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Le luci si spensero, lasciando solo un fascio
chiaro al
centro del palco. Poi, di nuovo buio.
La persona che stavano sedute ai loro tavolini
smisero di
parlare, bere, respirare, fare qualsiasi azione di senso compiuto.
Nessuno si
aspettava quel silenzio, almeno non quella sera.
Fu così che anche Kibum volse lo sguardo
sul ragazzo che
sedeva su un piccolo sgabello, sul palcoscenico.
Non si trovava poi così distante dal
soppalco, riusciva a
distinguere bene i contorni della sua figura, del suo volto, della
chitarra che
aveva in mano, anche se era in penombra.
Gli astanti cominciarono a scambiarsi dei
chiacchiericci
confusi, sottovoce, ignari dell’identità del ragazzo.
Pareva abbastanza alto. Le gambe erano fasciate da
pantaloni
probabilmente scuri. I capelli erano folti, scuri anch’essi.
Quando una luce rosata si accese ad illuminare la
figura, a
Kibum parve che la sua gola si stringesse su se stessa, impedendogli di
respirare. Afferrò saldamente il suo bicchiere con acqua e
limone e lo avvicinò
alle labbra, per abbeverarsi. Caso vuole, che proprio in
quell’istante il
ragazzo iniziò a cantare una melodia calma e pacata, da poche
parole, cariche
d’emozione.
Kibum si scordò persino come si beveva.
Lasciò che il bicchiere stesse a
mezz’aria, inclinato, con
un rivolo d’acqua a scendere indisturbato sul suo petto e
macchiargli tutta la
maglietta bianca formando una grossa chiazza umida.
A contrario delle sue aspettative, i pantaloni
dello
sconosciuto erano bianchi, attillati e pieni di cerniere, che
fasciavano
perfettamente i muscoli di cosce e polpacci, finendo poi in scuri
stivaletti
borchiati.
-Jinki…ma quello è Jonghyun!-
-Jong..? Oh già! Non sapevo che suonasse-
Kibum guardò stranito entrambi i fratelli
accanto a sé, poi
tornò a squadrare la figura compostamente seduta di quel
ragazzo. Gli ricordava
qualcuno, quella voce l’aveva già sentita da qualche
parte.
Ricordò improvvisamente il pomeriggio in
cui era passato
vicino al tavolo di Jinki e aveva sentito quel ragazzo urlare qualcosa
d’insensato.
Lo guardò con interesse, posando il
bicchiere sul bancone,
senza curarsi di come avesse fatto a svuotarsi visto che la sua gola
era ancora
arida e sentiva uno strano pizzicore allo stomaco.
Si era fatto un’impressione sbagliata di
quel Jonghyun: ora
che l’aveva davanti, a una decina di metri di distanza, poteva
ammirare la
bellezza del ragazzo, le sue braccia forti stringere la tastiera della
chitarra
e con l’altra suonarne le corde con grazia. Era bello. Davvero
molto bello.
Non pensò al fatto che Taemin si fosse
messo a fissarlo con
un sorrisetto divertito, non pensò al fatto che stava camminando
lentamente
verso una zona più ravvicinata e sgombera di gente, non
pensò al fatto che ad
ogni passo, il cuore accelerava e il viso gli diveniva rovente.
Sentì un richiamo verso quel Jonghyun.
Sentì qualcosa di
intenso salire dalle sue membra fino al cuore ed al cervello.
Ciò che stava
provando non era normale, non era ovvio e i pensieri che gli stavano
affollando
la testa non erano propriamente logici. Pensava al cielo, pensava al
calore del
sole, pensava alla vita, all’attrazione terrena,
all’orizzonte.
Perché pensava a qualcosa come
l’orizzonte?
Una linea di confine, un luogo impossibile da
raggiungere,
poiché l’orizzonte si sposterà sempre con te e non
sarai mai in grado di
arrivare alla tua meta. Una meta costantemente lontana, irraggiungibile.
Ma tutta questa magia era troppo perfetta, eterea
ed
inconsistente per mantenersi nel tempo.
Dal palco la musica terminò,
l’esibizione però non era
finita.
Jonghyun si alzò in piedi, afferrando il
microfono e
lasciando a terra la chitarra; le luci si tinsero di rosso sangue,
donando alla
sua pelle sudata un riflesso argentato che lasciò molta gente,
Kibum compreso,
a bocca asciutta. In quell’istante, molti capirono il vero
significato di ‘Notte
Rossa’.
