Capitolo diciassette.
Era passata quasi un’ora e mezzo da
quando aveva lasciato il campo da
calcio. Ormai non sentiva più le mani e il naso era un
cubetto di ghiaccio, ma
questi erano gli ultimi dei suoi problemi.
Non capiva cosa gli fosse preso. Non gli era mai
capitato di rimanere
senza parole, con la gola così secca da convincerlo che non
sarebbe mai più
riuscito a emetter suono.
Si era bloccato come un idiota e Zayn
l’aveva guardato come fosse un
pazzo.
Che poi, lo sapeva perché era
lì. O meglio, sapeva perché si fosse
recato al campo ma non perché fosse restato.
L’unica cosa che doveva fare era
lasciargli quella busta e invece si era fermato a guardarlo, rapito da
quella
figura che gli mancava come l’aria dopo un secondo di troppo
passato in apnea.
E non era riuscito a staccare gli occhi da lui, troppo preso a
piangersi
addosso, consapevole di quello che aveva perso. Forse per sempre. Era
ovvio,
poi, che Zayn l’avesse scoperto. Anche un cieco, prima o poi,
se ne sarebbe
accorto, della sua presenza.
Probabilmente aveva sentito i suoi pensieri
lamentosi – neanche fossero
corporei, i suoi sguardi patetici e il suo respiro spezzato,
perché i polmoni
non volevano proprio saperne di riempirsi di ossigeno.
L’unica sua consolazione era che la
lettera alla fine gliel’aveva
lasciata comunque.
Non era riuscito a dargliela a mano,
perché in quel momento non era
proprio in grado di far nulla e poi gli pareva troppo sdolcinato.
Più di quanto
non lo fosse davvero.
Ci aveva pensato per tutto il giorno precedente,
sin da quando aveva
parlato con Liam, a come fare per farsi ascoltare da Zayn. Ascoltare
veramente,
però. Non in quella mediocre imitazione avvenuta in cucina,
con l’altro che non
era neanche disposto a prendere in considerazione l’idea che,
magari, quello
che Harry stava dicendo potesse essere vero, che le sue parole
potessero essere
sincere.
Alla fine aveva deciso che nessuna rosa avrebbe
fatto cambiare idea a
Zayn, ma che qualcosa di scritto avrebbe potuto attirare perlomeno la
sua
attenzione, la sua curiosità. Avrebbe almeno avuto una
possibilità, in quel
modo. Una possibilità che Harry anelava, come un uomo nel
deserto anela un
sorso d’acqua. Era convinto che non ci fosse mai stato
qualcosa che aveva
desiderato più di un’altra chance, in vita sua.
Forse mai ci sarebbe stata.
E poi, scrivere era l’unica cosa che gli
riuscisse bene, tanto più che
aveva appena scoperto di non saper parlare. Forse l’indomani
avrebbe provato a
leggere il giornale e, all’improvviso, sarebbe diventato
analfabeta.
Dopo un’ora e mezza, comunque, credeva
che Zayn avesse ormai visto la
lettera che gli aveva lasciato.
Dopo che l’altro, probabilmente
spazientito dal suo mutismo, era
tornato a quello stupido sport che in quel momento aveva odiato
più del solito,
Harry era rimasto immobile per un’altra decina di secondi e
poi si era deciso
ad andarsene. Solo che non poteva farlo così, senza giocarsi
la sua ultima
carta. La borsa che di solito Zayn portava agli allenamenti era
appoggiata su
una delle panchine, e quello gli era parso il posto più
sicuro in cui lasciare
la sua ultima speranza.
Ultima magari no, ma probabilmente la
più efficace.
Era sicuro che lì l’avrebbe
vista. Quello lo sconfortava ancora di più.
Certo, poteva anche darsi che fosse ancora al campo
da calcio, a correr
dietro a quell’inutile affare sferico, ma era molto
più probabile che – a pochi
minuti da mezzanotte – Zayn ormai avesse trovato la sua
lettera, l’avesse letta
(se era fortunato) e poi l’avesse buttata.
