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Autore: Fiamma Erin Gaunt    02/11/2013    1 recensioni
Nuove squadre, nuove esperienze in Europa e nuovi amori; tutto questo durante la stagione di preparazione al Mondiale di calcio.
****
Julian e Rob sono approdati all'Inter; Mark e Danny si sono sistemati in casa Juve non senza qualche difficoltà; Holly ha trovato il suo posto nel Barcellona a fianco di Rivaul e del messicano Espadas; Benji ha accettato la proposta del Bayern al fianco di Kaltz, Levin, Sho e il Kaiser; Tom ha trovato posto nel Paris Saint Germain insieme a Luis Napoleon e Pierre Le Blanc; Ed è stato preso dal Real Madrid insieme a Santana... E poi ci sono le ragazze: calciatrici, manager e massaggiatrici che complicheranno non poco le cose.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Cap 7

 

 

 

- Quanto hai detto di voler rimanere a Monaco? – domandò Mark, non appena ebbero recuperato i loro bagagli dal nastro trasportatore.

- Non l’ho detto, comunque penso una settimana, ma se vuoi ti prenoto un volo prima. –

Scosse la testa, non aveva alcuna voglia di andare a fare la riserva a Torino. Un po’ di vacanza gli avrebbe fatto bene.

- Questa ragazza da cui hai detto che staremo, è… sì, insomma, hai capito, no? –

Rico scoppiò a ridere. Mark aveva ancora molto da imparare sulla vita del calciatore europeo, a cominciare dalla timidezza che aveva nell’affrontare argomenti come le ragazze.

- No, Lena è un’amica di mia sorella, è carina ma non è il mio tipo. Troppo magra, troppo piatta e troppo bionda. –

Mark si unì alle sue risate. Quel ragazzo gli era simpatico, aveva una spontaneità e un modo di vivere che gli invidiava. Si vedeva che non aveva chissà quali preoccupazioni e responsabilità sulle spalle.

- Ti ho portato perché mi era sembrato che Fiamma avesse catturato il tuo interesse, o sbaglio? – commentò malizioso.

Arrossì di botto, puntando lo sguardo sul taxi che si era appena fermato davanti a loro.

- Non capisco a cosa ti riferisci. – mormorò.

- Sì, certo, immagino. –

Salirono sulla vettura, diedero l’indirizzo al conducente e rimasero in silenzio per gran parte del tragitto. Di tanto in tanto Rico gli indicava qualche edificio storico o qualche locale, improvvisandosi guida turistica.

- Quello è lo stadio, Lena abita a cinque minuti da qui. – annunciò, catturando davvero l’attenzione del giapponese. Sorrise vedendolo sgranare gli occhi davanti all’imponente costruzione.

- È gigantesco. –

- E non hai ancora visto il Camp Nou, quello sì che è uno spettacolo. –

Il taxi abbandonò la strada principale per infilarsi su una stradina sterrata. Percorse una decina di chilometri e si fermò davanti a un cancello con tanto di telecamere di sorveglianza. I Lotzen economicamente erano messi addirittura meglio dei Price e l’immensa villa davanti ai loro occhi lo confermava.

Scesero dal taxi e attesero che il cancello si aprisse. Una ragazza bionda, alta ed esile come un giunco, fece capolino dalla porta e corse nella loro direzione, saltando in braccio a Rico.

- Finalmente sei arrivato, sono secoli che non ci vediamo. –

La strinse gentilmente a sé, assaporando l’odore di fragola che la contraddistingueva.

- Lena, non è passato poi così tanto tempo. –

- È come se lo fosse, mi mancano così tanto le tue litigate con Karl. –

- Immagino, c’è anche il biondastro? – domandò, storcendo il naso.

Lena scosse la testa, - Arriverà più tardi, aveva da fare. –

- E lui chi è? – aggiunse, spostando gli occhi verdi su Mark.

- Mark Lenders, la nuova rivelazione del campionato italiano, sentirai presto parlare di lui. –

- Bè, sei davvero carino, ma sei anche così bravo? – domandò schiettamente, sorprendendolo.

- Fidati, lo è. – assicurò Rico.

- Non l’ho chiesto a te. –

- Sì, sono molto bravo. – affermò con aria decisa.

Lena si aprì in un sorriso smagliante, - Carino e anche sicuro di sé, una combinazione devastante. Venite da questa parte, immagino tu voglia vedere tua sorella, è di umore nero. –

- La partita è andata male? – domandò Mark. Non l’aveva mai vista giocare, ma nel loro piccolo scontro aveva notato il suo eccellente controllo di palla e il tocco preciso. Chi dribblava in quel modo doveva per forza giocare bene anche durante una vera partita.

