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Autore: Verdeirlanda    07/11/2013    1 recensioni
**Beatrice ammirava il cielo con la bocca quasi spalancata,e sorrideva ad ogni stella che vedeva cadere.
A un certo punto prese la mano di Zoroastro: "Hai visto Zo? Le vedi? Sono bellissime!"
Il ragazzo si girò verso di lei che ancora fissava il cielo e sorrideva a quelle stelle cadenti, e sorrise anche lui: "Sì, sono davvero bellissime Bea."
Strinse forte la mano della ragazzina nella sua e tornò a guardare in alto, da dove piovevano le stelle.**
Tutto era iniziato così, in una notte d'estate.
Molti anni dopo Beatrice, suo fratello Leonardo e il loro più caro amico Zoroastro si troveranno ad affrontare eventi di cui non avrebbero mai potuto immaginare né l'arrivo nè l'entità.
Entreranno in contatto con antichi misteri e dovranno fare i conti con le trappole e gli intrighi orditi da Riario,
Leo dovrà lottare per giungere alla verità, Bea e Zo per aiutarlo rischieranno di perdere molto, ma non il sentimento celato che il lega da sempre, da quella notte.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Girolamo Riario, Leonardo da Vinci, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zoroastro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Riario lasciò i suoi appartamenti privati e si incamminò lungo il corridoio che lo avrebbe portato ai giardini interni di palazzo Medici, dove lo attendeva Clarice Orsini per un bicchiere di vino.
Era insospettito da tanta ospitalità, probabilmente la donna voleva ammorbidirlo, o carpire qualche sua mossa futura.
Il palazzo era incantevole, doveva ammetterlo, ricco di opere d'arte e luce.
Castel Sant'Angelo non era così luminoso pensò, era diventato molto lugubre negli ultimi anni.
In fondo al corridoio vicino alla porta che dava sul giardino Riario scorse Clarice intenta a parlare con una giovane donna dai capelli castani.
Quando lei lo vide lo salutò con un sorriso: "Conte Riario, siete molto puntuale per il nostro incontro! A breve andremo subito in giardino. Permettete prima che Vi presenti una persona a noi molto cara."
La giovane si voltò, era molto bella, aveva grandi occhi verde scuro e un dolce sorriso.
"Vi presento Beatrice Da Vinci."
Da Vinci? pensò Riario sussultando. Sarà in qualche modo legata al nostro artista?
Fece un piccolo inchino accennato verso di lei.
"Beatrice, Vi presento il conte Girolamo Riario, capitano generale dell'esercito della Chiesa di Roma. È qui come delegato papale in visita a Firenze."
Beatrice fece un cenno di inchino, molto goffo, non le erano mai riusciti bene gli inchini da damigella. 
"È un piacere Conte Riaro." 
"Il piacere è mio madonna Da Vinci."
"Oh, grazie ma non sono una madonna, sono solo Beatrice." gli rispose sorridendo. "Non sono nobile come Voi e Clarice."
Riario rimase affascinato dalla sua presenza. Quella giovane donna aveva uno sguardo fiero, attento, ma anche molto dolce. Il suo sorriso era luminoso e rassicurante.
La sua non era una bellezza lasciva, bensì candida e delicata.
Clarice appoggiò una mano sul braccio della ragazza: "Beatrice è molto benvoluta qui a palazzo. È una erborista di grande talento, è quasi un medico per noi. Sta curando le mie figlie da una brutta tosse, stanno molto meglio grazie ai suoi sciroppi e decotti."
"Oh, una donna medico? È sconcertante. Davvero a Firenze è permesso tale scempio?" Lupo Mercuri sbucò da dietro le spalle di Riario. 
Clarice, un po' innervosita dalla maleducazione dell'uomo più fidato del conte, lo presentò: "Beatrice, costui è Lupo Mercuri, archivista della biblioteca vaticana." 
La ragazza lo salutò con cortesia: "Beatrice Da Vinci signore, piacere." 
Non è vero, non è un piacere brutto arrogante ma a differenza tua io sono educata, pensò Bea.
