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Autore: Belinda Nero    20/10/2013    2 recensioni
C'era una volta una palude. Ed un bambino veggente. Questa è la sua macabra storia.
“Chi sei?” domandò flebilmente Vanth, rivolgendosi alla figura femminile che avanzava verso di lui senza che i piedi affondassero nel terreno divenuto lattiginoso.
“Riesci già a vedermi?” replicò lei, sorridendo: ma aveva una guancia sfregiata in putrefazione, per cui riuscì solo ad inclinare gli angoli delle labbra in un ghigno spaventoso. “Sono morta” aggiunse con la voce femminile, metallica “hai paura?”.
No, Vanth non provava paura; era stato cresciuto nella simile prospettiva che un giorno anche lui avrebbe visto e parlato ai morti."
Genere: Dark, Horror, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IL BAMBINO VOODOO





C'era una volta una palude.
Ed un bambino veggente.
Nel villaggio sorto poco distante le acque torbide, erano molte le storie fantastiche che lo riguardavano. Circolavano di bocca in bocca, da padre a figlio, da nonno a nipote.
Si narrava che la madre, la potente strega Queen Merleen, l'avesse concepito nel giacere con un alligatore della palude.
Una variante del racconto descriveva il modo in cui la donna era riuscita ad estrapolare il seme dall'animale per inserirlo infine nel proprio ventre materno.
Il parto era avvenuto una notte di luna nuova: durante il travaglio la donna aveva urlato tanto forte da essere udita fino al villaggio. Le sue grida lancinanti avevano riempito l'aria e trasportate dal vento, erano risuonate come cupi echi provenienti dalla terra dei morti.
Ogni abitante del villaggio si era sentito gelare il sangue nelle vene e nessuno quella sera aveva osato avventurarsi oltre il proprio uscio: chiuse le porte, sigillate le finestre, nelle loro dimore uomini e donne avevano acceso proprio le candele bianche acquistate da Queen con lo scopo del tenere lontani i tormentati spiriti dei defunti, quelli che la donna aveva richiamato intorno a sé nel dare alla luce, o meglio al buio, il suo primogenito.
Al settimo mese, completamente sola, Queen Merleen aveva partorito un bambino prematuro, sottopeso e innaturalmente freddo che, tuttavia, era riuscito a sopravvivere.
Espulso dal proprio ventre ed inciso il cordone ombelicale che fino a quel momento l'aveva legata indissolubilmente alla sua creatura, la donna aveva preso fra le mani il suo neonato umido di sangue ed umori materni e lo aveva alzato al cielo, consacrandolo alla notte con una risata ed un mormorio agghiacciante.
Queen Merleen aveva deciso di chiamare suo figlio Vanth, il nome della dea alata della morte e Janas in onore alle fate custodi dei defunti.
Gli occhi liquidi e vispi del bambino, di un verde simile all'acqua melmosa della palude, possedevano una pupilla sottile e verticale come quella dei rettili: il segno di una natura misteriosa che accrebbe la fama del bambino-rettile, o come più tardi venne chiamato nel villaggio, il bambino voodoo.
Queen Merleen era una potente strega veggente.
Con quarantadue anni e tre dolorosi aborti alle spalle era ancora una donna affascinante, con scuri, lunghi capelli ricci ed occhi neri, imperscrutabili. Sulla sua carnagione caramellata spiccavano i tatuaggi azzurri, simboli arcaici e frasi scritte in una lingua dimenticata da molto tempo.
Possedeva un corpo sensuale, con seni e fianchi prosperosi e lunghe gambe sinuose ad intravedersi negli spacchi delle sue lunghe gonne strappate e rattoppate solo in alcuni punti.
Tuttavia il suo viso era solcato da profonde rughe d'espressione, la sua schiena ingobbita nascondeva la forma del pesante seno carico di latte e il ventre gonfio del recente parto non si sarebbe più ridotto col tempo. Le labbra piene e carnose nascondevano una dentatura guasta mentre le mani erano diventate scheletriche, simili a spogli rami d'albero.
Per compensare lo sfiorire della bellezza, aveva aumentato il numero di preziosi monili che era sempre stata abituata ad indossare al collo, nelle braccia, intorno ai polsi; ed aveva smesso di lasciare i capelli sciolti, preferendo legarli in una treccia che brillava ormai di ciocche argentate.
Fu evidente fin da subito che Vanth Janas era molto diverso dalla madre.
I suoi occhi erano chiari ma lo erano anche i capelli biondi, lisci e setosi. La carnagione era lattea quanto la luna e il suo corpo era a sangue freddo, come quello dei rettili.
Per celebrare la nascita dell'unico figlio vivo, la donna aveva sacrificato un serpente e mischiato il suo veleno al latte offerto a Vanth.
Quella fu solo la prima di una lunga serie di pozioni che preparò al bambino che crebbe lì, nella casa materna, una casupola impiantata su una palizzata in mezzo alla palude dalle acque verdastre; per accedervi, coloro che si rivolgevano alla donna per farsi predire il futuro, preparare misture o garantirsi un patto con gli inferi, utilizzavano una barchetta sempre disponibile sulla vicina spiaggia come fortuito mezzo di galleggiamento.

L'acqua non era troppo fonda ma era torbida e il pericolo maggiore era costituito dagli alligatori che vi nuotavano dentro. Eppure chi decideva di rivolgersi alla veggente aveva già superato il concetto di paura.
Un cartello a forma di freccia, impalato nel terreno umido della spiaggia ed orientato in un punto non ben definito al centro della palude, forniva una vaga indicazione ai viaggiatori.
Queen Merleen. Veggente e strega. Per di là.

Nonostante i termini “veggente” e “strega” rappresentassero un'inquietante minaccia, da tempo nessuno aveva più tentato di uccidere la potente Queen. In passato qualcuno era stato tanto coraggioso ed ebbro di sé da provarci: la fine era stata sempre la stessa, per tutti.
Le ossa ritrovate sulla spiaggia, sparpagliate. Nessuna traccia del cranio, conservato invece dalla strega come agghiacciante tazza per i propri intrugli magici. La famiglia del malcapitato sterminata da sconosciute malattie letali.
Tutti al villaggio poco distante la palude ed ancora, nei territori adiacenti, conoscevano la strega e ne temevano i sortilegi, ma avevano presto compreso che era preferibile servirsi dei suoi poteri piuttosto che tentare di eliminarla.
Erano molti i clienti della strega veggente, così le maledizioni rimbalzavano da un uomo ad un altro, in una sorta di gioco malefico. Chi veniva colpito da un malocchio, rispondeva al nemico con la stessa moneta.
Al sicuro nella sua casa, protetta dalla propria magia nera e dalla fama che si era cucita addosso, Queen Merleen si occupava indisturbata dell'istruzione magica di suo figlio, da cui sembrava ossessionata.
Insegnò a Vanth Janas la lingua arcaica dei malefici, come preparare correttamente una bambola voodoo, che ingredienti utilizzare per ottenere la pozione desiderata, i rituali corretti da effettuare per accogliere gli spiriti nel mondo terreno.
Gli spiriti, come il bambino apprese, erano volubili ed egoisti. Coloro che erano morti con sentimenti quali odio, dolore, vendetta nel cuore, camminavano in un limbo tetro, incapaci di trovare la pace sufficiente a scordarsi della vita terrena per passare oltre: ecco perché era semplice richiamarli sulla terra umana e servirsi di loro.
Tutto ciò però aveva un prezzo: sacrifici. Animali. Umani. E nel peggiore dei casi, gli spiriti potevano prendere il sopravvento sul veggente ed ottenerne il controllo.

   
 
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