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Autore: Yuna Shinoda    15/04/2008    8 recensioni
Arrivai a Forks circa due anni fa, nel 2005.
Gli anni precedenti, ben 17 della mia lunga adolescenza, li avevo trascorsi in Alaska, a Denali. Lì c’era la famiglia di Tanya, un’avvenente ragazza bionda che seguiva la mia stessa dieta.
Bhè, di sicuro vi starete chiedendo cosa centri la dieta. Centra, centra…
Dovete sapere che io non sono propriamente una persona che si nutre di cibo normale.
Purtroppo no.
Per delle strane coincidenze, nell’agosto del 1948, pochi mesi dopo la fine della seconda guerra mondiale, mi ritrovai qui a Forks, in Washington. Che poi era stata anche la città in cui abitavo prima.
Sono nata nel 1931 a Forks, Washington. Mio padre e mia madre erano per così dire separati in casa, visto che non era ancora stata fatta una legge sul divorzio a quel tempo, ed io ero una semplice ragazza di campagna. Mio padre faceva parte della guardia nazionale – l’odierna polizia – e mia madre non lavorava, semplicemente badava a me e mi curava come una qualsiasi madre avrebbe fatto con la propria figlia.[...]
Edward è umano, Bella vampira.
Bella vive assieme ai Cullen a Forks da due anni, quando lei e gli altri decidono di tornare a scuola, vede Edward Masen e non riesce a controllarsi.
Twilight visto da un altro punto di vista, un po' OOC all'inizio, ma cercherò di rispettare le caratterizzazioni dei personaggi dando una nuova visone del libro... Dal POV di Bella.
Genere: Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: OOC, What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"Anche io vorrei baciarti... No. Io vorrei morderti, Edward."
Vorrei saltarti addosso e toglierti il respiro.
Vorrei strisciare la mia lingua intrisa di veleno sul tuo pomo sottile, per poi infilzare i miei canini nella cavità del tuo collo... Quale sublime emozione.
Ma la mia attrazione al tuo corpo, quasi come se tu fossi il mio polo opposto, mi induce solo a voler assaggiare le tue labbra carnose.
Le voglio. Le desidero.
- Scusami, - riprese - sono convinto che in questo momento penserai che sono stupido. -
- Perchè? - Chiesi, quasi con il dubbio che potesse ascoltare i miei pensieri.
- Non sono affatto galante. Dire ad una ragazza che vorrei baciarla è davvero esagerato... Devo imparare a stare in silenzio! -
Scoppiai a ridere istericamente. Ma che cose va a dire!
"Non devi preoccuparti, perchè io ti vorrei addirittura fare dell'altro..." Okay, Bella. Stop con i pensieri osceni.
E' strano come quando sto con lui passi velocemente da "Vorrei ucciderti" a "Vorrei farti dell'altro" - senza che entrino in gioco i canini, s'intende.
Iniziò a sorridere anche lui, che trasportato dalle risate mi prese la mano.
Per un breve ma intenso istante, i nostri occhi furono gli uni negli altri quasi come se fossero intrecciati.
I suoi sembravano più lucidi, quasi brillavano. I miei erano come al solito... Dorati.
Era fermo, non osava rompere il contatto prodondo che si era creato tra di noi, quando fu richiamato alla realtà dal cameriere.
Tho, il cameriere di prima.
"Che fortuna! Il capo mi ha dato proprio il tavolo migliore! Ma come fai a stare con uno così, me lo dici? Non sono meglio io?"
I soliti pensieri sciocchi e inconcludenti.
- Cosa posso portarvi? - Chiese, guardando Edward con occhio di sfida.
- Per me un piatto di linguine, grazie - disse Edward, il tono più tagliente che mai. - E per te, tesoro? -
Ehm... Bella, ci sei?
- Si? - Chiesi, un po' sorpresa da quel nomignolo.
Tesoro, io? E se io sono un tesoro allora Lucifero è il più docile delle fiere!
- Cosa le porto? - Chiese nuovamente il cameriere, sfoderando uno sguardo da pesce lesso, tentando nuovamente di far colpo.