"Madonna Clarice" iniziò Mercuri ignorando Beatrice "Davvero vi fidate degli intrugli di questa fanciulla? Una donna che maneggia erbe e pozioni ha un nome ben preciso dalle mie parti, e di certo non le affiderei la salute dei miei figli!"
Gli occhi verdi di Beatrice si erano come infuocati per la rabbia, assumendo sfumature ambrate
"Io non faccio pozioni dentro un calderone nel cuore della notte circondata da gatti neri, ho un laboratorio dove preparo medicine. E per la cronaca molte di queste sono tramandate da secoli anche dai Vostri monaci nei monasteri. Persino le suore del convento sono mie pazienti signore."
Mercuri rise sarcastico: "Certo siete presuntuosa nel paragonare le Vostre stregonerie alle sacre ricette dei monaci."
"Beh Voi non siete da meno nel giudicarmi senza nemmeno conoscermi." sentenziò Beatrice.
Riario trattenne una risata. La ragazza aveva un bel caratterino e la risposta pronta.
La trovava sfacciata e impertinente, ma allo stesso tempo questa sua testardaggine gli piaceva.
"Vi prego di non mancare di rispetto a una signora Mercuri." intervenne Clarice "Beatrice è benvoluta da noi, non ci ha mai dato motivo di dubitare della sua buona fede."
Mercuri sorrise ironico e disse: "Come in tutte le comunità dei fedeli, le donne nelle assemblee tacciano perché non è loro permesso parlare; stiano invece sottomesse, come dice anche la Legge. Questo è scritto nella Bibbia, nella prima lettera ai Corinzi, capitolo 10..."
"14." lo interruppe Beatrice
"Cosa?" 
"La frase che avete citato non è al decimo capitolo della lettera ai Corinzi, ma al quattordicesimo."
Mercuri schiumò di rabbia: "Come osate contraddire me, piccola sfrontata? Pensate di conoscere la Bibbia meglio di..."
Riario lo interruppe: "In verità ha ragione. È il quattordicesimo capitolo, non il decimo. E se lo dico io Lupo potete crederci."
"Beatrice conosce a memoria le Scritture." disse Clarice con una certa soddisfazione.
La ragazza sorrise ironica: "Volete citare qualche altra frase a casaccio in modo tale che 
io possa correggerVi?"
Mercuri stava per ribattere ma Riario gli intimò il silenzio con un gesto, e disse: "È una cosa curiosa. Davvero conoscete a memoria la Bibbia?"
"Antico e Nuovo Testamento conte. Ho letto ogni libro, comprese le diverse interpretazioni che gli sono state date, ho letto molti libri di teologia." rispose Beatrice con una punta di orgoglio.
"È insolito che una donna si appassioni così tanto alle Scritture, ancor più insolito che si interessi alle questioni teologiche." Riario era sempre più affascinato da questa ragazza "E giusto per sapere, che citazione biblica usereste per ribattere a ciò che ha detto Lupo?"
Beatrice scosse la testa: "Non uso la Bibbia per perorare le mie cause."
"Oh Vi prego, Vi chiedo solo un piccolo favore."
C'era qualcosa di magnetico nello sguardo del conte,le sembrava che la stesse penetrando da parte a parte.
Beatrice riflettè e poi si schiarì la voce: "Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l'avevano deposto. 
Ora andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto."
Riario sorrise, aveva capito, mentre Mercuri guardò Beatrice perplesso. "Volete spiegarVi?" chiese spazientito.
Beatrice scosse la testa: "È incredibile che non ci arriviate da solo. Nella Bibbia è scritto chiaramente che le prime persone che videro Gesù risorto non furono gli apostoli, non furono Pietro o il Vostro Paolo, ma furono Maria di Màgdala, Maria di Giacomo e Salome, tre donne, le pie donne." la ragazza sorrise soddisfatta "Gesù, il Figlio di Dio, ha deciso di rivelarsi prima alle donne che agli uomini. Evidentemente ci teneva molto più in considerazione di quanto facciate Voi."
Mercuri, umiliato, rimase in silenzio non sapendo come ribattere. Riario era compiaciuto, aveva pensato alla stessa risposta.
"Notevole, davvero notevole. Non era un compito facile."
"Già, non si parla molto bene di noi nelle Scritture."
