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Autore: Marra Superwholocked    06/11/2013    2 recensioni
Il Dottore non dimenticherà mai Anna.. Una compagna di viaggio totalmente fuori dagli schemi, così simile a lui.
"Si mise più comodo, accavallò una gamba per creare un supporto su cui scrivere e cominciò descrivendo la tempesta di quella notte."
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Doctor - 10, Doctor - 11, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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L'idea di River


Amy e Rory camminavano tranquilli, mano nella mano, lungo la riva del lago, mentre il Dottore se ne stava seduto su una panchina a lato del Tardis. Era felice per quella coppia, strana e meravigliosa nel contempo: le discussioni si annullavano non appena si guardavano negli occhi. Una coppia avvolta da un alone di mistero, che induceva il Dottore e chiunque altro li incontrasse ad indagare, a scoprire di più sul loro conto. Ed è proprio questa voglia di sapere che portò il Dottore a venire a conoscenza del fatto che quelli non erano altri che i suoi suoceri.
Amy sorrise al suo compagno e, insieme, continuarono a camminare girando poi l'angolo e sparendo, così, alla vista del Dottore.
“E siamo rimasti soli, io e te” disse lui rivolto al Tardis.
Era il pomeriggio più caldo mai registrato a Londra in quell'estate; il Dottore dovette slacciare i polsini della camicia e arrotolarsi le maniche fin sopra i gomiti che ancora non trovava sollievo.
Sbirciò alle sue spalle e notò una bambina intenta giocare a palla con la madre mentre un ragazzino correva con un aeroplanino in mano mimandone il volo. Tornò a guardare il Tardis e gli venne in mente un'idea.
“Sì, perché no? I Pond saranno di ritorno fra un paio d'ore.. Ce la posso fare” si disse tra sé e sé.
Si alzò dalla panchina ed atterrò sul prato dopo un leggero salto, come quelli che si fanno saltando giù dall'altalena quando è ancora alta: una mamma col passeggino lo guardò incuriosita, ma tirò dritto in direzione del bar del parco.
Il Dottore batté le mani, si tirò indietro i capelli e si diresse in fretta verso il Tardis; vi entrò e corse per i suoi corridoi fino ad arrivare di fronte all'entrata di una stanza in cui non metteva piede da molto tempo. Col cuore in gola, aprì lentamente la porta che, a differenza del resto del Tardis, era appositamente di legno, perché quella stanza racchiudeva tutto ciò che egli stesso raccoglieva nei suoi viaggi sulla Terra, e sentiva che avere del legno in casa lo rendeva più umano.
Fotografie sbiadite e autografi di personaggi importanti come Abraham Lincoln, Arthur Conan Doyle, Leonardo da Vinci, Isaac Newton e Albert Einstein; un ritratto in carboncino della sua quinta incarnazione fatta dal Caravaggio in persona; una ciocca di capelli del Conte Vlad che il Dottore gli tagliò dopo un lungo combattimento.
Passò veloce davanti a una teca di vetro chiusa a chiave, contenente una coppa d'oro, e si chiese come abbia fatto a mantenere il segreto per tutti quei secoli..
Ma ora eccolo: il diario.
Da quando aveva conosciuto River in quella biblioteca, aveva deciso di cominciare anche lui a mettere per iscritto le sue avventure; ma, poiché nemmeno lui era in grado di numerare e sintetizzare i suoi viaggi, optò per la soluzione migliore: quel diario avrebbe assaporato un'unica storia, la più difficile da raccontare, perché la protagonista non era come tutti gli altri suoi compagni di viaggio ma, bensì, una creatura del mare: lei apparteneva alla razza gemella degli esseri umani che decise di continuare a vivere tra coralli e delfini.
Un'unica storia: quella di Anna.
Prese in mano il diario rilegato in pelle e lo sfogliò, giusto per sentire un fresco e leggero odore di carta. La copertina era molto semplice, marrone e senza alcun simbolo o scritta; prese penna e calamaio dal cassetto del comodino in stile barocco di fronte a lui. E per penna intendo una piuma perfettamente bianca, sottile ma abbastanza resistente da permettergli di scrivere velocemente.
