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Autore: Belinda Nero    29/10/2013    1 recensioni
C'era una volta una palude. Ed un bambino veggente. Questa è la sua macabra storia.
“Chi sei?” domandò flebilmente Vanth, rivolgendosi alla figura femminile che avanzava verso di lui senza che i piedi affondassero nel terreno divenuto lattiginoso.
“Riesci già a vedermi?” replicò lei, sorridendo: ma aveva una guancia sfregiata in putrefazione, per cui riuscì solo ad inclinare gli angoli delle labbra in un ghigno spaventoso. “Sono morta” aggiunse con la voce femminile, metallica “hai paura?”.
No, Vanth non provava paura; era stato cresciuto nella simile prospettiva che un giorno anche lui avrebbe visto e parlato ai morti."
Genere: Dark, Horror, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ad appena sei anni Vanth poteva già vedere i morti.
Il primo spettro gli apparve un pomeriggio autunnale.
Queen Marleen aveva accolto in casa un noto cliente piuttosto facoltoso che aveva ottenuto denaro sufficiente a mantenere due mogli e svariati figli: i soldi li aveva ottenuti grazie alla magia nera operata dalla donna.
La strega era una donna senza alcuna morale: fin tanto che i suoi clienti le offrivano quanto lei chiedeva, era disposta a servirsi dei propri poteri per qualsiasi fine.
Era rea di svariati omicidi, di arricchimento, di malocchio, di malattie, così come di matrimoni e gravidanze.
Il piccolo Vanth era stato mandato a raccogliere erbe intorno alla torbida palude e, prestando attenzione ai movimenti degli alligatori, il bambino aveva raggiunto un punto dove i piedini toccavano il fondo melmoso ed incontravano con le dita animali che non si potevano intravedere dallo strato superficiale di acqua verdastra. L'odore era pungente ma Vanth vi era cresciuto dentro tanto a lungo da considerarlo assolutamente normale. I mortali insetti che gli ronzavano vicino erano tenuti a bada dal repellente unguento che si era spalmato addosso, sul corpo nudo.
Non indossava mai troppi abiti. L'afa e l'umidità del luogo contribuivano a rendere calda e pesante l'aria. Solo i capelli lunghi fin le spalle erano stati legati in treccine avvolte in strisce di tessuto colorato.
Attraversata la palude sopra quella che sembrava una cassa da morto, Vanth era avanzato fra canne ed elofite e aveva raggiunto infine una porzione precisa dell'umida spiaggia adiacente, dove sapeva crescevano le erbe di cui Queen Merleen avrebbe avuto bisogno la notte stessa.
Nel raccogliere le lunghe, sottili foglie di una pianta paludosa, cadde in trance e raggiunse un grado di concentrazione a cui non era mai arrivato prima.
Il corpo scivolò a terra, privo di forza. Le iridi si schiarirono progressivamente, mutando da verdi in bianche. Un processo inquietante di cui non era consapevole, mentre la sua pupilla da rettile si allargava e diventava l'unica nota di colore nel suo sguardo vacuo ed assente.
Davanti ai suoi occhi si materializzò una ragazza avvolta in una vestaglia da notte lercia di sangue rappreso lungo il petto. Le mani strette intorno al cuore, i rossi capelli ispidi e sporchi lasciati sciolti sul viso spettrale.

Chi sei?” domandò flebilmente Vanth, rivolgendosi alla figura femminile che avanzava verso di lui senza che i piedi affondassero nel terreno divenuto lattiginoso.
Riesci già a vedermi” replicò lei, sorridendo: ma aveva una guancia sfregiata in putrefazione, così riuscì solo ad inclinare gli angoli delle labbra in un ghigno spaventoso.
Sono morta” aggiunse con la voce femminile, metallica “hai paura?”.
No, Vanth non provava paura. Era stato cresciuto nella simile prospettiva che un giorno anche lui avrebbe visto e parlato ai morti. Così scosse la testa.

Sono felice di non averti spaventato” concluse lei, dissolvendosi lentamente insieme alla fredda nebbia che si era levata dal terreno fangoso.
Tornato in sé, con gli occhi che riprendevano colore e le gambe che tornavano nuovamente salde, Vanth si era alzato in piedi. Il cuore gli batteva forte, il respiro era irregolare, ma non corse da sua madre a riportarle la notizia: sapeva che non poteva disturbarla, non in quel momento. La sentiva urlare, invocare e pregare, laggiù, nella palafitta che intravedeva all'orizzonte in quell'aranciato tardo pomeriggio; e poi doveva finire di raccogliere le erbe.
Più tardi Vanth tornò da Queen.
La madre era stanca e spossata. Aveva borse bluastre sotto gli occhi ed i capelli più unti del solito.

