Capitolo 2 -
Domande senza risposta
Ovvero Scopriamo che Lily Evans ha una vena sadica
La ragazza
continuava a sorridere.
Non aveva fatto una
piega.
Harry aggrottò la
fronte cercando di capire cosa avesse davanti. Sembrava Lily, aveva le sue
fattezze, ma non era sicuro fosse proprio lei. Forse perché è uscita come una
nuvola argentea da un ciondolo, lo prese in giro una vocina nella sua testa.
Aprì la bocca ma la
richiuse, non sapendo cosa dire. Non sapeva nemmeno se la cosa che aveva davanti poteva essere
definita “persona”, figuriamoci “madre”! Eppure vederla fisicamente, anche se
vedere era una parola grossa, era comunque alta 12 centimetri e lui era miope,
gli faceva frullare tante piccole farfalle nello stomaco.
Si schiarì la voce
prima di emettere suoni strani, aveva già all’attivo abbastanza figure di merda
senza aggiungerne un’altra con qualcuno che non conosceva.
-Lil…La mamma,
cioè…Beh, lei è morta. Come fai a essere qui?
La ragazza, senza
smettere di sorridere, si lisciò la gonna e si sedette sul letto.
-Lily ha stregato
questo ciondolo e ci ha inserito un frammento dei suoi ricordi.
Il moretto trovò la
risposto poco esauriente. Molto poco esauriente. Si sedette con uno sbuffo di
impazienza.
-E…?
La piccola sagoma
continuò a fissarlo sorridente; non aveva ancora cambiato espressione da quando
si era materializzata dal gioiello. Una strana sensazione cominciò a
serpeggiargli dentro… E se fosse stata davvero una trappola?
-Tu da dove vieni?
La ragazza indicò
il pendente.
Il ragazzo, invece,
si stava spazientendo. Parecchio. Come poteva non capire cosa voleva sapere?!
Insomma, era apparsa da un ciondolo con la forma della madre morta da tempo,
come poteva anche solo minimamente pensare che lui non volesse sapere di più?
Perché la madre
voleva avesse quel ciondolo? Era importante? Significava qualcosa?
Chi gliel’aveva
dato? Perché proprio in quel momento? Perché non gliel’aveva dato di persona?
C’era un motivo particolare per cui l’aveva ricevuto il giorno del suo
compleanno?
Si strofinò le
tempie mentre un martellare sordo si faceva strada nel suo cervello.
Una bambola
parlante lo stava mettendo in crisi. Fantastico per la reputazione del bambino
sopravvissuto.
Fece un respiro
profondo cercando di reprimere l’insana voglia di strangolare quella figurina.
In fondo c’erano tante cose che poteva dirgli. Sempre che riuscisse a parlare
più che a monosillabi. Una bambola in tutto e per tutto, che non ragionava e
non pensava.
La fissò,
formulando meglio che poteva la domanda.
-A chi ti affidò
mia madre perché tu arrivassi qui oggi?
-Lily mi affidò a
Silente prima che tu nascessi perché si fidava di lui.
-Perché proprio
oggi?
-Perché oggi compi
16 anni.
-Ma perché proprio
16 anni?! – Harry si costrinse a non urlare.
-Mi dispiace ma le
domande a tua disposizione sono finite.
E davanti a un
Harry troppo sbalordito per replicare, la figuretta svanì, sempre sorridendo,
in una nebbiolina argentata.
Passò
quell’interminabile settimana.
Harry continuava a
domandarsi che cosa fosse quel ciondolo ma non provò mai più a fare uscire la
bambolina dal suo nascondiglio. La scusa era che gli faceva male il cuore
vedere il ricordo della madre costretto ad adattarsi a quella figuretta che si
muoveva e parlava come lei ma che non era lei. In realtà la ragione era molto,
ma molto, più semplice.
Non sapeva cosa
chiederle.
Aveva tante domande
che gli vorticavano in testa da non sapere a quale dare la precedenza. Senza
contare che quella bambola probabilmente non avrebbe risposto come lui avrebbe
voluto.
Aveva ragionato
sulla frase che lei aveva detto prima di sparire, “Le domande a tua
disposizione sono finite”, ed era arrivato alla conclusione che non poteva fare
più di tre domande per volta.
