persona estremamente orgogliosa, tanto da ostentare a tutti i costi quella maschera di freddezza imposta dal suo ruolo, ma non aveva mai ceduto di fronte a qualcuno, mai… Aveva visto il suo sguardo preoccupato, spaurito.
Questo l’aveva fatta tornare in sé. Perché lei sapeva di essere la figura che ancora, smacco dopo smacco, teneva unita la Normandy: e missione dopo missione, la proporzionalità tra vittoria e sconfitta stava pendendo inesorabilmente verso la seconda opzione. Se cedeva lei, cosa sarebbe rimasto degli altri? Cosa avrebbero dovuto pensare?
Se il Comandante Shepard cedeva, spariva con lei anche l’ultimo baluardo di speranza.
 
Strinse gli occhi sotto il getto di acqua calda, sbattendo violentemente il pugno destro contro la parete del bagno, più volte. Si sentiva tremendamente indifesa ora, perché non poteva avere neanche il tempo di piangere il suo uomo, di prendersi una normalissima pausa di riflessione per mettere assieme tutti i cocci, come era sensato fare dopo un fatto del genere.
Ma Shepard il tempo non ce l’aveva. Joker aveva ripreso i comandi della nave e stavano viaggiando verso il portale galattico: sarebbe passato pochissimo tempo prima che Hackett – o chi per esso – li contattasse per nuovi ordini, per nuovi incarichi e missioni.
 
I Razziatori stavano stringendosi a tenaglia attorno a qualsiasi essere organico fosse ancora in vita, Cerberus ce la stava mettendo davvero tutta per interferire con la missione. Migliaia di morti si contavano ogni giorno, i pianeti stavano scomparendo uno dopo l’altro.
 
Chi si sarebbe preso la briga di fregarsene di come lei si sentisse? Mai come in quel momento malediceva il fatto di essere viva. Non le era mai andato giù il Progetto Lazarus, non aveva mai provato gratitudine nei confronti di Ceberus. C’era qualcosa di tremendamente sbagliato: lei era morta ed era così che sarebbero dovute andare le cose. Tuttavia l’unica cosa che aveva potuto fare, era stata stringere i denti e ritornare a fare ciò che faceva prima.
 
Ma… Perché continuare a combattere una battaglia che pareva persa in partenza? Maxime aveva sempre stretto i pugni cercando di parere ottimista, chiudendo i dubbi in sé stessa perché le persone attorno a lei si convincessero che davvero ce la si poteva fare, ma ora come ora si chiedeva quanto ancora avrebbe dovuto sopportare una simile pressione. Stava cedendo, piano ma inesorabilmente.
La situazione era disastrosa, ancor più che le Asari avevano negato l’aiuto alla comunità galattica.
 
Faticava a mantenersi tutta d’un pezzo, a mantenere l’immagine del “Grande Comandante Shepard”, palle cubiche e avanti a caricare.
No. Le fosse stata concessa una scelta, ora come ora avrebbe mandato al diavolo tutto il resto e avrebbe raggiunto Thane, l’unica persona con cui, senza mezzi termini, si era permessa di far affiorare le sue paure. L’unica persona che si era permessa di amare, ben sapendo che il tutto sarebbe finito, presto. L’unica persona che era riuscita a ferirla nel profondo. Perché sebbene non si fosse scomposta, quando lui le aveva comunicato che entrambi sapevano che sarebbe finita così – là, all’Huerta Memorial Hospital, appena arrivata alla Cittadella dopo aver lasciato Anderson al suo destino sulla Terra – dentro di lei qualcosa si era rotto.
 
Sì, era consapevole che Thane fosse terminale. Erano stati separati a causa del mandato di arresto per la questione Batarian, e Shepard era stata presa, impacchettata e rispedita sulla Terra, senza se e senza ma. Quei sei mesi di prigionia erano passati con la consapevolezza che non si sarebbero più rivisti, probabilmente.
 
Ma quando lui l’aveva ricontattata, lei si era fiondata. Incredula, terribilmente incredula ma felice, quasi come una bambina. Si era ripromessa di stargli accanto fino alla fine in qualche modo, e si sarebbe adoperata in tal senso, per trovare una soluzione che potesse convivere con la situazione odierna generale.
Ciò nonostante lui non gliel’aveva permesso. E in quel momento, quando lo salutò con un “Abbi cura di te”, mentì con tutta sé stessa: avrebbe voluto mollargli un pugno, un pugno che difficilmente avrebbe dimenticato. Perché lei aveva bisogno di lui, di averlo accanto, di stargli vicino, la mano stretta nella sua - anche a costo di farsi male, molto male.
 
Così non fu. E lei, per quanto capisse le motivazioni, il suo moto d’orgoglio, la sua filosofia di vita, non l’aveva mai accettato. Era stata incarcerata ingiustamente, la Terra era stata messa a ferro e fuoco dalle forze dei Razziatori, aveva dovuto lasciarsi tutto alle spalle per tornare alla Cittadella a trattare con dei politici ciechi come talpe e lungimiranti quanto una ciabatta usata.
 