Hai trovato le mie erbe?” gli chiese nervosa, ottenendo da lui un silenzioso cenno d'assenso.
La donna allora soffermò più attentamente lo sguardo sul suo bambino sporco da capo a piedi di fango essiccato. Fra i capelli chiari aveva bava di ragno, fili traslucidi di una ragnatela attraversata.
Percepiva qualcosa di diverso in lui. Un'aura nuova. Ed ebbe una rivelazione.
Sgranò gli occhi, inclinò le labbra in un ghigno mostrando i denti cariati. Sollevato il figlio a sé, lo avvolse in un abbraccio stretto ed urlò: “mio figlio, mio figlio ha visto un morto oggi!”.
Era orgogliosa di lui. Aveva atteso quel giorno da che lui era nato, la prova che il suo bambino era davvero sangue del suo sangue: uno stregone come lei.
Tuttavia un'ombra di angoscia le attraversò gli occhi, l'istante dopo. Venne colta da frenesia: doveva impartirgli una lezione, la più importante di tutte; e lo doveva fare subito.
Lo appoggiò a terra ma non gli diede il tempo di fare altro che seguirla, poiché gli aveva preso il polso e lo trascinava dietro sé di alcuni passi verso la stanza della divinazione, un rudimentale ambiente arredato da una libreria ricolma di manuali, una rozza poltrona intagliata in un tronco circondata da candele sempre accese, bambole voodoo ricoperte di spilli gettate per terra o al contrario, disposte con cura sopra il lettino di Vanth, rilegato ad un angolo.
Recuperato un lungo coltello, Queen Merleen costrinse il figlio ad appoggiare la mano su un tavolino; sopra vi appoggiò la propria sinistra.
Con un gesto rapido lacerò la carne di entrambi, la lama del coltello che inchiodava entrambi oltrepassando pelle, tendini, ossa fino a sfiorare il legno sotto la manina di Vanth. Urlarono entrambi, di dolore il primo, di eccitazione la seconda. Lui cercò di divincolarsi, ma la lama affondava meglio ed aumentava la sofferenza.

Non muoverti o peggiora!” esclamò la donna, ridendogli in faccia.
Le lacrime scendevano copiose lungo le guance del bambino.

Non frignare!” lo rimproverò lei con un tono severo “senti il mio sangue che sgorga sulla tua ferita?” gli chiese “lo senti?!” lo incalzò più forte.
Lui annuì con la testa, mentre la fitta della carne lacerata superava la soglia della sua sopportazione: sentiva la testa girare e i sensi abbandonarlo.

Non lasciarti sopraffare dal dolore, figlio mio! Da adesso in poi dovrai farci i conti ogni giorno! Se permetti a
loro di approfittarne, non sopravviverai!” spiegava sua madre, ma Vanth percepiva la sua voce lontana, flebile.
Stai con me, Vanth Janas! Stai con me!”.
Con la mano libera, Queen Merleen afferrò il mento del bambino; gli alzò il viso, perché la potesse guardare con lo sguardo vacuo. Il sangue usciva copioso da entrambe le mani.

Guardami Vanth” gli urlò contro e lui recuperò parziale coscienza.
Mamma..” piagnucolò sconsolato, mentre il dolore era tanto acuto da annullarsi. Sentiva solo quello, ma la mente era tanto sconvolta da una simile sensazione da non riuscire a percepirlo neppure più. Come se la lama non avesse troncato solo la mano, ma anche i nervi fino al cervello.
Ecco.. sì, così tesoro mio.. così, lo senti? Sta passando. Io e te ora siamo insieme. E non sentiamo il dolore. Lo stiamo superando insieme. Sei uno stregone Vanth Janas! E ora sai cos'è il dolore e sai che non puoi permettergli di comandarti”.
Disse questo e finalmente estrasse la lama da entrambi i palmi. A quel punto Vanth perse i sensi.
Al suo risveglio si ritrovò nel suo lettino, la mano medicata e fasciata e sua madre seduta alla poltrona di legno, con gli occhi spalancati e la bocca aperta, come se si fosse addormentata in quella posizione. In realtà, non era più in sé. Uno spirito era entrato in lei, ma Vanth percepiva che sua madre aveva il controllo della situazione.
Qualche decina di minuti dopo, le candele accese si spensero ad una folata di vento impercepibile. E si riaccesero l'attimo dopo. Sua madre era di nuovo Queen Merleen.
Spostò lo sguardo scuro fino ad incontrare il suo. Gli sorrise.

Stai bene Vanth?”.
Lui annuì ma sopportava a fatica il dolore.

