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Autore: Colli58    03/11/2013    7 recensioni
La ragazza scosse il capo. “Mi piaceva di più quando ti teneva a distanza, ma anche lei è finita nel tuo letto come tante altre, solo che tu da quando c’è lei non vedi altro.”
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alexis Castle, Kate Beckett, Martha Rodgers, Richard Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Castle se ne stava seduto a bere uno scotch nel suo ufficio, ancora scosso per la discussione avuta a cena. Aveva perso le staffe ma Alexis era stata di nuovo tagliente più di un rasoio.
Non aveva mai imposto la sua autorità a casa e non aveva mai minacciato di cacciare qualcuno tantomeno sua figlia, quindi quelle sue illazioni erano del tutto fuori luogo così come era successo poche ore prima. Non poteva dare troppe colpe a sua madre per aver innescato un nuovo scontro verbale, lei voleva solo che il confronto tra loro avesse luogo, ma forse era stato troppo presto e di certo gli animi non si erano placati.
Lui si era rilassato parlando e facendo l’amore con Kate, aveva pensato positivamente immaginando che Alexis si sarebbe calmata e avrebbe rivalutato le sue parole con più lucidità. Si stava illudendo di poter chiarire velocemente la situazione, ma la ferocia della ragazza lo aveva spiazzato nuovamente infrangendo le sue speranze.
Si alzò, uscì sulla porta e si fermò sentendo Kate raccontare di sé ed il padre a Martha, affaccendate in cucina a sistemare quel che restava di quella infelice cena. Si appoggiò allo stipite e rimase ad ascoltarle. Sentire Kate palare del suo passato era una cosa rara, vederla aprirsi con sua madre era una novità promettente, soprattutto perché significava che molte delle sue barriere psicologiche erano crollate non solo per lui e con lui.
Era felice ed allo stesso modo dispiaciuto di aver portato Kate a ricordare momenti dolorosi del suo passato e si sentiva anche più stupido per non averlo capito. Ma era così arrabbiato con Alexis che il suo ego aveva di nuovo oscurato la sua ragione.
Tornò sui suoi passi e andò in camera da letto. Si stese e si mise le mani sul volto.
Si sentiva sottosopra, esausto, arrabbiato e deluso ed il tutto stava accadendo quando doveva essere felice di stare per convolare a nozze con la donna che amava. Inoltre doveva restare sereno per lei che aveva bisogno del suo sostegno ed invece l’aveva trascinata in una lite familiare.
Non voleva perdere Alexis, prendersi cura di lei, dopo l’abbandono di Meredith, era stato tutto il suo mondo, la ragione per cui non si era abbandonato ad alcool ed eccessi per dimenticare il primo vero fallimento della sua vita, la ragione che gli aveva impedito di andare in pezzi.
Essere ripagati con il tradimento non era certo la moneta che si era aspettato per aver dato a Meredith ogni possibilità di essere felice e ora anche lei... Non poteva negare che Alexis fosse anche figlia di sua madre, però non si era comportata mai in modo così meschino nei suoi confronti.
Perché la gelosia per Kate la stava facendo diventare velenosa quanto sua madre?
Perché la sua vita per una volta non andava avanti per una volta senza intoppi? In fondo non stava chiedendo la luna. Ma la cosa più dolorosa era ritrovarsi lì da un giorno all’altro, con il cuore colmo di dubbi.
Dubbi su ciò che aveva fatto per lei in passato, su come aveva cresciuto sua figlia, sui valori che credeva di aver instillato in lei e su ciò che poteva aver omesso.
Domande a cui non sapeva dare nessuna risposta utile e si sentiva come se la testa gli stesse per esplodere.
Dal suo tormento poteva solo uscire una creatura assurda e malvagia perché sentiva che la sua innata positività lo stava abbandonando come un ratto che scappa da una nave che affonda.
Sentì la porta della sua stanza aprirsi e Kate entrare nella penombra.
“Stai bene?” Gli chiese sedendo sul letto. Castle scosse il capo. “No. Mia madre?”
Kate si tolse le scarpe. “Martha è dispiaciuta. Sperava di farvi ragionare, ma ha detto che siete due Castle e che siete testardi allo stesso modo. Inoltre Alexis ha mandato Pi a farsi un giro…”
“Bene…” replicò Castle e lei gli lanciò addosso il cuscino.
“Sei arrabbiata anche tu con me?” Chiese lui alzandosi a sedere.
“No, Castle. Sono dispiaciuta per quello che è successo. Dare addosso a Pi non è corretto, in verità non l’hai mai ascoltato. Gli hai mai chiesto cosa ci fa qui?” Chiese quindi andando a sdraiarsi accanto a lui, riprendendo il suo cuscino tra le braccia. Castle si girò su un fianco e rimase ad osservarla appoggiato alla sua stessa mano. Le tolse il cuscino e andò a posare la testa tra le sue mani, baciando il suo ventre.