"Il Vostro fervore nei confronti della Bibbia è ammirevole. Se prendeste i voti diventereste badessa in pochi anni..."
Beatrice scoppiò a ridere, ma subito si portò una mano alla bocca nel vedere l'espressione di disappunto sul viso di Riario: "Oh, perdonatemi, non ridevo di voi! Io stavo solo pensando che era risibile l'idea di diventare suora."
Riario era confuso: "Non capisco."
"Sarebbe difficile farmi suora dato che sono ebrea, ci sarebbe un intoppo di base." sorrise Beatrice.
"Bene, è pure giudea..." sibilò Mercuri.
Bea avrebbe voluto ribattere che anche Gesù in fondo era ebreo, ma si trattenne per non creare ulteriore tensione.
Riario non sembrava sconvolto da tale rivelazione: "Potete sempre convertirVi."
"Ma io non desidero convertirmi conte." rise Beatrice "Grazie per il Vostro interessamento comunque. Ora scusatemi, ma devo visitare le bambine." disse lei. "A dopo Clarice."
Si rivolse poi ai due uomini: "Signori, passate una buona giornata."
"Anche Voi. Spero di rivederVi nuovamente Beatrice." Riario le fece un breve inchino, mentre Mercuri non si mosse.
Beatrice sorrise alle parole del conte e si congedò
Riario prese da parte Mercuri, scusandosi con Clarice. "Datemi qualche istante madonna, Vi raggiungo subito in cortile per il nostro incontro."
La donna si allontanò e uscì, dirigendosi verso un tavolo nel giardino.
Riario bisbigliò a Mercuri: "È tutto pronto per oggi?"
"I Vostri uomini hanno individuato il giovane Nico, lo porteranno da Voi come concordato."
Riario si limitò ad annuire e raggiunse Clarice, si sedette accanto a lei.
"Vi chiedo ancora scusa madonna, ho pensato fosse giusto rimproverare il mio fidato archivista per come si è comportato poco fa. È stato inappropriato."
"Decisamente inappropriato conte. Beatrice è una creatura così deliziosa, non merita certo tale maleducazione." asserì Clarice.
"Già. Deliziosa." mormorò Riario mentre un servitore gli versava il vino speziato nella coppa.

Leonardo si svegliò che ormai era mattina inoltrata.
Si alzò, la testa gli faceva ancora un po' male, maledetta esplosione.
Uscì in cortile, la luce del sole era calda e piacevole.
"Come stai Leonardo?"
Verrocchio era impegnato con alcuni suoi allievi pittori.
"Molto meglio Andrea, grazie" gli sorrise "La testa duole un poco...per caso sai se Beatrice è già uscita?" 
Verrocchio annuì: "È uscita presto per andare dai Medici."
"Vorrà dire mi rifarò da solo alcune medicazioni." e si diresse nel laboratorio di Beatrice.
Sua sorella teneva la stanza in perfetto ordine, ogni boccetta, bottiglietta e barattolo erano disposti in ordine alfabetico in base al contenuto sugli scaffali.
Non fu difficile trovare l'unguento che preveniva le infezioni.
Mentre usciva Leonardo notò il libro dell'ebreo sulla scrivania. Subito si precipitò a prenderlo, per poterlo sfogliare,magari risolvere il mistero nascosto in quelle pagine. Rimase seduto lì per ore, leggendo e rileggendo.
Poi sbattè un palmo sulla scrivania: "Ho capito!"
"Cosa hai capito?" Leonardo si voltò e vide Zoroastro sulla soglia "Verrocchio ha detto che eri qui. Dunque?"
Leo era eccitatissimo: "Ho capito Zo, il libro, ho decifrato il mistero!" 
Zoroastro spalancò gli occhi per la sorpresa: "Fantastico! Dimmi, cosa nascondevano quelle pagine?"
Leonardo nascose il libro sotto il materasso del letto e uscì dal laboratorio di Beatrice, seguito dal suo amico.
"Non ora. Devo trovare Nico e mia sorella, dovete esserci tutti! Ma dove sono? Dovrebbero essere entrambi qui! Andiamo, li raggiungeremo noi."
