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Autore: Rie_James    07/11/2013    1 recensioni
Beh, niente, è una storia per lo più inventata, ma con l'aggiunta di qualche evento reale. Nemmeno io so la trama precisa. Vi posso dire semplicemente che è la storia d'amore tra Duncan James ed una sua fan. Spero vi piaccia ^^
Leggete e recensite, mi raccomando!
Genere: Comico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Duncan James, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Buonsalve! :3 Piaciuto il primo capitolo? Mi auguro di sì! >.< Ringrazio Ginevra per avermi recensito positivamente e spero che presto arrivino altre! :3 Poi ringrazio la mia spalla, Aru, che mi rilegge e mi corregge (?) i capitoli… LOL ♥ Maritah, ti lovvo!
Ma passiamo a cose serie. In questo capitolo, come vi avevo promesso, i Blue vengono citati, ma per come procederà la storia, mi dispiace dirvi che probabilmente non compariranno più nel terzo, ma bensì nel quarto capitolo… I’m sorry! (Sorry Seems To Be The Hardest Word 8D ) >.< …
Detto questo, spero che questo capitolo vi piaccia e che lo recensiate in molti! >.<
Grazie a chi legge e a chi recensisce!
Bye bye!                                  
Rie♥

 
 

2. Mare di sentimenti.

-Tuo padre ha un tumore. Va operato al più presto. – aveva detto.
Restò a bocca aperta, con gli occhi sgranati, immobile, cercando di metabolizzare il messaggio che le era stato appena dato, ma l’unica cosa che riusciva a sentire, era la voce di sua madre che ripeteva all’infinito quelle parole che le rimbombavano nella testa come un’eco interminabile. Voleva reagire, fare qualcosa, non sapeva nemmeno lei cosa: non sapeva se piangere, spaccare un muro con un pugno, buttare per aria qualsiasi cosa trovasse davanti a sé, oppure semplicemente rimanere indifferente alla notizia e abbandonare suo padre come lui aveva fatto con lei precedentemente. Insomma voleva avere una qualsiasi reazione, ma non ci riusciva! Non riusciva a pensare, a ragionare,ad agire istintivamente… Era totalmente immobilizzata. E se fino a quel momento era riuscita a sopravvivere all’assenza del padre, anche se soffrendo come un cane, all’improvviso fu invasa dalla paura di perderlo per sempre anche se non ne capiva nemmeno il motivo: Joseph, così si chiamava suo padre, anche quando era a casa era sempre stato un padre relativamente assente, ma sotto richiesta della piccola, giocava con lei volentieri o le insegnava quelle cose che i padri insegnano ai figli, come andare in bici, nuotare, giocare col pallone… E per lei non ci poteva essere di meglio, perché per lei un padre era questo, solo questo. Per lei era un uomo che andava a lavoro, portava i soldi a casa e poi faceva quel che gli pareva finché non arrivavano i figli a fargli determinate richieste. Aveva cominciato a dubitare di questa teoria solo quando cominciò ad andare a casa delle sue amichette delle elementari, con cui si confrontava spesso. Solo così capì che un padre non era ciò che pensava lei, ma nonostante ciò, non riusciva a capire cosa effettivamente fosse un padre. Non lo capiva, ma capiva che suo padre non era un padre e nonostante ciò, a lei stava bene così, non voleva di più. Non si aspettava grandi cose da suo padre, ma gli voleva bene, lo amava e si fidava di lui, motivo per cui aveva sofferto tanto quando lui era scomparso. E motivo per cui alla notizia dàtale dalla madre stava soffrendo ancora di più. Non soffriva solo per la notizia in sé, ma anche per il fatto che ancora una volta non fosse stato lui a comunicargliela.
‘Forse non me l’ha detto lui perché è convinto che io lo odi. Forse pensava che, visto il suo comportamento, non me ne sarebbe importato. Forse si vergogna di se stesso, magari si è anche pentito!’ pensava intanto cercando di giustificarlo.
Venne travolta da una miriade di pensieri, tanto pesanti che quasi si sentì come in un oceano profondo mentre affondava in quel suo mare di sentimenti che non le lasciavano nemmeno il lusso di pensare o addirittura di respirare.
E dopo pochi secondi, che a lei erano sembrati un’eternità, la madre la guardò preoccupata con gli occhi lucidi accarezzandole la spalla.
- Tesoro, non preoccuparti, non è ancora detta l’ultima parola: è ancora piccolo come tumore, non si sa molto su questo tumore, vanno ancora fatti alcuni esami e magari siamo ancora in tempo per guarirlo…
