Capitolo 1 -
Harry scopre una cosa nuova
Ovvero le
sorprese capitano SEMPRE quando non sei dell’umore giusto
Era una giornata
afosa in Privet Drive. Bella ma afosa.
Le cicale frinivano
nascoste nel prato perfettamente tagliato, una brezza quasi inesistente
soffiava sulle aiuole colorate, una cappa asfissiante di calore ricopriva ogni
cosa nel raggio di miglia. Non c’era nulla fuori posto, nulla di strano al
numero quattro di Privet Drive.
Ed era questo che
volevano i Dursley.
Una vita normale,
una casa normale, una famiglia normale.
Era per questo che
nascondevano il bizzarro quanto indesiderato nipote in camera sua ogni estate.
Era per questo che
raccontavano a tutto il vicinato che era rinchiuso in una scuola di massima
sicurezza per giovani irrecuperabili.
Era per questo che
lo odiavano con tutto il cuore, che lo trattavano come la feccia della peggior
specie.
Perché lui
rappresentava tutto ciò che li spaventava.
Qualcosa che non
aveva assolutamente nulla di “normale”.
Eh già, il loro
carissimo nipote era un mago. E non un mago qualsiasi bensì il più famoso e al
tempo stesso temuto di quel mondo strano con il quale non volevano avere nulla
a che fare.
~ ~ ~
Harry Potter era
nella sua stanza e leggeva con sguardo indecifrabile un giornale dove le
immagini continuavano a muoversi frenetiche.
Dopo qualche attimo
di palpabile tensione, il ragazzo appoggiò il giornale sulla scrivania con un
sospiro di sollievo.
In prima pagina un
uomo tarchiato agitava frenetico una bombetta verde acido; la didascalia
recitava: “Il Ministro della Magia
Cornelius Caramell obbligato a dare le dimissioni dopo l’attacco al Ministero
di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato”.
Sotto questa,
un’altra immagine, più piccola, recava la foto di un suo primo piano che
guardava smarrito davanti a sé. Probabilmente erano andata a raccattarla tra
quelle fatte al suo primo anno, quando i giornalisti avevano davanti a loro
della carne fresca, ancora intatta e ingenua. Il titolo a caratteri cubitali
annunciava il ritorno di Tu-Sai-Chi; il sottotitolo, più piccolo ma non meno
importante, fece avvampare una rabbia cieca nel ragazzo: “Il bambino sopravvissuto l’aveva già annunciato”.
-Peccato che lo
dicano solo adesso, omettendo, tral’altro, di essere stati i primi a darmi del
pazzo – pensò lui amareggiato.
Accartocciò il
Profeta con rabbia e lo gettò nel cestino.
Guardò fuori dalla
finestra con sguardo vacuo mentre quello che era successo negli ultimi mesi gli
tornava in mente, un’immagine dopo l’altra, una sensazione dopo l’altra.
Immagini che non
facevano che susseguirsi in maniera vorticosa nella sua testa da quasi due
mesi. Due mesi in cui si chiedeva perché era
andato all’Ufficio Misteri ben sapendo che poteva essere una trappola. Due mesi
in cui si chiedeva perché aveva
creduto a Kreacher ben sapendo che non avrebbe detto la verità, lui odiava
Sirius. Due mesi in cui si chiedeva perché
non riusciva a piangere la morte del suo padrino…Anzi, due mesi in cui una
rabbia cocente lo rodeva dal profondo del cuore. Aveva detto che avrebbero
potuto vivere insieme, che l’avrebbe portato via da quella casa dove aveva
vissuto per quasi 15 anni trattato come feccia della peggior specie, che
finalmente sarebbero stati una vera famiglia. Il calore di una famiglia vera,
calore che lui non aveva mai provato.
Si sentiva tradito,
amareggiato e odiava il suo padrino per questo. Si era fidato, aveva affidato i
suoi sogni a un uomo e le sue speranze a una data, quella in cui avrebbe
finalmente lasciato i Dursley. E ora…Ora non c’era più nulla di quei sogni e
quelle speranze, solo terra bruciata, il deserto che era rimasto nel suo cuore,
seppellito e chiuso a chiave dopo quella volta.
Non riusciva a
provare nulla che non fosse rabbia e amarezza, non riusciva a piangere per
quell’uomo che aveva detto di amarlo e poi se n’era andato attraversando un
velo.
Non era morto, se
n’era semplicemente andato, senza una parola, senza un sorriso, aveva solo
oltrepassato un arco attraversato da un vento invisibile e da voci fantasma.
