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Autore: Juliet97    29/10/2013    1 recensioni
Due anni. Due anni dallo scioglimento della band, nessuno ne sa il motivo, se non noi. Avevamo deciso di non dire nulla alle Fans per non provocare dolore, ma eravamo consapevoli che prima o poi, avrebbero scoperto tutto. Consapevoli anche del fatto che ci avrebbero odiato, ma noi, lo avevamo fatto per lui.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ero convintissima che fosse lui, Harry Styles. Adoravo immensamente quando sui social network uscivano delle sue foto con quel cappellino, a lui ogni cosa, ogni abbigliamento stava bene. Lui era perfetto per fare il modello. 
"Che intendi?"
Non era Harry. Mi ero sbagliata, era mio fratello Matt. Ha sempre avuto qualche cosa in comune fisicamente con Harry, glie lo dicevo sempre quando ero più piccola. 
"Mi hai confuso ancora con quello? Ooh andiamo Jess, dimenticali! Sono passati due anni cazzo!"
"Zitto, non puoi capire quello che provo!"

Ha sempre odiato i One Direction, e ha sempre odiato Harry Styles. Lo vedeva come un rivale in fatto di bellezza, credeva che fosse meglio di lui, e si arrabbiava sempre quando dicevo che avrei preferito avere Harry come fratello che lui. Sinceramente non ho mai capito questo suo accanimento contro di loro, e forse non lo capirò mai. Delle volte è stata anche colpa sua se non ho mai avuto possibilità di poterli vedere, perché quando convincevo mamma e papà a comprarmi il biglietto, lui trovava sempre delle scuse per protestare e per convincere i miei nel contrario. Non dimenticherò mai il giorno in cui litigai con lui per aver protestato, anche perché subito dopo scoprii che quello fu l'ultimo loro concerto.

.Flashback.

'Eddai papà, ti prego! Mamma diglielo anche tu!'
Stavo cercando disperatamente di convincere i miei genitori a mandarmi al concerto della boyband più famosa del momento, e ce la stavo facendo. Lo sguardo di mio papà si posò sul mio, supplicante e stanco di continuare a piangersi addosso. 
'Che dici caro, la mandiamo?'
'E va bene mi hai convinto!'

All'udire la sua conferma iniziai a saltare come una matta per la gioia, finché non si intromise mio fratello, quello che vedevo come mio nemico in quel momento. Sapevo che stava per protestare, e sapevo che avrebbe convinto mio papà a cambiare idea e non mandarmi, speravo solo non ci riuscisse.
'Mandi una diciassettene in mezzo a tanta folla? Papà pensaci è ancora piccola per queste cose!' 
'Mi sa che hai ragione, tesoro andrai un altra volta!'

Ed ecco che nuovamente il mondo mi crollò addosso, e tutta la colpa ricadde su quello stronzo di mio fratello.


.Fine Flashback.

Oltre a non aver dimenticato quel giorno, non l'ho mai perdonato per essersi intromesso in una cosa che non lo riguardava. Il mio odio per lui si incimentò ancora di più quella mattina mettendosi quel fottutissimo cappellino e quei fottutissimi Ray Ban. Se il suo intento era quello di farmi provare malinconia nel pensare a lui, e a loro, beh, ci era riuscito. 
"Non cambierai mai, sei sempre il solito stronzo!"
Prima di andarmene vidi solo un sorriso beffardo sul suo volto. Lo odiavo, lo odiavo da morire. Se un giorno di questi fosse morto, mi sarei messa a ballare sulla sua tomba dalla felicità. Non era cosa da fare in un cimitero e per di più su un defunto, ma lui era l'eccezione. 
"Perché? Perché si sono sciolti? Perché cazzo?"
Era ormai la domanda che mi ponevo da due anni e mezzo quasi. Dopo quella loro conferenza alla tv, non si seppe più nulla. Solo di una cosa ero certa, in quella conferenza, uno di loro mancava, e i loro volti erano inguardabili. Prima o poi, anche se più poi che prima, avrei scoperto tutto. Loro erano la cosa più bella che avessi potuto avere a diciassette anni. Mentre mi chiedevo insistentemente quella domanda nella mia testa, mi sfogavo con un sacco appeso nella piccola palestrina di casa mia. Ero solita utilizzarlo per sbollire i miei bollenti spiriti. 
Mi appoggiai al muro e mi lasciai cadere a terra sfinita, stavo male, e loro non c'erano più a confortarmi, se non le loro vecchie canzoni su internet, ma quelle canzoni mi provocavano tristezza e malinconia. Cercai il video della loro ultima conferenza, e lo trovai.