“In effetti non ho mai avuto occasione di farlo. Il suo modo di fare mi urta…” replicò ma le sue scuse sembravano deboli anche a sé stesso.
“Lo so ma è il ragazzo di Alexis e prima o poi dovrai imparare a conoscerlo, lui e… quelli che verranno.”
“Altri? Sei qui per tranquillizzarmi o mandarmi direttamente al manicomio?” Chiese di rimando, cercando di alzare la testa ma Kate la trattenne al suo petto.
“Continuare a negare le cose ovvie non le renderà meno vere.” Lo rimproverò a bassa voce.
Castle emise un gemito sordo. “Il primo che mi taccia di vivere nelle favole lo mando a fare un corso accelerato di realismo da te.”
Kate lo baciò sulla testa e poi lo accarezzò, ma non rispose. Rimase in silenzio, pensierosa, facendo scivolare le dita tra i capelli lisci di Castle, con un movimento lento e cadenzato.
Castle sospirò e ruppe quel silenzio che stava sembrando punitivo nei suoi confronti, parlando ancora sprofondato col viso nel suo grembo.
“Pensi che io abbia torto?” Gli chiese speranzoso mentre Kate continuava ad accarezzare i suoi capelli.
“State sbagliando entrambi in qualche modo. Siete troppo testardi e orgogliosi per ascoltarvi veramente.” Castle deglutì. “Non mi ha certo dato tregua a cena.”
“Tu non hai mantenuto la calma.”
“Come potevo, mi ha di nuovo sputato addosso veleno!”
Kate scosse il capo sospingendo Castle verso la sua parte del letto. “Non permettere al tuo ego di prevaricare, altrimenti non riuscirai mai a sapere che cos’ha.”
“Lo so che cos’ha! E’ impazzita come sua madre!” Replicò sbuffando. “Però mamma poteva anche aspettare per quell’entrata ad effetto!” aggiunse grattandosi la testa.
“Tua madre ha un piano…” replicò Kate.
Lui la guardò come se avesse visto una creatura aliena. “Mia madre ha un piano? Ero già preoccupato prima, ora posso dirmi terrorizzato…” Kate sorrise. Il suo uomo nella paura reagiva con un sarcasmo pungente e si comportava come un bambino cocciuto.
“Beh, sta facendo leva sul vostro senso di colpa per farvi arrivare ad un dialogo. Inoltre…” disse andando a giocherellare con il suo colletto aperto. Si morse le labbra e poi scosse il capo, incredula per quello che stava facendo. Sospirò e si mise a sedere.
“Pensa che se io ti dedico un po’ di… coccole, tu deporrai le armi e andrai a parlare con tua figlia.” Chiarì candidamente.
Castle sbottò. “Vuoi manipolarmi anche tu come fa lei?”
Kate fece una smorfia. “No, non direi se consideri che te lo sto raccontando.”
“Il senso di colpa è dannatamente sopravvalutato.” Rispose Castle scuotendo il capo.
“Ma funziona e tu ami tua figlia, tua madre lo sa.”
“E credi che basti? Che mi basti dopo quello che mi ha detto? Non l’ho mai trattata così e non capisco perché lei lo sta facendo con me!”
Kate si abbassò e gli diede un bacio sul naso. “Non credo serva a molto.”
“Mh…” mormorò Castle sfregandosi le mani sul viso.
“So di non poter fare molto per te se non… ripeterti di avere pazienza e cercare di parlarle con calma, ma la tua reazione così sanguigna in mia difesa non farà altro che alimentare la sua rabbia.”
Castle si accigliò. “Dovrei permettere che ti insulti?”
“So difendermi da sola, ma continuo a pensare che Alexis stia tenendo un atteggiamento provocatorio nei tuoi confronti per urtarti volutamente e ci sta riuscendo benissimo.”
“…mettendo anche te nel calderone. Non voglio che ti detesti.” Castle si appoggiò alla testiera del letto.
Kate si sedette davanti a lui. “Alla sua età si cambia. Alexis è una giovane donna che sta cercando la sua strada e cerca un nuovo equilibrio nella sua vita e per sé stessa. Ha 19 anni ed è nel pieno di quella difficile fase in cui si definisce la propria identità.” Spiegò prendendo la mano di Castle tra le proprie. Era calda, morbida.
“Ma questo cosa c’entra con noi? Come fa a credere che tu mi possa allontanare da lei?” Castle chiese contrito.
“Beh ha avuto paura di perderti a Washington, e non era la sola.” Mormorò scuotendo il capo. Lei stessa aveva combattuto contro il terrore che l’aveva colta nel saperlo in quelle condizioni, lo stava per perdere e stava accadendo a causa sua. Erano stati fortunati. Abili sì, ma anche molto fortunati.