I due uscirono in strada per cercare gli altri.


"È amaro." disse imbronciata Luisa, la piccola de Medici.
"Lo so tesoro, ma ti farà passare la tosse. Su, da brava, bevi il decotto." Beatrice le accarezzò i capelli biondi e le avvicinò la tazza alla bocca.
"Bravissima. Ora mettiti ben bene sotto le coperte e prova a riposare. Tornerò domani a controllarti." La bimba le sorrise e si infilò sotto il lenzuolo.
Beatrice uscì dalla stanza della bambina e si diresse verso i giardini. Le piaceva passare attraverso quei viali ricchi di fiori prima di lasciare il palazzo.
Uscì e si immerse in tutti quei bellissimi colori. La parte che preferiva era il roseto: Clarice adorava le rose e ne aveva fatte arrivare a Firenze diverse varietà.
Beatrice si fermò ad ammirare un cespuglio di rose gialle screziate di rosso, quando sentì un rumore alle sue spalle. Sì voltò di scatto e si trovò davanti il conte Riario.
"Accidenti conte!" esclamò "Mi  avete fatto prendere un colpo!" 
"Non era mia intenzione, perdonatemi. Stavo passeggiando nel roseto e Vi ho vista, così ho pensato di raggiungerVi."
Beatrice sorrise: "Ehm, beh, d'accordo...nessun problema."
Riario si avvicinò a lei: "Come stanno le bambine?"
"Meglio, la tosse per fortuna sta passando. Come è andato il Vostro incontro con Clarice?"
"La padrona di casa è decisamente molto ospitale. Quando si è congedata mi ha consigliato di vedere il suo roseto, ed eccoci qua. Mi ha anche parlato di Voi sapete?"
Beatrice alzò un sopracciglio: "Di me?"
"Sì, mi ha raccontato che tempo fa Giuliano de Medici aveva preso un'influenza terribile e che il Vostro intervento lo ha salvato da morte certa."
Beatrice scoppiò a ridere: "Non sarebbe morto! Era una malattia intestinale, gli ho solo somministrato tisane al limone e ho disposto che seguisse una dieta rigida per qualche giorno. Una soluzione stranamente sconosciuta ai dottori di palazzo che già presagivano il peggio!"
I due iniziarono a passeggiare per il roseto e poi si sedettero su una panca di pietra.
"Clarice mi ha anche detto che Vostro padre Piero è il notaio personale dei Medici" continuò Riario "e che siete, come posso dire, la sua figlia, ecco..."
"Illegittima." sentenziò Beatrice "Non è così difficile da dire. Non lo è per me almeno." 
"Giusto. Non siete nè la prima nè l'ultima." Riario abbozzò un sorriso "Diceva che sono stati i Vostri nonni ha insegnarVi di erboristeria."
Accidenti che chiacchiera la signora de Medici, pensò Beatrice.
"E anche la passione per le Sacre Scritture è una loro eredità?"
Beatrice annuì: "Mio nonno era un rabbino oltre che un erborista. È stato lui a insegnarmi l'importante della conoscenza, e per gli ebrei la più importante è la conoscenza della parola sacra." sorrise "Facevamo interminabili gare, lui diceva un versetto e  io dovevo collocarlo."
Riario pensò che anche lui conosceva a memoria le Scritture, ma era stato un dovere impararle, non un piacevole passatempo, era necessario che un nobile del suo rango e del suo status sapesse tutto. 
"Clarice ha anche accennato a un altro membro della Vostra famiglia..." Riario lascò volutamente la frase a metà, non era vero che Clarice ne aveva parlato, ma voleva capire che rapporto ci poteva essere con Da Vinci.
"Vi avrà parlato di Leonardo, mio fratello. Sta facendo dei lavori per Lorenzo, lui è...ecco, un artista." 
Dunque era suo fratello...un legame interessante, che forse sarebbe potuto tornare utile.
"Sì, esatto." Riario decise di non chiedere di più su Leonardo per non insospettire la ragazza con la sua curiosità, tanto avrebbe scoperto successivamente dettagli importanti.
Rimasero per un attimo in silenzio, poi il conte disse: "Dunque siete nipote di un rabbino."