Un velo, un
maledetto velo e nient’altro.
Picchiò un pugno
contro il muro mentre si sentiva il cuore bruciare…Non sapeva nemmeno lui cosa
fosse ora, se rabbia, o dolore, o qualunque altro sentimento che gli stava
lentamente avvelenando l’anima.
Voldemort stesso
non avrebbe potuto fare di peggio, anzi, uccidendolo forse avrebbe trovato pace
lui stesso.
Non ce la faceva
più. Cosa gli rimaneva adesso?
Il corso doloroso
dei suoi pensieri fu interrotto da un rumore proveniente dalla finestra.
Agguantò veloce la
bacchetta ma vide solo un gufo che chiedeva di entrare becchettando
insistentemente sul vetro. Con un maestoso frullio di ali un enorme volatile,
probabilmente un barbagianni, entrò porgendo a Harry una pergamena; vide anche
un pacco legato alla zampa dell’animale ma quando cercò di prenderlo il pennuto
pensò bene di beccarlo sul dorso della mano.
Il ragazzo si porto
la mano alla bocca, dove un taglietto spiccava evidente.
A quanto pareva non
aveva già abbastanza cicatrici.
Sembrava che
dovesse leggere prima la lettera.
Caro Harry,
come va? Sono Ron, ho dovuto mandare un gufo
postale perché Leo è piccolo per il pacco e di Errol non mi fido per niente,
mica che mi rompe il regalo!
Comunque buon compleanno, Harry!
Ho fatto capire al gufo di farti leggere
prima la lettera, spero solo che abbia capito, mi ha beccato almeno 10 volte!
Spero che il regalo ti piaccia, non sono molto bravo con queste cose, mi sono
fatto aiutare da Ginny per le miniature (Quest’estate ha scoperto la passione
per l’arte, boh…)e Hermione le ha incantate, sai, così dovrebbero durare.
Bè, spero ti piaccia.
Ah sì, ti aspetto la prossima settimana a
casa mia, la mamma vuole assolutamente vederti prima di andare a scuola, così
ti portiamo via da quel postaccio a cui si ostinano a farti tornare tutte le
estati.
Si, si, lo so! La storia della protezione di
tua madre e gli unici parenti che ti rimangono e bla bla bla…Però intanto tu
sei costretto a vivere con quel cavallo di tua zia e quel ciccione di tuo
cugino.
Ti portiamo via per il tuo bene, almeno ti
godrai le ultime settimane di vacanze. Quindi ci vediamo!
Ron
Harry alzò lo
sguardo fissando il gufo, che ricambiò l’occhiata.
Chissà cosa gli
avevano regalato.
Stavolta l’animale
si lasciò slegare la scatola; il ragazzo gli indicò il trespolo di Edwige, dove
facevano mostra di sé acqua e cibo ma l’animale aprì le enormi ali e spiccò il
volo.
Con un’alzata di
spalle il moretto si sedette sul letto e fissò il pacchetto dove, a caratteri
cubitali, spiccava la parola “Fragile”. Di sicuro opera di Hermione, non era
convinto che Ron ci avrebbe mai pensato.
Tirò il nodo che
teneva insieme il tutto e la scatola di aprì come i petali di un fiore,
rivelando a uno sconvolto Harry il suo contenuto.
A una prima
occhiata sembrava una di quelle bocce di vetro che si regalano a Natale, con i
pupazzi di neve, le casette, gli alberi e la neve che cade quando le capovolgi.
Nel momento in cui
il ragazzo la prese in mano, però, si accorse che era qualcosa di diverso. Di
molto diverso.
Qualcosa di caldo e
bruciante gli risalì dalla bocca dello stomaco, fermandosi in gola; deglutì
cercando di alleviare quella sensazione ma fu uno sforzo vano.
Boccheggiò mentre
una lacrima sfuggiva ai suoi occhi serrati.
Sirius, in sella a
Fierobecco, volteggiava sopra il lago di Hogwarts, costeggiandone la riva e
sfiorando le punte degli alberi della Foresta Proibita.
Avvicinò la boccia
di vetro al viso e vide la Sirius-Miniatura sorridergli e alzare la mano per
salutarlo. Un’altra lacrima seguì la prima, mentre sentì un masso cadergli sul
cuore.
Appoggiò
delicatamente il regalo sul comodino; vide l’acqua del lago incresparsi mentre
quel piccolo mondo sotto vetro veniva spostato da una forza più grande di lui.
