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Autore: carlhead    03/11/2013    1 recensioni
Carl Head è un agente della CIA, proveniente da San Francisco. Per rintracciare un criminale internazionale quale Lawrence Zone, segue le sue tracce fino in Europa, in particolare in Italia, a Roma, dove diventerà professore di un liceo classico del litorale. Ma la sua nuova professione è in realtà una copertura per svelare i piani del suo acerrimo rivale, tra incubi ricorrenti, ombre dal passato che tornano per perseguitarlo, e un misterioso oggetto che determinerà le sorti del pianeta e con cui Zone vuole rivoluzionare il governo internazionale. Quale segreto cela Head sulla sua missione precedente, in Mozambico? Riuscirà a fermare Zone? E soprattutto: cos'è questo oggetto fantomatico che tutti vogliono?
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Carl Head'
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CAPITOLO VII:
NEL NOME DELL’IGNOTO

Così fu istituita la nuova compagnia degli Arena Dominators, dalle ceneri dei loro predecessori. A comporla erano Carl Head, storico capitano, Mark Myrock, suo fedele compagno, Max Lupos, Marcos Pitrinos, Paolo Brancardi e Monica Graziano. Nati per fermare le mire di Lawrence Zone, ricercatissimo criminale pluriomicida internazionale, il loro primo obbiettivo era sicuramente quello di disegnare un piano per arrestare il loro nemico. Di certo la compagnia formata da due statunitensi, uno spagnolo e due italiani, non poteva che essere l’unica associazione con il potere di vincere questa battaglia, dato che era come un lungo filo che collegava le tre nazioni interessate. Infatti il criminale, insieme con la sua associazione, The Swindle, era sì originario degli States, ma inizialmente era fuggito in Spagna, in seguito in Italia, dirottando per giunta un aereo del Governo spagnolo. Ora erano entrati in campo anche il Nuovo Paese Dominatore e la Grande Mossa, per non parlare del fantomatico Oggetto, con cui Zone, a suo dire, avrebbe scatenato la guerra da cui sarebbe appunto emerso il NPD. Con questi dubbi carl Head affrontava le giornate di lavoro a scuola. Ma le incertezze non influivano sul suo impiego, sicchè oltre ad essere un pluripremiato agente della CIA, era anche un ottimo insegnante. Si era aggiunto in più il fatto che Zone fosse in realtà nient’altri che il preside della scuola in cui Head, Myrock, Pitrinos, Brancardi, Graziano e Lupos lavoravano. Erano dunque giunti alla conclusione che far arrestare Zone avrebbe fatto saltare la loro copertura e che avrebbero affrontato una sorte non dissimile da quella del loro avversario. Dovevano aggirare il problema, dovevano trovare un altro piano per contrastare questo temibile criminale.
Trascorsero altri giorni: con astuzia, Zone rimaneva nel suo ufficio nella sede centrale della scuola, di modo che gli Arena Dominators non potessero neanche incontrarlo nei corridoi. “Così vicino, così lontano” pensava costantemente Head. Ma non riusciva a smettere di pensare a quei due ragazzi, così diversi dagli altri, così simili a lui e alla sua squadra, vogliosi di azione, di giustizia. “Non posso coinvolgerli, non sono neanche maggiorenni” continuava a riflettere il Veterano. Fu quella strana giornata per prima a cambiare le carte in tavola. Quel giorno avrebbe incontrato la classe di quei due ragazzi in prima ora: avendo quindi parcheggiato la sua auto nel parcheggio della scuola, si diresse dapprima nell’aula professori per ritirare registro personale e registro di classe, dopodichè salì due rampe di scale e si trovò immediatamente nell’aula. Esordì: “Buongiorno ragazzi! Come ben sapete, oggi abbiamo il compito in classe”. Era la giornata del test, un’ottima occasione per continuare i suoi studi attraverso il piccolo laptop che portava sempre con se durante le lezioni. Certo, avrebbe anche controllato chi copiasse, ma la sua prima attenzione era rivolta allo schermo del computer. Iniziò con il distruibuire le schede, due per ogni alunno, poi sedette alla cattedra e si dedicò al suo effettivo lavoro: effettuò l’accesso alla pagina segreta per gli agenti CIA, e iniziò una comunicazione scritta con Myrock, che quel giorno era il suo giorno di riposo e che quindi si stava rilassando sul divano, con in mano il laptop da una parte, e “Le Vite Parallele” di Plutarco dall’altra. “Amico, sono a scuola. Non c’è traccia per ora di Zone, dovrebbe ancora trovarsi in centrale. Ma un preside non dovrebbe visitare tutte le sedi della sua scuola?” chiese Head, e così rispose Myrock: “Certo, non vedo perchè non si presenti. Oppure si, e sembra ovvio: non vuole incontrarti! Rischia troppo quando si trova davanti a te. E poi dobbiamo scoprire cosa cerca”.
In seguito, la conversazione declinò dal suo vero tema principale, e giunse quindi il momento del ritiro dei compiti. Passò banco per banco, raccogliendo i fogli di tutti i suoi studenti, dopodichè suonò la campanella. Prese il suo laptop e uscì dall’aula. Ma insieme con lui uscirono anche Claudio e Fabrizio, i due ragazzi del primo banco, e lo precedettero, per raggiungere le macchinette del caffè, proprio davanti la loro classe. Si presero dunque un caffè ciascuno, ma proprio in quel momento giunse vicino a loro una figura quasi misteriosa, ma che incuteva in Head che la guardava da lontano, un qualcosa di familiare. L’agente statunitense si chiedeva chi fosse quell’uomo che ora chiacchierava appassionatamente con i due studenti: sembrava conoscerlo. Decise di seguire quel professore, che nel frattempo stava raggiungendo il piano inferiore per uscire da scuola. Head quindi si precipitò in sala professori, dove firmò per ottenere le seguenti ore libere e uscire prima, per seguire quel signore anche fuori scuola. Con uno scatto bruciante raggiunse la porta d’uscita che si trovava all’opposto della sala professori. Saltò sulla sua Camaro blu e attese finchè il suo uomo non fosse partito.
 