"Sì..." rispose sospettosa Beatrice.
"È un peccato che non possiate diventarlo anche Voi, dato che le donne non possono esercitare tale ruolo, non potete nemmeno diventare un sacerdote."
"Già..." Dove volete andare a parare? si chiese Beatrice.
"Vi sarebbe piaciuto?"
"Diventare rabbino? Oh beh,credo di sì. In fondo è una guida spirituale per la comunità, un faro nella nebbia come diceva mio nonno." 
"Potreste esserlo, se lo voleste. Certo non come rabbino."
"E come cosa?"
"Come suora."
Ed ecco dove voleva arrivare! pensò Beatrice.
"Come suora" continuò Girolamo "potreste essere un punto di riferimento per la comunità di fedeli che frequentano il convento, e anche per altre sorelle."
Beatrice scosse la testa: "Non mi interessa la vita da monaca conte. E rimane il fatto che non esistono suore ebree."
"Ma esiste la conversione. Molti giudei si sono già convertiti alla fede cristiana."
"Sì, perché costretti da indicibili torture e minacce!" sbottò Beatrice "I Vostri alleati spagnoli lo stanno facendo da anni e non credo che a Roma siate da meno."
"A Roma i giudei si convertono per una scelta del cuore, che viene irradiato dalla luce di Cristo." 
La ragazza rise sarcastica: "Già, la luce di Cristo, dite pure la luce di un ferro incandescente sulla carne viva!"
Riario rimase colpito dalle parole di Beatrice: insolente e impertinente pensò, rivolgere tali accuse, ma anche molto coraggiosa a fare certi discorsi davanti a lui.
E in fondo quello che diceva aveva un fondo di verità, ma lui non lo avrebbe mai ammesso.
"Ad ogni modo" il conte cercò di continuare il suo discorso "Come suora potreste sfruttare la Vostra conoscenza e la Vostra intelligenza. Non potete farlo restando ebrea."
"In verità lo faccio tutti i giorni, come erborista e medico, e anche come ostetrica se capita." ribattè lei. "E comunque che ci crediate o no, mi sta bene essere ebrea, certo non sono tra le più devote, ma anche se frequento saltuariamente il Tempio è quello che sono. E come ho già detto la vita monacale non mi attira."
Testarda! pensò Riario.
"Non capisco perché vi stiate incaponendo su questa questione conte. Che forse uno dei Vostri compiti per il Santo Padre è fare proseliti?" chiese Beatrice.
"Non è forse compito di ogni buon cristiano?" Girolamo fece un mezzo sorriso "E poi come servo umile del Vaticano è anche mio compito preoccuparmi delle anime che rischiano di perdersi."
Beatrice spalancò gli occhi: "Io sarei un anima perduta??"
"Non siete ancora perduta Beatrice, se posso impedirlo."
"Ah!" sbottò lei, infastidita "Non vedo perchè la mia anima debba essere cosa di cui vogliate occuparVi!"
"Perché vedo in Voi una purezza e un fuoco che rendono la Vostra anima simile a un diamante. E sento il dovere di occuparmi di tale gemma preziosa."
Le parole di Riario colpirono Beatrice come una secchiata d'acqua gelida, tanto da zittirla,cosa incredibile, e da impedirle di muoversi.
Girolamo dal canto suo, vedendo l'espressione sbigottita della ragazza si rese conto di aver parlato troppo, di essersi spinto oltre.
Si alzò e si schiarì la voce, poi disse: "Perdonatemi Beatrice io...ora devo andare. Spero di vederVi nuovamente..." Si allontanò con passo veloce verso i suoi appartamenti.
La ragazza rimase seduta per qualche istante, poi si alzò e uscì dal palazzo.
Mentre tornava a casa ripensò allo strano incontro avuto con Riario.
Quel conte aveva un certo fascino, un atteggiamento elegante e cortese, ma anche misterioso. Il modo in cui la guardava l'aveva turbata, perché in effetti era come se cercasse di scavare nella sua anima per carpirla.
Il suo sguardo non si era mai staccato da lei mentre parlavano, da un lato l'aveva messa a disagio, ma dall'altro la lusingava. 