Si sedette sul
letto con la testa tra le mani. I suoi pensieri continuavano ad andare a quella
notte, le immagini si susseguivano una dopo l’altra come un film, nelle
orecchie solo l’urlo del suo nome mentre lo vedeva attraversare quel maledetto
velo. I suoi occhi stupiti, le mani che annaspavano cercando un appiglio, il
suo corpo che, come al rallentatore, si arcuava all’indietro. Quel velo, che si
agitava leggere attraversato da una brezza invisibile. Gli occhi di quella
donna, al cui interno si vedeva bruciare un fuoco demoniaco.
Si slanciò nel
bagno in fondo al corridoio e si chiuse dentro.
Aprì il rubinetto e
ficcò la testa sotto l’acqua fredda, come se questo potesse fermare ciò che gli
vorticava senza sosta in testa. Strinse il bordo del lavandino finché le nocche
non gli diventarono bianche.
Un lamento gli uscì
dalle labbra serrate, mentre si lasciava scivolare lungo la parete, i capelli
ormai lunghi che bagnavano le piastrelle di liquido trasparente.
Il rumore dello
scroscio dell’acqua sembrava rimbombare nelle orecchie del ragazzo. Spilli di
fuoco gli trafiggevano il cuore, un dolore cocente che traboccava e si riversava
in ogni fibra, in ogni cellula del suo corpo.
Strinse le mani a
pugno e sentì le unghie penetrare nella carne ma era niente in confronto alla
morsa che gli attanagliava il petto, che non lo faceva respirare.
Gli occhi gli
bruciavano come se le sue stesse lacrime si fossero tramutate in lava bollente.
Immagini rosso sangue e verde smeraldo si susseguivano senza tregua dietro alle
sue palpebre abbassate, una voce, quella di Lupin, che ripeteva sconvolto “E’
morto, Harry”, che si ripeteva come un disco rotto.
Se n’era andato.
Andato per sempre.
Fu come un fiume in
piena, ruppe gli argini che si era costruito intorno al cuore e si riversò in
lui con la potenza di un uragano che lo lasciò annichilito.
Se n’era andato.
E ora riusciva a
capirlo anche lui.
Sembrarono passate
ore ma forse erano solo pochi minuti.
Quando si alzò si
sentì intorpidito, svuotato, come se tutto quello che aveva provato negli
ultimi due mesi – rabbia, paura, dolore – si fosse riversato fuori come veleno
da una ferita aperta.
Un veleno che,
lentamente, lo stava uccidendo.
E ora si sentiva
esausto…Ma era in pace. Non solo con Sirius ma anche con se stesso.
Quel peso che si
portava addosso era svanito, come se il piangere finalmente la morte del suo
padrino l’avesse portato alla consapevolezza che alla morte non c’è rimedio.
~ ~ ~
Quando tornò in
camera trovò un altro gufo ad aspettarlo.
Sorrise quando
riconobbe Errol e capì che quello era il regalo della signora Weasley,
probabilmente una delle sue ottime torte fatte in casa.
Quel giorno
arrivarono parecchi gufi con i suoi regali di compleanno e Harry scoprì che
erano mesi che non riusciva più a godersi un momento per se stesso, un momento
come quello in cui pensava che era felice di essere riuscito a passare un altro
anno. Ovviamente i gemelli gli regalarono una scatola assortita di scherzi,
accompagnata da una pergamena “ Nel caso il nuovo prof sia come il rospo”; il
regalo di Hagrid si rivelò essere uno strano oggetto peloso che il moretto non
ebbe il coraggio di scoprire a cosa servisse. Infine il regalo di Luna,
inaspettato a dire la verità, che lo lasciò sdraiato sul letto a ridere fino
alle lacrime: “Una vera collana fatta di denti di Gorgosprizzo, portano MOLTA
fortuna!”.
Credeva ormai di
aver ricevuto tutti i regali allorché un maestoso barbagianni planò sulla sua
scrivania. Lo sguardo altero dell’animale percorse tutta la stanza e, dopo aver
visto Harry, tese la zampa dove era legata una piccola scatola accompagnata da
una pergamena.
Il ragazzo si
avvicinò perplesso e slegò il foglio proprio mentre l’animale spiegava le ali e
prendeva il volo nell’aria ferma del tramonto.
La lettera era
breve e concisa. Tua madre me l’affidò prima di morire. Fanne buon uso.
Un campanellino
suonò nella testa del moretto.
Silente.
Un biglietto simile
era legato al Mantello dell’Invisibilità che gli aveva affidato Silente da
parte di suo padre.
Quindi anche questa
scatolina gliel’aveva mandata lui? Perché proprio in quel momento?