- No, al contrario, hanno vinto. Tuttavia Fiamma è incontentabile e non è soddisfatta della sua performance. Benji ha provato a farla ragionare, ma è così testarda. –

Mark sgranò gli occhi. Sapeva che Price giocava al Bayern, ma non immaginava di incontrarlo. Sperava solo che la serata non fosse destinata a finire con una delle loro scazzottate.

- Benjamin Price? Non pensavo che fosse suo amico. –

- Non lo era, ma sono entrati molto in sintonia. Dovresti vederli, sono così carini. – commentò, sorridendo con l’aria di chi la sapeva lunga.

- Sta a vedere che ti ho portato fino a Monaco per niente. – ironizzò Rico, suscitando la  curiosità di Lena.

- Ti piace Fiamma? Ragazza fortunata. Comunque sei ancora in tempo, non credo che abbiano capito di piacersi. -  

Gli strizzò l’occhio con aria complice e lo fece arrossire violentemente.

- Io veramente… -

Non riuscì a finire di controbattere perché proprio in quel momento fece la sua comparsa Fiamma, splendida in shorts di jeans e canottiera nera, intenta a ridere come se non avesse sentito nulla di più divertente in vita sua. Solo in seguito notò il ragazzo che la teneva sottobraccio, sorreggendola per non farle scaricare troppo il peso sulla gamba fasciata: Benji.

- Rico, sei venuto. – esclamò, liberandosi dalla presa del portiere e zoppicando verso il fratello. Non si vedevano da un paio di giorni, ma il legame dei gemelli in loro era più forte che mai, l’idea di stare lontani era impensabile.

- Mark, ha costretto anche te a seguirlo? – aggiunse, sorridendo all’indirizzo del giapponese.

- Non mi ha costretto, in realtà ho bisogno di un po’ di vacanza. –

- Allora sei nel posto giusto, villa Lotzen è un paradiso. – assicurò, avvicinandoglisi per salutarlo con due baci sulla guancia.

Era un’usanza comune in Italia, ma non aveva ancora fatto l’abitudine a quel contatto così spontaneo ed espansivo che contrastava con la tradizione giapponese. Comunque non aveva alcuna intenzione di lamentarsi, non ora che il cuore aveva preso a battergli all’impazzata per la sua vicinanza.

- Lenders. –

- Price. – replicò, scambiando un cenno del capo con Benji.

- Giusto, voi vi conoscete già, non ci avevo pensato. –

Annuirono, mentre Benji le si avvicinava di nuovo e la guardava come aspettando una sua conferma.

- Mi dai una mano ad andare in salotto, Ben? –

- Certo. –

Le cinse la vita e la scortò lentamente verso l’immenso salone, facendola accomodare sul lungo divano bianco e sistemandole due cuscini sotto la gamba.

- Va bene così? –

- Perfetto, grazie. –, poi si rivolse al fratello, - Mi sta viziando fin troppo, è quasi peggio di te. –

Il campanello suonò, annunciando l’arrivo degli ospiti che mancavano.

- Deve essere Levin, torno subito. – esclamò Lena, sfrecciando verso la porta. Controllò il suo riflesso nel grande specchio nell’angolo e, quando fu certa di essere presentabile, aprì la porta.

- Stephan! –

Gli gettò le braccia al collo, ridendo mentre il ragazzo la stringeva a sé con tanta forza da sollevarla da terra.

- Ehy, Step, vacci piano o finirai per spezzare in due la nostra Barbie. – scherzò Karl, dandogli una pacca amichevole sulla spalla.

- Ti ho detto di non chiamarmi così. – borbottò Lena, separandosi dal ragazzo e tirando un calcio al suo amico di sempre.

Karl era cresciuto con lei e, anche se negli ultimi tempi si erano un po’ allontanati, continuavano a essere quanto di più vicino a una famiglia.

- E io ti ho detto che continuerò a chiamarti così. –

Sbuffò, alzando gli occhi al cielo, - Ci rinuncio, sei incredibile. –

- Lo prendo come un complimento. Ora vi lascio soli, piccioncini. – replicò, facendo loro l’occhiolino e avviandosi verso il salone.

- Mi sei mancato. – disse Lena, tornando ad abbracciarlo e giocherellando con le ciocche biondo chiaro del ragazzo.

- Anche tu. –

Si chinò leggermente, catturandole le labbra in un lungo e passionale bacio.

- Com’è andata la partita? –

Lena si rabbuiò leggermente, - Abbiamo perso per due a uno. –

- Era solo un’amichevole, ma sono sicuro che sei stata assolutamente fantastica. –

- Dici? Sì, in effetti sono stata davvero brava. – confermò, aprendosi nell’ennesimo sorriso.

Levin scoppiò a ridere. Era questo che gli piaceva di Lena, il suo essere divertente e allo stesso tempo con la testa sulle spalle; sapeva che molti la consideravano una ragazza frivola, ma lui la conosceva per come era davvero e non l’avrebbe cambiata per nessun’altra.

