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Autore: Luce_Della_Sera    28/10/2013    4 recensioni
Capita spesso che gli studenti dicano "La professoressa mi odia, ce l'ha con me!" per giustificare le proprie lacune o la loro scarsa voglia di applicarsi...ma a volte purtroppo hanno ragione, e l'accanimento dei docenti contro di loro può portarli ad avere serie difficoltà!
Questa storia è ispirata ad episodi reali.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 14: Epilogo

 

Quattordici anni dopo

 

“Allora ragazzi, ci sono volontari?”
Nessuna risposta. Me lo aspettavo!
“D’accordo, allora chiamerò io”.
Osservo la classe attentamente, sforzandomi di capire chi ha studiato e chi no; dopo un po’però mi rendo conto che devo rinunciare, perché più o meno tutti i ragazzi cercano di rendersi invisibili, ognuno a modo loro: c’è chi abbassa semplicemente la testa, chi rivolge preghiere per non essere interrogato, chi si abbassa sul banco come se sperasse quasi di diventare un tutt’uno con esso … la vedo dura, oggi.
Alla fine, con il registro di classe davanti, sparo quattro nomi a caso, i primi su cui mi cade l’occhio.
Una dei malcapitati si lascia sfuggire un “Oh, no!” sconsolato.
“Che succede, De Nittis?” chiedo. “Sei impreparata? Non te la senti di venire?”
“No, professoressa, ho studiato … è solo che oggi è il mio compleanno!”
A questo punto, so che dovrei fare la solita battuta che hanno fatto e che anche oggi fanno tutti gli insegnanti, e cioè “Beh, allora vuol dire che se prendi un bel voto farai un bel regalo a te stessa, no?”. Ma non me la sento: sarò troppo buona, forse, ma quando ho iniziato a lavorare ho giurato che non sarei mai stata come i miei docenti delle superiori, nemmeno nelle più piccole cose … ho sempre tempo per cambiare, nel caso in cui mi rendessi conto che sto assumendo l’atteggiamento sbagliato: per ora, però, dico l’unica cosa che penso la ragazza spera di sentirsi dire.
“Va bene, De Nittis, per stavolta passi. Ma solo per oggi, ok? Le prossime volte non sarà così”.
“Grazie, professoressa!” esclama lei, sollevata.
“Ok, quindi ora chiamo un'altra persona … Nardini? Vuoi venire tu?”
Lo studente mi guarda come a dirmi: “Non ho molta scelta, le pare?” ma io fingo di non vedere: non ha tutti i torti, effettivamente!
“Allora Nardini, cominciamo proprio da te: chi era Guglielmo I? Parlamene un po’: di che dinastia era, e quando è salito al potere?”
“E’ stato il primo re d’Inghilterra, ed era della dinastia sassone …”
“Aspetta, aspetta … sei sicuro che fosse sassone? Proprio sicuro sicuro?” lo interrompo, cercando di fargli capire l’errore.
“Ehm …” lo vedo un po’ agitato. In questa situazione, la mia vecchia professoressa di inglese si sarebbe spazientita e avrebbe fatto la domanda a qualcun altro, ma io voglio dargli una possibilità.
“Ricordi qual’era l’altra dinastia importante che abbiamo studiato? Inizia con la N, come il tuo cognome!”
Lo vedo illuminarsi, e mi devo mordere il labbro per non sorridere.
“Era normanno … tanto è vero che era duca di Normandia!”.
 “Bravissimo. Aveva anche una sorta di … soprannome, per così dire. Ti ricordi quale era?”
“Era chiamato Guglielmo il Bastar...”
“Sì, perché era figlio illegittimo. Ma non intendevo quel soprannome, bensì l’altro. Quello con cui è passato alla storia!”
Chissà perché gli adolescenti ricordano solo le parolacce, gli insulti o qualsiasi cosa abbia a che fare con i rapporti sessuali? Me lo sono sempre chiesta, e nonostante i miei trentadue anni ancora non ho trovato una risposta soddisfacente.
“Ah … Guglielmo il Conquistatore!”
“Bravo. Dimmi solo in che anno salì al potere, così poi passo a fare qualche domanda ai tuoi compagni …”
 
