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Autore: Pandora86    05/11/2013    4 recensioni
Mito raggiunge Hanamichi in clinica durante la riabilitazione con l'assoluta convinzione che sarà un'estate come un'altra.
Una persona che però non aveva mai considerato farà crollare le sue convinzioni riuscendo a sconvolgere i lati più intimi del suo essere.
Come si comporterà Mito quando si troverà ad affrontare sentimenti che non aveva mai preso in considerazione?
Continuazione de "Il tuo vero volto" incentrata però su Mito.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Akira Sendoh, Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa, Yohei Mito
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi con il nuovo capitolo.
Ringrazio chi ha recensito quello precedente e chi continua a inserire la storia tra le preferite, ricordate e seguite!
Ovviamente, grazie anche a tutti i lettori silenziosi.
Ci vediamo a fine capitolo per le note.
Buona lettura.
 

Capitolo 11.
 

Rukawa dribblò un paio di passanti entrando, a passo lesto, nella pensione.

In quella giornata era stato impossibile fare un allenamento decente.

Troppa confusione, troppo rumore, troppe persone, troppo caos.

Troppo di tutto, insomma.

Tanto valeva, a quel punto, impiegare quel tempo a dormire.

Il suo sistema nervoso, messo a dura prova da tutti quei festeggiamenti, ne avrebbe
certamente tratto sollievo.

Fu con questo pensiero che si accinse a salire le scale che lo avrebbero condotto alla sua camera.

Dubitava che Mito tornasse presto.

Per quale motivo poi era ancora tutto da scoprire; non credeva, infatti, che le cose potessero filare lisce, solo perché il braccio destro del suo do’hao aveva accettato di uscire con Sendoh.

Il numero undici non dava per scontato come positivo l’esito della serata fra quei due.

Rukawa non era certo, infatti, di vedere il giocatore tutto intero il giorno dopo.

Anche se, Sendoh non era un’idiota.

Lui lo aveva sempre saputo e anche Mito doveva averlo capito.

In effetti, era un po’ curioso di sapere come si stavano svolgendo le cose.

Delle voci familiari lo distolsero dai suoi pensieri.

Aveva già salito il primo gradino, quando il dubbio di conoscere quelle voci divenne una certezza.

Provenivano dal corridoio di fianco alle scale, dove c’era uno dei telefoni messi a disposizione dal personale della pensione per gli ospiti.

Si affacciò lungo il corridoio avendo la certezza delle sue ipotesi: l’armata Sakuragi al completo sembrava impegnata in una conversazione telefonica con il proprio capo.

Quello con i baffetti teneva in mano la cornetta del telefono mentre gli altri due erano con le orecchie il più vicino possibile per non perdersi nulla di quella che doveva essere una conversazione a quattro.

Rukawa li guardò dubbioso, incerto sul da farsi.

Non li aveva notati nei giorni precedenti, segno che erano arrivati da poco.

Rimase immobile, indeciso se avvicinarsi o no; gli bastò tuttavia poco meno di un secondo per decidere.

Si avvicinò al gruppo con la sua solita andatura, certo che gli altri lo avrebbero riconosciuto.

 Era sicuro anche del fatto che sapessero il legame che lui aveva con Hanamichi.

La conferma di ciò la ebbe pochi istanti dopo quando, vedendolo arrivare e poggiarsi al muro, non batterono ciglio.

Evidentemente, sapevano anche della sua presenza lì.

Però, cosa ci facessero anche loro in quel posto, rimaneva un mistero.

Mistero che fu svelato pochi istanti dopo, da quello con i baffetti che teneva il telefono in mano e sembrava il portavoce dei tre.

“Sì capo, lo abbiamo trovato” confermò Noma ghignando e facendo l’occhiolino agli altri due.

Rukawa sorrise impercettibilmente.

E così il do’hao, essendo bloccato in clinica, aveva chiamato i rinforzi.

Inutile anche dire chi fosse il soggetto da soccorrere.

“Beh, ecco, diciamo che era impegnato” rispose Noma a un’ennesima domanda,
spostando, con uno spintone quello biondo che sembrava volersi fondere all’apparecchio telefonico e, di conseguenza, a chi parlava, tanto sì era avvicinato.

Evidentemente, Hanamichi aveva domandato perché Mito non fosse con loro.