“Sto facendo questa vita da ormai cinque anni, perché questa scenata solo ora?” Kate si chiese come poteva quell’uomo essere tanto intelligente quanto ingenuo. “Davvero me lo chiedi? Lo hai detto a cena…”
Castle mosse ritmicamente la testa contro la testiera di pelle.
“L’ho detto così di getto…”
Kate sospirò. “C’è qualcosa di vero in quella frase, Rick.”
“Sperava che io mi stancassi come è successo in passato ed invece mi sono innamorato di te.” Mormorò pesando ad alta voce.
“Ed il peggio per lei è venuto quando tu hai corrisposto il miei sentimenti.” Spiegò quindi più a sé stesso che a Kate, la quale aveva evidentemente già compreso la situazione con più chiarezza.
“Sì. Credo che questa sia una delle ragioni…” Kate fece un sorriso mesto.
Il viso di Castle si fece teso e gli occhi si arrossarono.
“Non mi ha mai visto innamorato prima.” Mormorò stringendo le labbra con forza.
“E sei innamorato di una donna che ti fa rischiare la vita periodicamente. Un quadro perfetto.”
Castle si morse le labbra. “E una mia scelta Kate, non è colpa tua.”
“Potrei impedirtelo.” Sibilò guardando la sua grande mano tra le proprie.
“Lo vuoi davvero?” Chiese incredulo. Kate scosse il capo alzando gli occhi per incrociare quelli del suo uomo.
Castle se la tirò vicino e baciò la sua fronte, ma Kate si divincolò.
“Ehi…” si lamentò Castle.
“Niente manipolazione ricordi?” Lo riprese cercando di alleggerire la tensione di quel momento. Castle era sicuramente angosciato, ma doveva pensare con lucidità per il bene del loro futuro e quello di sua figlia.
“Probabilmente Alexis è preoccupata di perderti, ma non solo fisicamente. Forse crede di non poter più contare su di te, sul tuo sostegno nelle sue scelte ora che ci sono io.” Spiegò cercando di trovare altre ragioni se non quella della gelosia fine a sé stessa che poteva essere l’unico scoglio vero contro il futuro di entrambi. Castle l’avrebbe difesa strenuamente, ma la rottura tra i due non era in alcun modo accettabile.
“Fino ad ora non ha parlato di scelte per sé stessa, ma solo di quanto sono stupido e insensibile nei suoi confronti e nei confronti di mia madre.”
Kate scosse il capo. “Non lo so, è solo una sensazione.”
“Saranno gli ormoni.” Replicò stizzito.
“Castle…” Lo richiamò lei. Lui andò ad accarezzare il suo collo con il dorso delle dita.
“Non mi farai nemmeno due coccole? Prometto che non la considererò una manipolazione…”
Kate scosse il capo, facendo una smorfia. Scese dal letto e gli sorrise prima di entrare in bagno.
Castle sbuffò.
“Ah… il senso di colpa!” Esclamò esasperato. Ci mancava sua madre con le sue teorie, chissà magari le aveva recuperate da qualche manuale di cinema e ne stava facendo un dannato buon uso, lo doveva ammettere. Sua madre era la regina dei sensi di colpa, anche nel passato. Kate aveva ragione: funzionavano maledettamente bene.  Però non si sentiva pronto a discutere di nuovo con Alexis, non con quei toni e soprattutto avendo in mente gli orrendi e furibondi litigi che aveva avuto con Meredith durante la loro separazione, perché non lo avrebbero aiutato a gestire la situazione nel modo più utile. Perdere le staffe una terza volta avrebbe fatto più danni.
Allo stesso tempo non voleva deludere né Kate, né sua madre né tantomeno sua figlia e doveva essere proprio lui a comportarsi da padre come ci si aspettava, però in quel momento era troppo arrabbiato, troppo teso e avrebbe finito per litigare di nuovo. No, non era ancora i momento adatto.
Si alzò e si svestì svogliatamente, rimettendosi addosso la tuta comoda che usava come pigiama. Voleva solo buttarsi nel letto con Kate tra le braccia e arrivare al giorno dopo senza altre pugnalate.
Tornò lentamente verso il suo ufficio e si riprese il bicchiere di scotch quando Kate lo raggiunse in silenzio, sfilandoglielo di mano.  Ne bevve un sorso e poi lo posò.
“Cerchiamo di dormire un po’… domani risolveremo la cosa, vedrai.” Passò le mani sulle sue spalle. Erano rigide ed il collo era teso come una corda di violino.
“Da quando sei diventata così positiva?”
Lei gli sorrise. “Da quando frequento un tizio… uno scrittore davvero particolare.”
Castle la prese per la vita, se la tirò contro e cercò le sue labbra con impeto. Lei non gliene negò.
