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Autore: Moonlight22    01/11/2013    7 recensioni
[STORIA IN FASE DI REVISIONE]
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(Dal capitolo 23)
-Ma cosa le è successo? Non mi dite che Black ha ucciso anche lei!- disse Madama Rosmerta, scandalizzata.
-Non intenzionalmente.- raccontò Caramell. –Lei non faceva parte dei suoi piani. Lei non doveva morire. Black era innamorato di Mary McDonald e questa è una certezza. Quando il Ministero arrivò a prendere Black c’ero anch’io, anche se allora ero solo il viceministro al Dipartimento delle Catastrofi Magiche. Non mi dimenticherò mai della scena. C’era un cratere enorme al centro della strada. Corpi dappertutto. Babbani che urlavano. Black era lì…era sul corpo di Mary McDonald e piangeva come nessuno l’aveva mai visto piangere. Farfugliava e gridava il nome della ragazza. Era una vista pietosa. E lì vicino c’erano i resti di Minus…un dito e vestiti macchiati di sangue.-
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Il trio protagonista, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Ron/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
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Capitolo 1

Piacere, Carol McDonald
 



L’idea di cambiare casa non l’aveva affatto entusiasmata all’inizio, doveva ammetterlo. Non aveva mai pensato che avrebbe potuto lasciare Bath, la città in cui era cresciuta, in cui aveva trascorso tutta la sua infanzia. Ma quando le ultime cose erano state infilate negli scatoloni e quando lei e i nonni avevano poggiato per la prima volta i piedi sul perfettissimo e curatissimo praticello della loro casetta a Privet Drive, se n’era dovuta fare una ragione. Infondo la casa era piuttosto carina: era più grande rispetto a quella che avevano a Bath, c’era un bel giardinetto con diverse piantine e la sua cameretta si affacciava su un lato della casa che le permetteva di sbirciare dalla finestra la casa accanto, quella dei vicini. In realtà non aveva ancora avuto modo di osservarli molto visto che erano solo quattro giorni che si erano trasferiti lì e lei, nonna Beth e nonno Thomas non avevano fatto altro che svuotare scatoloni e pulire i mobili e gli anfratti più polverosi della casa.  Aveva soltanto intravisto un uomo molto molto corpulento e dai grossi baffoni fare avanti e indietro dalla porta di casa all’auto parcheggiata sul vialetto, probabilmente per recarsi al lavoro. Sperava davvero che i vicini avessero dei figli con cui fare amicizia: certo, nel giro di due settimane sarebbe iniziata la scuola ma conoscere già qualcuno lì a Privet Drive sarebbe stato utile …
Per quanto lei, Carol McDonald, fosse dotata di un carattere molto socievole e vivace, era comunque difficile riuscire a pensare in positivo. Dopotutto si trovava in un territorio sconosciuto, con volti sconosciuti e proprio all’inizio del quarto anno della scuola elementare.
Il fatto che poi la bambina fosse una strega non aiutava affatto. Non una strega nel senso che fosse brutta, intendiamoci, anzi, era davvero una bambina carina, con quei capelli castano chiaro, il viso un po’ paffuto e puntellato di lentiggini e due magnetici occhi grigi dal taglio elegante. Una strega nel vero senso della parola: la piccola McDonald possedeva poteri magici. I nonni non avevano avuto neanche il tempo di chiedersi se la bambina avrebbe ereditato i poteri magici della madre e del padre visto che la piccola aveva iniziato a fare magie non intenzionali in tenerissima età.
«Carol!» Quel pomeriggio venne chiamata dalla voce vivace di Nonna Beth che nonostante gli ormai cinquant’anni era ancora una bellissima e scattante donna dal fisico un po’ a pera e dai dolci occhi castani.
«Sì, nonna?» domandò la bambina, saltellando giù per le scale e fiondandosi in cucina.
Con sua sorpresa vide la nonna intenta a sistemare dei ciuffi di panna su una torta ricoperta di glassa al cioccolato.
«Che fai, nonna?» domandò avvicinandosi, facendo svolazzare la gonna del vestitino estivo che indossava.
«Ho preparato una torta per i nostri vicini, i signori Dursley, sai, per cortesia.» le spiegò, poggiando sul tavolo la sac à poche e facendole una carezza sulla testa. «Ti spiacerebbe portargliela, Carol?»
