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Autore: BlackRose96    03/11/2013    2 recensioni
Siamo noi a scegliere chi amare o è l'amore a scegliere noi?
A tentar di risolvere questo dilemma è proprio Draco Malfoy, da sempre abituato a non provare sentimenti per nessuno, che costretto ad affrontare una maledizione scagliata contro la sua famiglia secoli fa, capisce che la sua unica ancora di salvezza è lei: la lurida mezzosangue.
Dal prologo:
"Guardai la luna, l’unica compagnia che avevo durante la prigionia, oltre ai miei carnefici. Era pallida, circondata dagli astri e dalle costellazioni. I miei occhi ne scorsero una in particolare. La costellazione del drago. Un momento di lucidità. Le sue azioni non potevano restare impunite. Mi sarei vendicata, non m'importava se quando sarebbe successo il mio corpo sarebbe diventato cenere da secoli o da millenni. Me l’avrebbe pagata, in un modo o nell’altro.
Eravamo arrivati sul patibolo, centinaia di persone mi guardavano, ma non m’importava, il mio sguardo era concentrato solo su uno. Draco Malfoy. "
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Cedric Diggory, Draco Malfoy, Il trio protagonista, Theodore Nott | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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                 Capitolo 1


Dozzine di ragazzi vestiti di nero si muovevano all’unisono nella stessa direzione.
Era l’1 settembre e gli studenti di Hogwarts si accingevano a prendere l’Hogwarts Express per iniziare un nuovo anno scolastico. Sembravano tutti uguali visti così, con i loro bagagli e le loro divise identiche, fatta eccezione per la cravatta, ognuna con i colori delle rispettive case, che spezzavano con il maglione nero.
Un ragazzo biondo e dagli occhi grigi si distingueva dalla massa. I suoi bagagli erano già al loro posto sul treno, trasportati lì da qualche elfo domestico, e lui ora attendeva annoiato la partenza del treno, fiancheggiato da Blaise Zabini e Theodor Nott, con in bocca una sigaretta.
Tutti erano ansiosi di tornare alla loro amata scuola, lui no. Erano poche le cose che lo entusiasmavano, e Hogwarts non era tra quelle.  Conosceva già numerosi incantesimi,  molti dei quali di magia oscura, vero, ma anche quelli che insegnavano in quella “patetica imitazione di scuola”, come la chiamava lui.
E in futuro non avrebbe avuto bisogno di lavorare, era già schifosamente ricco. Che senso aveva perdere sette anni della sua vita in quel modo? Buttò il mozzicone della sigaretta finita, colpendo un tasso rosso del settimo anno. Quest’ultimo si girò infuriato, pronto ad aggredire chiunque fosse stato, ma appena capì che a colpirlo con la sigaretta era stato Draco Malfoy si fermò, e tornò con il capo chino alla sua conversazione.
«Com’è che fai questo effetto alla gente senza neanche aprir bocca? » sghignazzò Theodore Nott.
Draco lo ignorò e fece per salire sul treno, quando la famiglia Weasley quasi lo investì.
Draco guardò schifato la famiglia più disprezzata del mondo magico. Erano dei poveracci, e per giunta anche traditori del loro sangue. Si poteva essere peggio di così? Li guardò dalla testa ai piedi, soffermandosi sulle logore divise di terza, quarta, quinta mano e dopodiché gli passò davanti, salendo finalmente su quel dannato treno.
La famiglia Weasley era abituata al disprezzo che i Malfoy nutrivano nei loro confronti, per cui lo ignorarono. Lo ignorarono tutti, eccetto uno.
«Qualche problema Malfoy? » gli urlò dietro Ronald.
Il biondo si voltò verso di lui sprezzante. Ora la plebaglia osava addirittura rivolgerli la parola?
«Certo che ce l’ho, Weasley. Siete la vergogna del mondo magico, non dovreste nemmeno uscire di casa, dalla vergogna. Non meritate nemmeno di respirare la mia stessa aria, ma che ci vuoi fare, purtroppo le leggi non le faccio io. » gli disse con inquietante naturalezza, quasi quella fosse stata una battuta imparata a memoria da recitare su un palco. L’arrogante serpeverde  voltò di nuovo le spalle alla famiglia dei rossi, seguito dai suoi fedeli discepoli.