L’illusione di averlo ancora accanto era stata assaporata dal primo secondo di quella chiamata. Quell’attimo di felicità prematura aveva avuto l’effetto di un’altra pesante tegola.
 
 

Si era avvolta in un asciugamano, ravvivandosi i capelli corti con uno più piccolo, per poi gettarlo per terra. Buttò uno sguardo fugace allo specchio: i suoi occhi erano pesti e arrossati, tanto da farla guardare altrove. Si sentiva un bidone della spazzatura. Ringraziò la Chakwas per averla convinta a levarle gli esiti degli interventi di ricomposizione, perché per lo meno la faccia non le sarebbe caduta a pezzi più del dovuto. Odiava con tutte le sue forze quelle cicatrici: non esisteva che una cicatrice in faccia rivelasse il suo carico di stress, il suo umore, il suo stato d’animo. Per quel motivo, più simile ad un moto di conservazione, non aveva battuto ciglio riguardo al prezzo di quell’intervento risolutivo. E di certo Karin – che la trattava quasi fosse sua figlia – non ebbe nulla da ridire.
 
Uscì sistemandosi più volte l’asciugamano attorno al corpo, rapita dai suoi pensieri, tanto che non s’accorse minimamente della presenza di James al di là degli scalini che portavano alla zona letto. Era in piedi, con un datapad in mano e il ciglio destro alzato.
Quando lo sentì schiarirsi la voce, per poco non mollò un’onda biotica che avrebbe raso al suolo tutta la stanza.
 
- Dannazione, James! - urlò, rifiondandosi in bagno, mentre sentiva il soldato ridere pian piano - Ma che diavolo, non è un porto di mare il mio appartamento! -
- Hai solo da chiuderlo a chiave, Lola! - aggiunse, ridacchiando sincero, mentre Shepard sospirava e si chiedeva perché Vega crescesse come il prezzemolo in ogni angolo della Normandy. Immaginava il perché della sua presenza, immaginava anche che Esteban non avesse fatto cuneo per impedirgli di salire – anzi, probabilmente per lui era un sollievo sapere che fosse di sopra a far danni.
 
- Potresti passare in un altro momento?
- No.
Shepard sbuffò infastidita. Era una situazione veramente odiosa e lei non aveva voglia di ridere in quel momento.
- Tenente, non sto scherzando… - lo ammonì.
- Neanche io, Lola - replicò a volo, questa volta con un tono un po’ più serio. Era solito prenderla scherzosamente alla leggera, ma era consapevole del fatto che avrebbe preso realmente in considerazione di andare contro gli ordini del suo Comandante. E lo sapeva anche lei.
 
- Passami la divisa, allora… - cedette.
- Quale?
- La solita… Primo scomparto dell’armadio… -
Vega si mosse verso l’anta semiaperta, ricavandone l’attaccapanni su cui la divisa classica dell’alleanza  - lo stesso tipo che usava vestire Cortez – su cui era appesa. Si fermò osservandosi allo specchio, esibendo poi un sorriso malizioso, che poi si tramutò in una risata a bassa voce, mentre scandagliava ogni minimo dettaglio del primo cassetto dell’armadio.
 
- Ti venisse un po’ di bene, James! – berciò lei, lottando per non uscire dal bagno, un’espressione che dire imbarazzata ed infuriata risultava quasi un eufemismo. E scoppiò definitivamente a ridere quando vide il flacone del bagnoschiuma arrivargli dritto in fronte, sollevato nel vedere un mezzo sorriso dipingersi sul volto del Comandante, mentre afferrava la divisa col braccio disteso tanto da farsi male.
 
 
- Ti stai prendendo un po’ troppe libertà, Tenente… - esordì, una volta uscita nuovamente dal bagno. Si appoggiò allo stipite del divisorio, la parte delimitante della teca che conteneva quei deliziosi modellini delle più celebri astronavi, che tanto le piacevano.
Le sue braccia erano conserte, i suoi capelli gocciolavano leggermente lungo le sue tempie.
 
James, dal canto suo, l’osservò con il volto inclinato leggermente da una parte.
- Non prenderla sul personale, Lola, lo sai che sono un buffone… - la guardò complice, ma era evidente quel velo di tristezza sul suo viso e i suoi lineamenti.
- Volevo solo assicurarmi che stessi bene - il suo sguardo si sgranò per un attimo, mentre si passava nervosamente una mano tra i capelli, capendo solo ora quanto fosse inopportuna la sua presenza lì in quel momento per via di quello sguardo gonfio e arrossato.
 
E di fatti Shepard chiuse gli occhi mestamente, abbassando per un istante la testa in cenno di profondo assenso, per poi tornare a guardarlo negli occhi.
 