- Nulla, grazie. Anzi, no. Vorrei dell'acqua. -
- Vi serve dell'altro? -
- Si, solo un'altra cosa... E' possibile che ci serva un altro cameriere? - Chiese Edward.
- Cosa? - Disse il mètre, gli occhi a dir poco sbalorditi.
- Sa, io e la mia ragazza vorremmo qualcuno di più discreto... -
- Come vuole. - Mentre girava i tacchi, notai che il suo volto divenne rosso fuoco.
Sciocco.
Bella... Aspetta. Riorganizza nel tuo cervello le informazioni.
Prima Edward ti ha chiamata tesoro.
"Bhè, era per far andar via il cameriere, chiaro." Non penso che avesse realmente voglia di chiamarmi così.
Poi ha detto che sono la sua ragazza.
"Ancora per far andar via il cameriere, Bella. " Mi ripetei.
Era ancora troppo presto per dire che "scherzando a volte si dice la verità che non si ha il coraggio di dire apertamente".
No, non sarà di certo così... E' da quando ho notato il tuo attaccamento che lo ripeto...
"Non puoi innamorarti di un mostro, Edward..."
Oppure puoi? Sono troppo, troppo confusa.
- Ha pensato a qualcos'altro di poco decente, prima? - Mi domandò Edward, alquanto curioso e un po' impaziente.
"Bhè, se ti riferisci a quelle quattro, massimo cinque volte che mi ha immaginata senza nulla addosso, allora no, Edward. Nessun pensiero sconcio."
- Ehm... Solo una volta. - Mentiì.
Edward chiuse le mani a pugno, quasi come se volesse dare un colpo sul tavolo, e strinse forte i denti.
- Se lo trovo, all'uscita... -
- Edward, calma. E' sempre successo, ci sono abituata. - Gli poggiai una mano sulla spalla, decisa, per cercare di calmare la sua ira.
Riaprì le mani normalmente e mi sorrise, mi guardò velocemente negli occhi e poi sospirò, guardando per terra.
- Sai com'è... non ho mai sopportato violenza del genere sulle donne. E' peggio di quella fisica. -
- Ah. Comunque non preoccuparti. E' usuale che accada. -
- Va bene. - Disse, forse un po' triste.
Poi al tavolo arrivo il nuovo cameriere.
Ah, mi sbagliavo... Cameriera. Sexy, alta e mora da far paura.
Edward alzò subito gli occhi quando la vide, ma, al contrario di molti ragazzi, la guardò come una persona normale.
Aspettate... Intendo senza sbavare.
Sembrava fosse quasi sminuita la sua bellezza nel modo in cui lui la guardava mentre la ringraziava per la portata appena servita.
Io, per mia risposta, la guardai con indifferenza, mentre si allontanava dal tavolo.
Lei per fortuna aveva risparmiato i pensieri osceni.
Mi bloccai per un po', fissando il vuoto e pensando, quando Edward mi richiamò all'attenzione.
- Bella, ehi? -
- Chi, la cameriera? - Dissi, per provocarlo, facendo finta di non aver capito bene.
- Veramente ho detto "Bella, ehi." E comunque non arriva nemmeno alla tua bellezza. - Rispose, spavaldo e con il sorriso sulle labbra.
Non risposi e lui iniziò a mangiare ogni piatto che gli portarono.
Io, per niente affamata poichè nel pomeriggio ero andata a fare la mia caccia settimanale, lo osservai in goni suo movimento.
Parlò a stento, tra un boccone e l'altro, solo per chidermi le solite cose.
"Hai mai mangiato il nostro cibo?"
Oppure... "Dormi la notte? ; cose che magari Charlie non gli aveva mai rivelato.
Andò avanti così, finchè lui non chiese il conto ed uscimmo in strada in direzione della sua automobile.
Mi aprì la portiera... Una cosa umana che mai nessuno aveva fatto per me.
Anche se piccolo, e forse insgnificante, per me significò molto.
- Prego, - mi disse, con solito sorrisino stampato sulle labbra.
Sembrava davvero felice di stare con un mostro.
Una volta entrati in macchina non mise subito in moto ma mostrò forte la voglia di conoscere il mio passato.