“E se le coccole le faccio io a te?” Chiese lui con gli occhi fissi in quelli di lei.
Kate scosse il capo. “Non so, credo sia la stessa cosa…”
 
Erano circa le due di notte e Alexis non riusciva a chiudere occhio, rotolandosi nel suo letto come se quest’ultimo fosse all’improvviso diventato urticante.
Nella sua mente si accavallavano pensieri e sensazioni differenti, pensieri riguardanti lei e suo padre, lui e Kate. La frase che gli aveva rivolto a cena, che lei non lo stava perdonando per essersi innamorato riverberava nella sua mente come un eco che andava a scavare profondamente nella sua anima.
Si era inferocita ancora di più quando Pi gli aveva chiesto candidamente se c’era del vero, così lei l’aveva spedito a farsi un giro. Già perché Pi aveva cercato di parlarle, di farle capire che era normale che sua padre amasse, scegliesse la propria vita e decidesse quale rischio correre, come lei del resto. Ma non si parlava del padre di Pi, ma del suo, il suo compagno di giochi, di avventure. Il suo pazzo, irrazionale, fantasioso e irriverente padre. L’uomo che aveva sfidato i professori della sua scuola per permetterle di giocare a calcio, che aveva pazientato al freddo sugli spalti per sostenerla nelle sue partite. Che ne era stato di lui?
E poi sua nonna si era messa a riprenderli entrambi davanti a Pi e Kate come se fossero due bambini. Si era sentita a disagio.
Si chiese se ci fosse qualcuno ancora in grado di capirla in quella casa, anche se non riusciva ad essere in collera con sua nonna, in fondo lei era solo infastidita dei loro litigi. E poi non sapeva nemmeno se Pi era rientrato. Quella casa cominciava a diventare stretta in tanti modi.
Prima di cena Kate le aveva sorriso e si era trovata impreparata a quel gesto di gentilezza. Ma perché Kate non voleva capire che suo padre era tutto ciò che aveva sempre avuto? Che non poteva fargli rischiare la vita come faceva lei ogni giorno?
Le cose dal suo rientro a New York erano peggiorate. Sperava che l’inizio dei corsi al college avrebbe risolto quell’assurdo modo di coesistere con la sua famiglia, ma troppe cose non andavano bene e ogni volta che suo padre usciva di casa rischiava di non rientrare. Come poteva essere serena nello stare lontano? Era proprio cambiato tutto.
Il suo stomaco brontolò, la cena era stata breve e aveva mangiato poco, Pi non era ancora rientrato e così lei decise di alzarsi e dedicarsi a trovare qualche avanzo per rinfrancare lo stomaco e, sperava, anche lo spirito. Così avrebbe chiamato Pi e l’avrebbe aspettato al suo rientro. Del resto si era arrabbiata con lui a causa della sua domanda, ma forse avrebbe dovuto dargli più spiegazioni.
Uscì dalla propria stanza raggiungendo le scale a piedi nudi.
La zona giorno era al buio così come la cucina. Fu sollevata dal trovare il locale vuoto, non aveva una gran voglia di incontrare qualcuno.
Scese silenziosamente le scale e raggiunse la cucina, accendendo una delle luci del bancone.
Aprì il frigorifero e tolse un piatto di melone e papaia già affettati.
Poi guardò verso il surgelatore e l’aprì andando a prendersi un vasetto di gelato alla crema. Pi non si sarebbe offeso se per consolarsi della giornata orrenda si fosse concessa qualche cucchiaio di gelato.
“Bene, affoghiamo tutti i nostri dolori, chi con il gelato chi con il bourbon…”
Le parole dette a mezza voce la fecero trasalire e la chioma rossastra di sua nonna comparve dal divano insieme ad una mano alzata con un bicchiere.
“Sei tu nonna, non volevo interrompere la tua sessione di meditazione…” replicò Alexis prima di richiudere il frigorifero.
Martha si voltò regalandole un sorriso spento e ignorando volutamente il sarcasmo della nipote.
“Pi non è ancora rientrato, così ho approfittato qualche minuto per concedermi una pausa d riflessione al buio proprio qui.” Disse con un tono sommesso.
“Oppure volevi vedere se qualcuno tra me e mio padre cercava una tregua?” Rispose in tono seccato.
“Forse, ma ho i miei buoni motivi ragazzina. Non usare quel tono con me.”
Alexis intuì che sua nonna aveva bevuto qualche bicchiere in più e la verità tendeva a uscirle di bocca in modo meno sofisticato e più diretto, ma non senza lasciare il segno voluto.
“E lo so che mi stai guardando male da laggiù, ma non sai cosa significhi per me vedervi accapigliarvi in questo modo. Fa male al cuore tesoro.” Aggiunse Martha posando il bicchiere sul proprio petto.
Alexis sedette al bancone aprendo il suo gelato e guardandolo con attenzione.
