Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: ISI    17/04/2008    3 recensioni
"Gli spasmi atroci e dolorosi che gli avevano rivoltato lo stomaco, pian piano, cessarono assieme allo sbocco d’acido che disgustoso gli era risalito per l’esofago, lasciando che l’uomo accasciasse tremante, con gli occhi velati di lacrime, sulle mattonelle gelide del bagno e non ebbe neppure il tempo piangere che perse i sensi..."
Genere: Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
A Ringo’s New Friend

A Ringo’s New Friend

 

Questa fanfiction abbisogna di una piccola premessa...da un po’ di tempo a questa parte mi sono messa a fantasticare sui Beatles, dato che una mia amica mi ha praticamente fatto ascoltare tutta la loro discografia e raccontato, se non tutte, la maggior parte della vicende che hanno vissuto, sia tutti e quattro insieme, sia singolarmente. Il mio preferito è sicuramente Ringo, tanto che ho già scritto un’altra fanfiction su di lui (“Eri bellissima”), ma quando ho saputo che dopo lo scioglimento del gruppo il mio povero batterista si seriamente dato all’alcool, cadendo in depressione non ho potuto fare a meno di scrivere qualcosa, ovvero questa fanfiction in cui non ho voluto usare parole dolci, in quanto avrebbero alterato sia la situazione in cui si è trovato il mio Ringo (e quella in cui, purtroppo si ritrovano molte persone tutt’ora), sia perché avrebbe modificato e, non poco, la mia idea di partenza...che dire...dedico questa fanfiction ad HarryEly, che oltre ad essere una grande fan dei Beatles, ha tra i suoi preferiti alcune mie fanfiction, a Carlotta, meglio conosciuta in questo sito come Lucy3 e a Chiara che mi aiuta sempre con i suoi saggi consigli. Ora vi saluto...fatemi sapere che ve ne pare, tutte le critiche, saranno bene accette. Vostra Isi.

 

 

Piegato sulla tazza del cesso, aggrappato alla tavoletta con tutte le sue forza, o comunque con quel poco che gliene rimaneva, Richard Starkey si disse che se avesse continuato in quel modo, presto o tardi, avrebbe vomitato anche l’anima, sempre che un’anima ce l’avesse ancora.

Gli spasmi atroci e dolorosi che gli avevano rivoltato lo stomaco, pian piano, cessarono assieme allo sbocco d’acido che disgustoso gli era risalito per l’esofago, lasciando che l’uomo accasciasse tremante, con gli occhi velati di lacrime, sulle mattonelle gelide del bagno e non ebbe neppure il tempo piangere che perse i sensi, almeno fintanto che la luna non lasciò il proprio posto al sole, mutando il colore del cielo dal nero all’azzurro per mezzo del chiarore del giorno. Fastidiosi raggi di luce filtranti nella stanza attraverso le persiane semichiuse lo raggiunsero, aggredendo i suoi occhi chiusi e facendogli tornare alla mente, ancora ben lontana dalla speranza di esser lucida, una cosa che avrebbe preferito non ricordare, tanto, con il tempo, era diventata dolorosa.

 

“Here comes the sun...

Here comes the sun

and I say

It’s all right...”

 

Peccato che dalla sua vita il sole se ne fosse andato ormai da un pezzo, lasciandolo in balia delle tenebre più fitte. Era stato abbandonato, lasciato al proprio destino dalle persone alle quali aveva voluto più bene, persino da sua moglie, quell’angelo di sua moglie che se ne era andata a rifarsi una vita dopo avere addirittura il suicidio, cosa per cui, incosciamente, l’aveva ammirata ancor più di quanto non avesse mai fatto nel resto della sua vita.

Almeno lei aveva avuto il coraggio di tentare, aveva rischiato il tutto per tutto, mentre lui, pur sentendosi più morto di Eleanor Rigby, il cui cadavere giace riverso sul pavimento della chiesa di Father McCanzie, non aveva avuto neppure avuto le palle di provare a tagliarsi le vene. Per l’ennesima volta si era dimostrato per il codardo e per il debole che era e che sempre era stato...niente di nuovo, in fondo.