Ron Weasley era in compagnia dei suoi migliori amici e di sua sorella sul treno che li avrebbe portati ad Hogwarts. Harry Potter e Hermione Granger lo osservavano preoccupati senza farsi notare. Mai avevano visto il loro amico così arrabbiato.
«Ron, tutto bene? » chiese incerta Hermione, rompendo quel silenzio fastidioso che li accompagnava dall’inizio del viaggio.
Il rosso la guardò scontroso, quasi fosse lei la causa del suo malumore. Ma Hermione era una grifondoro, propria come lui. Una delle migliori e delle più degne, a dirla tutta. Quindi Ron non rimase stupito quando vide che la ragazza non era rimasta intimidita dal suo sguardo omicida, ma anzi, continuava a fissarlo, in attesa di una risposta. Ron parve rilassarsi mentre guardava gli occhi limpidi di lei.
La trovava bella, l’aveva sempre trovata bella, ma mai come in quel momento.
Era cresciuta, Hermione. Stava diventando una donna. Ron scosse la testa, cercando di scuotere così anche la piega che stavano prendendo i suoi pensieri, e con il suo sorriso spensierato di sempre le rispose:
«Si, si, tutto bene, Hermione. Scusatemi ragazzi. »
«Dio, sembra che tu abbia le mestruazioni, Ronald! » sbottò sua sorella, con un tono che sembrava la via di mezzo tra il sarcastico e lo scocciato. Tutti risero, tutti tranne Hermione.
Aveva assistito da lontano allo scontro dei Weasley con Malfoy. Aveva visto gli occhi di Ron.
Sapeva che le parole di quel cretino gli avevano fatto più male di quanto mai avrebbe ammesso. Hermione scosse la testa,e infuriata con quella serpe si alzò in piedi ed uscì dallo scompartimento, decisa a dirne quattro a quel furetto da strapazzo.


«Corre voce che ci saranno novità quest’anno» raccontò Theo mentre Blaise dormiva tranquillamente.
«Di che tipo? » chiese Draco, con il suo ormai stabile tono annoiato.
«A dire il vero non lo so. Pare che il vecchio voglia farci andare d’accordo con le altre case… soprattutto con i grifoni, sa che sono quelli con cui… andiamo meno d’accordo… ma non so cos’abbia in mente, di preciso. Forse qualche stupida collaborazione durante le lezioni o giù di lì» spiegò Theodor.
Draco sbuffò sonoramente.
«Fantastico!» disse più a sé stesso che all’amico. «Proprio una bella trovata! Maledetto Silente!»
Ad un tratto la porta dello scompartimento si spalancò, mostrando una Hermione Granger infuriata.
Il fracasso causato da quell’intrusione fece sobbalzare Blaise, che fino a quel momento era stato nel mondo dei sogni.
«Malfoy!» sibilò prendendo la bacchetta dalla tasca della divisa.
Il biondo, che non appena aveva visto entrare la mezzosangue così arrabbiata nel loro scompartimento si era preparato a quell’eventualità, con prontezza estrasse a sua volta la bacchetta dalla tasca e la puntò contro la Granger, imitandola. I due si fissavano con astio, entrambi con la bacchetta puntata contro l’altro, pronti a difendersi da qualsiasi mossa e contrattaccare.

«Hermione ma sei impazzita??» le urlò Ron furioso
«Ma io…»
«No! Non sono cose che ti riguardano! Riguardano la mia famiglia e me! Capito?? La mia famiglia e me!»
e uscì come una furia dallo scompartimento, sbattendo la porta.
Hermione fissò shockata la porta da cui era appena uscito il rosso.
«Perché accidenti se l’è presa così tanto?» domandò al suo amico occhialuto sbigottito almeno quanto lei.
«Non te la prendere, Herm, gli passerà.» rispose Harry cercando di confortarla.
In realtà entrambi sapevano perché il loro migliore amico se la fosse presa così tanto.
Era ferito nell’orgoglio, stanco di essere trattato come lo zimbello del mondo magico.
Stanco delle umiliazioni che quella famiglia di scellerati infliggevano a lui e alla sua famiglia.
E forse, l’essere difeso da una ragazza era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.
Hermione lo sapeva bene, non voleva peggiorare la situazione, anzi. Voleva, una buona volta, zittire quell’arrogante di Malfoy e metterlo al suo posto, così finalmente li avrebbe lasciati in pace.
Tuttavia, capiva che lei in quella storia non c’entrava un bel niente, e si ripropose chiedere scusa a Ron, quando le acque si sarebbero calmate.