O comunque, perché loro non fossero con lui.

“Beh, diciamo che era in compagnia” rispose vago Noma.

“E DI CHI?!”.

Stavolta, l’urlo di Hanamichi arrivò chiaro e forte anche alle orecchie di Rukawa.

Quello con i baffetti, invece, aveva dovuto allontanare la cornetta del telefono da sé visto l’urlo disumano del proprio capo.

“Dai, capo” cercò di uscirne in maniera diplomatica Noma, “ te lo dirà lui quando ti viene a trovare!” provò a convincerlo.

Tra i due mali, era meglio scegliere quello minore.

E, considerato che Hanamichi era bloccato in clinica e Yohei a pochi passi da loro, era meglio che fosse lo stesso Mito a parlare di sé.

Noma, come anche gli altri, non aveva intenzione di fare le valige a breve per cambiare continente.

Cosa che sarebbe diventata necessaria se Yohei veniva a sapere che loro avevano immediatamente spifferato tutto a Hanamichi.

Quindi, era meglio che fosse Mito a parlarne.

“Non credi che preferirebbe dirti tutto lui?” parlò ancora Noma, interrompendo gli sproloqui del suo capo.

A quella domanda, Hanamichi parve riflettere un istante.

“Hai ragione!” disse solamente attaccando il telefono.

“Sì, sì, lo so!” convenne Noma con un ghigno. “Che ti dicevo? Ehi… Pronto... pronto… ma che razza di modi!” esclamò, quando si accorse di star parlando da solo.

“Ma tu guarda che tipo!” disse rivolto agli altri.

“Mi ha praticamente sbattuto il telefono in faccia” sbraitò.

“Mi sa che siamo nei guai, ragazzi!” esclamò invece Okuso portandosi le mani agli occhi.

“Cioè?” domandò Noma.

“Quando Hanamichi verrà a sapere con chi è uscito Mito, intendo. Ci darà, come minimo, una testata per non averglielo detto” spiegò il suo ragionamento.

“Non credo!” intervenne Takamiya masticando non si sapeva cosa.

“Infatti! Una volta tanto, sono d’accordo con te!” rispose Noma.

“Se invece lo diciamo al capo, allora dovremo fare i conti con Mito!” continuò Okuso nel suo monologo, incurante dei commenti degli altri due.

“Non è che ci puoi salvare tu?” domandò ancora il biondo, rivolgendosi a Rukawa con mani incrociate in segno di preghiera e voce piagnucolante.

Il numero undici, nel frattempo, aveva assistito alla conversazione in silenzio con le spalle al muro.

Ora gli era chiaro anche il perché Hanamichi avesse chiamato il resto dell’armata in soccorso.

Pensare che avrebbe potuto afferrare il telefono e sentire la sua voce lo aveva fatto emozionare, anche se dalla sua espressione non era trapelato nulla.

Tuttavia, fare un gesto del genere sarebbe stato anche controproducente.

Hanamichi sapeva della sua presenza lì ma al momento sembrava avere altro per la testa.

Era preoccupato per Mito e, non sapendo cosa fare, aveva chiamato la sua armata a raccolta.

Tipico del do’hao cercare di aiutare gli altri sempre e comunque.

Per cui, aveva resistito all’impulso di afferrare il telefono e palesargli così la sua presenza.

Hanamichi non sapeva il legame che aveva instaurato con Mito durante l’anno scolastico e, essendo proprio Mito la fonte delle sue preoccupazioni, Rukawa non aveva nessuna intenzione di spiegargli in maniera spicciola tutto quello che era avvenuto fra lui e il suo fidato braccio destro.

Con una linea telefonica a separarli per giunta.

L’armata non si era stupita più di tanto della sua presenza in mezzo a loro.

Hanamichi invece si sarebbe stupito eccome.

Motivo per cui era meglio non dargli altri grattacapi.

Inoltre, come Rukawa aveva intuito, anche l’armata sapeva del rapporto che intercorreva fra lui e il loro capo.

Dovevano anche sapere della sua confidenza con Mito.

Certo, non nei dettagli, ma comunque qualcosa sapevano.

D’altro canto, conoscevano il braccio destro del loro capo da prima di lui, e quindi dovevano essere arrivati al concetto che era riuscito ad avvicinarsi al do’hao solo ed esclusivamente grazie a Mito.