- Allora... Appurato chi sei... Mi piacerebbe... -
- Te lo dico adesso così mi levo un peso dallo stomaco. -
- Spara. -
- Conoscendo Charlie, sai che è un po' anzianotto. Bhè, io lo sono di più. -
- Quando sei nata? -
- Nel 1931, a Forks, Washington. -
- Uhm... Per essere una settantaseienne devo dire che ti porti davvero bene i tuoi anni! - Sogghignò. Lo capì anche nell'oscuro abitacolo della macchina.
- Stupido! - Gli diedi un gancio sul braccio destro, piano altrimenti gli avrei fatto di sicuro del male, e risi come un'ossessa.
Era troppo divertente!
- Davvero, per me ti porti davvero i tuoi anni. -
- Bhè, grazie. - Se fossi stata umana sarei di sicuro arrossita.
Poi mise in moto.
Percorremo quelli che a me sembravano due o tre km, poi mi rivolse nuovamente la parola.
- Ti prego, non mi mangiare - Disse, il tono leggermente impaurito.
- E perchè dovrei farlo? - Risposi, pensando che in effetti non mi sarebbe dispiaciuta l'idea.
Risi sotto i baffi.
- Ti sto portando da Charlie -
- Ah, Charlie. - Sospirai. Era davvero strano rivedere il proprio padre dopo anni ed anni di lontananza.
- Ti dispiace? - Chiese, il tono un po' strano... quasi dispiaciuto di aver fatto qualcosa di sbagliato.
- No. Come dire, è... Strano. -
- Bhè, si. -
Arrivammo subito a casa di Edward.
Lui, cercando di essere veloce, venne a riaprirmi la portiera e mi offrì la mano.
- Grazie -, risposi con tono freddo, quasi pensieroso.
Non lasciò la mia mano per tutto il breve tragitto da lì alla porta di casa Masen/Swan, dovrei dire.
La sua mano era gelata, un po' intropidita, perepivo delle strane vibrazioni miste di paura o emozione, non saprei dirlo con chiarezza.
Suonò il campanello tenendo la sua grande mano nella mia.
Questa volta aprì un uomo.
Alto, moro e sulla quarantina come sua madre. Aveva gli stessi occhi verdi di Edward.
- Oh, ciao Edward. lei dev'essere... -
- Bella. - Disse lui.
- Entrate, il nonno è di là -
Che sapesse anche lui?
L'uomo si allontanò, dirigendosi verso le scale che portavano al primo piano.
Bloccai Edward, dovevi chidergli una spiegazione prima di proseguire.
- Ma anche lui sa...? -
- No, non sa nulla. Pensa che dobbiamo fare una ricerca sui veterani di guerra. -
"Fiuh. Non mi va che altri sappiano del mio passato."
Ricominciammo a camminare, lenti, quasi come se dietro l'angolo ci fosse il pericolo più grave di questa terra.
Poi, entrammo nel salone.
Era come lo ricordavo... Piccolo ed arredato di pochi mobili, con un camino in fondo alla sala.
E lo vidi.
Era seduto su una poltrona rossa, i capelli ormai bianchi e corti lo rendevano strano ai miei occhi.
Eppure, dietro quelle grosse sopracciglia e quella posizione a cui non ero mai abituata, riconobbi mio padre.
Indugiai piano, fino ad arrivare al divano accanto a lui.
- Torno dopo, Bella - Disse Edward, che scomparve dietro di me chiudendosi la porta della sala alle spalle.
Nessuno dei due osava parlare.
Eravamo proprio così uguali... Nemmeno mio pare era un gran chiacchierone.
Preferiva tenersi le cose per sè. Proprio come me.
Improvvisamente, la sua voce roca e che sapeva di "antico", parlò.
- L'ho capito da quando sei arrivata che eri tu - Disse, la voce un po' rotta - L'ho sempre saputo. -
- Ma come...? -
- So chi ti ha reso così, figlia mia. Tua madre mi lasciò un piccolo biglietto, in cucina. Mi scrisse che aveva chiesto ad un amico comune di farle una favore... Di salvare sua figlia. E così, non appena lo lessi, capì di cosa si trattava. -
- Tu... Quando sei tornato? Ricordo che... la mamma... era sempre così triste e stava sempre affacciata sperando che tornassi dalla guerra ma... non l'hai fatto. - Dissi, in tono freddo e indifferente.
