Harry rimase
spiazzato da quegli avvenimenti così crudi e violenti. Si
chiese come fosse
possibile ridurre una
ragazza così pura
e indifesa in quello stato? Forse cominciava a capire la causa della
sua
chiusura quasi ermetica nei rapporti interpersonali: Aveva paura di
essere
violata un’altra volta.
Chiuse il diario, era troppo stanco per leggere altre pagine
perché quelle
parole lo stavano tormentando. Ciò che lo turbò
maggiormente fu quell’istinto
incontrollabile di proteggerla.
Lui non aveva mai provato nulla del genere soprattutto da quando la sua
vita
era diventata un reality show. Forse erano i suoi occhi azzurri
così profondi e
misteriosi da perdercisi dentro. Forse la curiosità
accecante di scoprire
perché avesse in mano un tirapugni e perché le
sue dita fossero piene di
sangue. Quella ragazza aveva bisogno di aiuto.
Tuttavia Harry sapeva bene che
lui avrebbe sicuramente peggiorato la sua vita: Non era riuscito ad
aiutare se
stesso, come avrebbe fatto ad aiutare una ragazza così
strana e difficile?
Tralasciando il fatto che la sua presenza nella vita di quella ragazza
non
sarebbe stata assidua a causa dei suoi impegni lavorativi.
Con queste domande si addormentò… Solo come
sempre tra l’odore asettico delle
lenzuola dell’hotel.
Ismene si
svegliò svogliatamente. La settimana era ricominciata e con
essa la sua routine
da studentessa universitaria.
Quando uscì di casa rischiò di cadere a causa
dell’asfalto gelido e scivoloso.
Faceva molto freddo quella mattina ma questo la aiutò a
destarsi dal sonno.
Nel cammino si ricordò improvvisamente di non aver visto il suo diario da
parecchi giorno: ne
aveva assolutamente bisogno. Doveva descrivere le tonalità
di quel verde
cangiante per ricordarsene.
Quel ragazzo strano, Harry- aveva fatto diverse
ricerche in quei giorni- aveva completamente scardinato le sue
sicurezze. Lei
non aveva mai sentito l’esigenza di qualcuno accanto ma da
quando l’aveva
incontrato non aveva fatto altro che immaginare quegli occhi verdi nei
suoi, le
sue mani che le sfioravano ogni singola frazione del suo corpo, le sue
labbra
premute sulle sue in completa simbiosi fisica.
Scosse la testa perché sapeva che quelle emozioni non
l’avrebbero portata da
nessuna parte se non alla distruzione di entrambi.
La sua vita era un accavallarsi di casini e non avrebbe travolto anche
Harry:
era ancora più fragile di lei.
Per Ismene Harry non rappresentava il cantante degli One Direction ma
costituiva qualcosa di più… Quasi metafisico.
Nonostante tutti i suoi dubbi credeva che quel ragazzo poteva
distoglierla
dalla confusione che inghiottiva la sua testa: quella notte lei non
aveva
sentito nessun peso sullo stomaco, non aveva sensi di colpa o
preoccupazioni.
Forse era quella la vita di cui tutti parlavano?! I brividi lungo la
schiena al
contatto con la sua pelle, lo stomaco in subbuglio solo nel sentire la
sua
voce… La voglia irrefrenabile di sentirsi sua.
Ma lei non era normale, non doveva essere felice perché lei
non se lo meritava:
la sua vita doveva essere intrisa di sofferenza
per
redimere la sua anima.
Entrò in aula e si mise ne posti in fondo perché
quel giorno non aveva proprio
voglia di seguire nonostante gli esami imminenti.
Subito si perse tra nozioni di diritto e macroconcetti di giustizia.
Harry si
era dissolto con essi.
Ismene ed Andrea camminavano per la strada ormai vuota. Era strano come
Torino
si trasformasse passata la mezzanotte. L’asfalto bagnato
rifletteva la luce
flebile dei lampioni e il fiume scorreva così forte da
poterlo sentire
imbattersi contro le rocce.
La ragazza aveva appena finito la sua giornata lavorativa- non era
abituata a
lavorare ma data la sua indipendenza era obbligata a dividersi lo
stipendio in
retta e affitto- e
Andrea come sempre
l’aveva aspettata.
Aveva paura che potessero farle del male perché conosceva
bene quei vicoli e non voleva assolutamente perdere anche Lei.
Soprattutto da
quando quei vicoli avevano risucchiato Carlo: Andrea aveva paura che
Ismene
potesse trovarsi da sola nelle mani di quei fottuti fascisti.