“Nonna non è colpa mia…” si giustificò senza staccare lo sguardo dal gelato. “Mi spieghi perché tu non sei arrabbiata con lui per la sua scelta di seguire Kate a DC? Ci avrebbe lasciato sole!” Sbottò irritata.
“Ah! Tuo padre non mi ha mai lasciata sola, non sai quante volte l’ho lasciato solo io… e ci si è messa pure tua madre…” Disse Martha, guardando verso di lei ma fissando un immaginario punto nel vuoto.
“L’ho lasciato solo a fare sbagli su sbagli e dio sa quanti ne ho fatti io. Ma siamo qui, siamo ancora qui e sono fortunata ad avere un figlio così.” Ribadì con serietà e senza alcun velo di ironia nella voce.
Alexis scosse il capo. “Si comporta da incosciente nonna e per te quello che è successo a Washington non significa niente?”
Martha si raddrizzò e stavolta andò a posare il bicchiere sul tavolino da caffè.
“Significa tante cose, significa che Richard non può e non vuole restare lontano da Kate. Significa che il loro lavoro insieme è importante quante la loro relazione, significa che mio figlio sta crescendo nonostante tutto.”
“Ma nonna, di che lavoro stiamo parlando? Quello è solo un brutto gioco! Come puoi accettare che rischi così la sua vita?”
Martha rise. “Una madre lo fa da quando mette al mondo un figlio tesoro. Lui si attarda su un’attività certamente più pericolosa, ma ora c’è qualcuno che lo ama e che gli guarda le spalle mentre lo fa. E credo che ormai si renda conto della sua utilità, anche se può sembrare un gioco incosciente non è più così.”
Alexis scosse il capo, turbata dalle parole di sua nonna.
“Era molto peggio non sapere nulla e poi scoprire che per scrivere un libro aveva stretto amicizia con un mafioso.” Aggiunse Martha guardando verso la finestra.
Alexis guardò sua nonna riuscendo a capire le sue ragioni sebbene non le condividesse.
“Erano parentesi che si aprivano e si chiudevano…”
“Ma duravano anche anni tesoro.”
La donna si alzò e la raggiunse al bancone della cucina.
“Tuo padre si è sempre cacciato nei guai per fare le sue ricerche, forse non lo ricordi? Kate lo ama e lo terrà al sicuro. E poi ci sono Javier e Kevin, il capitano Gates e gli altri colleghi del distretto.” Disse andando a prendere dal cassetto delle posate un cucchiaio in più.
“La parentesi Beckett sta durando davvero molto.” Commentò Alexis.
“E dubito che si concluderà brevemente.” Rispose Martha.
“Non lo so. Per Kate farebbe qualunque cosa. Anche…” Alexis cercò gli occhi di sua nonna.
Lei annuì. “Prendersi una pallottola al posto suo? Probabile. L’abbiamo già vista questa scena. Ma lo farebbe anche per amor tuo. Non sottovalutare l’amore di un genitore per un figlio.” Martha assaporò il gelato. “Escludiamo però da questo assioma tua madre.” Entrambe risero.
Alexis annuì. “Non essere così cinica nonna, non lo potremmo mai sapere.”
“Ne sono ben lieta.” Sentenziò Martha con un gesto della mano.
“Ma se poi con Kate non funzionasse? Se anche con lei finirà in un disastroso divorzio?”
Martha scosse il capo. “Non lo possiamo prevedere. Se lo potessi fare sarei miliardaria!”
“Nonna ti prego…”
“Osserva com’è diverso Richard con lei. Tende a non nascondersi sempre dietro alle buffonate o ai giochi. Affronta paure, momenti difficili, non teme di mostragli quello che è veramente. E’ un ottimo segno.”
“Vorrei che me ne avesse parlato, che mi avesse raccontato tutto.” Alexis giocherellò con il cucchiaio, e prendendo distrattamente un pezzo di melone.
Martha mugugnò qualcosa mentre gustava il suo gelato. Poi si voltò a guardare la nipote con serietà.
“Tu hai dei segreti con tuo padre, lui lo sa e fatica a parlarti. Ma sta anche succedendo il contrario, perché anche tu lo stai evitando… E francamente non so quali segreti abbia lui visto che ormai Kate è parte della nostra famiglia da tempo…”
“Questo non è vero.” Rispose seccata Alexis.
“Sicura? Sicura di avergli mai parlato di ciò che pensi della sua relazione con Kate? A parte le parole che gli hai rivolto oggi… Per inciso Kate ha sentito tutto. Tesoro, davvero puoi dire quelle cose?”
Alexis avvampò. “No, non direi…” Martha la studiò di sottecchi ondeggiando il cucchiaio come un arma.