- Raggiungiamo gli altri? – domandò, prendendola per mano.

Annuì e accettò la mano che le veniva porta, sorridendo quando la familiare sensazione di benessere e protezione che provava quando era con lui ritornò a scaldarla.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

**********

 

 

 

 

 

 

La partita con il Barcellona era finita da circa mezz’ora e con l’uscita di Santana la squadra aveva miracolosamente trovato il goal, peccato solo che poco dopo Hutton avesse pareggiato su un assist splendidamente servito da Rivaul. Comunque da tutto questo Carlo Ancelotti aveva imparato una cosa, l’arrivo di Rikki era stato provvidenziale. Quella ragazza inquadrava subito le persone, riusciva ad analizzare il loro gioco e a creare una strategia dal nulla. Era una pedina fondamentale nel loro team, peccato solo per il suo caratteraccio.

- Espadas, posso parlarti un attimo? –

Rikki lasciò la borsa della palestra accanto al distributore delle bevande e si avvicinò all’uomo.

- Sì, mister? –

- Volevo dirti che vorrei che visionassi con me le registrazioni prima di ogni partita. Hai occhio, ragazza, e un buon suggerimento è sempre cosa gradita. –

Rimase senza parole. Si era aspettata un rimprovero per i suoi modi bruschi, o un tiepido complimento per aver preso la decisione giusta riguardo Santana, ma non un’offerta come quella.

- Certo, sarebbe un vero piacere. –

- Bene, allora cominciamo dalla settimana prossima. Prenditi qualche giorno di riposo, tra sette giorni ti voglio nel mio studio. –

- Ci sarò. – assicurò. Gli rivolse un rispettoso cenno di saluto e recuperò la sua borsa. Stava uscendo dallo stadio quando s’imbattè in suo fratello, intento a chiacchierare con Rivaul e Hutton.

- Rikki, che piani hai per stasera, sorellina? – domandò, passandole un braccio intorno alle spalle.

- Esco, vado a fare un giro per Madrid. Voi quando rientrate a Barcellona? –

- Con chi esci? – domandò Ricardo, improvvisamente serio.

- Torniamo mercoledì. – replicò per lui Oliver, rivolgendosi poi all’amico, - Ricardo, tua sorella è grande, lasciala in pace. –

- Ecco, dai retta a Oliver. E comunque non sono affari tuoi. –

- No, ma saranno affari suoi se si azzarderà a tenerti anche solo per mano. –

La voce di Luciano risuonò alle loro spalle, con una nota divertita, - Allora lo terrò a mente. –

Oliver e Rivaul osservarono la scena con un sorriso divertito stampato sul volto, ora si che cominciava lo spettacolo.

- Leo, quindi è con te che esce, pensavo peggio. – commentò, improvvisamente più tranquillo.

- Tanto per curiosità, chi pensavi fosse? – domandò Rikki.

- Warner o, Dio non voglia, Santana. –

Pronunciò il cognome come se fosse qualcosa di particolarmente disgustoso. Stava per aggiungere qualcos’altro, ma il passaggio di una ragazza attirò la sua attenzione.

- Quella chi è? – domandò, senza rivolgersi a nessuno in particolare.

- Shelley Cooper, un’amica di Ed. – replicò Luciano, che l’aveva conosciuta durante gli allenamenti del giorno prima.

- Non farti strane idee, Ricardo. –

- Del tipo, sorellina? –

- Lo sai, non mi diventerai il dongiovanni del Barcellona, voglio sperare?! –

- Non garantisco nulla, sai quanto mi piacciono le rosse. – replicò malizioso.

- Fa un po’ come vuoi, basta che mi lasci fuori dai tuoi casini. Ci vediamo domani, cercate di non distruggere Madrid in una sola notte. – si raccomandò, salutandoli con un cenno della mano e salendo in macchina con Luciano.

- Pronta per visitare il lato oscuro di Madrid? –

Lo  abbagliò con il migliore dei suoi sorrisi maliziosi, - Assolutamente sì. –

 

 

 

 

 

 

 

 

************

 

 

 

 

Shelley arrivò agli spogliatoi proprio mentre Ed ne usciva, finendo con il travolgerlo con la sua proverbiale grazia.

- Shel, capisco che tu sia contenta di vedermi, ma in futuro cerca di non saltarmi addosso. – ironizzò.

- Spiritoso, in realtà ti stavo per dare per disperso, è tardi e ho fame. – protestò, mettendo su un adorabile broncio.

- D’accordo, andremo non appena ti degnerai di alzarti dalla mia schiena. –

- Ops, scusa. –

Si rimise in piedi e gli porse una mano per aiutarlo.