Le sue parole l'avevano colpita ma non riusciva a capirne il senso, si sentiva un po' impaurita.
Decise di fare una passeggiata, una lunga passeggiata, per scrollarsi di dosso quella sensazione che la attraversava.
Girolamo intanto chiuse dietro di sè la porta della stanza da letto, sbattendola.
Si sedette sul materasso e poi si sdraiò.
Che mi succede, che mi è successo? 
C'era qualcosa in quella ragazza che lo aveva rapito. Forse aveva ragione Mercuri, era una megera, lo aveva stregato.
"Ma non pensare idiozie Girolamo." disse a voce alta.
La conosceva da poche ore, perché gli aveva fatto questo effetto? 
E quella frase che le aveva detto gli era uscita così di getto, così istintiva.
"E sento il dovere di occuparmi di tale gemma preziosa..." mormorò.
Non provava da tempo una sensazione come quella, credeva che non l'avrebbe più provata. 
E poi è arrivata questa delicata creatura dagli occhi verdi, a sconvolgere il suo equilibrio.
Girolamo chiuse gli occhi, per rilassarsi.
Doveva riprendere il controllo, aveva un compito molto importante da svolgere, a breve avrebbe dovuto interrogare il giovane allievo di Da Vinci.

"Ma dove saranno finiti? Di solito fanno questa strada per venire al mio laboratorio."
Leonardo era perplesso, lui e Zoroastro ancora non avevano rintracciato Beatrice e Nico.
Decisero allora di prendere altre strade, pensando che i due si fossero trattenuti da qualche parte, forse tra la bancarelle del mercato.
"Forse Beatrice è ancora a palazzo dalle figlie di Lorenzo." ipotizzò Zoroastro.
Leonardo lo guardò: "È possibile. Ma Nico?." 
Zo non sapeva che rispondere.
Non poteva certo sapere che in quel momento Nico aveva paura, molta paura e non capiva cosa stesse succedendo.
Si stava dirigendo verso casa di Leonardo, ma mentre attraversava i portici era stato aggredito, gli avevano messo un cappuccio in testa e lo avevano picchiato intimandogli il silenzio.
Lo avevano trascinato e lo avevano fatto salire su una carrozza che era partita velocemente una volta chiuso lo sportello.
Nico non capiva dove stessero andando, poi la carrozza si fermò, lo fecero scendere e lo fecero camminare per qualche metro.
Lo scaraventarono su una sedia e poi finalmente gli tolsero il cappuccio.
Per qualche istante Nico non vide nulla, accecato dalla luce del sole.
Poi si rese conto di essere alle rovine di una vecchia chiesa, seduto a un tavolino. Di fronte a lui un uomo, ben vestito, capelli e occhi scuri, che lo fissava.
"Io so chi siete Nico, ma Voi non sapete chi sono io vero?" chiese l'uomo.
Nico scosse la testa.
"Sono il conte Girolamo Riario, capitano generale dell'esercito di Santa Madre Chiesa. Immagino Vi stiate chiedendo il motivo della Vostra convocazione. So che siete discepolo di tale Leonardo Da Vinci. Ora, senza perderci in troppi preamboli inutili, ho saputo che il Vostro Maestro ha riesumato un cadavere poco tempo fa. Il cadavere di un ebreo."
Nico deglutì a fatica e Riario continuò.
"Ora, credo di sapere perché il Vostro Maestro ha riesumato il corpo, cercava qualcosa evidentemente...e da quanto mi è stato detto, l'ha trovata." gli occhi di Riario fulminarono Nico "Cosa ha trovato Da Vinci, Nico?"
Nico serrò le labbra, intento a non tradire il suo Maestro.
"Molto bene. Non volete parlare. Credo allora che dovrò essere più convincente."
Il conte fece un cenno a un soldato che gli portò una scatola di legno.
"Lasciate che Vi parli di questo congegno Nico, si chiama Lacrima della vedova." spiegò Riario mentre un soldato introduceva a forza nella scatola la mano destra di Nico "In questa scatola, collegato a questa maniglia, c'è uno stiletto con punta di diamante, e se la giro così essa scende, perforando tutto ciò che incontra."