La bambina annuì con vivacità, intingendo un ditino nella panna che decorava la torta e rubandone una porzione. Se lo portò alle labbra e poi disse «Va bene.» ignorando il piccolo rimprovero che la nonna le rivolse.
Uscì di casa, tenendo il vassoio con la torta in mano, e si avvicinò a casa Dursley, un’abitazione praticamente identica alla loro. L’unica differenza erano le finestre adornate con tendine di pizzo. Non senza difficoltà, pigiò il mignolo sul campanello, tenendo in bilico la torta e attese.
Dopo qualche secondo le vennero ad aprire. Si aspettava di trovarsi davanti il signore tarchiato e baffuto che aveva visto in quei giorni ma invece davanti a lei c’era un ragazzino. Un ragazzino davvero mingherlino a dirla tutta che indossava anche dei vestiti decisamente più grandi di lui. I capelli erano nerissimi e scompigliati ed indossava occhiali rotondi tenuti insieme da dello scotch. Tuttavia quello che stupì la bambina, oltre al suo look stravagante, furono gli occhi: dei bellissimi occhi verde smeraldo che parevano incastonati come gemme su quel viso sottile.
Il bambino la scrutò, visibilmente confuso.
Carol si riprese dallo stupore ed esclamò vivacemente: «Ciao!»
« Ci conosciamo?» fece però lui.
Carol scrollò le spalle: «No.»
L’espressione perplessa di lui s’accentuò.
«Sono Carol McDonald. Sono vostra nuova vicina di casa assieme ai miei nonni.» spiegò.
«Oh.»
«Quindi abbiamo pensato di farvi una torta per fare amicizia.»
«Oh …» tuttavia il ragazzino non sembrava ancora del tutto sicuro.
«Posso entrare?»
«Ehm … okay.» concesse lui, spostandosi per farla entrare.
Lo ringraziò ed entrò per poi farsi guidare in cucina dove poggiò la torta sul tavolo.
«Sei da solo?» chiese, guardandosi intorno. «Non ci sono i tuoi genitori?»
«Non sono i miei genitori.» disse subito lui, con voce quasi disgustata. «Vivo con i miei zii.»
Carol lo guardò sorpresa ma non fece domande. Dopotutto anche lei viveva con i suoi nonni, e per motivi che non teneva a rivelargli.
«Non mi hai ancora detto come ti chiami, però.» osservò.
Il ragazzino parve stupito del fatto che la bambina non volesse avere approfondimenti sul perché vivesse coi suoi zii ma la cosa non sembrò disturbarlo e rispose: «Harry Potter.»
Carol trattenne rumorosamente il fiato, sgranando gli occhi e la bocca: «Che cosa?!»  
Lasciò correre lo sguardo sulla fronte del suo interlocutore e si sorprese nel riconoscere fra i ciuffi di capelli una cicatrice a forma di saetta. Non l’aveva notata proprio perché c’erano i capelli corvini a coprirla!
Conosceva ovviamente ‘Harry Potter’ e non solo perché i suoi nonni, per quanto Babbani, si tenevano informati sul mondo Babbano e quindi conoscevano la storia del Bambino-Che-E’-Sopravvissuto all’Oscuro Signore, ma anche per ben altro …
Harry la guardò sorpreso e poi disse: «Qualcosa non va?»
«Ah, no, niente.» aggiustò immediatamente il tiro Carol. Evidentemente il ragazzino non era ancora a conoscenza della sua fama. «Vuoi una fetta?» chiese, quindi, afferrando il coltello poggiato sul vassoio e tagliando la torta.
«Sì, grazie.» disse lui, prendendo due piattini dalle stoviglie e poggiandoli sul tavolo. «Mangi con me?» domandò impacciatamente. Non sembrava proprio abituato ad avere a che fare con altre persone della sua età.
«Va bene.» annuì Carol, servendo due pezzi di torta.
All’inizio mangiarono in silenzio, ma Carol non poté fare a meno di notare con quanta voracità Harry mangiasse la sua torta: non sembrava nemmeno abituato a mangiare leccornie.
«Hai la mia età, Harry?» chiese quindi e il bambino dovette alzare forzatamente gli occhi dal suo spuntino.
«Nove.»
«Oh, siamo coetanei, allora!» esclamò allegramente facendolo quasi sussultare sulla sedia. «Vai alla Stonewall Elementary School? Io seguirò gli ultimi tre anni lì.»
«Sì, vado lì.» disse lui facendosi piccolo piccolo quando gli occhi di Carol diventarono splendenti per l’entusiasmo: aveva un vicino di casa della sua età che frequentava la sua stessa scuola, e per di più era Harry Potter! Grandioso!
Iniziò a bombardarlo di domande, piantando i palmi sul tavolo e sporgendosi man mano sempre di più verso di lui, la bocca sporca di briciole di cioccolato: «Ma è fantastico! In che classe vai? Come sono gli insegnanti? Fate delle gite extrascolastiche? Com’è la mensa?»