Sperava l’avesse gettata nel cestino
giusto, almeno.
Il suo umorismo faceva più pena del
solito, ma si disse che in parte
era scusato. Per come si sentiva, era già tanto se in quel
momento era lì ad
aspettare che l’altro si facesse vivo, invece che a casa, a
piangersi addosso.
Nella lettera aveva scritto che l’avrebbe
aspettato, comunque, e così
avrebbe fatto, fosse anche morto assiderato. Magari Zayn lo stava solo
mettendo
alla prova, facendolo attendere così a lungo (almeno si
sarebbe spiegata la
parentela con Liam) e Harry era deciso a superare qualsiasi prova Zayn
gli
avrebbe posto dinnanzi, per riconquistarlo.
Anche stare seduto su quella panchina gelida a non
far altro che
struggersi con pensieri negativi. Anche se si sentiva stanchissimo.
Eppure non
aveva fatto nulla tutto il giorno (e d’accordo che quelle
notti non faceva che
rigirarsi nel letto, rimuginando tra sé, senza riuscire a
prender sonno), se
non – appunto – scrivere quella pseudo confessione.
L’aveva letta così spesso da
saperla ormai a memoria.
Aveva buttato già a getto tutto quello
che gli diceva di scrivere il
cuore (e sì, lo sapeva anche lui che si ama e si pensa con
il cervello, ma dire
cuore era più poetico), cercando di non frenare
l’istinto o l’ispirazione o
quello che era, per essere il più spontaneo possibile.
L’ultima cosa che voleva
era che Zayn leggesse qualcosa di artificioso e non sentito scritto da
lui. Era
già successo, e i risultati erano stati disastrosi, e, anche
se dubitava che la
situazione potesse peggiorare, voleva evitare di correre il rischio.
Non ho mai scritto
nulla di
altrettanto difficile,
Iniziava così. Nessun
‘caro’ o ‘tesoro’, neanche un
semplice ‘Zayn’.
perché so
già che anche questa
lettera potrebbe essere completamente inutile, proprio come tutto il
resto. E
magari neanche la leggerai. Non la aprirai e la getterai alla prima
opportunità.
Spero tanto di no, ma capirei se tu lo facessi. So che non me lo
merito, il tuo
tempo, e so che probabilmente sarai stufo di sentirmelo dire, ma mi
dispiace.
Mi dispiace così tanto, Zayn. Che ti ho preso in giro, e di
averti usato solo
per un mio egoistico scopo, senza badare ai tuoi sentimenti, di non
avertelo
detto prima, non badando neanche ai miei. In un certo senso,
però, sono anche
contento. Se non avessi scoperto nulla, a quest’ora non ci
ricorderemmo neppure
il nome dell’altro. Non credo nell’amore a prima
vista; anzi, prima di te,
l’amore era proprio fuori dalle mie corde. Non mi interessava
e di certo non lo
cercavo in te. So che suona brutto e brutale, ma è la
verità. Ti ho mentito su
quale lavoro faccio, e, anche se so che è tanto, forse
troppo, ti ho mentito
solo su questo. Quindi, no, non credevo nell’amore a prima
vista e non ci credo
tuttora. Tu eri bellissimo. Sei bellissimo, ma per quanto i tuoi occhi
siano
profondi e le tue labbra morbide, non è il tuo viso ad
avermi fatto innamorare.
Non è neanche il tuo corpo a mancarmi talmente tanto da non
riuscire quasi a
respirare, al solo pensiero. Sei tu, quello che dici e quello che
pensi, il tuo
passato che ti ha reso la persona che sei e che conosco e che amo, la
tua
risata che stravolge la mia giornata, la tua tenerezza e i tuoi silenzi
e la
tua ostinatezza, il tempo che impieghi la mattina a prepararti e
l’affetto che
nutri per la tua squadra e l’amore per i tuoi amici, la
gentilezza che dimostri
a tutti. Se non avessi aperto quella porta, adesso non saprei nulla di
tutto
ciò. E magari non ti ritroveresti a sentirti tradito anche
da me, ma l’idea di
non conoscerti, pensare a te come a un volto sfocato nel mio passato
invece che
come l’uomo che amo, è qualcosa di inimmaginabile.