- Scusami, ti ho fatto un’esternazione cretina - confessò a bassa voce, mentre si alzava imbarazzato e si muoveva verso di lei, stringendosi nelle spalle - E’ che non sopportavo di stare con le mani in mano… -
- Non ti scusare, James - lo interruppe Maxime, sospirando e avvicinandosi , sciogliendo quella mise rigida, chiusa tra le proprie braccia.
- Capisco e ti ringrazio - aggiunse, mollandogli una leggera pacca sulla spalla - Ma ho bisogno di stare un po’ da sola… Di avere un po’ di tempo per me, prima della prossima missione - sottolineò, quasi come si ritrovasse a chiedere un piacere, una pausa, prima di rimettersi al lavoro.
 
Il terminale alle sue spalle trillò in quel preciso istante, evidenziando il fatto che ci fossero messaggi non letti ed in attesa di essere visionati.
Shepard si girò lentamente, buttando un occhio al computer, scuotendo la testa.
- Ecco… A tal proposito - commentò, dirigendosi su per i due scalini e premendo l’accesso sulla sua tastiera personale.
 
Le andò dietro, fermandosi al principio della scrivania e aspettare che lei visionasse il monitor.
- Bueno Lola, ci vediamo di sotto… Ehi…
Sollevò il ciglio destro, non udendo risposta.
- Shepard?
Osservò il suo Comandante bloccarsi innanzi allo schermo, le braccia che scivolarono sui fianchi e il volto che sbiancò di colpo, come se tutto il suo sangue fosse defluito di colpo verso il basso.
Lesse quel messaggio, in silenzio, gli occhi che seguivano le righe, colmi di incredulità, per poi sbarrarsi man mano che la fine dello scritto digitale si avvicinava.
 
- Che succede?! - chiese allarmato, mentre la vedeva passarsi le mani sul viso e accasciarsi a terra, spalle al muro, strisciando sommessamente verso al basso. Ed ecco nuovamente che restava senza parole, annichilito da quello sguardo vuoto, quasi spento, che mai aveva visto sul volto del suo Comandante.
- Lola…- si accovacciò prendendole la mano, cacciando uno sguardo confuso verso il monitor, per poi focalizzarlo in maniera migliore sul mittente.
 
Thane. Quel messaggio era di Thane.
Confuso, lesse le prime righe. Righe che non erano altro che l’incipit di un addio, lungo e sofferto. Era il suo addio, a lei, parole che probabilmente non era riuscito a dirle.
Distolse lo sguardo per rispetto.
 
- Shepard, dì qualcosa, ti prego…
- COSA DIAMINE DEVO DIRE, JAMES! - l’aveva preso per il collo della t-shirt, scosso, con gli occhi colmi di disperazione e di dolore, tirandolo a sé, per poi spingerlo lontano – tanto che il Tenente perse quasi l’equilibrio all’indietro, un cipiglio incredulo e vagamente atterrito, in completo panico.
- Cosa diamine devo dire… - ribadì, arricciando le gambe e appoggiando la fronte sulle ginocchia e la voce che le moriva in gola. La sua mano venne stretta nuovamente da quella del suo sottoposto, mente lui si inginocchiava a terra, a testa bassa – un sospiro lungo e addolorato.
 
- Noi esistiamo anche per questo.
Gli occhi chiari e arrossati di Maxime, incontrarono quelli tristi di James.
- Non privarci di questa cosa, Shepard… Tu ci hai dato ciò che nessuno poteva darci: la speranza. Lasciaci ricambiare anche solo per un momento ciò che tu ogni giorno fai per noi, te ne prego…  Dacci solo questa piccola possibilità - aggiunse, mentre lei nascondeva il viso nuovamente tra le ginocchia e stringeva forte la sua mano, in un gesto di assenso, sconfitta da tutto e tutti.
 
Stettero così, mano nella mano, schiena al muro, stretti in un abbraccio invisibile che forse era troppo osare chiedere in quel momento.





Meanwhile, in Beatrix's Headquarter...
Ed eccoci qui con il secondo capitolo, che sancisce l'entrata in scena di James. Man mano che scrivevo questa storia, mi sono accorta di provare molta difficoltà nel trattare questo personaggio. Trovo che sia stato molto poco approfondito, rispetto alla stragrande maggioranza degli altri e se ciò da una parte mi da molto campo libero ed inventiva, dall'altra mi spaventa un po'. Perché credo che ognuna di noi abbia idealizzato James alla sua maniera, non avendo gli stessi dati forniti sulla personalità di Garrus, o Thane, oppure anche Wrex, tanto per non citare un personaggio da romance.
Insomma, spero di non aver scazzato, ecco. Giusto per essere sincera in maniera disarmante. xD
Detto questo, approfitto per ringraziare ancora una volta Johnee e Shadow per aver recensito il primo capitolo e per l'entusiasmo che hanno mostrato, oltre per i complimenti ricevuti e per averla inserita nelle storie preferite e seguite, assieme a NadShep. ;) E tutti quelli che si sono soffermati nel leggerla, grazie. ^^
Al prossimo capitolo! ;)
   
 
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