Il trillo acuto della sveglia nella stanza accanto, la camera da letto, gli trapanò il cervello distogliendolo dai suoi pensieri: era ora di alzarsi e di andare al lavoro, doveva farlo, se non per se stesso, almeno per i suoi figli, per dare loro una vita dignitosa o che comunque potesse considerarsi tale. Con non poco sforzo riuscì, dopo innumerevoli tentativi, a rialzarsi, appoggiandosi al muro, e a trascinarsi, nonostante il vorticare folle della stanza attorno a lui, fino al box doccia che accolse il suo corpo nudo e macilento, rovinato da un vizio che non voleva né ammettere, né tantomeno, abbandonare. Lo scrosciò d’acqua gelata che lo investì subito dopo aver aperto il rubinetto lo fece trasalire, spannandogli, almeno in parte il cervello, e ridandogli parte del senno rigurgitato la sera prima nel water. Velocemente poi s’asciugò, si vestì e fece per andarsene, quando l’occhio gli cadde, come tutte le mattine da un po’ di tempo a questa parte, sulla bottiglia di liquido trasparente semivuota che era appoggiata sul tavolino da caffè del salotto.

Un goccetto lo avrebbe sicuramente sciolto, gli sarebbe stato solo d’aiuto, quindi prese la bottiglia e appoggiatevi le labbra ne bevve un lungo sorso, poi uscì di casa dirigendosi verso lo studio di registrazione, con l’unica e vera convinzione di essere in ritardo come al solito.

Quel giorno il calendario segnava l’otto dicembre 1980, ma nessuno dei quattro ex Beatles, neanche la vittima, avrebbe potuto immaginare quello che, inevitabilmente, sarebbe accaduto.

 

-Hei, Mr Lennon!- qualcuno grida il suo nome e lui, istintivamente, si volta.

Cinque pistolettate risuonano nell’aria dicembrina di ghiaccio; un colpo va a vuoto, mentre quattro bossoli sporchi di sangue cadono a terra tintinnando.

Yoko Ono urla spaventata, piange, si dispera; Marck Champagne scoppia a ridere come un idiota per poi fuggire.

Un’ennesima vita spezzata da aggiungersi a tante altre...niente di nuovo neanche stavolta...

 

“John è morto!”

Non avrebbe mai creduto che tre parole, tre misere parole, avrebbero potuto cambiargli la vita a quel modo, dargli il colpo di grazia portando a termine l’opera che aveva cominciato con le sue stesse mani, con quel suo dannato vizio.

Era stato Paul a dirglielo per primo: il telefono aveva squillato, lui aveva risposto e una voce incrinata dal pianto, una voce che aveva riconosciuto subito come quella del suo amico bassista, gli aveva detto ciò per poi affogare nei singhiozzi. Inizialmente non aveva voluto crederci, aveva pensato che fosse uno scherzo, uno di quegli scherzi idioti tipici di John, ma quando aveva visto Yoko in pianto tra le braccia di Paul, quando aveva sentito la voce disperata di Gorge chiedersi perché, quando un’infermiera aveva alzato il lenzuolo bianco che copriva il cadavere, mostrandogli così il volto esangue, livido, ma nonostante tutto ancora così bello di John, del suo John, allora e solo allora aveva creduto.

Sarebbe stato meglio tagliarsi le vene...

 

Quando Richard Starkey, o quel che ne rimaneva, era tornato a casa si era lasciato cadere di peso sul divano e lì era rimasto mentre le lacrime, ormai giunte al ciglio, sgorgavano libere dai suoi occhi.

Intanto sul tavolino da caffè davanti al divano, alla bottiglia di liquido trasparente di due o tre giorni prima se ne era sostituita una nuova, contenente un fluido dorato, dello stesso colore del miele, ma certamente meno dolce, con un odore pungente e forte. Non avrebbe saputo dire perché ma allora quella bottiglia ed il suo contenuto gli apparvero come la sua unica fonte di salvezza.

 

Così John era morto, ma Ringo si era già fatto un nuovo amico; il suo nome era Jack Daniels.

  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: ISI