Col giusto materiale in mano, ripercorse a ritroso i corridoi fino alle porte del Tardis. Quando le spalancò, sulla panchina dove prima si era accomodato lui, ora vi era una ragazzina con due belle trecce nere come la pece e una frangetta che le arrivava alle sopracciglia.
Il Dottore chiuse il Tardis con uno schiocco delle dita e la bambina si voltò di scatto, spaventata dall'improvvisa comparsa di quell'uomo.
“Ciao!” la salutò lui. “Oh, tranquilla, non aver paura” aggiunse poi, vedendola scivolare verso l'altra estremità della panchina per allontanarsi da lui.
“Io non parlo con gli sconosciuti” chiarì subito la bambina, pronta a scappare.
“Be', non sono proprio uno sconosciuto. Io sono il Dottore. Mai sentito parlare del Dottore?”
“Come un medico?” chiese lei, arricciando il labbro superiore.
Il Dottore si morse la lingua, ma non poteva stare zitto: “No, io sono il Dottore, non un medico. Probabilmente, con tutti i viaggi che ho fatto, avrò conosciuto, anche solo casualmente, un tuo avo..”
“Un mio ..che? Parli in modo strano.”
Il Dottore non sopportava le persone che non capiscono nemmeno le cose più semplici, ma aveva di fronte una bambina: doveva avere pazienza e non fare cose che potevano traumatizzarla.
Riorganizzò le idee e si spiegò: “Un tuo parente che ha vissuto tanti anni fa.”
“Oh..”. La bimba, ancora seduta, si mise a guardare per terra, a ragionare sul nome Dottore, ma lui non ci fece caso: era tutto impegnato a mantenere in equilibrio penna, calamaio e diario mentre si siedeva sul lato libero della panchina.
La bambina si girò verso di lui e gli allungò la mano destra: “Esme!” disse con un sorriso.
“Piacere di conoscerti” rispose lui con lo stesso sorriso e stringendo la manina rosea e morbida. “Quanti anni hai?” le chiese.
“Otto e mezzo, e tu?”
“Secondo te, quanti ne dimostro?”
“Mhm.. Quaranta?”
Il Dottore si rattristò. “Come, quaranta? Ne dimostro così tanti?”
“Scusa.. Ne hai.. Ventisette? Ventotto?”
Gli tornò il sorriso, ma non era proprio la verità. “Attenta: ne dimostro tra i venticinque e i trenta. Ma, in realtà ne ho molti di più!”
“Allora avevo ragione! Ne hai quaranta!”. Cominciava ad innervosirsi.
Molti di più..”
“Sessanta? Ottanta?”
“Tombola!”. Alzò di scatto le mani al cielo e una scia nera volò sul prato alle loro spalle.
La bambina seguì con lo sguardo l'inchiostro per poi tornare a fissarlo negli occhi.
“Ops.. Non è che hai una penna?”
Esme sollevò da terra una sacca per i giochi, ci rovistò dentro e ne estrasse una grossa penna rosa con in cima un gattino bianco e ammiccante. “Tieni, va bene Hello Kitty?”
Il Dottore mise da parte piuma e calamaio, ormai vuoto; poi, con riluttanza, prese in mano la penna che gli porgeva Esme ed aprì il diario.
“Senti un po'..” ricominciò Esme. “Non mi hai detto quanti anni hai.”
Il Dottore rimase a guardare la prima pagina bianca del diario mentre giocava con la penna di Hello Kitty. “Quasi mille” rispose e cominciò a scrivere la data di quel giorno.
“Sì, certo, e io sono Marilyn Monroe.”
Lui si girò di scatto per guardarla meglio e si domandò, pensando, se avesse sbagliato anno.
“Stavo scherzando..”
“Oh, be'.. Sì, certo, l'avevo capito. Ovvio che l'avevo capito..”
“Mh-mh..”
Entrambi si sentirono in imbarazzo; Esme vide il Dottore mangiucchiarsi il gattino, poiché non riusciva a trovare le parole per un giusto inizio.
“Ehi, quella penna non è mia. Non mangiarla, è di Jenna, una mia amica!”
“Pardon, non volevo.. È che non so come cominciare.”
“Parti dall'inizio!” suggerì lei.
Lui la guardò dritta negli occhi: non aveva tutti i torti quella bambina.
Si mise più comodo, accavallò una gamba per creare un supporto su cui scrivere e cominciò descrivendo la tempesta di quella notte.

   
 
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