Si ritrovarono al solito posto nell’angolo più
buio dei Murazzi. Andrea prese
l’erba nascosta nella giacca verde militare e con il resto
che gli serviva
rullò una canna. Era ormai una sorta di consuetudine quella
di ritrovarsi il
venerdì in quel posto pieno di ricordi che facevano ancora
male ad entrambi.
Una consuetudine che era rimasta anche dopo la morte di Carlo come se
questo
potesse riportarli in una dimensione parallela per ritrovarsi con
l’amico
deceduto.
La droga cominciò a scorrere nel sangue e tutto si fece
più leggero.. Ovattato.
Andre ispirò la canna e dopo averla passata
all’amica cominciò a pensare “ Ti
ricordi quella volta quando siamo entrati nella centrale
elettrica… Eri così
felice di poter entrare nel posto dove i Subsonica avevano girato il
video”.
Ismene si voltò verso Andrea e gli sorrise “Come
dimenticarlo… Quando il
guardiano ci sorprese e cominciò a gridare in dialetto
piemontese… Carlo si
spaventò così tanto che quando
scavalcò la ringhiera cadde a terra”. Il ragazzo
scoppiò a ridere ma era una risata fredda e isterica.
“Carlo e la sua mania per
il Parkour da principianti”.
Ismene rabbrividì perché sembrava quasi come se
Andrea parlasse di una persona reale,esistente, come se fosse
lì con loro a ridere
come dei giovani ragazzi di appena 21 anni. Ma
Carlo non c’era. Carlo non poteva sentirli.
Non poteva vederli. Non poteva dirgli che era con loro . Non poteva
dire che
era vivo. Carlo era morto.
Calò il silenzio tra i due ragazzi. Carlo mancava ai due
ragazzi come l’aria.
Come la nicotina ad un fumatore accanito. Come la dose quotidiana ad un
drogato. Erano in piena crisi d’astinenza. Una crisi
d’astinenza che durava
ormai cinque mesi. La notte entrambi si addormentavano con il cuscino
impregnato di lacrime, il senso di colpa sullo stomaco che li opprimeva
come un
macigno, la paura di non potercela fare.
Ogni giorno alle 20.30 in punto si recavano al cimitero. Ogni giorno
leggevano “Il
sentiero dei nidi di ragno”* seduti ai piedi della lapide del
ragazzo.
Non avevano mai trasgredito quell’orario perché
credevano che in quel lasso di
tempo l’anima del ragazzo ripercorresse i sentiri stretti del
cimitero per
posare un live bacio sulla fronte degli amici. Quel maledetto orario in
cui
Carlo è stato brutalmente ucciso di botte.
Harry ritornò nella propria stanza con un forte mal di
testa. Aveva bevuto
troppo anche quella sera. Andava così ormai da troppo tempo
ma si era
ripromesso di smettere perché adesso la sua vita avrebbe
potuto avere un senso:
aiutare quella ragazza e donargli tutto il suo amore.
Aprì il diario e nonostante quel dolore lancinante alle
tempie cominciò a
leggere un’altra pagina.
“ 20 Dicembre 2012
Nonostante i contatti con la mia famiglia si siano completamente
incrinati e
distrutti la mia vita comincia ad assumere un aspetto quasi normale e
consuetudinario.
Ho dato gli esami di dicembre: Due 30 e un 28. Forse per non
dare la soddisfazione ai miei di considerarmi una fallita, i risultati
dei miei
esami sono cresciuti esponenzialmente.
Il lavoro procede come sempre. Non è assolutamente faticoso
forse perché
conosco quel centro sociale come le miei tasche o semplicemente
perché il mio
“datore di lavoro” è un cazzone, come me
del resto.
Oggi però è successo qualcosa di particolarmente
rilevante. Ho conosciuto un
ragazzo. Carlo: cristalli azzurri incastonati nelle orbite oculari.
Capelli
biondi come il grano e un sorriso che illumina anche il cielo scuro e
tetro di
Torino.
E’ un vecchio amico di Andrea,l’unico che non
l’ha abbandonato dopo la sua
breve detenzione. Si è trasferito da poco per continuare la
sua specialistica
in Storia e filosofia.
Quando parlo con lui il tempo non sembra mai abbastanza. E’
capace di
proiettarti in un mondo subalterno in così poco tempo tanto
che non riesci ad
avere la percezione della realtà contingente. “
“ 9 Gennaio 2013
Sangue. Vedo il Sangue scendere lungo la mia guancia. Vedo il labbro
spaccato e
gonfio. Gli occhi persi nel vuoto dalla paura e grondanti di lacrime.