Il diamante iniziò a lacerare la carne della mano di Nico, che cercò di resistere , ma il dolore era troppo forte, al secondo giro supplicò il conte di fermarsi.
"Bene, ora siete pronto per parlare. Ditemi tutto." 
Nico sospirò, amareggiato, e poi raccontò al conte della chiave e del libro.
"E questi oggetti sono nel laboratorio del Vostro Maestro?"
"Sì." rispose Nico.
"Allora andiamo subito a prenderli, che ne dite?"
Nico annuì, e pensò che aveva tradito il suo Maestro, ma anche che, se avesse giocato bene le sue carte, c'era ancora una possibilità di salvare la situazione.

"Che ne dici amico mio, ci facciamo una pinta?" chiese Leonardo allargando le braccia, rassegnato. Avrebbe dovuto aspettare che Beatrice e Nico si facessero vivi da soli.
Zoroastro annuì e insieme entrarono nella taverna dell'Aquila nera.
Si sedettero a un tavolo a botte e ordinarono due pinte.
Attorno a loro non c'erano molte persone, qualche ubriacone abituale e un gruppetto di giocatori d'azzardo.
"Non vuoi anticiparmi nulla su cosa hai scoperto nel libro?"
Leonardo rispose all'amico: "Di certo non qui, in pubblico."
Zoroastro sorrise scuotendo la testa e bevendo un sorso di birra.
"Tu piuttosto, da un po' di tempo ti comporti in modo strano, soprattutto quando c'è di mezzo mia sorella." a Zoroastro a queste parole quasi andò di traverso la birra "C'è qualcosa che dovrei sapere?" 
"No, non c'è nulla che tu debba sapere..."
Leonardo era divertito dall'evidente imbarazzo dell'amico.
"Guarda che non devi farti problemi solo perché Bea è mia sorella, insomma, certo non voglio sapere dettagli imbarazzanti ma se vuoi parlarne in generale..."
Zoroastro rise: "Non ci sono dettagli imbarazzanti Leo, davvero! Solo..." esitò un attimo "Ecco, prima che tu facessi saltare in aria il laboratorio ero in camera di Bea e stavamo per..."
"Lalalalalala! Non voglio sentire!!!" Leo si tappò le orecchie.
"Ma smettila!!" entrambi risero, poi Zo continuò "Stavo per baciarla, e credo che volesse farlo anche lei."
Leonardo sorrise: "Beh è una bella cosa! O no? Insomma Zo, è da tempo che qualcosa tra voi è come cambiato, sembrate più vicini, più coinvolti. Dovete solo fare quel piccolo passo..."
"Vorrei farlo" lo interruppe Zoroastro "Vorrei dirle quello che provo. È solo che...lei è speciale Leo, tengo a Beatrice più che a me stesso."
"Lo so amico mio...allora cosa ti frena."
"Lei merita di più."
Leonardo strabuzzò gli occhi: "Cosa??"
Zoroastro bevve un altro sorso, poi disse: "Beatrice merita molto di più di...questo." indicò se stesso "Io sono un truffatore Leo, un venditore di false reliquie, un ladro, leggo le carte per pochi soldi a chi è tanto stupido da credere che si possa predire il futuro. Beatrice merita di più, merita una persona diversa al suo fianco."
Leonardo era colpito da ciò che Zoroastro pensava di sè: "Non è mai stato un problema per te essere tutte queste cose."
"E non lo è. Ma se parliamo di Bea allora... Al suo fianco dovrebbe avere un uomo diverso."
Leonardo gli sorrise: "Amico mio, tu hai tante buone qualità sotto quella scorza da piccolo delinquente!" strappò una risata a Zoroastro "E Beatrice le conosce tutte se si è innamorata di te."
Innamorata, pensò Zo, era bello pensare che lei lo fosse.
"Ti dirò una cosa, ma sappi che negherò di fronte a chiunque di averla detta: Beatrice non potrebbe avere un uomo migliore di te al suo fianco."
Zoroastro sorrise, alzò il boccale verso Leonardo e bevve un sorso, e il suo amico fece lo stesso.

"Dunque, dove sono il libro e la chiave?" ripetè Riario.