- Pensi che Carlos verrà con noi? –

Ed scosse la testa, - Ne dubito, credo che rimarrà fino a tardi per continuare ad allenarsi. E poi, fidati, non vuoi averlo intorno quando è di umore nero. –

Shelley annuì, pensierosa.

Le dispiaceva per lui, era un ragazzo solitario e taciturno, ma si capiva che in fondo aveva un cuore buono.

- Allora vorrà dire che saremo solo noi due a cena. –

- Già, ti va una pizza? – le propose, cercando le chiavi della macchina in una delle tasche dei jeans.

Gli occhi le si illuminarono: - È esattamente ciò di cui ho voglia. –

- Perfetto, c’è una pizzeria a pochi minuti dallo stadio, possiamo andare lì. –

Lo fissò titubante, l’idea di passare la sera nella bolgia di un locale dopo quelle ore allo stadio non la entusiasmava molto.

- Rilancio, pizza d’asporto e ci vediamo un film nel comfort del nostro salotto? –

- È andata. -  approvò.

Mezz’ora più tardi erano seduti sul divano, intenti a mangiare gli ultimi residui della capricciosa gigante che avevano condiviso.

Shelley si impadronì del telecomando, facendo zapping finchè non trovò una vecchia commedia romantica che fin da bambina l’aveva stregata.

- Preparati ad assistere a uno dei film più belli della storia. – annunciò, regolando il volume e accoccolandosi contro il suo petto.

- E sarebbe? – domandò, senza preoccuparsi di celare il suo scetticismo.

- Harry ti presento Sally. Fidati, ti piacerà. –

Il film finì e Ed dovette ammettere che non era poi così male. Certo, il clichè degli amici che s’innamorano sembrava essere un classico nelle commedie d’amore, ma in qualche modo gli era sembrato vero, come se fosse una cosa che potesse capitare anche a lui.

Lanciò un’occhiata a Shelley, che sembrava persa in considerazioni tutte sue. I ribelli ricci rossi le incorniciavano gli occhi color cielo, la pelle simile a porcellana era ravvivata sul naso e sotto gli occhi da una spruzzata di chiarissime lentiggini. Per la prima volta si sorprese a pensare che Shelley fosse carina. Crescendo aveva preso le forme delicate della giovane donna che era diventata, ma l’impulsività e la goffaggine che l’avevano sempre caratterizzata erano rimaste. Era strano per una karateka, ma persino a diciannove anni compiuti sembrava incapace di camminare senza inciampare addosso a qualcosa o scontrarsi con qualcuno.

- Hai finito di fissarmi? Mi sembra di essere una cavia da laboratorio. – scherzò, cogliendolo sul fatto e facendolo arrossire leggermente.

Non stava facendo nulla di male, ma nei suoi piani c’era quello di non dare nell’occhio e invece si era fatto beccare come un ragazzino colto con le mani nel barattolo della nutella.

- Non ti stavo fissando, ero sovrappensiero. – mentì.

- Sai che capisco sempre quando menti, vero Ed? –

Già, non aveva ancora capito come facesse, ma Shelley sapeva sempre quando stava dicendo una bugia.

- Un giorno mi spiegherai come fai a capirlo? –

- Posso spiegartelo anche adesso, non è un segreto. Sono i tuoi occhi, non sono capaci di mentire. –

Gli rivolse un sorrisetto di superiorità e si stiracchiò, soffocando uno sbadiglio.

- Penso che me ne andrò a dormire, mi fai compagnia? –

Probabilmente chiunque altro avrebbe trovato equivoca quella richiesta, ma Ed sapeva perfettamente che non c’era malizia nel desiderio che aveva espresso. Fin da piccoli avevano diviso il letto innumerevoli volte. Il fatto era che Shelley nutriva ancora una paura irrazionale nei confronti del buio e il dormire accanto a qualcuno l’aiutava a stare serena.

- Certo. –

L’accompagnò nella sua stanza e si sdraiò accanto a lei. Si infilarono sotto le coperte e avvertì chiaramente Shelley che si acciambellava come un gatto e gli dava la schiena. Si sdraiò a cucchiaio, stringendola tra sé e il muro.

- Grazie. – sussurrò la ragazza.

- Per cosa? –

- Per tutto, ti voglio bene. –

- Anche io ti voglio bene. – replicò, incerto, non capiva dove volesse andare a parare. Tuttavia Shelley non aggiunse altro e si limitò a un: - Buonanotte, Ed. –

-  Buonanotte, Shel. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

 
Eccoci qui con il nuovo capitolo. Ringrazio tutti/e coloro che recensiscono, ricordano, seguono, preferiscono o fanno parte delle schiere dei lettori silenziosi. Spero che questo nuovo capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere che ne pensate. Al prossimo.

Baci baci,

                  Fiamma Erin Gaunt

  
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