Probabilmente
quando aveva incantato l’oggetto non aveva avuto abbastanza esperienza per
creare un simulacro più somigliante all’originale.
Si scervellò anche
per capire cosa rappresentasse.
Sfogliò il libro di
Storia della Magia, probabilmente la prima volta in sei anni, da cima a fondo,
ma non trovò assolutamente nulla che potesse ricordare quei tre simboli.
Sperò che Hermione
potesse aiutarlo in qualche modo; in realtà ci contava, non c’era niente che
quella ragazza non sapesse. E se non lo sapeva era sconosciuto per poco, perché
andava a cercare e ci faceva pure una relazione, per essere sicura di non
scordarlo.
Buttò il libro nel
baule e lo richiuse con stizza.
Gli rodeva il fatto
di avere sempre bisogno dei suoi amici per venire a capo di un casino. Tutti
gli anni aveva sempre avuto bisogno di loro per risolvere i suoi guai. Era così
inutile?
Controllò
l’orologio e vide che erano quasi le cinque. L’ora in cui Ron doveva passare a
prenderlo.
Aggrottò la fronte;
in realtà non sapeva come sarebbe venuto a prenderlo e la cosa lo terrorizzava
non poco: l’ultima volta aveva completamente sfasciato il soggiorno!
Sperò che non
venissero che qualche mezzo magico o zio Vernon avrebbe tirato fuori per
l’occasione il nuovo fucile a pallina. Nuovo hobby, la caccia.
Chiuse il baule e
lo trascinò fin sulla porta. Poi tornò a recuperare le ultime cose, tra cui la
gabbia di Edwige e il ciondolo; ci aveva legato un cordoncino di pelle per
poterlo legare al collo. Gli sembrava quasi che emanasse un leggero calore,
forse, dopotutto, quella bambola qualcosa di sua madre l’aveva.
Scese con la
bacchetta in mano, con Voldemort ora in giro non c’era da fidarsi. Averla in
mano lo faceva sentire più forte.
Peccato che anche
qualcun altro se ne accorse.
-NASCONDILA SUBITO,
NON VORRAI FARTI VEDERE DAI VICINI! – urlò Vernon con la faccia paonazza e gli
enormi baffi che vibravano sotto il naso gonfio.
-Ci tengo più alla
mia vita che a quella dei vicini, sinceramente – rispose Harry con noncuranza.
Questo fece
infuriare ancora di più l’omone che sembrò sul punto di mettere le mani intorno
al collo del nipote.
-Fermo. Non vorrai
che incidentalmente mi sfugga qualche scintilla colorata, vero? Allora
sì, che i vicini noteranno qualcosa… - La voce era tranquilla, il sorriso
rassicurante; l’unica cosa di minacciosa era il significato nascosto in quella
frase; Vernon si zittì subito e tornò in salotto imprecando contro il ragazzo.
Proprio in quel
momento suonò il campanello e Harry si fiondò ad aprire la porta prima che
qualcun altro potesse farlo al posto suo: non fosse mai che uno dei suoi amici
fosse costretto a subire le ingiurie dello zio o la stupidità del cugino.
Quando aprì la
porta, però, non trovò chi si aspettava.
La sua migliore
amica, Hermione, lo fissava sorridente in un paio di jeans e una canotta che
lasciava scoperto il collo candido. Lo sguardo perplesso del moretto doveva
essere palese perché la ragazza scoppiò a ridere; Harry si stupì a pensare che
con gli anni stava migliorando, e in meglio.
- Ciao Harry! Noto
dalla tua faccia stupita che Ron non ti aveva detto del cambio di programma, ma
la cosa non mi stupisce… Dato che ha invitato anche me e i miei genitori alla
Tana per il tuo compleanno, siamo passati noi a prenderti; anche perché siamo
molto meno appariscenti!
Il ragazzo sorrise
divertito; su questo non poteva che darle ragione.
I suoi genitori
erano babbani e in questo mondo ci avevano sempre vissuto, sapevano
perfettamente come comportarsi.
Il signor Granger,
un uomo alto e brizzolato, sulla cinquantina, uscì dalla macchina e si offrì di
aiutarlo a portare giù il suo baule; aveva un sorriso aperto e rassicurante,
gli occhi del colore caldo della figlia e dei modi gentili. Erano delle brave
persone.