Vieni qui” lo spronò Queen, battendosi le mani sulle proprie ginocchia. Vanth notò che sua madre non si era fasciata il palmo ferito, ma il suo sangue aveva smesso da solo di fluire. Un miracolo o piuttosto opera della magia nera.
Vanth la raggiunse. Si sedette in braccio a lei.

Descrivimi lo spettro che hai visto” lo esortò la madre con sguardo inquisitorio.
Era una ragazza.. piccola.. bianca, con del sangue sul petto” rispose lui “e mi sorrideva”.
Mh” mugugnò criptica Queen “e ti ha detto qualcosa?”.
Che era felice di non avermi spaventato”.
Queen Merleen annuì e socchiuse gli occhi “sembra uno spirito gentile” rifletté “ma stai in guardia” aggiunse mentre gli passava le mani fra le treccine. Aveva paura per suo figlio.

Lei ti apparirà ancora” spiegò “e sarà la tua guida nel mondo dei morti”.
Il bambino parve perplesso. Sua madre non gli aveva mai parlato di cose simili. Cos'era una guida? La osservò curioso, con gli occhietti lucidi per il bruciore della ferita. Aveva le gote rosse, i capillari evidenti sulla carnagione chiara.
Nonostante ciò Vanth si sforzò di prestare attenzione alle parole della madre che gli spiegavano il nuovo mistero.
Ogni veggente possedeva una
guida nel limbo: null'altro che uno spirito tormentato quanto gli altri ma per qualche ragione più consapevole e potente.
Per tante ragioni ad un veggente era richiesto di addentrarsi nel limbo dei morti: per riuscire a parlare con un defunto, per cercare un'anima da sacrificare in un rito, per richiamare un parente trapassato al cospetto di un famigliare vivo.
Raggiungere il triste limbo dei lamenti non era cosa semplice: attraverso uno stato di divinazione l'anima del veggente era costretta a scindersi dal corpo.
Da quel momento, la vita era a rischio. L'anima, collegata al corpo attraverso un “filo rosso”, aveva un tempo limitato oltre il quale il legame si sarebbe dissolto per sempre, impedendo così al veggente di percorrere il tragitto a ritroso.
La
guida aveva il compito di preservare il legame fra l'anima e il corpo del veggente, muovendosi come una sorta di suo intermediario nel limbo.
Gli spiriti del limbo erano infatti rancorosi ed invidiosi. Anime affamate e crudeli con l'unico obbiettivo di vendicarsi dei torti sofferti in vita.
Uno spettro consumava la propria vendetta se riusciva ad approfittare dei poteri del veggente oppure lo privava della vita; la guida impediva che ciò accadesse.

Ora ti racconterò una storia” disse allora Queen ed iniziò a narrare la vicenda di un'altra veggente, vissuta secoli prima.
La donna, tale Lane Eusten, era dotata di impressionanti abilità, ma peccava di curiosità e narcisismo.
Un giorno le apparve la sua guida personale, ma lei incominciò a rifiutare costantemente i servigi dello spettro poiché era certa di non aver bisogno della sua protezione.
Incominciò ad avventurarsi da sola nel limbo. Distaccava l'anima dal corpo e percorreva la spiaggia lattiginosa della terra dei morti dove le onde di un oceano bianco le lambivano i piedi.
Ed ecco il giorno fatale: nella coltre nebbiosa si delineò ancora una volta la sagoma dello spettro, la sua guida.

Chi cerchi, veggente?” le domandò lo spettro che avrebbe potuto avventurarsi nel limbo al suo posto per convocare il defunto che lei cercava, salvandola così dal destino che l'attendeva.
Lei avrebbe potuto accettare il suo aiuto e tornare salva nel proprio corpo; ma come detto in precedenza, lei era certa di sapersela cavare in ogni situazione. Anche nella terra dei morti da cui era ossessionata.
Così continuò a camminare. Ignorò la domanda della sua guida che si fece da parte ancora una volta. Lei si spinse oltre; intorno a lei apparve un'altra sagoma. Un'altra. Ed un'altra ancora. Ben presto fu avvolta da spiriti nutrenti livore.
Lei perse la rotta. Si ricordava un nome, colui che stava cercando, ma non riuscì a proseguire; le voci degli spettri intorno a lei erano insistenti e soffocanti. Lamenti e preghiere, invocazioni e minacce.
Il vociare straziante distrusse la sua coscienza e lei perse memoria di sé stessa; non fu più in grado di tornare indietro.
Il tempo a sua disposizione finì e il corpo di Lane Eusten perse il soffio vitale che lo animava. Il filo rosso si spezzò e la carne morì, le membra poi marcirono. La donna rimase intrappolata per l'eternità fra le anime angosciate, completamente dimentica della sua identità.

