Cap.22 La situazione si
stabilizza
Citta dell’Ovest
Crilin premette
l’acceleratore un paio di volte girando
ripetutamente la chiave nel cruscotto della macchina, dal motore
proveniva un
ronzio. L’uomo strinse le labbra fino a farle sbiancare, le
gambe gli davano
una serie di fitte. I ticchettii della pioggia contro il parabrezza gli
rimbombavano nelle orecchie, socchiuse gli occhi e le iridi nere gli si
scurirono. Si leccò le labbra sentendole screpolate e
passò la punta umida sul
palato secco. La portiera del posto del passeggero si aprì e
si richiuse con un
tonfo. La moglie sospirò e si massaggiò il collo.
L’acqua le inumidì la
maglietta a righe facendogliela aderire al corpo, i lunghi capelli
biondi
gocciolavano. Si mise una ciocca dorata dietro l’orecchio,
rivoli d’acqua
scendevano lungo il suo viso pallido e i suoi color ghiaccio brillarono.
“Abbiamo due
figli a casa ad aspettarci. Non capisco perché
non possiamo andare in volo” si lamentò. Si
appoggiò alla portiera dell’autovettura.
Ticchettò con il piede per terra, alzò il capo e
osservò il cielo plumbeo.
Socchiuse gli occhi, avvertì delle fitte alla schiena. La
pioggia scendeva
oltre i suoi piedi, scendeva lungo l’asfalto della strada e
precipitava oltre
le grate semi-arrugginite di un tombino. Il marito lasciò
andare il volante e
sbuffò.
“Che
giornataccia! Nessuno si ricorda cosa è successo,
abbiamo lasciato i ragazzi soli e adesso la macchina ci ha pure
lasciato a
piedi!” gridò fino a rendersi rauca la voce,
sentì la gola raschiata bruciarli.
La donna girò intorno alla cinquecento bianca e si mise
davanti alla parte
posteriore. Il metallo surriscaldato sopra il motore faceva evaporare
le gocce
d’acqua in una serie di rivoletti di fumo biancastri. Il
fiato si condensava
davanti al viso della bionda.
“Dai tesoro,
spingiamola fino a quel ponte. Così sarà al
coperto e potremo andare a casa in volo” disse. Il marito
uscì le chiavi dal
cruscotto, sbuffò e abbassò la frizione mettendo
in folle.
“Hai ragione,
non possiamo fare altro” borbottò.
Satan City
“Fermo! TI ho
detto di non muoverti! Non muoverti!” gridò il
malvivente. Sparò, Great Saiyamen parò tutti i
proiettili con indice e medio.
Il malvivente vide le cartucce accartocciate cadere sul terreno erboso
e gridò.
Lanciò l’arma alzando le braccia, si
voltò e si allontanò correndo. Percorse
tutta l’aiuola davanti alla banca, dimenando le braccia.
Great Saiyagirl si
piegò di lato, socchiuse gli occhi e lanciò una
lattina vuota mezza piegata.
Quest’ultima colpì con un forte botto e un rumore
di alluminio spaccato la
testa del ladro che cadde in avanti privo di sensi.
“Bravi, bene! Di
nuovo!” gridarono tutt’intorno. Le grida
successive si trasformarono in brusio quasi del tutto coperto dagli
applausi.
Quando questi cessarono si udirono diverse voci.
“Ehi, ma Great
Saiyagirl sembra incinta!”. “Auguri!”.
Furono
le urla che spiccarono tra le altre. Gohan afferrò la mano
della moglie e si
piegò allargando le braccia, lei si appoggiò su
di lui.
“Avresti potuto
invitare Mirai, visto che era sconvolto
anche lui per la perdita di memoria di tutti”
mormorò la donna all’orecchio del
moro. Le fasce delle loro bandane si muovevano a destra e a sinistra
sposati
dal vento. Lui la sollevò per la vita e la fece girare, si
allontanarono
lasciandosi la mano. Lui si mise le mani sul capo tenendo i gomiti in
fuori e
camminò sulla punta degli stivaletti. Videl saltò
ripetutamente aprendo le
braccia, si piegò in avanti e dimenò le braccia.
Si rizzò e Gohan la raggiunse
da dietro stringendola.
“Voleva tornare
a casa ad aiutare sua madre, sai, problemi
causa Bra” le bisbigliò all’orecchio.
“Speriamo che
Pan sia dolce come nostro figlio Azuki”
sussurrò lei.
“La giustizia
trionferà sempre!” gridarono in coro i due. La
folla applaudì nuovamente, Gohan prese la moglie in braccio
e spiccò il volo.