Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: smartys ayane    28/10/2013    3 recensioni
Un uomo. Un uomo e un soldato. Il soldato più forte dell'umanità, alcuni sostengono. Sicuramente un uomo freddo e spietato. Ma molto più sensibile di quello che possa sembrare.
Fan Fiction incentrata sulla storia e i pensieri di Rivaille, ma sono presenti tutti i personaggi. Vengono narrati accadimenti che vanno oltre quelli visti nell'anime, perciò se non avete letto il manga e non volete spoiler vi sconsiglio di leggerla.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'uomo dal cuore di ghiaccio'
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Prologo
 
Nebbia, fuoco, urla. E sangue, sangue dappertutto.
Nebbia. Non si riusciva a vedere quasi nulla, se non il rosso vivo delle fiamme che divampavano nel villaggio. Una donna si alzò da terra piangendo e strillando, mentre le sue braccia stringevano ancora quel fagotto marrone che poco prima era stato schiacciato da una trave infiammata caduta giù dal tetto di una casa ormai completamente distrutta.
Fuoco. Sembrava non fermarsi più. Decine e decine di corpi carbonizzati giacevano a terra, e non era rimasta nemmeno un’abitazione intatta. Un ragazzo teneva stretto sul petto la mano di una giovane donna, o di quello che ne era rimasto. Una parte del suo corpo era finita sotto le macerie, l’altra metà era quasi completamente in fiamme.
Urla. E sangue.
Un bambino, al centro del villaggio, strillava con tutto il fiato che aveva nei polmoni. Dov’era sua madre? E dov’era suo papà? Attorno a lui vedeva solo morte. Il piccolo non era abbastanza grande da poter camminare, e tutto ciò che poteva fare era guardarsi attorno, e continuare a urlare e piangere.
Forse sarebbe morto lì, se non fosse stato per lui.
Il bambino sentì dei passi veloci, e si voltò impaurito. Un uomo alto, dalla carnagione scura e i capelli dorati sporchi di fango e cenere si chinò a terra per prenderlo tra le sue braccia. L’infante ebbe solo il tempo di vedere in lontananza una sagoma alta, troppo grande, enorme e gigantesca, e troppo vicina.
Si accorse in seguito di trovarsi al chiuso, in una carrozza forse, sicuramente non più al villaggio. Guardò per l’ultima volta il volto dell’uomo che l’aveva salvato, e che in quel momento gli stava sorridendo.
E poi fu buio.
 
Levi si alzò di scatto dal letto, trattenendo un urlo di paura. Guardò la finestra con gli occhi spalancati, e impiegò qualche minuto per capire che, ancora una volta, non stava rivivendo realmente gli accadimenti di quel giorno.
Un sogno. È solo un sogno.
Il ragazzo sospirò, socchiudendo gli occhi. Prese la borraccia sul comodino accanto al letto, e bevve un sorso. Il sole stava sorgendo oltre le vette della montagna, e tra poco il gruppo avrebbe dovuto mettersi in marcia.
Levi si alzò, si infilò la maglietta del giorno precedente e uscì dalla stanza. Fortunatamente i superiori potevano ancora godere di questo grande beneficio: dormire separatamente dal resto della squadra. Solo lui sapeva cosa accadeva la notte nei suoi sogni, e non gli sarebbe piaciuto che i suoi compagni udissero le sue urla e i suoi lamenti, e ancor di più odiava l’idea di dover spiegare loro a cosa fossero dovuti i suoi bruschi risvegli.
Non che qualcuno avrebbe osato chiedere, naturalmente. Il rispetto verso di lui era troppo grande nei confronti dei suoi uomini per permettergli di osare tanto.
Levi raggiunse frettolosamente la stanza più grande della base,  dove dormiva la squadra. Spalancò senza indugio la porta e corse ad aprire le persiane.
“E’ quasi giorno, fannulloni. Muovete il culo e datevi da fare, si preannuncia una giornata impegnativa!”
Cominciarono a udirsi i primi lamenti. Svegliarsi all’alba era sempre duro, specialmente dopo aver fatto tardi la notte precedente. Erano veramente rari i momenti di svago o relax quando si era in ricognizione, ma lo erano ancora di più quando c’era una missione ben precisa da svolgere, come in questo caso.
Levi si avviò verso la porta, e lanciò uno sguardo fugace ai 6 materassi ai suoi piedi.
Eren, Mikasa, Armin, Jean, Connie e Sasha. Sicuramente la squadra migliore che potesse formare.
Il capitano uscì dalla stanza, e si diresse fuori. Amava la lieve brezza mattutina in quel periodo della primavera. Lo aiutava a svegliarsi meglio quando non c’era la possibilità di infilarsi dentro una doccia rinfrescante.
Levi sedette sull’erba, con la schiena poggiata al tronco di un albero. Chissà se Erwin se la stava cavando bene. Non erano ancora giunte notizie.
Un altro titano anomalo. Un sesto titano umano. Quanti ce n’erano ancora? Per quale motivo queste persone avevano la capacità di trasformarsi in titani, e come l’avevano ottenuta?
Troppe domande, nessuna risposta. Una sola certezza: o avrebbero deciso di schierarsi dalla parte dell’umanità, o sarebbero morti.
 
Levi spinse la testa indietro, fino a sfiorare il legno dell’albero. Sentiva le voci dei suoi ragazzi provenire dalla cucina. In quanti sarebbero morti, questa volta?
Nessuna pietà, Rivaille. Nessuna pietà.
Levi scosse la testa. Quei maledetti ricordi, che non riusciva ancora a cancellare dalla sua mente.
“Capitano” Il ragazzo si voltò di scatto. Sull’uscio della porta, Eren, già in tenuta militare, lo guardava spazientito “Siamo tutti pronti.”
Levi annuì, alzandosi da terra. “Bene Eren. Lo spero davvero. Oggi ci spingeremo più lontano di quanto non abbiamo mai fatto fin’ora, potremmo incontrare diversi pericoli e raggiungere spazi troppo ampi per poter utilizzare l’attrezzatura tridimensionale, perciò non dimenticare di usare il cervello oltre che la forza, e di non perdere mai il controllo”
I ragazzi annuirono all’unisono. Levi spazzò via dai capelli un piccolo pezzo di legno.
“Prendete i cavalli” esclamò “Si parte!”.
 
 
   
 
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