Non rimpiango di averti conosciuto
e di essere entrato a forza nella tua vita, anche se i motivi erano
tutti
sbagliati, perché, invece, quelli per cui sono rimasto e
voglio rimanere sono
tutti giusti. Sono quelli di una persona che non pensava si sarebbe
ritrovato
in questa situazione e che era convinto l’avrebbe odiata,
addirittura, e che
aveva passato tutta la vita ad evitarla, ma che adesso non
può farne a meno.
Non posso fare a meno di te, Zayn. Anche se quello che ho fatto
è stato
orribile, spero lo stesso che neanche tu possa fare a meno di me. Lo so
che
sono egoista una volta in più. Mi dispiace anche per questo.
E mi dispiace per
questa lettera incoerente che forse era l’ultima cosa che tu
volessi leggere.
Continuo a impormi, lo so, ma non riesco a rinunciarci, a te e a noi.
So anche
che tu pensi che non ci sia mai stato un noi, te l’ho letto
negli occhi la
mattina scorsa. Ma ti sbagli, c’è e
c’è sempre stato e se solo tu riuscissi a
darci una possibilità, lo vedresti da solo. Mi hai
distrutto. Hai distrutto la
persona che ero convinto di essere e ne hai creata una nuova. O forse
hai solo
rotto la superficie e fatto venire a galla quello che c’era
sotto. Ma senza di
te, c’è solo materia informe. Senza di te, sono
solo materia informe, Zayn.
Continuava, con un’altra serie di motivi,
accatastati l’uno accanto
all’altro in flusso di coscienza che aveva un senso, ma
mancava di linearità.
Quella era l’ultima cosa che gli interessava.
Il problema che lo assillava, in quel momento, non
era la forma del
testo, ma il fatto che ancora Zayn non lo avesse raggiunto.
In calce, al posto della firma, aveva scritto che
l’avrebbe atteso
tutta la notte, fosse stato necessario, alla pista di pattinaggio dove
erano
stati per il loro secondo appuntamento. Gli era sembrata una cosa
romantica e
significativa, perché Zayn l’aveva intrappolato
tra le sue spire fin da subito,
anche se lui se ne era accorto anni luce dopo. Aveva passato
così tanto tempo a
negare i suoi sentimenti, che quasi c’era cascato.
Probabilmente era destinato
a fallire sin dall’inizio. E lui neanche ci credeva, al
destino. Glielo aveva
anche scritto, insieme a tutto il resto del fiume di parole.
Non ho mai creduto al
caso o
alle coincidenze, ma forse dovrei rivedere le mie convinzioni; se non
è stato
tutto merito del destino, allora tu sei il più grande colpo
di serendipità che
mi sia mai capitato.
Era stato smielato come non mai; non poteva farci
nulla se quello era
ciò che provava. Al massimo la colpa era di Zayn, visto che
era lui a mettergli
in subbuglio l’anima.
Forse, però, aveva esagerato, aveva
spaventato Zayn, che così non
sarebbe mai venuto.
Era quasi l’una di notte e non
c’era nulla che andasse bene.
*
Voleva piangere. Solo che, se lo avesse fatto, gli
avrebbero dovuto
fare un trapianto di dotti lacrimali o, in alternativa, una trasfusione
di Sali
minerali, perché neanche bevendo due litri d’acqua
ne avrebbe reintegrati in
numero sufficiente, visto quante volte si era trovato con le guance
bagnate,
nelle ultime 60 ore.
Iniziavano a fargli male gli occhi, anche per
questo, e presto gli
sarebbero caduti. Forse quella sarebbe stata una giusta punizione e
allora Zayn
l’avrebbe rivoluto. A saperlo, se li toglieva da solo.