“Forse non te ne sei accorta ma negli ultimi tempi quella che si nascondeva entrando in casa e asportando cibo eri tu e tuo padre ha dovuto installate una bomba ad inchiostro per scoprirti. Sei davvero certa di aver parlato limpidamente di te a tuo padre?”
“Non posso proprio dirgli tutto sai, ci sono cose che è bene che non sappia!” Sbottò punta sul vivo.
Martha sorrise. “Come darti da fare con i ragazzi immagino… Si è bene che tuo padre non sappia i dettagli, i padri non amano mai questi dettagli!”
Alexis richiuse stizzita la scatola del gelato.
“Sono cose normali, ci sono passata anche io ai miei tempi. Non mi scandalizzo di certo, ma non è il caso di farne un dramma.”
“Qui non sono io a farne un dramma.”
“No? Scusa ma fino a poco fa pensavo che fossi tu a drammatizzare in merito alla compagna di letto di tuo padre...” Rispose Martha mimando le virgolette con le dita delle mani, tanto che Alexis rimase a bocca aperta, stupita dall’abilità oratoria di sua nonna. L’aveva portata dove voleva lei? Si trovò in scacco.
“Non giudico Kate, giudico solo i rischi in cui incorre papà al suo fianco.”
“Oh, bambina, ci sono rischi con o senza Katherine Beckett, ma in sua compagnia è più felice. Tanto mi basta.”
Martha accarezzò la spalla della nipote.
“Pensaci su… Ora ti lascio finire il tuo gelato con calma. Poi ripesca il nostro Pi greco prima che lo trovino a dormire in strada…” disse Martha baciandola sulla testa e abbandonando il cucchiaio nel lavandino.
“Buonanotte nonna. Ti voglio bene anche io.”
 
Kate si ritrovò sveglia nel cuore della notte senza alcuna coperta addosso. Si alzò a sedere e si girò verso Castle che si agitava nel sonno stringendo le coperte con le mani. Mormorava qualcosa di incomprensibile contorcendo e tirando a se le coperte come a volersi fare scudo da qualcosa.
Lei lo afferrò per le spalle nel tentativo di svegliarlo. “Castle… avanti svegliati è un brutto sogno.” Gli disse scuotendolo vigorosamente.
Castle spalancò gli occhi gridando “Ananas!”
“Pensavo che la tua parola di sicurezza fosse mele…” Ironizzò posando una mano sul suo torace e cercando di calmarlo.
“E’ stato orrendo!” Replicò Castle ansante. Sprofondò nel cuscino allontanando le coperte che lo stavano facendo sudare. Kate strizzò gli occhi e ripeté: “ananas?”
Castle si passò le mani sul viso.
“Ero circondato da un esercito di banane con stupidi baffetti ed enormi forchette come armi. Erano alte almeno due metri e mi stavano accerchiando. Poi la fila di banane si è aperta in due, un po’ come le acque del mar rosso nei dieci comandamenti tanto per intenderci…”
Kate sorrise trattenendo una risata. La descrizione era già curiosa. Attese il resto cercando di concentrarsi sul restare seria.
“Ed è comparso un enorme ananas. Solo che era bianco con le foglie arancioni. Mi guardava con malignità e si è avvicinato a me cercando di afferrarmi con le sue braccia lunghe e sottili, simili a liane, le cui superfici erano ricoperte di piccole lame taglienti. Mentre cercavano di afferrarmi mi tagliavano la pelle delle braccia e delle gambe…”
“Banane e ananas antropomorfi...” Commentò Kate. “Comprensibile, in fondo hai mangiato pesante a cena.”
Rispose con tranquillità sorridendogli.
“Davvero spaventoso Kate, chissà che mi avrebbe fatto quel mostruoso ananas!”
Castle la guardava con gli occhi spalancati.
“Davvero Castle? Un ananas con le foglie arancioni?”
“Già…” rispose lui con solennità.
Stavolta Kate rise. Castle mise il broncio.
“Certo divertiti pure, ma io stavo per essere seviziato da un ananas gigante, avresti sentito le mie urla di dolore.”
“Castle è stato un brutto sogno. E io mi sono svegliata perché tu ti stavi agitando, non avrei permesso a quell’ananas di metterti le mani addosso. Promesso.” Lo schernì Kate e lui la prese per i fianchi.
“Ti sarebbe piaciuto vedermi torturare?” Le disse mentre cercava di trattenerla a sé.
“Dai tuoi stessi incubi? Non ho un’immaginazione così perversa.” Rispose lei prendendo il suo viso tra e mani.
“Ananas con i capelli rossi? Banane con i baffetti? Non ti sembrano volti familiari?”
Castle fece una smorfia. “Proprio così!”