La voce, o meglio l’urlo, di quello con i baffetti lo riscosse dai suoi pensieri.

“Ma la pianti di dire idiozie?” sbottò, interrompendo i piagnucolii di quello biondo.

“Il capo e Yohei se la vedranno tra di loro. Anche Hanamichi ha capito che deve essere
Yo a confidarsi. Noi siamo qui solo per divertirci” concluse, lisciandosi i baffi.

E anche per dare una scrollata a Yohei, che sicuramente è imbranato come il capo, aggiunse poi nella sua testa senza però dirlo ad alta voce.

“Anche se tu una cosa puoi farla!” continuò rivolgendosi, stavolta, a Rukawa che, mostrando interesse, alzò un sopracciglio.

“Beh, sei tu che devi stare a contatto con il grande Sendoh” aggiunse, con un sorriso beffardo.

“Sai, credo che Hanamichi non troverà niente del porcospino se si prende gioco di Yohei.
Saremo prima noi a spezzargli le ossa a una a una”concluse con un ghigno.

“Nh!” annuì Rukawa volgendo loro le spalle e andandosene.

In teoria, gli veniva chiesto di tenere d’occhio Sendoh, o qualcosa del genere.

In pratica, l’armata non sapeva che lui era già entrato in contatto con il giocatore a proposito di questa faccenda.

Tuttavia, avrebbe fatto bene a vedere in che modo le cose sarebbero evolute.

Hanamichi teneva troppo a Mito e anche lui aveva imparato a stimarlo.

Sarà un ritiro interessante, pensò mentre entrava nella sua stanza, fiondandosi poi sul letto.

Doveva fare scorta di sonno visto che il ritiro si sarebbe rivelato molto impegnativo sotto più punti di vista.
 

***
 

Hanamichi riagganciò con aria pensierosa.

Non si era sbagliato su Yohei.

Andò a passo lento nella stanza cercando di non farsi beccare; se gli infermieri avessero visto che si era alzato dalla sedia a rotelle, sarebbero stati guai.

Quella maledetta sedia; la detestava.

Come detestava essere rinchiuso in quella clinica quando Yohei sembrava aver bisogno di lui.

E così, il suo fidato braccio destro aveva seguito il suo consiglio andandosi a divertire.

Con la persona che gli interessava per giunta.

Dubitava però che il tutto fosse partito da Mito.

Se lo conosceva bene, questa persona aveva dovuto faticare parecchio per tirarlo fuori dalla pensione in cui alloggiava.

Inoltre, dubitava anche che fosse stato Mito a chiamare cosiddetta persona.

Quindi, se le sue ipotesi non erano sbagliate, le soluzioni al problema erano due: o questa persona si trovava già lì, oppure aveva seguito Mito provando per lui un grande interesse.

Si appoggiò al letto mentre con la mente cercava di capire quale fosse l’ipotesi più probabile.

Perché adesso doveva usare la testa per cercare di capirci qualcosa.

Un certo do’hao proveniente da una voce fin troppo nota fece capolino nella sua mente, strappandogli un sorriso affettuoso.

Lui che usava la testa... era un’idea che avrebbe divertito molto la sua kitsune che non avrebbe mancato di apostrofarlo con il suo epiteto preferito.

Per un momento, lasciò che la sua mente vagasse nei ricordi richiamando a se un volto fin troppo noto.

Anche Rukawa era lì, e quel pensiero gli faceva coraggio.

Si erano lasciati con una promessa e con poche certezze, dato che non avevano avuto il tempo di chiarirsi, tuttavia Hanamichi sapeva già cosa scegliere al suo ritorno.

Il pensiero che Rukawa stesse facendo di tutto per mantenere la sua parte di promessa lo rincuorava.

La kitsune lo stava aspettando e faceva bene, visto che lui sarebbe tornato più in forma e agguerrito che mai.

Inoltre, al momento aveva altro a cui pensare: il suo migliore amico, per l’appunto!

Perché se la sua relazione con Rukawa era arrivata a quel punto lo doveva solo a Yohei.

 E lui, anche se bloccato in clinica, non sarebbe rimasto a guardare il suo migliore amico che rinunciava alla sua vita per fargli da balia.