 
Scendo le scale diretta alla sala professori, soddisfatta: i ragazzi che ho interrogato alla fine sono andati tutti bene, e questo mi fa felice, perché per me è un successo personale.
“Ora concentriamoci sui compiti del primo C”, penso, mentre varco la soglia della stanza: faccio per sedermi alla mia solita sedia, quando mi accorgo che c’è una collega, intenta anche lei alla correzione di alcuni compiti.
Ogni volta che la vedo mi stupisco del fatto che non sia cambiata poi molto negli anni, nonostante la gravidanza gemellare che ha avuto due anni fa.
“Michi!”esclamo. “Anche tu qui? Non ricordavo che avessi un’ora di pausa, oggi!”
“Ciao Mari!” mi saluta lei, sorridendo. “Ho quasi finito, ti va di chiacchierare un po’?”
“D’accordo”, dico. “Tanto devo correggere dei compiti di grammatica, perciò ci metto poco!”.
“Che hai fatto, oggi?”
“Per ora, sono stata solo in terzo A. Ho interrogato …. Per fortuna nessuno è andato sotto la sufficienza, ma come tu ben sai io detesto interrogare! Non c’è un modo per evitarlo?” chiedo, anche se so che ovviamente la risposta sarà negativa.
“Ti capisco, non piace nemmeno a me … però il nostro lavoro è anche questo, purtroppo!”.
“Lo so. Però odio dover giudicare ragazzi che alla fine non conosco, e odio dover dare loro dei votacci. Oggi non è successo, ma quando invece capita mi sento un fallimento!”
“Mari, tu non sei un fallimento. Non lo sei mai stata …. A livello scolastico in passato hai affrontato cose che nessun’altra studentessa ha avuto la necessità di affrontare, te lo ricordi? E hai avuto la tua rivincita!”
“Sì … capirai, che soddisfazione: quella strega se l’è cavata con una multa di poche centinaia di euro, alla fine!”
“E’ vero, ma le hai inflitto un danno morale notevole. E sei stata coraggiosa: pochi avrebbero osato ribellarsi all’ingiustizia, nel tuo caso. Era una lotta impari, ma sei riuscita comunque a fargliela pagare, anche se non nel modo che ti aspettavi! Ricordi quanto è diventata verde di bile quando l’abbiamo incontrata in giro e tu le hai fatto sapere che ti eri laureata in lingue?”
“Sì, me lo ricordo”, confermo.
“Scommetto che se sapesse che ora sei una sua collega e che insegni la sua stessa materia, resterebbe stecchita!”
“Già”, dico, non potendo evitare di lasciarmi sfuggire una risatina. Poi torno più seria. “E tu insegni la stessa materia della Terremoto, invece!”.
“A volte mi fa strano il fatto di aver preso il suo posto, sai? Non so bene per quale motivo. Sarà perché è morta per cancro ad un polmone quando eravamo al primo anno di università?”
“E’ probabile … ma non ti preoccupare, sono certa che è fiera di te”, dico, incoraggiandola. Poi prendo un gran respiro e provo a cambiare argomento: non voglio che si intristisca troppo!
“Allora, dimmi, come stanno i miei nipotini?”
“Paolo e Giovanni stanno bene: io e Antonio stiamo provando a togliere loro il pannolino, ultimamente, sai?”
“Che bello!” dico. Sono felice che i bimbi di Michaela, che hanno quei nomi in onore di Borsellino e Falcone (lei ammira molto quei due uomini, anche se non li ha mai conosciuti), stiano crescendo tanto rapidamente. Però non posso fare a meno di provare una punta di amarezza …
“Oddio, scusa, Mari …” mi dice la mia amica. “Non volevo!”
“Scherzi?” ribatto, sentendomi ridicola. “Solo perché io ancora non riesco ad avere figli, non vuol dire che …”
“Ti sono già venute le mestruazioni, questo mese?”
“Purtroppo sì …”. Mi sembra di essere circondata da donne che restano incinte al primo colpo: a quanto pare, solo io non ci riesco!
“Guarda che ci sono anche tante altre che ci provano da anni, eppure non riescono a procreare … non sei sola! In fondo tu e Diego ci provate solo da un anno, o sbaglio?” mi domanda lei, praticamente leggendomi nel pensiero.
“Sì, è vero”.
“E allora! Ne hai di tempo, di che ti preoccupi?”
Vorrei ribattere, ma non ci riesco, perché mi rendo conto che ha ragione: forse questa è un’altra delle battaglie che devo affrontare, e che forse riuscirò a vincere.
“Bene, piccolino”, penso, guardandomi la pancia. “Adesso ancora non ci sei, ma vedrai, prima o poi riusciremo ad incontrarci!”.
Sorrido a Michaela, e mentre prendo in mano i compiti da correggere, ripenso agli ultimi quindici anni che ho vissuto e a quello che ho passato a scuola: contro la mia insegnante non ho avuto la rivincita che speravo e questo mi ha portato a perdere fiducia nella magistratura italiana, ma alla fine quell’esperienza mi ha fatta crescere, perché è grazie ad essa se oggi sono una docente ma anche soprattutto una persona migliore. E inoltre, la bocciatura ingiustificata e l’arrivo in un’altra classe hanno portato allo sviluppo di un’amicizia che inizialmente non volevo, a causa di una mia stupida paura, ma che poi si è rivelata sincera e duratura: litighiamo raramente, non abbiamo segreti l’una per l’altra e ci aiutiamo sempre nei momenti del bisogno … quindi, posso affermare con certezza che il proverbio dice il vero: non tutto il male viene per nuocere!
 
 

 Note dell’autrice: eccomi arrivata alla fine … a parte questo ultimo, tutti gli altri capitoli sono ispirati a fatti da me realmente vissuti, quindi spero che vi siano piaciuti! Dedico questa storia a tutti gli studenti in difficoltà e agli insegnanti che amano davvero il loro lavoro. ^_^
 

  
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