- Credimi, lo so. Ma il problema è che c'era troppo da fare al fronte e non potevo tornare, no. Decisi di proteggere più gente del dovuto, ne sono consapevole, so di avervi abbandonate per troppo tempo. -
- Sta di fatto che non hai mai avvertito. Ne una lettera, ne un telegramma. Non hai mai fatto nulla... Pensavamo fossi morto... -
- In effetti, morto lo ero. Tornai nel 1947, a dicembre, felice di rivedervi e di rirtrovarvi ma... Trovai una moglie morta ed una figlia... Diversa. Ero solo, senza nessuno. Credimi, Bella, avrei voluto cercarti, ma non sapevo come. - Disse tutto d'un fiato. Sembrava realmente dispiaciuto di non avermi potuto cercare.
- Va bene... -
Ci fu un silenzio assurdo, silenzio in cui io fissavo lui e lui fissava me, senza emettere alcun suono.
Poi, ripresi - Allora, dopo cos' hai fatto? -
- Dopo? Dopo fu più dura del previsto. Restai qui, in questa casa, che non è cambiata mai da quando ci vivevamo. Poi, conobbi Catherine. -
- Ehm? -
- La madre di Elizabeth, la madre di Edward. -
- In Catherine ritrovai l'amore, la gioia che mi avevate dato tu e tua madre. Con lei ebbi due figli. Elizabeth e Charles. -
Allora io ero... vediamo un po'... Se la madre di Edward era mia sorella, io ero la zia di Edward.
No! Le cose vanno sempre nel modo sbagliato...
- Bella, ti ho sempre voluto bene, credimi. Non ti ho mai dimenticata. Guarda -
Mi porse un ciondolo che aveva in tasca... Era strano, sembravagià lo conoscessi.
Lo aprì, e dentro mi riconobbi.
C'era una mia foto di quando avevo diciassette anni, ero la stessa di adesso, solo un po' più antica.
- Sono... Io - Dissi, con voce flebile.
Di colpo, non so come, nemmeno perchè, lo abbracciai.
Risentì il calore di un tempo, l'affetto che in tutti quegli anni era stato lontano, ma che non mi aveva mai abbandonato.
Ricambiò la stretta, quasi come se non vedeva l'ora di rivedermi dopo tutti quegli anni... Caro Charlie.
Parlammo per un altro paio di minuti, poi Edward entrò nella stanza.
- Vi siete chiariti? -
- Grazie, Edward, ti sarò sempre riconoscente. - Disse Charlie.
- Nonno, però adesso vai a letto, su. E' un po' tardi - Edward sorrise, un po' divertito.
Charlie non rispose, così Edward mi prese per mano e ci dirigemmo verso la porta della stanza, quando mio padre ci richiamò.
- Bella... Quando vuoi -
- Okay. Ciao... Papà -
Aumentai il passo, così da non vedere la sua reazione. Forse sarei tornata indietro per riverlo.
Arrivammo sotto l'arcata dell'entrata, quasi accanto alle scale che portavano fuori, che Edward mi rivolse nuovamente la parola.
- Allora? - Mi chiese.
- Qui le domande le faccio io mio caro nipote! - Esclamai, in tono divertito.
- Nipote? Mi sa che ti sbagli. -
- Perchè? -
- Devi sapere che Elizabeth e Michael non sono... I miei veri genitori. -
Allora... Io non ero imparentata con lui.
Dovevo andare fino in fondo alla faccenda.
Volente o nolente, quella sera avrei passato la notte nella stanza di Edward... a parlare.





Nota a piè di pagina: Un grazie enorme a tutte! Speravo di riuscire a postare prima ma sapete la scuola -.-....
Mi spiace nuovamente di non potervi ringraziare una ad una, ma sono le 23 e ho davvero gli occhi pesanti perchè studio storia da più di cinque ore! =.=
Vi ringrazio tutte, nessuna esclusa, perchè mi state dimostrando davvero tanto.
Spero di postare prestissimo, Un bacio, Yuna

  
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