Era giunto il momento di ricambiare una vita di favori e presenza costante da parte di Yohei.

Con la mente, cercò di ritornare al problema iniziale.

Dunque, dov’era rimasto?

Ah, si! Alle due ipotesi a cui era arrivato: o la persona in questione si trovava già lì, oppure aveva seguito Yohei.

Vagliò con attenzione la seconda; per seguire Yohei in quel posto doveva significare solo che sapesse già la sua meta.

Per sapere la meta però avrebbe dovuto conoscerlo e non solo superficialmente visto che, e di questo Hanamichi era più che sicuro, Yohei non avrebbe scucito la bocca tanto facilmente considerata la situazione.

Hanamichi era, infatti, sicuro del fatto che Yohei non avesse avvertito neanche il suo unico parente occidentale su dove si svolgesse la riabilitazione.

Certo, aveva avvertito il signor Anzai, ma questo aveva a che fare con la squadra visto che Yohei non gli avrebbe permesso di dimenticarsi tanto facilmente del basket.

Hanamichi teneva troppo a quello sport e Mito lo sapeva fin troppo bene; motivo per cui aveva avvertito il signor Anzai e sicuramente anche alcuni componenti della squadra in modo che potessero interessarsi sulle sue condizioni.

Quindi, quell’ipotesi, alla luce di quelle conclusioni, si escludeva a priori.

Yohei non aveva nessuno di così intimo che non fossero lui stesso e l’armata, se si escludevano i familiari.

Quindi, quella persona si trovava già lì.

Questo tuttavia non chiariva un bel niente, anzi.

Com’era possibile una cosa del genere?

Che fosse lì per caso e avesse incontrato Yohei per una pura combinazione?

Ma non era troppo strano incontrare la persona che ci interessa proprio nel posto in cui ci si deve recare?

Oppure… magari era una persona conosciuta in zona.

Sì, doveva essere sicuramente così!

Magari qualcuno aveva adocchiato Yohei e ne aveva approfittato per fare conoscenza.

Eppure, perché qualcosa continuava a non tornargli?

Una sensazione vaga, eppure esistente che continuava a dargli il tormento.

Possibile che Yo arrossisse per una persona conosciuta giorni prima?

Chissà… era poco probabile ma comunque non impossibile.

Eppure, Sakuragi si ritrovò a scartare, pochi istanti dopo anche quell’ipotesi.

Yohei era, infatti, arrossito leggermente quando, il giorno prima aveva domandato se lo conoscesse. Deduceva quindi, dall’espressione dell’altro, che sì, lo conosceva!

In pratica, si trattava di una persona che aveva raggiunto Yohei in quel posto e che lui conosceva. Ma allora, chi diamine era?

E poi, quell’ipotesi, non era stata scartata a priori?

Sakuragi sbuffò insoddisfatto.

Comunque, il problema principale non era conoscere la persona in questione.

Noma aveva ragione; l’identità dello sconosciuto spettava soltanto a Yohei rivelarla.

Quello che preoccupava Hanamichi era il fatto che, essendo bloccato in clinica, non avrebbe potuto fare granché per il suo migliore amico.

Però, non disperava.

In fondo, Yohei sarebbe presto tornato a fargli visita.

Non mi scappi, amico!

Fu questo il pensiero che lo accompagnò nel sonno, insieme con un volto fin troppo noto; un volto che non lo abbandonava mai.

Ritornerò presto, Kitsune!

E, con questo pensiero, si addormentò.

 
***

Sendoh fissava serio il volto di Yohei.

Non aveva ripetuto la sua domanda, certo che Mito l’avesse capita benissimo.

Non potette fare a meno di sorridere di fronte alla reazione dell’altro.

Si vedeva che la sua affermazione lo aveva spiazzato, eppure, Yohei non aveva mostrato né sorpresa né stupore.

Solo i suoi occhi, che ora lo fissavano con altrettanta serietà e che avevano abbandonato la bonaria ilarità di pochi istanti prima, dimostravano che avesse compreso appieno le sue parole.

Quel ragazzo aveva un autocontrollo a dir poco eccezionale e Sendoh si chiese in quel momento come sarebbe stato conoscerlo meglio.

Un brivido gli attraversò la schiena al pensiero che forse Yohei sarebbe potuto essere suo.