Harry sembrava davvero intontito e più Carol lo guardava più era convinta del fatto che non fosse proprio abituato a fare conversazione: era come se a malapena riuscisse a credere al fatto che lei gli stesse rivolgendo la parola.
Mentre Carol continuava a interrogarlo e Harry sembrava finalmente essersi sciolto un po’, si sentì il rumore di delle chiavi nella serratura e di dei passi nel corridoio d’ingresso.
«Siamo tornati; sei riuscito a non mandare a fuoco niente nel frattempo?» parlò una voce poderosa.
Dopodiché la figura dell’uomo grasso e dai capelli grigi che Carol aveva visto dalla finestra si fece avanti, seguito da un’altra figuretta altrettanto grassa e dalla testa biondiccia e da una donna secca dal profilo cavallino. Quelli dovevano essere i Dursley.
I tre personaggi li scrutarono con gli occhi sgranati, quasi sconvolti. In particolare, quella che a Carol sembrò a prima occhiata una palla di lardo e si rivelò essere poi un bambino probabilmente sempre della sua età, aveva la mascella così all’ingiù da toccare il doppio mento.
Poi, il signor Dursley, esplose: «COSA CI FA QUESTA RAGAZZINA QUI, EH?! CHI TI CREDI DI ESSERE PER FAR ENTRARE SCONOSCIUTI IN CASA MIA?!» si avventò verso Harry, cercando di afferrarlo per la maglia, ma il bambino sgusciò via come un fulmine, riparandosi dall’altro lato della cucina, mentre il signor Dursley rovinava sulla sedia poco prima occupata da Harry.
La signora Dursley, nel frattempo, aveva squittito uno stridulo «Vernon!».
Carol osservò la scena strabiliata: che problemi aveva quell’uomo?
Si parò davanti a Harry appena il baffuto si rimise in piedi ed esclamò: «La smetta!» Il ragazzo con la cicatrice a forma di saetta le fissò le spalle con le sopracciglia sollevate per lo stupore e lo stesso fece il signor Dursley.
«Sono la nuova vicina, mi chiamo Carol McDonald. Io e i miei nonni ci siamo trasferiti qui alcuni giorni fa e abbiamo pensato di portarvi una torta. Sono io che ho insistito per entrare, Harry non ha fatto niente di male!»
Le parve di vedere le narici del ragazzino biondo dilatarsi dal nervoso quando sentì con quanta confidenza la bambina già chiamava il cugino ‘Harry’.
La prima a riprendersi fu la signora Dursley che cinguettò, cercando di rimediare al danno del marito: «Oh, ma potevi dircelo subito, cara! Che pensiero gentile! Non è vero, Vernon?»
Lui tossicchiò nervosamente: «Oh, ma sì, sicuro.» ma lanciò comunque un’occhiataccia a Harry, alle spalle di Carol.
La bambina davvero non capiva … perché trattavano così male il loro nipote? Quei tizi non le piacevano proprio …
«Diddy, caro, hai visto che gentile?» incalzò la donna, spingendo più dentro la cucina il bambino che era rimasto fermo sulla soglia a guardare in cagnesco i due.
«Sì …» dopodiché venne distratto dalla torta che guardò con appetito.
«Quanti anni hai, cara?»
«Nove anni.»
«Oh, ma gli stessi di Dudley!» si estasiò lei, non nominando Harry neanche una volta. Era come se fosse invisibile. Lanciò un’occhiata al ragazzino ma sembrava totalmente abituato a quel trattamento. «Andrete alla stessa scuola elementare allora! Non è fantastico, Dudley?»
Lui si limitò ad annuire, le guance piene di torta, di cui si era iniziato a servire animatamente.
«Ora è meglio che vado, nonna si starà preoccupando…» non vedeva l’ora di scapparsene di lì. Era stata bene con Harry ma quei tipi …                                                                                                          
Zia Petunia chiocciò «Ringraziala, è stata gentile!» poi disse dura a Harry «Accompagnala alla porta, tu.»                                                                                             
I due si avvicinarono alla porta e Carol si bloccò sulla soglia sorridendo a Harry: «E’ stato bello conoscerti, Harry.»
«Sì, anche per me.» disse frettolosamente lui. Sembrava imbarazzato: era davvero tenero!
«I tuoi zii … sono proprio strani, eh?» non poté fare a meno di commentare.
Lui nascose a malapena un’espressione triste e disse: «Ci sono abituato. Scusami se hai dovuto assistere a quella scena e … grazie per avermi difeso, davvero.»
«Ma no, non c’è bisogno!» sorrise lei, dandogli una pacchetta sulla spalla. «Ci vediamo, Harry.» lo salutò, per poi allontanarsi lungo il vialetto mentre lui le rispondeva con un timido «Ci vediamo.»

 
 
Papà, sai,
ho conosciuto Harry Potter …
  
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