Non degnò i Dursley
di un’occhiata di troppo e se ne andò senza nessun rimpianto, solo quello che
l’estate successiva sarebbe dovuto tornare di nuovo in quel posto.
Fortunatamente sarebbe anche stata l’ultima.
A tu per tu con
Hermione sul sedile posteriore dell’auto, Harry pensò di farle vedere il
ciondolo per chiederle se sapeva qualcosa.
-Hermione…Senti…Mi
è arrivata una cosa da Silente per il mio compleanno, ma non so esattamente
cosa sia…Mi dovresti dare una mano.
Tirò fuori da sotto
la maglietta il laccio di pelle e scoprì alla luce del sole il pendaglio di
ferro che battuto. Hermione lo fissò con sguardo attento e aggrottò la fronte,
poi cominciò a tamburellare le dita sulla copertina del librone che teneva in
grembo.
-L’ho già visto da
qualche parte. Ma non ricordo dove…
Cominciò a
sfogliare con frenesia le pagine di quel libro; Harry sbirciò le pagine e
dedusse fosse di storia: era pieno di vasi di terracotta lavorati, cartine
colorate a zone, sarcofagi e elmi di ferro battuto. Un libro di storia antica.
- Ma questo non è
il libro di Storia della Magia.
- Certo che no!
Quello lo studio a scuola…
- E questo è quello
che studi nel tempo libero? Storia babbana? Ma insomma, Hermione, tu non hai
una vita privata? Devi sempre e solo studiare? La vita non si costruisce mica
sui libri!
- Vuoi stare
zitto?! Non vedi che sto cercando di aiutarti?
Il ragazzo arrossì
leggermente e si zittì, sperando che almeno lei riuscisse a risolvere
quell’enigma.
A un certo punto
Hermione lanciò un urlo.
- L’ho trovato!
L’ho trovato!
Harry si riscosse
dal leggero intontimento che l’aveva colto mentre viaggiavano e rialzandosi di
scatto diede una testata al tettuccio. Sfregandosi la testa con una mano si
girò verso la brunetta con le lacrime agli occhi.
- Che hai da
urlare?
- L’ho trovato, ho
trovato il simbolo che cercavamo!
- Ma come…?!
Anch’io ho cercato nel libro di storia e non l’ho trovato!
- Tu hai cercato
nel libro di Storia della Magia, io invece no. Questo è un libro di storia
babbana, parla dei popoli non magici, anche se su questo si potrebbe dire molto
in merito, che hanno vissuto nel mondo. E ho trovato il simbolo proprio in una
sezione dedicata a uno di questi popoli.
Gli mostrò il libro
dove il simbolo era inciso su una pietra. Era leggermente sbiadito ma le tre
figure geometriche si vedevano ancora. Sotto c’era una riga dove c’erano incise
delle figurine.
- E queste figurine
cosa significano?
Hermione lo guardò
con una faccia leggermente schifata.
- Non sai cosa
sono?
A un cenno negativo
di lui, lei sbuffò.
- Come al solito
l’intelligenza di cui tutti parlano è inesistente…
Un “Ehi” indignato
provenne dal ragazzo ma lei lo ignorò.
- Questi sono
geroglifici, questa riga qui è una frase, tradotta sommariamente in “ La
conoscenza è il bene più grande”.
Un campanellino
suonò nella testa di Harry.
- Ehi, senti,
Hermione, tu sai il latino? – Lei annuì – So i fondamenti basi, non molto però.
Lui le ficcò sotto
il naso il pendente e le indicò la piccola frase incisa. Lei si agitò esaltata.
- Sì, sì, vuol dire
proprio quello!
- E allora, mi vuoi
dire dove era inciso quel simbolo e quella frase?! – Sbottò lui esasperato.
Lei sorrise
soddisfatta.
- Era incisa sopra
l’entrata della Biblioteca di Alessandria.
Continua…
Ecco qua il
secondo capitolo, non svela moltissimo in realtà, ma mi piace com’è venuto in
fondo in fondo…
Ringrazio antote
per la recensione, e anche la mia Discordia XD
Recensite se vi
piace ma mi accontento anche che leggiate soltanto^^
A settimana
prossima^^