Sarebbe stata sempre una fonte di piacere osservare come Mito, a dispetto del suo carattere così chiuso, si aprisse solo con lui.

Sì, Sendoh era sicuro che quello era un particolare che mai lo avrebbe stancato.

Tuttavia, quel momento ancora doveva arrivare, per cui non gli restava che aspettare e, nel frattempo, costruire un legame passo dopo passo.

Mito non aveva ancora parlato e Sendoh non ritenne opportuno spezzare quel silenzio.

Sicuramente, l’altro lo stava studiando.

Inoltre, il giocatore non si pentiva di quello che aveva affermato. Era vero, a occhi estranei sarebbe potuta sembrare un'ipotesi campata in aria. Magari, c’erano altri motivi che spiegavano le bizzarre particolarità di Mito.

Eppure, il tipo con i baffetti non sembrava aver parlato a caso.

Come un giapponese modello.

Queste erano state le sue parole.

Se a questo ci aggiungeva lo stupore di Mito nell’osservare i festeggiamenti, allora l’ipotesi diveniva un po’ più concreta.

Se poi s’ipotizzava anche che la capigliatura di Sakuragi fosse naturale, allora questo fatto diveniva certezza.

D’altro canto, era impossibile anche che Mito avesse delle abitudini così radicate con qualcun altro che non fosse Sakuragi stesso.

Quindi, l’affermazione era partita spontanea per lui che aveva colto tutti quei particolari.

Ora non restava solamente che aspettare la reazione di Mito.

Osservò l’altro incurvare le labbra in un sorriso sghembo.

Lo vide portare i gomiti al tavolo e incrociare le mani sotto il mento, con uno sguardo divertito.

“Come mai un’ipotesi così fantasiosa?” lo sentì dire con voce tagliente.

Mito, come Sendoh aveva previsto, stava cacciando fuori le unghie.

Il tono di voce strideva, infatti, con quella che era la sua espressione.

Più il sorriso si allargava, più Mito diventava pungente e molto, ma molto pericoloso, se considerava il suo atteggiamento da bullo che prendeva sempre più forma, sia nella postura, sia nell’attenzione con cui lo seguivano i suoi occhi.

Peccato che lui non ne fosse minimamente intimorito ma che anzi, questo fosse uno dei lati che più lo attirava.

Mito era un po’ come il fuoco: caldo e rassicurante a distanza di sicurezza, rovente se ci si avvicinava troppo senza che l’altro lo volesse.

Ma Sendoh si chiedeva come sarebbe stato farsi bruciare con il consenso del proprietario.

Non si sarebbe di certo fatto intimorire per così poco!

“Beh” rispose, guardandolo fisso a sua volta, con tono tranquillo, “ci sono vari punti che me lo confermano!” concluse, accennando un sorriso.

Il cuore gli batteva a mille, anche se la sua espressione non lo dava a intendere.

Stare con Mito gli provocava la stessa scarica di adrenalina che sentiva quando giocava una partita con un avversario parecchio difficile.

“Tipo?” gli domandò l'altro, calmo a sua volta ma sicuramente pronto per alzarsi e andare via, nella migliore delle ipotesi.

Nella peggiore, pronto a rifilargli un cazzotto.

“Vediamo…” cominciò Sendoh con calma, prendendo un altro involtino.

“Le parole dei tuoi amici, ad esempio?” gli domandò, come se stesse spiegando un’ovvietà.

Come aveva previsto Mito fu lesto nella risposta.

“Mh, parole dette a caso da tre idioti che magari hanno prima bevuto?” gli rigirò la domanda Yohei aumentando il sorriso.

Sorriso che però non si estendeva agli occhi, notò Sendoh.

Occhi che continuavano a scrutarlo attento.

“Mi sembra difficile, vista l’età!” parlò ancora il giocatore.

“Dovresti aver capito che non è un problema, per noi” lo smontò nuovamente Mito calcando pericolosamente il noi.

“E poi?” domandò ancora, appoggiandosi allo schienale a braccia incrociate e accavallando le gambe.

Sensuale.

Fu questo, quello che pensò Sendoh osservando i suoi movimenti.

Yohei gli ricordava una pantera, in quel momento.

Elegante e silenziosa nei movimenti.