La musica riprese con toni forti, le chitarre
elettriche in
sottofondo suonavano a ritmo con una prepotente batteria, una melodia
invadente, che penetrava nelle orecchie e faceva battere il cuore a
tempo con
le percussioni. La gente iniziò a scatenarsi assieme al
cantante, raggiungendo
le estremità del palco e circondandolo mentre numerose mani si
alzavano in aria
e si agitavano tenendo il ritmo, incitando Jonghyun a dare il massimo.
Le luci
si alternavano al buio, le ombre si mischiavano con il rosso ed il
corpo del
moro pareva prendere fuoco a contatto con quelle tonalità
scarlatte che
illuminavano tutto il locale. La sua voce accompagnava perfettamente la
musica
in un mix di sensualità e decisione, i capelli sudati gli si
appiccicavano
sulla fronte e lui se li ravvivava con una mano, regalandosi look
aggressivi.
Ad un tratto, si tolse la canotta nera che a
malapena gli
copriva il busto, lanciandola sulla gente, e i suoi muscoli furono alla
mercé
di tutti i presenti.
Fino ad un attimo prima, Kibum aveva lasciato ai
margini del
cervello i pensieri precedenti, che gli ricordavano antiche attrazioni
legate a
qualcosa di platonico, di surreale; appena la folla urlò
compiaciuta del gesto
di Jonghyun, il suo cuore perse un colpo.
Un’attrazione istintiva, quasi animale, lo
invitò a saggiare
ogni centimetro della sua pelle con gli occhi. Cercò di
deglutire più volte,
senza successo. Non riuscì a distogliere lo sguardo da quel
fascio di muscoli
che si muoveva sul palco; muscoli sudati, allenati, grandi e maschili.
Osservò
con una punta di desiderio il suo collo impreziosito da una vena che si
gonfiava
ad ogni acuto della canzone, disegnò un percorso invisibile sui
pettorali,
sugli addominali, sul ventre, dove anche lì spiccava qualche
vena sopra ai
muscoli, la cintura scura, le gambe proporzionate, che ora erano semi
visibili
grazie al sudore che rendeva quasi trasparente la stoffa dei pantaloni.
Sentì
il sangue ribollire quando risalì con gli occhi, curioso di
vedere quanto quei
pantaloni fossero trasparenti.
‘Kibum. Cosa stai facendo?’
Scosse la testa, come se fino ad allora qualcuno
avesse
comandato il suo corpo, mentre lui era rimasto relegato ai confini
della coscienza,
spettatore di tutta la scena. La realtà dei suoi pensieri gli
piombò addosso
come un macigno e l’imbarazzo lo travolse come mai gli era
successo.
Arrancò verso il bancone, dove Taemin e
Jinki parlavano
tranquillamente, e prese la giacca.
Taemin riuscì ad afferrargli un polso prima
che il biondo
potesse fuggire da li.
-Kibum? Stai bene? Dove vai?- Chiese quasi
urlando, per
sovrastare quel rumore.
-Io..non…devo andare!- I suoi occhi erano
luminosi, quasi
blu elettrici, Taemin li incrociò solo per un attimo, ma
capì che non poteva
trattenerlo in quel luogo un attimo di più.
Lo lasciò andare, e Kibum sparì in
mezzo alla folla,
velocissimo.
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:::Angolino:::
Si,
sono consapevole del mio estremo, enorme ed immenso ritardo
nell'aggiornare questa storia. Ma tutto ha un perchè D8
Ho passato mesi, pensando di aver cancellato tutto. Quel piccolissimo
ed insignificante tastino "canc", l'ho detestato. Quindi sono caduta in
depressione da scrittrice. Chiedo umilmente perdono, ma ho ritrovato
con estrema gioia questo documento solo poco tempo fa, e visto che
l'ispirazione mi aveva ormai abbandonata del tutto...ci ho messo un po'
a tornare a scrivere.
Beh, come dice Sherlock.. SHINee is back!
Spero
che questo capitolo vi sia piaciuto, anche se è un po'
piccolino, ma ad ogni passo in avanti..si scopre qualcosina in
più, diciamo.
Fatemi sapere <3
[Ovviamente, Jonghyun si esibisce con qualcosa di simile ad Internet War. Se non fosse abbastanza ovvio.]