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Autore: Cam17    28/10/2013    0 recensioni
Sara è una ragazza con dei problemi: soffre di idrofobia. Questa storia narra del suo trauma.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ero in macchina con papà quel giorno. Eravamo stati in pizzeria e stavamo portando a casa tanta buona roba da mangiare. Adoravo la pizza: è tutt’ora il mio cibo preferito.

Stavamo passando lungo il porto di Torre Annunziata. Il porto era deserto nonostante fosse pomeriggio. Papà mi disse che un tempo quella zona era piena di pescatori, ma ultimamente in molti erano falliti.

Papà diceva: << Il sud Italia sta morendo >>.

Nelle sue parole percepivo sempre una grande malinconia. Chissà cosa significa vedere un luogo spogliarsi della sia vitalità. Io purtroppo non posso proprio capirlo.

Ricordo ancora le sirene della polizia quel giorno. Si facevano sempre più forti. Mi girai, vedendo che stavano inseguendo una X5, una BMW enorme. Correva a forte velocità. Ci tamponò, facendoci finire fuori strada. La macchina cadde in acqua ed iniziò ad affondare.

<< Papà! >>. Ero in preda al terrore.                    

Lui tentò di togliermi la cintura di sicurezza, ma l’acqua aveva bloccato il gancio. Prese il suo coltellino svizzero ed iniziò a tagliare, mentre l’acqua mi era già arrivata all’altezza del collo.

<< Forza tesoro, esci! >>. Mi disse subito dopo avermi liberata.

La porta non si apriva. Lui tentò di tagliare anche la sua cintura, ma l’acqua ci aveva già inghiottiti.

Sentivo un nodo in gola, mentre l’acqua iniziò ad entrare forsennatamente dentro di me.

Il nodo in gola era provocato dalle mie corde vocali. Esse, in caso di annegamento, si contraggono per impedire alla laringe di aprirsi, così l’acqua non entra nei polmoni. Purtroppo però essa entra inevitabilmente nello stomaco, riempiendolo tutto. E se il corpo non riceve più ossigeno, le cellule cerebrali muoiono, creando gravissimi danni al cervello. Dopo ciò c’è la morte.

Ricordo solo che la portiera fu aperta e che un uomo mi prese. Tutto divenne buio poco dopo. Mi risvegliai mentre mi veniva fatta la respirazione bocca a bocca. Sputai un sacco d’acqua.

Il poliziotto che mi aveva salvata sorrise: << E’ viva! >>.

Vicino a me c’erano anche alcuni pescatori. Avevano le facce sorridenti e sembravano molto simpatici. Ero tutta intontita: non capivo niente di ciò che mi succedeva attorno. Sentivo solo delle voci.

<< Forza non fermarti! >>.

Girai il volto sulla sinistra. Quella voce era di un altro poliziotto. Lui ed un altro ancora stavano vicini a papà. Stavano tentando di rianimarlo.

<< Avanti respira! >>.

<< Forza! Uno, due, tre, quattro… >>.

Iniziai a piangere: << Papà! >>.

Il poliziotto mi tenne a terra: << Ti prego non muoverti >>. I suoi occhi erano tristissimi << Ti prego… resta giù >>.

Papà non si risvegliò più. Quello fu l’ultimo giorno che visse. Non potrò mai dimenticare quello che successe, non potrò mai smettere di odiare il criminale che ci spinse in mare. Fu catturato poco dopo da un’altra volante. Era stato accusato di un precedente omicidio e di quello di mio padre. Prese l’ergastolo. Giurai su tutto ciò in cui credo che, se fosse mai uscito, lo avrei ammazzato io.

Sono passati tre anni d’inferno. Tre anni da quando vado da uno psicologo, tre anni da quando visito tutti i giorni il cimitero per vedere il volto di mio padre lì, su quella lastra di marmo, tre anni da quando ho paura dell’acqua. L’acqua è pericolosa, l’acqua è mortale. Ed ogni volta che mi avvicinavo al mare, ecco che mi veniva paura, paura che volesse uccidere anche me. Erano appunto tre anni che non mettevo più piede su una spiaggia. Mai, pensavo, ce l’avrei rimesso.

 

   
 
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