Vedi Vanth” proseguì Queen Merleen dopo aver concluso il triste racconto “sopravvivere nel limbo senza guida non è certo consigliabile! Verresti presto circondato da spettri, come accaduto a Lane Eusten e la loro tristezza ti soffocherebbe l'anima”.
In un'ampolla, su uno scaffale, c'era un fiore mantenuto florido dalla magia. La veggente allungò la mano e lentamente ruotò le dita in senso antiorario. Vanth vide i petali del fiore blu sfiorire, ingiallire, infine marcire mentre il gambo si ripiegava su sé stesso.

Mi accadrebbe quello?” domandò timidamente il bambino in direzione della madre e lei annuì con cenno greve.
La tua guida è forte abbastanza da impedire ad altri spettri di avvicinarsi a te e potente a sufficienza da cercare un defunto nel limbo al tuo posto. Non devi far altro che servirti di lei”.
Lei allora mi aiuterà?”.
Gli occhi scuri della donna erano imperscrutabili, come pozzi scuri senza uscita. Era impossibile decifrare il suo sguardo.

Lo farà.. ma in cambio vorrà qualcosa da te. Ti farà una sola, unica richiesta in tutta la tua vita. Qualcosa di preciso che scoprirai presto e ascoltami bene Vanth Janas! Dovrai accontentarla
qualsiasi cosa ti chieda, andasse anche oltre la tua volontà. Non rischiare di deludere la tua guida nella terra dei defunti, perché potresti finirci tu stesso dentro e non trovare pace per l'eternità”.
Vanth Janas ebbe un tremito e si strinse alla madre, cercando rassicurazioni. Era uno stregone, un futuro veggente, ma per il momento era un bambino qualsiasi, puro ed innocente.
La donna sapeva quanta preoccupazione gli scuoteva l'animo; lei stessa ne aveva provata in seguito alla sua prima divinazione, quando le era apparsa la sua guida personale, lo spirito dell'uomo che da anni le stava affianco. Uno spettro tuttavia crudele con cui aveva dovuto imparare presto a fare i conti.
Vanth nascose il viso contro il suo seno e piagnucolò un poco. Queen lo strinse e lo cullò per qualche minuto, cantilenando la vecchia filastrocca di sempre, quella che narrava la triste storia di un uomo consumato da un amore non corrisposto, costretto a vagare nella terra dei morti alla ricerca del suo cuore spezzato e putrefatto.

Andava Jack Jack
nel limbo dei morti|
vagava affranto
sommesso era il pianto|
cercava il suo cuore
putrefatto d'amore|
eterno era il viaggio
in quel freddo paesaggio

Quando le rime finirono, Vanth era già più calmo: si scostò dal petto della madre, sospirò. Il suo sguardo si concentrò nuovamente sulla mano ferita di Queen. La prese fra le sue più piccole, le baciò il dorso insanguinato.
E a te mamma.. fa male?” le domandò tirando su col naso.
No” replicò lei.
Rimasero abbracciati ancora qualche istante; poi sua madre lo strinse e, inaspettatamente, pianse anche lei lacrime amare. Gocce chiare e salate le scivolarono sugli zigomi, sulle guance, infine morirono fra i capelli di Vanth.
Il bambino credette fosse per il dolore alla ferita che la madre provava, nonostante l'avesse negato; ma non era quella la ragione.
Queen Merleen guardò il suo bambino negli occhi. E improvvisamente esclamò: “promettimi, promettimi che sopravviverai bambino mio! Lo farai vero? Perché la vita è quanto di più importante abbiamo noi tutti”.
Spaventato, Vanth rimase in silenzio e la donna sospirò desolata.
Gli permise allora di scendere dalle sue ginocchia e lo esortò a completare una bambola voodoo che il bambino aveva iniziato il giorno precedente.
Creare fantocci ad immagine delle persone su cui si sarebbe scatenato il malocchio era il passatempo preferito di suo figlio.
Vanth si sedette a terra. Incrociò le gambe e fissò il suo lavoro incompleto: a quella bambola mancavano ancora i capelli e la faccia che avrebbe dipinto con qualche difficoltà ora che aveva una mano tagliata.
La concentrazione sul suo “gioco” gli permise di distrarsi e dimenticarsi, per il momento, delle parole materne.
Dall'altra parte della stanza Queen Merleen lo osservava, fiera.
E poi percepì un alito caldo. La sensazione nota di avere qualcuno accanto.
Metallica una voce le sussurrò all'orecchio “tuo figlio diventerà potente”.
Lei chiuse gli occhi.

Spero abbastanza” aggiunse laconica.

   
 
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