Cominciava anche ad aver sonno e, anche se la
panchina era scomoda da
far paura, l’idea di addormentarsi lì sopra non
sembrava così cattiva. Fosse
stato sicuro di essere ancora vivo, l’indomani, se avesse
dormito in pieno
inverno all’addiaccio, l’avrebbe fatto. Ma no,
doveva stare sveglio, perché
magari Zayn sarebbe arrivato.
Doveva continuare ad aspettare Zayn.
*
Gli pizzicava la nuca. Provò a portare
una mano ai capelli, ma era
pesante, come fosse stata di bronzo, per cui lasciò perdere.
Il fastidio però
continuava e, adesso che ci faceva più attenzione, sembrava
più il tocco di
qualcosa. Harry spalancò gli occhi: ci mancava solo che,
dopo essersi addormentato
come un bambino invece di resistere nella veglia, strani insetti si
fossero
messi a banchettare sulla sua testa.
La sensazione scomparve.
In compenso, si fece più forte la
presenza di qualcuno seduto vicino a
lui. Sperava non fosse una prostituta o un barbone al quale aveva
rubato il
giaciglio. Lui non si poteva proprio muovere, poteva ancora
arriv…
Zayn.
Strabuzzò gli occhi. L’uomo
seduto accanto a lui era proprio colui che
stava aspettando da… ormai aveva perso il conto delle ore.
«Zayn» gracchiò,
perché era il signore dell’ovvio.
Zayn non lo stava guardando. Aveva il volto fisso
davanti a sé e in
mano la sua lettera stropicciata. Sembrava insicuro quasi quanto lui.
Harry
sperava che la sua presenza lì potesse valere come punto a
suo favore, ma evitò
di esultare, anche internamente, perché sapeva che
dall’altro poteva aspettarsi
qualsiasi cosa, anche che fosse lì per dargli un pugno.
Quello sì che sarebbe
stata una reazione lontana dalla persona che aveva conosciuto lui. Ma,
appunto,
ormai non si stupiva più di nulla.
«Zayn» ripeté, con
più convinzione. Guardami-guardami-guardami.
Voleva osservarlo negli occhi, vedere tutte le sue emozioni stampate
sulle iridi,
come fossero state un foglio bianco.
L’altro, però, ancora non
dette segno di aver notato la sua presenza.
Non che fosse possibile, ovviamente.
Decise di mettersi composto e aspettare i tempi
dell’altro. Aveva
aspettato più di quattro ore, constatò, gettando
un’occhiata all’orologio, di
certo poteva aspettare un altro po’.
«Anch’io»
proclamò Zayn dopo qualche minuto di mortale silenzio. Harry
pensò a cosa potesse significare, ma a quell’ora
non capiva neanche se la gente
gli parlava chiaramente, figurarsi se lo faceva per enigmi. Zayn si era
trasformato nella Sfinge e non aveva avvertito nessuno, evidentemente.
«Anche tu cosa?» si
informò dolcemente, perché se Zayn aveva deciso
finalmente di parlare, lui di certo non era intenzionato a lasciar
morire il
discorso.
«Non posso fare a meno di te»
sussurrò, la voce bassa, come stesse
confidando un segreto.
E un segreto un po’ lo era. Un
meraviglioso segreto che accese la
speranza di Harry.
«Ma…»
Nonono, nessun ma,
Zayn, nessun
ma. Avrebbe voluto
esser
sordo, piuttosto che sentire Zayn dire che, anche se non poteva fare a
meno di
lui, anche se gli dispiaceva e lo amava e tutto il resto, quello non
era
abbastanza. Che lui e quello che provavano non erano una motivazione
sufficiente per seppellire il vecchio e dar spazio al nuovo.
«Ma» ripeté, ogni
lettera e ogni secondo in cui stava in silenzio che
lo infilzavano a morte «non so se riesco a fidarmi»
concluse, guardandolo per
la prima volta da quando si era svegliato.
Harry pensò fosse ironico che Zayn
dicesse ciò nel luogo in cui Harry
gli aveva chiesto di fidarsi di lui per la prima volta, anche se per
una cosa
sciocca come un po’ d’equilibrio su dei pattini
troppo sottili.
