IL BAMBINO VOODOO
C'era
una volta una palude.
Ed
un bambino veggente.
Nel
villaggio sorto poco distante le acque torbide, erano molte le storie
fantastiche che lo riguardavano. Circolavano di bocca in bocca, da
padre a figlio, da nonno a nipote.
Si
narrava che la madre, la potente strega Queen Merleen, l'avesse
concepito nel giacere con un alligatore della palude.
Una
variante del racconto descriveva il modo in cui la donna era riuscita
ad estrapolare il seme dall'animale per inserirlo infine nel proprio
ventre materno.
Il
parto era avvenuto una notte di luna nuova: durante il travaglio la
donna aveva urlato tanto forte da essere udita fino al villaggio. Le
sue grida lancinanti avevano riempito l'aria e trasportate dal vento,
erano risuonate come cupi echi provenienti dalla terra dei morti.
Ogni
abitante del villaggio si era sentito gelare il sangue nelle vene e
nessuno quella sera aveva osato avventurarsi oltre il proprio uscio:
chiuse le porte, sigillate le finestre, nelle loro dimore uomini e
donne avevano acceso proprio le candele bianche acquistate da Queen
con lo scopo del tenere lontani i tormentati spiriti dei defunti,
quelli che la donna aveva richiamato intorno a sé nel dare
alla
luce, o meglio al buio, il suo primogenito.
Al
settimo mese, completamente sola, Queen Merleen aveva partorito un
bambino prematuro, sottopeso e innaturalmente freddo che, tuttavia,
era riuscito a sopravvivere.
Espulso
dal proprio ventre ed inciso il cordone ombelicale che fino a quel
momento l'aveva legata indissolubilmente alla sua creatura, la donna
aveva preso fra le mani il suo neonato umido di sangue ed umori
materni e lo aveva alzato al cielo, consacrandolo alla notte con una
risata ed un mormorio agghiacciante.
Queen
Merleen aveva deciso di chiamare suo figlio Vanth,
il
nome della dea alata della
morte e Janas
in
onore alle
fate custodi dei defunti.
Gli
occhi liquidi e vispi del bambino, di un verde simile all'acqua
melmosa della palude, possedevano una pupilla sottile e verticale
come quella dei rettili: il segno di una natura misteriosa che
accrebbe la fama del bambino-rettile, o come più tardi venne
chiamato nel villaggio, il bambino
voodoo.
Queen
Merleen era una potente strega veggente.
Con
quarantadue anni e tre dolorosi aborti alle spalle era ancora una
donna affascinante, con scuri, lunghi capelli ricci ed occhi neri,
imperscrutabili. Sulla sua carnagione caramellata spiccavano i
tatuaggi azzurri, simboli arcaici e frasi scritte in una lingua
dimenticata da molto tempo.
Possedeva
un corpo sensuale, con seni e fianchi prosperosi e lunghe gambe
sinuose ad intravedersi negli spacchi delle sue lunghe gonne
strappate e rattoppate solo in alcuni punti.
Tuttavia
il suo viso era solcato da profonde rughe d'espressione, la sua
schiena ingobbita nascondeva la forma del pesante seno carico di
latte e il ventre gonfio del recente parto non si sarebbe
più
ridotto col tempo. Le labbra piene e carnose nascondevano una
dentatura guasta mentre le mani erano diventate scheletriche, simili
a spogli rami d'albero.
Per
compensare lo sfiorire della bellezza, aveva aumentato il numero di
preziosi monili che era sempre stata abituata ad indossare al collo,
nelle braccia, intorno ai polsi; ed aveva smesso di lasciare i
capelli sciolti, preferendo legarli in una treccia che brillava ormai
di ciocche argentate.
Fu
evidente fin da subito che Vanth Janas era molto diverso dalla madre.
I
suoi occhi erano chiari ma lo erano anche i capelli biondi, lisci e
setosi. La carnagione era lattea quanto la luna e il suo corpo era a
sangue freddo, come quello dei rettili.
Per
celebrare la nascita dell'unico figlio vivo, la donna aveva
sacrificato un serpente e mischiato il suo veleno al latte offerto a
Vanth.
Quella
fu solo la prima di una lunga serie di pozioni che preparò
al
bambino che crebbe lì, nella casa materna, una
casupola impiantata su una palizzata in mezzo alla palude dalle acque
verdastre; per accedervi, coloro che si rivolgevano alla donna per
farsi predire il futuro, preparare misture o garantirsi un patto con
gli inferi, utilizzavano una barchetta sempre disponibile sulla
vicina spiaggia come fortuito mezzo di galleggiamento.
L'acqua
non era troppo fonda ma era torbida e il pericolo maggiore era
costituito dagli alligatori che vi nuotavano dentro. Eppure chi
decideva di rivolgersi alla veggente aveva già superato il
concetto
di paura.
Un
cartello a forma di freccia, impalato nel terreno umido della
spiaggia ed orientato in un punto non ben definito al centro della
palude, forniva una vaga indicazione ai viaggiatori.
Queen
Merleen. Veggente e strega. Per di là.
Nonostante
i termini “veggente” e “strega”
rappresentassero
un'inquietante minaccia, da tempo nessuno aveva più tentato
di
uccidere la potente Queen. In passato qualcuno era stato tanto
coraggioso ed ebbro di sé da provarci: la fine era stata
sempre la
stessa, per tutti.
Le
ossa ritrovate sulla spiaggia, sparpagliate. Nessuna traccia del
cranio, conservato invece dalla strega come agghiacciante tazza per i
propri intrugli magici. La famiglia del malcapitato sterminata da
sconosciute malattie letali.
Tutti
al villaggio poco distante la palude ed ancora, nei territori
adiacenti, conoscevano la strega e ne temevano i sortilegi, ma
avevano presto compreso che era preferibile servirsi dei suoi poteri
piuttosto che tentare di eliminarla.
Erano
molti i clienti della strega veggente, così le maledizioni
rimbalzavano da un uomo ad un altro, in una sorta di gioco malefico.
Chi veniva colpito da un malocchio, rispondeva al nemico con la
stessa moneta.
Al
sicuro nella sua casa, protetta dalla propria magia nera e dalla fama
che si era cucita addosso, Queen Merleen si occupava indisturbata
dell'istruzione magica di suo figlio, da cui sembrava ossessionata.
Insegnò
a Vanth Janas la lingua arcaica dei malefici, come preparare
correttamente una bambola voodoo, che ingredienti utilizzare per
ottenere la pozione desiderata, i rituali corretti da effettuare per
accogliere gli spiriti nel mondo terreno.
Gli
spiriti, come il bambino apprese, erano volubili ed egoisti. Coloro
che erano morti con sentimenti quali odio, dolore, vendetta nel
cuore, camminavano in un limbo tetro, incapaci di trovare la pace
sufficiente a scordarsi della vita terrena per passare oltre: ecco
perché era semplice richiamarli sulla terra umana e servirsi
di
loro.
Tutto
ciò però aveva un prezzo: sacrifici. Animali.
Umani. E nel peggiore
dei casi, gli spiriti potevano prendere il sopravvento sul veggente
ed ottenerne il controllo.