Il conte, Nico e i soldati erano nel laboratorio di Da Vinci. Gli uomini stavano frugando dappertutto e buttavano per terra scatole, rotoli di carta e volumi.
Nico si guardò attorno: "Il Maestro le ha messe in un forziere. Dovrebbe essere sotto il tavolo."
I soldati guardarono e trovarono una cassa di legno, chiusa a chiave.
Ecco, pensò Nico, ci siamo,
"Questo?" chiese Riario.
Nico annuì, sperando di non tradire le sue intenzioni. La cassa in realtà non conteneva il libro e la chiave, era una delle trappole esplosive del suo Maestro.
"E la chiave per aprirla?" 
"Il Maestro la porta sempre con sè." 
"Volete che la forziamo signore?" chiese un soldato.
Riario annuì.
Il soldato prese un piede di porco e iniziò a scalfire la serrature.
Intanto Nico, lentamente, si preparò a buttarsi a terra. Respirava pesantemente e questo attirò l'attenzione del conte, che vide il ragazzo fissare teso la cassa di legno, e allora capì. Era una trappola.
"FERMO!" urlò al soldato, ma ormai era troppo tardi.
E ci fu l'esplosione.

Beatrice era appena arrivata di fronte alla bottega del Verrocchio quando sentì il boato.
Maledizione! Suo fratello aveva di nuovo combinato un casino! 
Corse attraverso il cortile, entrò nel laboratorio urlando: "Leo!!! Leo!!!"
Ma quando fu lì rimase basita.
Nella stanza c'era una sottile coltre di fumo attraverso la quale Beatrice riuscì a distinguere le figure di uomini vestiti di scuro, dei soldati, che giacevano a terra lamentandosi.
Da dietro al tavolo emerse Nico, il viso sporco di cenere. E poi vide lui.
Il conte Riario si avventò si Nico in preda alla furia.
"Piccolo bastardo! urlò al ragazzo "Pagherai per questo..."
Il conte fu interrotto dal grido di dolore di Beatrice.
Si voltò e la vide, un soldato l'aveva afferrata per i capelli. 
"Ferma puttana!"
"Lasciatemi schifoso, lasciatemi!" Bea si dimenava, cercava di colpirlo con i piedi, un calcio prese in pieno lo stinco del soldato che ricambiò dandole un ceffone.
"LASCIATELA STARE!" la voce di Girolamo sovrastò ogni rumore.
Il soldato lasciò la presa e si allontanò da lei.
Girolamo spinse Nico per terra con violenza, senza mai staccare gli occhi da Beatrice. Lei lo fissava sconvolta, confusa nel trovarlo lì. 
Alla fine la ragazza trovò la forza di parlare: "Cosa diavolo ci fate qui? Che volete?"
Riario non le rispose, si rivolse invece ai suoi uomini: "Andiamocene, l'esplosione attirerà altre persone."
Mentre usciva Beatrice gli si parò davanti: "No! Ditemi che diavolo ci fate..." 
Un soldato la scaraventò contro il muro.
Riario istintivamente diede un pugno in pieno viso al soldato.
"NON VI HO FORSE DETTO DI LASCIARLA STARE?" 
Bea sgranò gli occhi, spaventata dall'espressione di rabbia del conte.
Girolamo guardò il suo viso, la guancia ancora rossa per lo schiaffo, gli occhi verdi spalancati per la sorpresa.
Non capiva perché, ma gli dispiaceva che lei lo avesse visto così furioso.
"Andiamo." disse, e lui e i suoi uomini scapparono.
Beatrice rimase per qualche istante impietrita, contro il muro, poi sentì flebile il lamento di Nico, lo vide per terra e corse a soccorrelo.
"Nico! Dimmi dove ti fa male... Ma che è successo? Cosa ci facevano qui quegli uomini?"
"Il conte..." rispose a fatica il ragazzo "Sa del libro e della chiave, sa tutto."


Angolo dell'autrice:
 Dopo questo capitolo abbonderò il filone originale della storia, il racconto acquisterà una sua originalità finalmente :)
Fatemi sapere le vostre impressioni! 
Baci
VerdeIrlanda 















  
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