Improvvisamente, Gabriella si risvegliò da quel suo ‘stato di trance’ ed ebbe la reazione che aspettava: gli occhi cominciarono a lacrimare, tremava come una foglia, senza riuscire a fermarsi, aveva la pelle d’oca e lo sguardo perso nel vuoto. Improvvisamente si accasciò in posizione fetale sul pavimento:
- NO! NO! NON E’ POSSIBILE! NON E’ VERO, NON E’ VERO!! –urlò ormai in lacrime.
- Calmati, tesoro della mamma, ti prego calmati – disse la madre anche lei in preda al pianto affiancandosi alla figlia e cercando di tranquillizzarla.
- PERCHE’?! PERCHE’A LUI?! IO LO SAPEVO, TUTTI LO SAPEVAMO!!!!.... – si calmò, poi fece un respiro profondo e riprese a parlare – Lo sapevamo, l’avevamo capito tutti… Non era più lui… Lo sai anche tu che non avrebbe mai fatto niente di ciò che ha fatto in questi anni… Mamma, ho paura… Lo voglio vedere, ho bisogno di vederlo…
- Lo so piccolina mia, lo so… Faremo il possibile per farvelo vedere… Ora dovremo dirlo anche a Julie… - le rispose con voce tremante Danielle abbracciandola.
-Mamma… Perché?.... Perché non ci hanno ascoltato, perché nessuno ci ha creduto?
- Non lo so angelo mio, non ne ho idea di perché siano stati così egoisti…
Eh già. Loro l’avevano capito da tempo… Joe, era così che tutti chiamavano Joseph, era famoso per i suoi occhi: aveva gli occhi cangianti, cioè erano marroncino chiaro, ma alla luce del sole diventavano verdi. E poteva anche vantarsi di avere lo sguardo più dolce dell’universo. Ma chissà perché, quando impazziva, cambiava totalmente sguardo: quando succedeva, quel famosissimo sguardo dolce si tramutava nello sguardo di una belva infuriata, fuori controllo.
Julie e Danielle avevano cercato di farlo ragionare, ma lui non aveva mai dato loro ascolto. Successivamente avevano provato a farsi ascoltare dai parenti e dai vecchi amici di famiglia, ma nessuno le ascoltò o credette a ciò che loro dicevano.
Del resto, come si poteva sospettare e accusare un uomo così buono di cose del genere?
E come dargli torto… Eppure le cose stavano così, che loro ci credessero o meno.
Quando la notizia fu comunicata anche a Julie, permisero anche a lei di sfogarsi e successivamente, dopo un lungo ragionamento, decisero sul da farsi: sarebbero andate loro dal padre.
Quella sera Gabriella e Julie stettero chiuse in camera loro, senza cenare e senza parlare. Non avevano voglia di fare nulla, solo di starsene un po’ in disparte a riflettere, a pensare a cosa fare e a cosa dire con Joe, che loro non vedevano da quattro anni. Ad un certo punto Gabriella si alzò dal letto e ruppe quel silenzio così assordante:
- Adesso basta! Ci siamo piante addosso abbastanza per quattro anni e più. Adesso dobbiamo reagire e dimostrargli che anche se siamo figlie sue, siamo meglio di lui, e faremo con lui una cosa che lui non ha mai fatto con noi: gli staremo vicine, nel bene e nel male!!
- Lo so, hai ragione… - replicò Julie – Ma io non riesco comunque a pensare ad altro…
Gabriella ci pensò un po’ ed infine ebbe un’illuminazione:
- Julie, mi racconti di quando tu avevi la mia età? Sai dei tuoi primi amori, le tue amicizie, i film che si vedevano,le canzoni che si ascoltavano…
Le due avevano cinque anni di differenza, e a quell’età cinque anni di differenza si fanno sentire.
Julie le raccontò delle sue amiche, di quelle false, di quelle vere che erano ancora con lei, delle sue cotte, delle sue delusioni d’amore, della scuola, delle sue professoresse… Insomma le descrisse per filo e per segno la sua adolescenza, mentre la sorellina più piccola l’ascoltava attentamente prestando attenzione ad ogni minimo dettaglio.
Un po’ invidiava sua sorella, ma non in maniera cattiva: semplicemente ividiava il fatto che sua sorella avesse avuto un’infanzia ed un periodo adolescenziale migliore del suo, che in effetti non c’era mai stato, perché si era ritrovata nella condizione in cui sarebbe dovuta crescere all’improvviso, saltando tutte le fasi previste… Il tutto, solo per soffrire di meno la mancanza di suo padre.
- E che musiche ascoltavi?- proseguì la ragazzina
- Beh, non so se te li ricordi, fino a poco tempo fa c’erano quelle boyband… Sai gli NSYNC, i Backstreet Boys, i Blue…
- Non mi sono nuovi, ma non ce li ho presenti in realtà.
- Boh, non so, avrai sentito qualche canzone… Pop, Everybody,  Breathe Easy….
- Breathe Easy!! – si illuminò – Oooh… Can’t breath easy…. – continuo cantando.
- Sì, esatto, quella. – ridacchiò la maggiore
- E’ una delle mie canzoni preferite!!
- Lo credo, è bellissima! – sorrise.