Ma
soprattutto…Cos’era?
Prese in mano il
leggero involucro e lo squadrò ben bene; non trovò nulla di strano.
Lo aprì con
cautela, ma ciò che trovò all’interno lo lasciò alquanto perplesso.
Era solo un
ciondolo.
Un ciondolo formato
da un triangolo al cui vertice era appoggiato un cerchiolino; sopra questo
cerchio c’era una falce di luna molto sottile con entrambe le punte rivolte
verso l’alto.
Se lo rigirò tra le
mani e lo lasciò cadere sconvolto quando avvertì un crescente calore provenire
dall’interno del gioiello. Si strofinò le dita tra di loro e chiuse gli occhi,
cercando di calmarsi.
Si era immaginato
tutto. Non c’era altra spiegazione plausibile.
Poi si batté una
mano sulla fronte dandosi dell’idiota.
“Io sono un mago…”
Si girò di scatto
verso lo spioscopio sulla scrivania ma era muto, come muto era rimasto per
tutta l’estate.
Non era una
trappola, ok, ma allora cos’era?
Ormai non era più
nemmeno tanto sicuro di avere avvertito quel calore.
Lo riprese in mano
e si accorse di una frase incisa sulla base del triangolo, che prima non aveva
notato. Era scritta veramente in piccolo.
Già era miope, ci
mancava solo che diventasse cieco per decifrare quella riga!
“Conoscenza. No,
conoscentia. Ok, la prima parola è conoscentia.
Perfetto, latino,
non so una mazza di latino. Dov’è Hermione quando serve?
Bio…No, buo…Ma che
c’è scritto?!?Ah sì, sembra buonum.
Su…Susp…Supremo,
supremum. Questa è quella giusta. Cavoli mi sembra di giocare all’indovino, la
Cooman sarebbe fiero di me.
E l’ultima
parola…Vediamo…Est. Sì, est è giusta.
Quindi…Conoscentia
buonum supremun est.”
Pronunciò la frase
ad alta voce, come per capire il suo significato solo dicendola.
Quando
all’improvviso accadde qualcosa che gli fece lanciare l’oggetto sul letto e
agguantare di scatto la bacchetta.
Il gioiello stava
brillando.
Si era illuminato
di una strana luce argentata che lo ricopriva di un baluginio leggero. Il
brillio si espanse per poi cominciare ad addensarsi fino a cominciare a
prendere forma sotto gli occhi sbalorditi del sedicenne.
Davanti al suo
sguardo sbarrato dalla sorpresa, da quella nuvola argento comparve una
figuretta alta non più di 12 centimetri, con lunghi capelli castani e, a una
prima occhiata, luminosi occhi verdi. Indossava una divisa di Hogwarts dai
colori rosso dorati.
La ragazza si
scosse i vestiti da invisibili particelle di polvere e lo abbagliò con un
sorriso luminoso, che le creò delle graziose fossette sulle guance.
“Ciao! Io sono Lily
Evans, tu chi sei?
Davanti allo
sguardo sorridente della brunetta, il moretto non poté fare altro che
accasciarsi sul pavimento troppo scioccato per poter fare altro.
“Io sono
Harry…Harry Potter. Tuo figlio.
Continua…
Allora, fine del
primissimo capitolo di questa Fanfiction nata per sbaglio mentre sfogliavo un
libro(Non vi dico quale altrimenti che sorpresa sarebbe?XP)
Spero vi
possa piacere il mio modo di scrivere e, dato che non sono perfetta, vi invito
a farmi notare qualunque errore possa fare, sbaglio anch’io verbi e
congiunzioni!
Non ho ancora
deciso che pair fare ma, come potete notare dalle note, sarà Yaoi. Quindi se il
genere vi disgusta è meglio se non leggete. Non che abbia intenzione di far
procedere la storia a scene lemon però sarà una delle tante parti di cui è
composta questa storia.
A differenza di
altre bravi autrici che hanno già tutta la storia in testa(E quindi vi sanno
dire anche in che capitolo sarà la lemon) io non sono così “programmata”…La
storia è ancora tutta in lavorazione e quindi non vi so dire nulla XD
Purtroppo ho molti
impegni da portare avanti e quindi non posterò MAI un capitolo al giorno, al
massimo uno alla settimana(O nel peggiore dei casi uno ogni due settimane).
Comincerò con un
rating Arancione che verrà cambiato in Rosso all’occorrenza(Cioè in vista della
Lemon o di scene di battaglia).
Che altro…Se avete
due secondi di tempo commentate^^