'Noi, abbiamo richiesto questa conferenza stampa per annunciare il nostro ritiro dal mondo della musica, e lo scioglimento della band. Non possiamo e non vogliamo darne i motivi, questa è la nostra scelta'

Quelle furono le ultime parole di Louis Tomlinson, prima del termine del video. Spensi tutto e andai a letto senza cenare. Almeno la notte la mia mente era libera da questi pensieri. 
*bipbip**bipbip*
Spensi la sveglia scaraventandola contro il muro, avevo sonno e la voglia di alzarmi di domenica alle otto era pari a zero. Scesi dal letto, e inciampando nei mie stessi piedi come un'idiota. Lavai la faccia con l'acqua gelata per svegliarmi del tutto, ma quello che mi svegliò più dell'acqua furono i pugni sulla mia porta di casa.
"Apri sta fottuta porta Jessica, è urgente!"
Riconobbi la voce di Ludmilla dalla cucina, mi stupii del fatto che si fosse alzata alle otto di mattina della domenica tra l'altro, lei che dorme sempre fino a pomeriggio inoltrato. Mentre legavo i capelli mi diressi alla porta, non feci in tempo ad aprirla che lei era già nel mio salotto che gridava come una forsennata.
"La vuoi smettere di urlare? Mi stai urtando i timpani Ludmilla!"
Era agitata più del solito e in mano aveva un giornalino, uno di quelli che vendono le cartolerie per adolescenti, con sopra i vip del momento. Mi porse quel libretto piccolo puntandomi con l'indice il punto che avrei dovuto leggere.
"Da qua, fa vedere!"
Harry Styles era stato visto salire sul London Eye. Com'era possibile? Lui non era più a Londra da tempo ormai, si sapeva del suo ritorno nella sua città natale, come anche gli altri del gruppo del resto. Quel giornalino lo feci finire dritto dritto nel cestino insieme al resto del pattume. Ero stufa di tutte quelle stronzate che giravano sul loro conto. Non avrebbero alcun motivo di tornare a Londra. 
"Ma che fai stupida? Perché l'hai buttato?"
"Smettila di leggere quelle cose, sono tutte fesserie!"

Con quelle parole, immaginavo che l'avrei ferita, ma non poteva essere possibile che uno dei ragazzi fosse tornato a Londra. Lo avrebbe riconosciuto chiunque passasse per le strade, un vecchietto si sarebbe reso conto di chi fosse. Feci capire alla mia migliore amica di voler restare sola, e così fece, se ne andò senza nemmeno salutarmi con la testa bassa. Soffriva, ma non era l'unica. Non capiva che farmi leggere quelle cose mi faceva solo del male, non capiva quanto tempo ci ho messo per liberarmi delle loro cose perché troppo attaccata ai loro ricordi, non capiva niente e questo mi provocava solo ed esclusivamente rabbia, nonostante quell'articolo mi avesse provocato qualche dubbio. Mi vestii per uscire un po' di casa e respirare aria, ma non trovavo le scarpe, dannate Blazer. Solo dopo mezz'ora di ricerca mi ricordai di averle lasciate sul pianerottolo di casa. Le misi ed uscii dal condominio. Quella mattina l'aria era più fredda del solito, tanto farmi chiudere nel mio piccolo cappotto nero. Mi comportai male con Ludmilla, volevo togliermi quel dubbio. Andai alla biglietteria per chiedere al bigliettaio se la notizia fosse vera, era sciocca come cosa da fare, ma se fosse stato vero, per una volta nella vita non mi sarei arresa e lo avrei cercato. 
"Salve, mi scusi vorrei un informazione!"
"Vuole sapere se il giovanotto della band è stato qui? Si è stato qui!"

Non potevo crederci, quello stupido giornalino aveva scritto una cosa vera per la prima volta, lui era a Londra. Il mio sguardo rimase imbambolato per qualche secondo sulla grande ruota panoramica, finché non mi girai di scatto e iniziai a correre senza nemmeno ringraziare il signore per la notizia. Avevo trattato male l'unica persona che poteva capire il mio stato d'animo, non le avevo creduto e la stavo facendo soffrire, per rimediare, potevo solo chiederle scusa. Mi sedetti sul tavolo di un piccolo bar del centro, l'unico tavolo libero. Ordinai solo dell'acqua, giusto per poter star lì seduta. 
"Posso sedermi?"
Alzai lo sguardo sperando di non trovarmi di nuovo quel depravato di mio fratello davanti, e a quanto pare le mie preghiere furono ascoltate. Era lui, ne ero sicura. Non aveva ne occhiali, ne cappelli. I suoi ricci erano scompigliati, come due anni fa, i suoi jeans neri leggermente strappati alle ginocchia con i suoi stivaletti marroni. 
"Non ci posso credere!"
  
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