Era ironico, sì, ma anche conturbante e
oppressivo, aveva il sapore di
un cerchio che si chiude, una strada che finisce.
Harry sapeva che toccava a lui, rispondere. Che
forse Zayn si aspettava
un suo grande discorso, dopo quel piccolo gesto che giaceva inutile tra
le sue
dita, proprio dove avrebbe voluto trovarsi lui, per sempre.
«Lo so» disse solo, invece.
L’aveva deluso per l’ennesima
volta. Harry osservò l’altro annuire in
modo quasi solenne, ogni movimento gli strappava un po’ di
aria. Zayn era
quello, per lui. Un uomo può vivere senza aria?
Quanto era patetico. Non si riconosceva
più. Forse non era neanche più
lui, gli alieni l’avevano rapito oppure era un sogno o una
realtà alternativa o
aveva preso un funghetto allucinogeno o forse si trovava in un film con
una
pessima trama e un regista ancor più pessimo, e lui per
tutto quel tempo non si
era accorto di esserne lo sciocco protagonista.
L’idea del film gli piaceva. Tutto
sarebbe finito e lui avrebbe ripreso
la sua vera vita. E, soprattutto, Zayn non gli avrebbe detto di non
valere
abbastanza.
«Non so che dire» si
sentì miagolare. Non si era neanche reso conto di
aver aperto bocca per parlare di nuovo, anche se – visto
quanto le sue parole
erano state profonde – forse avrebbe fatto meglio a
continuare a tacere.
«Credo che tu abbia già detto
abbastanza» replicò Zayn, senza
cattiveria nel tono. Era una semplice constatazione, e Harry lo
guardò un po’
incerto perché, no, affatto, non era riuscito a completare
una frase
intelligibile, come poteva…?
Poi Zayn sollevò leggermente la mano, e
Harry capì che si stava
riferendo alle parole che aveva sputato su quel foglio di carta.
«Io ti amo» confessò
Zayn, la voce sicura, ed era così tanto che non
glielo sentiva dire che Harry aveva quasi dimenticato come suonassero
quelle
parole, pronunciate dalle sue labbra.
Si sentì inadeguato per quel sentimento.
Lo sei, lo accusò una
vocina crudele al suo orecchio, e
improvvisamente il desiderio che Zayn trovasse qualcuno di migliore, di
più
giusto, di più buono, di più onesto – dipiùdipiùdipiù
– lo travolse.
«Zayn, non c’è
bisog-»
«Ti amo» lo interruppe
l’altro, e la spinta che pochi attimi prima
l’aveva fatto sentire altruista svanì, velocemente
come era nata, per lasciare
spazio solamente al suo bisogno spasmodico di stringere e respirare e
vivere
Zayn. «e anche se ho cercato di soffocarlo, di soffocarmi,
sapevo già che era tutto inutile, ok? E non sono
neanche bravo ad aprirmi e l’hai visto anche tu. Non so
neanche perché tu
voglia stare con me. Perché vuoi restare»
Harry l’avrebbe fermato di nuovo
volentieri, perché era serio? Come
poteva vedersi così poco e male, quando lui non riusciva a
togliergli gli occhi
di dosso, da quanto era perfetto – e, di nuovo, tutto
ciò aveva davvero poco a
che fare con il suo viso. Anche nelle sue imperfezioni, Zayn
– per Harry – era
perfetto.
«Me lo sono chiesto in continuazione, per
tutto il tempo. E poi ho
trovato l’articolo e in fondo aveva senso, no? Almeno
c’era un motivo e potevo
smettermi di scervellarmi per capire quale fosse. Solo che, anche se mi
dicevo
che ero stato stupido e che era ovvio, anche naturale, non sono
riuscito a
restare indifferente. Cazzo, credo che l’indifferenza sia
l’ultima cosa che
abbia provato in questi giorni. Mi sono sentito tradito e usato, e ti
ho
disprezzato e avrei voluto non averti mai conosciuto, ma, per quanto
possa
sembrare assurdo, non sono riuscito a odiarti. C’ho provato,
non sai quanto.