Continuarono così, fino a tarda notte, quando furono prede della stanchezza e si addormentarono l’una nelle braccia dell’altra in quel lettuccio piccolo di Julie.
 
***
 
Il giorno dopo telefonarono allo zio Harry per chiedergli di accompagnare le ragazze dal padre, poiché loro non avevano l’automobile per arrivare così lontano da lui; purtroppo non ricevettero la risposta che si aspettavano:
- Mi dispiace, Danielle… Ho parlato Joe ed ho letto la sua cartella clinica, sulla quale è stato messo per iscritto quello che lui mi aveva già precedentemente detto: solo una persona è stata autorizzata ad essere a conoscenza delle sue condizioni di salute… E questa persona non sei tu, non è Julie, né tantomeno è la piccola…
- Oh Harry, ti prego, non dirmi che dirai sul serio!! E soprattutto non dirmi che quella pers-…- Harry la interruppe.
- Sì, Danielle. Joe ha scritto che l’unica persona a doverlo sapere è Sonya.
Sonya era la compagna di Joe, nonché la ragione per cui lui aveva lasciato Danielle abbandonando le sue due bambine.
- Non permetterai mica che Joe si operi senza che le ragazze l’abbiano visto, vero?!
- Danielle, senti…
- No Harry, non posso ascoltarti! Nessuno ci ha voluto ascoltare quando siamo venute da voi strisciando disperate, quando vi abbiamo chiesto di controllarlo, di aiutarlo… E adesso io non posso ascoltare te! Perché devo tutelare le mie bambine. Per cui, che tu, Joe e quella… “DONNA” lo vogliate o no, le mie figlie vedranno il loro padreil giorno dell’operazione, chiaro?!
-… Ce le accompagnerò io, tranquilla…
- Grazie. Lo comunico subito alle ragazze… Ci aggiorniamo. – riagganciò.

Danielle chiamò le ragazze e riferì loro la conversazione tra lei e lo zio Harry.L’indomani, Joe si sarebbe operato e loro sarebbero dovute andare da lui a trovarlo.
  
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