Erano i primi di settembre, ma già faceva freddo. Fuori pioveva, diluviava, ma questa non era una novità da quelle parti. Era il primo giorno di scuola, e Hermione già aveva iniziato a farsi sotto con lo studio.
Aveva già finito tutti i compiti di quella settimana, e ora era appollaiata su una poltrona in sala comune a leggere un libro: Romeo e Giulietta.
Lo conosceva a memoria, ma la poesia di Shakespeare non la stancava mai, anche se aveva una concezione un po’fuori dalla norma di quella storia. Ammirava le parole che il suo poeta preferito aveva scelto per descrivere i sentimenti dei due giovani amanti, tuttavia trovava quella storia esagerata e piena di difetti.
Come potevano due persone sposarsi il giorno dopo essersi conosciuti? O peggio, dichiararsi amore dopo aver parlato di sfuggita per una sera? E, anche se questo possa essere giustificato, perché non avvisare i rispettivi genitori? Forse avrebbero capito, infondo appartenevano entrambi a famiglie facoltose.
Certo, se non fosse successo tutto questo, probabilmente la storia non ci sarebbe stata.
Hermione pensava soltanto che avrebbe potuto esserci, ma curando molto di più questi dettagli.
Ma forse proprio per questo era la storia d’amore per eccellenza.
Ma alla fine, che ne poteva sapere lei dell’amore? Per lei era un fenomeno misterioso e affascinante al tempo stesso. Ma non ne capiva il significato, infondo non era mai stata innamorata. Ma non siamo noi a cercare l’amore, è l’amore a trovare noi. E questo Hermione lo avrebbe provato sulla sua pelle presto.
Ron scese le scale che conducevano al dormitorio maschile, e quando vide l’amica seduta comodamente in sala comune, d’istinto fece per tornare indietro, ma fu troppo tardi. Lei lo aveva visto e chiamandolo si avvicinò a lui.
Si fissarono in silenzio per diversi istanti, incapaci entrambi di iniziare a parlare.
Poi, contemporaneamente, dissero:
«Ti chiedo scusa!»
Risero per quella piccola cosa ma non aggiunsero altro. A volte si capivano al volo, loro due.
Entrambi avevano riflettuto sulla posizione dell’altro, e avevano capito di aver esagerato.
A che serviva aggiungere altre parole? Così si persero in un affettuoso abbraccio, che significava più di mille parole.
Ma il momento non durò a lungo, infatti subito dopo la voce sgradevole di Lavanda Brown li raggiunse da lontano , e i due, scambiandosi un’occhiata ironicamente spaventata, uscirono di corsa dalla sala comune, ridendo di nuovo per la loro complicità.

Blaise Zabini varcò la soglia della sala comune dei serpeverde e quasi non credette ai suoi occhi.
«Non ci credo! Hai fatto portare il biliardo qui a Hogwarts!» esclamò incredulo.
«Così potrò umiliarti pubblicamente.» disse ghignando Draco.
Blaise sapeva che Draco scherzava. Più o meno. Sotto sotto. Ma comunque non aveva senso!
Sapeva che al suo migliore amico piaceva il biliardo, ma non così tanto da portarselo dietro anche a scuola.
«Perché?»
Draco capì che la domanda del suo amico non era riferita alla sua ultima affermazione, così gli rispose semplicemente:
«Perché io posso.»
Blaise non era soddisfatto dalla sua risposta. Che era ricco si sapeva. Che alcuni professori, soprattutto Piton, gli concedevano privilegi che ad altri studenti erano invece negati, si sapeva anche. Però lasciò perdere, il suo amico non era mai portato alle confidenze, tranne per alcune rare occasioni. Evidentemente, questa, non era fra quelle, così si accomodò sul divano di pelle nera, intento ad osservare Draco e Theo sfidarsi senza sosta su quello stupido tavolo da biliardo.
Ormai stanco di perdere, Theo decise di dedicare un po’ di tempo allo studio, così si congedò dagli amici andandosene in biblioteca e lasciando Draco e Blaise soli nella sala comune deserta.
«Cos’hai fatto per far infuriare così tanto la Granger  sul treno?» chiese Blaise ricordandosi l’episodio di qualche ora prima di cui non avevano ancora parlato.
«A lei proprio nulla.»  rispose Draco tranquillamente.
«Devo dedurre allora che ti sei di nuovo comportato di merda con i suoi amici»
«Hai detto bene, con i suoi amici. Non con lei. Quella lurida mezzosangue non aveva il diritto di intromettersi.»
«Non avresti fatto lo stesso per me?»
«Mhm non lo so… non penso proprio.» rispose il biondo indifferente, accendendosi una sigaretta.
«Vaffanculo Dra! Beh, comunque ti informo che per fortuna non tutti sono come te, e difendono i loro amici quando qualcuno fa loro del male.» rispose Blaise, come sempre abituato alle risposte del suo migliore amico.
«Fare del male?? Ho solo detto quello che penso! Non mi sembra il caso di arrabbiarsi così e usare la bacchetta! Che fine ha fatto il detto “Non condivido le tue opinioni, ma darei la vita perché tu possa esprimerle” ? Lei è cresciuta tra  i babbani e dovrebbe conoscerlo»
«Forse perché tu pensi solo stronzate, Dra»  disse convinto Blaise. Poi sembrò riflettere su qualcosa e dopo un po’ il suo viso si illuminò, e guardò meravigliato il suo amico.
«Aspetta, hai appena citato un babbano? E da quando conosci i detti babbani?»
Draco gettò la sua sigaretta ormai finita nell’enorme camino di fronte a loro.
«I babbani sono inferiori ma talvolta dicono cose interessanti.» e detto questo andò in camera sua liquidando l’amico, stupefatto e con un sorriso da ebete.
-Forse c’è ancora speranza.

 
  
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