Veloce e soprattutto micidiale quando decideva di agire, come aveva potuto costatare nell’unico pugno che gli aveva visto dare.

Non chiassoso come Sakuragi, né troppo silenzioso come Rukawa.

Una miscela perfetta, insomma.

Si riscosse dai suoi pensieri, decidendo di portare avanti quello strano gioco di affermazioni in cui Yohei l’aveva coinvolto.

“Poi” continuò, “non mi sembra che tu conosca granché questa festa!” disse ancora Sendoh, sicuro che Mito avrebbe smontato anche quest’affermazione.

“Forse non mi piace molto stare tra la gente” rispose, infatti, Yohei immediatamente ma Sendoh non si perse d’animo.

“Neanche a Rukawa piace la gente, eppure sono certo che non avrebbe avuto il tuo stesso sguardo” affermò sicuro.

“Mh…” mugugnò Yohei, prendendosi qualche istante per riflettere.

Il suo sguardo, notò Sendoh, rimaneva tuttavia incuriosito nonostante la serietà in cui si stava svolgendo quello strano botta e risposta.

“E che sguardo avrebbe Rukawa?” domandò ancora Yohei. “Anzi, forse dovrei chiederti che sguardo avevo io” concluse con un interesse sempre crescente.

Il suo sguardo rimaneva imperturbabile, eppure Sendoh poteva affermare con sicurezza che i suoi occhi avevano una scintilla che tutto recava tranne indifferenza.

Curiosità mista a divertimento forse, Sendoh non era ancora pronto a stabilirlo con certezza.

Eppure, di una cosa era certo: Yohei stava iniziando ad apprezzare la sua compagnia.
Le sue domande erano mirate a smontare le ipotesi di Sendoh punto per punto, però sembrava divertirsi nel fare ciò, come se fosse stuzzicato da chi aveva di fronte.

In caso contrario, non ci avrebbe pensato due volte ad andarsene; in fondo, non era stato proprio Mito a cominciare quello strano dialogo?

Segno che voleva stare ancora in sua compagnia e conoscerlo meglio, anche se in un modo tutto suo.

Motivo per cui, decise di continuare a parlare.

“Beh, le differenze sono palesi!” disse sicuro il giocatore incrociando le braccia.

“A Rukawa non piace la folla; di conseguenza non avrebbe fatto altro che mostrarsi indifferente e infastidito da tutto il baccano in giro. Tu invece” e qui fece una pausa per dare modo all’altro di afferrare il concetto, “ti guardavi intorno con curiosità mista a smarrimento in alcuni casi. Avevi lo stesso interesse di un turista!” concluse, dando modo all’altro di comprendere il pieno significato delle sue parole.

Perché, con quelle parole si era scoperto anche troppo e dubitava che Mito, a questo punto, non ci arrivasse.

“Carino il tuo ragionamento” lo schernì Mito. “Sembra che tu non abbia fatto altro che stare a fissarmi” lo provocò con ironia.

“Appunto!” gli confermò Sendoh con un sorriso pacato.

Vide lo sguardo di Yohei tingersi di stupore.

Per quanto potesse sembrare strano, lo aveva sorpreso più con quella conferma che con la sua affermazione su Hanamichi.

Eppure, non si pentiva di quello che aveva detto; era una persona molto diretta che non nascondeva le sue emozioni.

Mito, da parte sua, continuava a osservare il giocatore.

Si rendeva conto di quello che aveva ammesso?

Dal sorriso rassicurante dell’altro, la risposta doveva essere sì!

E lui, era preparato per una cosa del genere?

La risposta era, ovviamente, no!

Inoltre, aveva ancora un discorso da finire.

Motivo per cui, riportò la conversazione sulla giusta carreggiata.

“Non provare a cambiare argomento!” lo riprese con un sorriso pungente.

“Non pensavo minimamente di farlo” si difese Sendoh, allargando il sorriso.

“Dunque, dov’eravamo rimasti?” continuò a parlare provando, in questo modo, le sue parole.

“Dimmelo tu!” rispose lesto Yohei. “Dov’eravamo rimasti?”.

“Al tuo sguardo da turista” disse ancora Sendoh. “Ma direi che quel punto è stato ampiamente discusso!”.