Iniziò dunque un lungo ed estenuante inseguimento: quell’uomo girava a destra, poi immediatamente a sinistra. Entrava in negozi, ma ne usciva senza aver fatto acquisti. Probabilmente, anzi, sicuramente aveva scoperto che qualcuno lo stava seguendo. Forse anche chi lo stava seguendo. Ma il piano di Head non si basava sul non farsi scoprire, ma sullo scoprire. Scoprire dove si ritirasse quella misteriosa figura a lui così familiare. Finalmente si fermò: quello che Head riteneva essere il suo rifugio si trovava sul mare, era una casa diroccata e abbandonata. Per un po’ rimase li a fissarla, poi prese una decisione: chiamò Myrock e gli disse di farsi trovare sotto casa, che sarebbe passato a prenderlo e gli avrebbe spiegato il perchè di tutta quella fretta e preoccupazione. In fretta in furia percorse le vie di Ostia, fino a casa sua, dove Myrock lo aspettava. Di corsa anche quest’ultimo saltò nella Camaro e sgommando partirono verso quella casa.
 
Rimasero lì fuori per un’oretta circa, durante la quale tentarono di studiare la conformazione del luogo, chi uscisse e chi entrasse. L’auto dell’uomo misterioso era ancora parcheggiata nei pressi dell’edificio.  Ad un certo punto Head si decise: “Entriamo”. Myrock, non essendo sicuro che fosse quello il momento adatto, chiese di conseguenza: “Ne sei sicuro? E se non trovassimo niente? Stiamo vagando nell’ignoto, Carl. Se le nostre preoccupazioni non fossero fondate? Se non fosse veramente lui? Tutto è ignoto...” ma Head gli rispose immediatamente: “e, nel nome dell’ignoto, entriamo in questa maledetta casa. Carica la tua pistola e tienila stretta. Ti servirà”. Fu proprio dopo queste parole che il lato CIA prese il sopravvento sul lato “Testa”: tenne stretta la sua fedelissima pistola, estrasse un caricatore da una delle tasche del gilè beige che era sempre con lui, e, sicuro di sè, con un calcio abbattè la porta. Non si aspettava di certo quello che trovò.
 
[continua nel prossimo episodio: OMBRE DAL PASSATO]
  
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