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Autore: Cam17    28/10/2013    0 recensioni
Sara è una ragazza con dei problemi: soffre di idrofobia. Questa storia narra del suo trauma.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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<< Tutti noi abbiamo paura, cara Sara. Questo te l’ho già detto. Purtroppo essa diventa molto potente dopo un trauma, perché quell’evento la rafforza. Tu, sfortunatamente, hai avuto un’esperienza molto brutta >>.

Io annuii: << Dottore come posso sconfiggere la paura? >>.

Il Dottore sorrise: << Non puoi >>.

Fu una frase che mi raggelò; allora ero destinata ad essere sempre spaventata? Ero destinata a non poter superare questo limite? Iniziai a pensare di si, cioè iniziai a pensarlo più del solito.

<< Semplicemente >>. Continuò lui << bisogna imparare a conviverci. Se ci convivi, la paura non avrà più effetto su di te >>.

Il mio sguardo fu come illuminato: << Come ci convivo? Fino ad ora non ci sono ancora riuscita >>.

<< So che può sembrare strano, ma tre anni non sono sufficienti per risolvere il problema. Il tuo trauma si è allacciato a piccoli sgradevoli eventi che hanno condizionato la tua vita. Magari da soli significavano poco o niente, ma da quando è successo quell’incidente, l’acqua ti terrorizza >>.

<< Ho già raccontato di quando mia nonna fece bere il cane dal bicchiere… fu disgustoso >>.

<< Beh tieni conto che una delle prime pazienti di Freud era idrofoba proprio per aver visto la madre che abbeverava il cane da un bicchiere. Era rimasta tanto disgustata da rimanere traumatizzata >>.

La cosa mi faceva un po’ ridere. Il dottore mi fece un cenno come per dire “E’ comprensibile”.

Non fu quello l’unico evento spiacevole che riguardava il mio rapporto con l’acqua.

Avevo otto anni ed ero a mare con i miei e mio fratello. Mio fratello è più grande di me di due anni. Eravamo in mare e, in un momento di assoluta stupidità, mi prese e mi fece cadere con la testa sott’acqua. Ritornai a galla tutta spaventata. Avevo ingoiato dell’acqua. La sputai piangendo. Mio padre corse subito in mio soccorso, mentre mio fratello se la rideva. Mi prese in braccio e mi portò a riva. Avevo gli occhi chiusi, lui mi asciugò la faccia. Aprii gli occhi dopo qualche secondo. Vidi mio padre sorridere: << Non è niente, è solo un po’ d’acqua >>.

<< Papà ho avuto tanta paura >>.

Lui mi accarezzò: << L’acqua non è tua nemica, Sara >>.

Che ironia, me lo disse anche lui quel giorno: “l’acqua non è tua nemica”. Fu un evento di poco conto, almeno in sé, ma aveva preso forza col trauma dell’incidente.

<< La colpa è di quel disgraziato che vi ha spinto in mare >>. Replicava più e più volte il dottore << Ciononostante non devi pensare a lui. Resterà in galera fino alla fine dei suoi giorni, quindi pensa solo a stare bene >>.

<< Io… lo so, ma è complicato non odiarlo. Mi… mi dispiace >>.

<< No, non dispiacerti. Sai che non ti chiedo di non odiarlo, perché è impossibile, ma sgombra la tua mente dalla negatività. Cerca il benessere, cara Sara, il benessere >>.

<< Io lo farò, dottore >>.

La seduta finì in fretta. Il tempo di terapia passa in un lampo. Magari fosse così anche con la scuola.

Mi madre mi aspettava giù, in macchina, sorridente: << Allora com’è andata? >>.

<< Bene >>. Dissi ugualmente sorridente.

Quando vai dallo psicologo ti svuoti di tutte quelle angosce che ti tormentano. Era un vero toccasana, quella terapia.

 

                                

 

 

 

 

 

   
 
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