“Passiamo oltre” continuò sicuro.

“Veniamo al punto in cui ti sei tradito” lo provocò con un sorriso.

Yohei sgranò gli occhi con crescente curiosità.

“Io? Mi sarei tradito? E quando?” domandò, con un’espressione scettica.

“Con i fuochi artificiali” rispose Sendoh con tono neutro.

L’affermazione però non chiarì le idee a Yohei che continuò a guardarlo con aria interrogativa.

“E non te ne sei neanche accorto, a quanto pare!” aggiunse il giocatore, con un sospiro bonario.

“Sai, Rukawa mi avrebbe dato dell’idiota se gli avessi proposto di andare a vedere i fuochi artificiali a quell’ora” terminò con un sorriso rassicurante, certo che stavolta il concetto sarebbe stato più chiaro.

Yohei lo guardò portandosi poi una mano sugli occhi con fare riflessivo.

Il giocatore aveva dannatamente ragione; aveva smontato, con una sola frase, due delle sue risposte.

Yohei gli aveva, infatti, detto di non amare la gente e i luoghi affollati.

Sendoh, ovviamente, aveva preso d’esempio Rukawa che si prestava bene per quel tipo di ruolo dato che, al di fuori di un campo da basket, poteva assomigliare molto a un orso, possibilmente in letargo.

Poi, continuando a sfruttare questo esempio gli aveva fatto capire di aver commesso una gaffe sui fuochi artificiali.

Perché Rukawa, anche se non amava la folla, si sarebbe accorto dell’orario insolito dandogli così dell’idiota.

Yohei, ora che ci rifletteva, lo trovava logico.

Qualunque persona, infatti, avrebbe guardato Sendoh in modo strano facendogli notare la sua piccola svista sull’ora.

Lui, invece, no! Ma la cosa che lo aveva tradito non era stata tanto il non averlo contestato sull’ora, quanto piuttosto il fatto che lo avesse seguito credendo realmente di andare ad assistere allo spettacolo pirotecnico.

E Sendoh, da ottimo osservatore, se ne era accorto.

Ecco perché si era premurato di spiegargli il perché poi avesse deciso di cambiare meta.

Mito aveva creduto che, quelle spiegazioni nascessero a causa dalle parole di Noma e non aveva dato peso più di tanto a quelle parole.

Invece, era stata tutta una macchinazione del giocatore.

“Lo hai fatto apposta!” lo accusò con tono duro.

Che idiota!

Lui credeva che sarebbe stata una serata diversa, ma non fino a questo punto!

Si era fatto giocare come un pivello, e questo proprio non lo sopportava.

Ora, era decisamente nero!

Una cosa era uscire e iniziare a dialogare del più e del meno.

Aveva, infatti, ben tollerato l’uscita del giocatore su Hanamichi.

Sendoh lo incuriosiva, e si era divertito in quel botta e risposta.

Ma capire di essere stato oggetto di trappole per tutta la serata, questo lo faceva infuriare.

Si trovò a domandarsi ancora una volta, cosa diamine volesse il giocatore da lui!

Forse, non provava interesse nei suoi confronti.

Forse voleva avvicinarsi a lui per qualche scopo.

Hanamichi!

Quel suo continuo nominare il suo migliore amico… poteva significare qualcosa?

A quel punto, decretò Yohei, non aveva senso continuare in quella farsa.

Si alzò deciso, avvicinando il suo volto al giocatore.

“Trovati qualcun altro con cui giocare!” disse duro, prima di dargli le spalle.

Quella serata era durata anche troppo per i suoi gusti.

Mentre si allontanava però, non poté impedire alla tristezza di prendere il sopravvento.
 
 

Continua…

Note:

In questo capitolo, vediamo Rukawa che entra in contatto con l’armata.

Inoltre, abbiamo Yohei in versione film mentali.

Conosciamo anche il ragionamento che ha fatto Sendoh per pronunciare l’affermazione con cui concludo il capitolo precedente.

Non è stata comunque l’unica ipotesi del numero sette, ma questo lo chiarirò nei capitoli più avanti.

Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto.

Come il solito, attendo i vostri commenti.

Nel frattempo, grazie a chi è giunto fin qui.

Ci vediamo martedì prossimo con il nuovo capitolo.

Pandora86
 
  
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