Kate cercò di sistemare le coperte e poi sbuffò. “Visto che siamo entrambi svegli e che… tu hai evidentemente bisogno di parlare, ora vado a fare un caffè. Per te forse una camomilla…”
Castle sbuffò alzandosi e rigirando il cuscino umido. “Appiccica…”
Kate gli diede il suo e lei buttò quello di Castle contro il proprio lato della testiera. “Intanto che vado a prendere qualcosa da bere lascialo prendere aria.” Commentò schioccando al suo uomo uno sguardo severo.
“Come vuoi. Ma detesto la camomilla, portami dell’acqua. Anzi vengo con te…”
Kate lo fermò con una mano. “Stai qui tranquillo. Rilassati, arrivo tra pochi minuti ok?” Lui mugugnò qualcosa annuendo. “A cuccia Castle…” gli disse baciandolo e facendo scivolare via le sua mani dai propri fianchi.
“Non sarai ancora in tregua spero… Ho bisogno di coccole!” Piagnucolò e Kate sorrise lasciando la stanza, sperando di non disturbare troppo Pi, ammesso che lui stesse dormendo ancora sul divano. Portare con sé Castle avrebbe alimentato polemiche nel suo uomo lievemente alterato. Meglio fare da sola.
Sorrise pensando all’ananas. Solo Castle riusciva a rendere tutto così assurdo, la sua fervida immaginazione aveva trasformato della semplice frutta nel suo tormentato rapporto con la figlia.
Quando uscì dalla stanza si stupì di trovare le luci della cucina accese e Alexis appoggiata al bancone mentre mandava messaggi con il telefono. Di PI nessun segno.
“Pi non è ancora ritornato?” Chiese ad Alexis che trasalì notando la sua presenza.
Alexis scosse il capo, ma non pronunciò parola.
“E’ tutto a posto?” Aggiunse Kate guardando di sottecchi la ragazza, ma affaccendandosi per preparare un caffè. Alexis alzò le spalle ma non rispose. Kate vide la sua reazione e preferì non aggiungere altro.
“Perché poi dovrebbe interessarti?” Chiese all’improvviso Alexis.
Kate scosse il capo. “Stare fuori a quest’ora non è proprio sicuro.” Rispose con tranquillità.
“Ma tu lo fai spesso…” replicò la ragazza, continuando a giocherellare con il telefono.
“E’ il mio lavoro, sono armata e… beh non sono sola.” Rispose riponendo accuratamente il contenitore ermetico del caffè, non prima di aver odorato il meraviglioso profumo che emanava quella miscela.
Alexis alzò il viso. “Certo, mio padre!”
Kate si voltò a guardarla. “Esatto. E non solo…”
Alexis sosteneva lo sguardo di Kate cercando di capire quale fossero le intenzioni della donna, ma lei non perse la calma e le regalo un ennesimo sorriso prima di voltarsi e prendere dalla credenza due tazze per il caffè.
“Tuo padre ha avuto un incubo” spiegò senza bisogno di guardare la ragazza. “Ha sognato di essere aggredito da un ananas albino dalla chioma arancione e da un orda di banane giganti con i baffi e armate di forchette.”
Alexis abbassò lo sguardo, quella descrizione la stava divertendo. Era tipico di suo padre avere una mente così contorta. “Lui adora farsi coccolare…” mormorò.
Kate annuì. “Come un bambino.”
Alexis raccolse il piatto della frutta e lo andò a riporre in frigorifero insieme al gelato.
“Non volevo disturbarti, tra poco ho finito.” Aggiunse Kate, notando i movimenti tesi della ragazza.
Alexis la guardò con decisione. “Non fa nulla. Pi sta rientrando e io torno a dormire.” Disse poi abbandonando la cucina. Kate si morse le labbra. Non era facile per lei rompere il ghiaccio ma doveva farlo, doveva tendergli una mano.
“Mi dispiace davvero molto per la storia di Washington.” Disse prima che la ragazza arrivasse alla rampa di scale. Alexis si fermò.
“Davvero? Però vuoi mio padre con te, perché non temi che possa succedere di nuovo?”
Kate la guardò voltarsi con il viso arrossato.
“Non posso escludere nulla a priori. Non faccio un lavoro prevedibile purtroppo. Ma tuo padre è… la parte migliore di questo lavoro ormai.”
Alexis tornò sui propri passi. “Perché mio padre, tra tutti i super poliziotti che potevi avere accanto a te, perché proprio mio padre?” Chiese senza timore di sostenere lo sguardo della detective. Stavolta voleva andare fino in fondo.
“Perché è l’unico che ha capito, che è rimasto, che ha lottato…”
“Tanto ci voleva per conquistarti?” Replicò Alexis, in un mix di rabbia e curiosità. Davvero quella donna era così difficile?
Kate scosse il capo. “Tanto ci voleva per salvarmi dalle barriere che io stessa mi ero costruita. Fin dal primo giorno ha capito e ha insistito. Ha scavato fino ad arrivare a strapparmi via da quella vita buia.” Spiegò senza guardarla in viso. Dirle quelle cose le stava costando, ma in fondo ne valeva la pena se Alexis avesse capito che amava sinceramente suo padre, come non era mai accaduto prima.