Immagino che questa sia solo l’ennesima cosa di cui sono
incapace»
Harry sentiva aleggiare sopra le loro teste un
altro ‘ma’. Non avrebbe
retto il colpo, nel caso.
«Ma»
Basta – bastabastabasta
– ‘ma’.
Era una congiunzione inutile, senza la quale tutti avrebbero vissuto
meglio.
Harry non aveva mai odiato di più qualcosa, in vita sua.
«Ma, anche se tutto mi diceva di non
farlo, il mio istinto mi spingeva
ogni giorno un po’ di più verso te. Ero convinto
stessimo andando nella stessa
direzione. Poi tutto è sfumato. È tutto
finito»
Harry stava per morire.
O forse per svenire, la sensazione era la stessa,
ne era certo, quindi
era scusato se confondeva le due cose.
«Zayn, ti prego»
c’era già tutto in quelle tre parole, che altro
doveva
o poteva aggiungere? Se tutto quello non era servito a nulla, allora
Harry non
sapeva proprio più che fare. Avrebbe tirato giù
la luna, per Zayn, avesse
potuto. Invece era solo un ragazzino fresco di laurea e senza un
lavoro, che
non era stato capace di riconoscere l’amore neanche dopo
essersi scontrato con
esso ogni giorno per due mesi. Forse era cieco e sordo e muto. Forse
era pazzo.
Cosa mai avrebbe potuto fare per riprendersi Zayn, se l’altro
non lo voleva?
«Harry» lo chiamò
Zayn, prendendogli una mano, il tocco insicuro di chi
non sa se fare qualcosa oppure no. Gli era mancata così
tanto la sua pelle, che
adesso che la risentiva contro la sua gli sembrava di trovarsi di
fronte al miracolo
stesso della vita. Cercò di ritrarla, anche se sembrava
andare contro tutte le
forze della natura, perché la sua pietà era
l’ultima cosa che voleva.
«Harry,» ripeté
Zayn, rafforzando la presa. «è finito tutto, ma
forse
hai ragione tu, ok? Possiamo voltar pagina, tornare
all’inizio, conoscerci di nuovo,
come fosse la prima volta; innamorarci di nuovo, come fosse la prima
volta. Vedere
dove tutto questo ci porterà»
Harry non riusciva a credere alle sue orecchie.
Forse, alla fine, era
svenuto davvero e quello era frutto della sua immaginazione.
Il tocco di Zayn era reale, però, il
respiro dell’altro a malapena lo
sfiorava ma c’era, era lì eccome, e in nessun
sogno potevano esistere occhi
brillanti come quelli di Zayn.
La figura di Zayn iniziava a sfocarsi. Harry ebbe
di colpo paura che
sarebbe scomparso, che davvero fosse solamente una proiezione dei suoi
desideri, ma poi si rese conto che le sue guance si erano fatte bagnate
e che
Zayn era più reale che qualsiasi altra cosa al mondo.
«Possiamo?» osò
chiedere, impaurito fosse tutto uno scherzo.
«Se vuoi ancora»
abbozzò Zayn, e forse era impazzito pure lui, se
diceva cose del genere.
«Come non ho mai voluto
nient’altro in vita mia»
Zayn sorrise, e wow, Harry
l’aveva visto tante volte, ma evidentemente era passato
troppo tempo anche per
quello, perché non si ricordava fosse più
luminoso del sole stesso.
«Posso baciarti come fosse di nuovo la
prima volta?»
Note:
Sorry sorry sorrrrry! Averi cancellato tutto, ma
poi non avrei
riscritto nulla, per cui questo è quello che è.
Odio anche solo pensarlo,
perché mi dà come l’impressione di non
aver fatto del mio meglio e tutto il
resto è un po’ una patetica scusa,
quindi… bah?
Domenica arriva l’epilogo, che
è super brevissimo, e poi finalmente
smetto di scassare!!!
Grazie come sempre a tutte <3