Ogni
singola parte del mio corpo mi procura delle fitte lancinanti di
dolore. Non
avrei dovuto tornare a casa sola.
Non
avrei dovuto oppormi. Dovevo scappare ma il mio istinto partigiano mi
ha
ridotto in niente. Stavo camminando quando vedo un gruppo di ragazzi:
fascisti.
Era ovvio che lo erano!! Capelli rasati,anfibi neri,giacca di
pelle… e il loro
sguardo. Buio,cattivo e pieno di arroganza. Quando mi hanno visto ho
percepito
il ghigno malvagio comparire sui loro volti. Mi avevano riconosciuta.
Ho allungato il passo ma niente…Mi
avevano accerchiata. Ero sola. Incazzata nera e sentivo il fato oscuro
abbattersi contro di me. Mi hanno spinta contro il muro facendomi
aderire
completamente alla parete gelida. Un pugno nello stomaco mi ha
violentemente
colpito una costola. Adesso ero a terra con un forte dolore alla testa.
Mi
sembrava surreale. Dal basso vedevo uno di quei ragazzi allontanarsi e
inizialmente avevo pensato che fosse tutto finito. Una mazza. Quel
ragazzo
aveva una mazza e si stava avvicinando a me molto velocemente.
Cominciai a
strisciare con una mano poggiata sullo stomaco. Un dolore si stava
impossessando delle miei gambe per poi diffondersi in ogni parte del
colpo. Mi
aveva appena colpito con la mazza. Continuai a strisciare ma mi dovetti
fermare perché
davanti a me c’era un altro ragazzo che con un ghigno
divertito mi alzò contro
la mia volontà. Avrei preferito strisciare
anziché toccare le sue sporche
braccia.
Rosso. Vedevo delle gocce rosse cadere pesantemente a terra, subito
dopo sentì
il gusto metallico del sangue inibire le mie papille gustative. Mi
accasciai a
terra dalla paura, dal dolore, dall’umiliazione. In quel
momento ripensai a mia
madre e al mio inutile e rischioso stoicismo. Mi dissero “Hai
ancora voglia di
fare la Comunista?” Non risposi. Un altro calcio.”
Avanti la tua risposte
potrebbe cambiare la tua misera sorte”. Potevo rispondere
negando di esserlo.
Potevo dirgli che mi stavano scambiando con qualcun altro. Potevo
rinnegare me
stessa per la mia incolumità. Ma come sempre
l’istinto prevalse sulla
ragione(sempre se fosse razionale rinnegare se stessi) “
Potete continuare a
riempirmi di violenza ma io non mi ridurrò come voi sporchi
fascisti. Siete in
grado solo di incutere timore e nient’altro. Avete paura.
E’ questa la verità.
Avete paura di rimanere schiacciati dal sistema e per
questo vi nascondete dietro i potenti. Abbassate
la testa senza deliberare le vostre idee… le vostre
aspettative. Siete degli
infami servi dello Stato. Potete continuare in 5 contro 1 ma rimarrete
sempre
dei pupazzi inerti nelle mani dei potenti burattinai. Mi fate
schifo.”
Avevo sbagliato in quella situazione perché adesso mi
ritrovavo plasmata a
terra con il volto schiacciato sull’asfalto e due ginocchia
sulle spalle. Stavo
soffocando ed ero pronta a morire.
La mia vista si faceva sempre più flebile e sottile, il peso
sulla mia schiena
era svanito, quando sentì delle grida e subito dopo qualcuno
prendermi nelle
proprie braccia. Conoscevo quell’odore di vaniglia e tabacco:
Carlo. Lo strinsi
a me perché sentivo il freddo penetrare nelle mie ossa e il
suo corpo
emetteva un calore paragonabile al sole d’agosto.
Riuscì solo a dire “ Per
favore non dire nulla ad Andrea” e mi addormentai tra le sue
forti braccia”
Vorrei ringraziare anche
Passiamo al capito. Scusatemi se non ho ancora parlato degli altri ragazzi, non ho ancora fatto incontrare i due protagonisti e non ho ancora analizzato la personalità di Harry ma questi capitoli sono "di introduzione" perchè altrimenti non si capirebbero i comportamenti di Ismeni.. Scusatemiiii ma presto vedremo gli One direction rimproverati e messi con la faccia al muro ma per adesso bastaa.
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Un bacio grande grande da Giada Atm.
Ps. Vi consiglio di ascoltare Oblivion dei Bastille