“Ci sono stati momenti dove mio padre ha vacillato, si è fatto male con te, lo so…”
“Eri a cimitero, in ospedale. Ha visto tutto.” Rispose annuendo.
“E allora perché volevi portarlo lontano?” Alexis era emozionata e arrabbiata allo stesso tempo.
Kate prese un lungo respiro e la guardò. “Volevo averlo accanto, e la cosa assurda è che per ben due volte ero convinta che lui stesse per lasciarmi e invece… ha fatto un passo avanti. Ha uno strano modo di dimostrarmi il suo amore, ma lo fa con una tenacia che adoro.” Kate deglutì. “Ma credimi non gli avrei mai permesso di allontanarsi da te. Da questa casa in modo definitivo. Sarei tornata io.”
Alexis si mise una mano sulla fronte.
“Ma se avesse funzionato nell’fbi?” Insistette Alexis.
Kate negò con il capo. “Non so se davvero c’era la possibilità di andare avanti. Ci sono cose che non riesco a fare. Non so ne sarei stata capace. Non riesco ad ignorare le ingiustizie.”
“Ma se…” Iniziò a dire.
“Ma non è successo. Siamo qui e non ho intenzione di fare del male a tuo padre, tantomeno allontanarlo da te. Lo amo per quello che è, buffo, divertente, intelligente e con un cuore grande.” Kate si mise le mani sui fianchi. Osservò il caffè uscire nella caraffa e preparò le tazze.
Alexis rimase ferma, lo sguardo su di lei e gli occhi rossi. “Ti adora…”
“Adora te di più: sei sua figlia e sta male per questo vostro litigio. Aggiunse in tono più mesto.
“Anche se reagisce come stasera?” Chiese Alexis.
“Sì.” Puntualizzò Kate. “Fa anche fatica ad accettare i tuoi cambiamenti, si è reso conto che sei cresciuta e non riesce ad accettare la cosa. Ma su questo aspetto ci sto lavorando.” Ammise con un mezzo sorriso.
Alexis scosse il capo. “Non ho bisogno del tuo aiuto.”
Kate si umettò le labbra. “Lo so. Voglio solo farti sapere che ti capisco e che… nonostante quello che puoi pensare di me, lo amo davvero.” Lo sguardo di Beckett stavolta non era sfuggevole, era diretto e serio.
Alexis si morse le unghie, pensando alle sue parole.
L’odore del caffè si stava spandendo nell’aria e il profumo donava una sensazione di casa e di sicurezza che Kate amava percepire.
“Prima o poi spiccherai il volo, inizierai una vita tutta tua, per tuo padre non sarà una passeggiata. Pensi che restare solo a saperti chissà dove con un uomo lo possa rendere felice? Dovrà abituarsi all’idea.”
“Non dirmi anche tu che ogni padre lo fa.” Rispose la ragazza, abbassando lo sguardo sulle proprie mani, quasi irritata dall’ennesima spiegazione su come siano i padri. Prima Pi, poi sua nonna e adesso Kate.
“Ma è così, almeno se è un uomo che si definisce tale. Anche il mio lo ha fatto. E’ stato difficile fargli digerire i miei ragazzi. Beh… tranne Rick. Lui gli è piaciuto subito.” Le sue donne si guardarono. Non c’era tensione tra loro, almeno a Kate così sembrava: Alexis era agguerrita ma meno ostile.
“Ma non può certo scegliere per me. E poi si sta comportando molto male con PI.” Rispose alzando le mani.
Kate scosse il capo. “Nessuno può scegliere con chi vuoi passare il tuo tempo, o la tua vita. Non puoi nemmeno imporlo a tuo padre. Lo so, dovrà lavorare molto per accettare Pi, ma non è una cosa impossibile.”
Scherzò facendole l’occhiolino. Alexis aprì la bocca, stupita per la seconda volta nella nottata.
Kate aveva ragione, doveva ammetterlo anche se le piaceva poco. Persino Pi aveva avallato quelle tesi. La bilateralità delle loro azioni portava ripercussioni direttamente sull’altro e se non trovavano un punto di dialogo si sarebbero fatti del male o addirittura persi.
“Mi dispiace di aver detto quelle cose Kate. Ero arrabbiata con papà.” Si scusò guardandola.
Kate finì di riempire le tazze e zuccherò il caffè. Sorrise e le si avvicinò. “Lo capisco.”
Alexis sorrise di rimando voltandosi verso la porta dell’ufficio di suo padre, lo vide lì fermo, appoggiato allo stipite. Kate gli fece un cenno della testa. Alexis sospirò.
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Siamo forse arrivati al dunque?
  
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