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Autore: Pandacoffee    07/11/2013    5 recensioni
Ziall/Larry
Dal testo. POV Liam: “Conosce davvero il mio desiderio più grande, Liam. Mi ha chiesto se volevo essere come quella rosa e io ho detto di sì. Mi ha detto che lei era presente quando da bambini abbiamo fatto il patto di sangue, ti ricordi?”.
Mi mostra la cicatrice sul palmo della mano e io guardo d’istinto anche la mia. Annuisco e quella storia inizia a farmi venire i brividi.
“Te lo ricordi che poi ci siamo promessi che saremmo stati insieme per sempre? Abbiamo detto: lo stesso destino” dice ed io annuisco ancora.
“Mi ha detto che quel momento lei ci stava guardando” lo sussurra quasi poi distoglie lo sguardo e torna a fissare la rosa.
Mi alzo dal letto, di scatto.
“No, no Zayn” dico terrorizzato scuotendo la testa “no, no” ripeto
“Lei ha detto di essere Darcy” mi dice e io continuo a scuotere la testa.
“Darcy è morta” dico.
“No invece” mi sussurra “lei si era persa, noi eravamo nel bosco per il patto di sangue, lei voleva tornare a casa e ci è corsa incontro...era persa, aveva paura”.
Genere: Angst, Dark, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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The wrong wish
 
POV Harry
 
Non so esattamente da quanto tempo Niall non sia più lì con me. Quindici giorni? Forse anche di più. Continuo a ripetermi che forse dovrei provare, che dovrei impegnarmi e fidarmi di Zayn. Perdermi e chiedergli la strada proprio come previsto dal piano di Niall. Eppure non ci riesco. Mi frena il non sapere se davvero Niall adesso sia con Zayn, il non sapere cosa gli sia successo. E se lui, Liam, Darcy e persino Louis fossero tutte sue vittime? E se lui davvero li avesse uccisi?
Questo è ciò che ho in mente anche in quel preciso momento. Me ne sto come un imbecille in piedi dove tutti sono spariti e non sono mai tornati. E provo davvero a perdere l’orientamento, ad aver bisogno di lui ma non ci riesco, non ci riesco. Mi viene da piangere, non voglio tornare nella mia tenda ad aspettare ancora invano per chissà quanti giorni. Non voglio, non voglio assolutamente.
Chiudo gli occhi mentre inizio a piangere. Vorrei accartocciarmi su me stesso ma mi costringo a restare immobile e in piedi. Mi fanno male tutti i muscoli per lo sforzo di non cadere a terra sfinito e privo di forze. Costringo il mio corpo a muoversi e faccio qualche passo avanti, nel nulla. E ancora come ogni dannata volta che ci ho provato ho la sgradevole sensazione di sapere esattamente dove sono, dove mi porterà ogni passo. Ancora la voglia di piangere, sgretolarmi al suolo, vomitare ogni briciolo di frustrazione che ho in corpo sembra quasi prevalere. Mi costringo di nuovo a non fermarmi. Cammino e penso a Louis, cosa che non faccio da un sacco di tempo. Mi impedivo di pensarlo, di nominarlo. Mi costringevo a non guardare la sua foto sul giornale e mi impedivo di far tornare la mente a tutti i giorni che avevo passato con lui. Sarei crollato, sarei morto, sarei impazzito. Eppure in quel momento lo faccio, penso a tutte le volte che ci siamo baciati, al nostro primo bacio. Penso a quando abbiamo fatto l’amore per la prima volta e all’ultima poche ore prima di partire. Mi viene in mente il suo odore, il colore dei suoi occhi. La sua voce. Quanto darei per sentirla, per sentirgli dire il mio nome in quell’infinità di intonazioni che solo lui sapeva imprimergli. Penso alle sue mani su di me, sul mio corpo. Stringo anche i pugni come potessi in qualche modo ancorarmi a lui. Ripasso mentalmente ogni secondo della quotidianità che avevamo e che qualcuno ci aveva sottratto. Sento l’odio per Zayn invadermi la testa e il cuore ma cerco di non pensarci, di non distrarmi e cammino, cammino senza mai pensare a Zayn in quel modo.
Cammino e torno a pensare a tutte le mattine in cui in bici raggiungevo la casa di Louis. I sassi lungo il vialetto di casa sua, i fiori alle finestre del primo piano. La voce delle sorelle che si sentiva fin da fuori. Le scale che dal salotto portano a camera sua, quelle che percorrevamo di notte, piano, per non farci sentire quando io scappavo di casa e andavo da lui. Quelle dove l’ultimo gradino scricchiola e non me lo ricordavo mai. Ripenso alle nostre risate, al caffè preso sempre allo stesso bar,  le corse per non perdere il pullman, le sigarette fumate di sera sul marciapiede quando nessuno dei due aveva voglia di andare a casa.
E a quel punto cado. Sono per terra ho gli occhi chiusi ma li riapro perché non mi interessa dove sono, forse non lo so nemmeno più. E piango, piango tutte le lacrime che ho in corpo. Come potevo illudermi di avere una precisa idee di dove fossi? Solo perché sapevo riconoscere gli alberi, la staccionata e riuscivo nella nebbia a ritrovare la mia tenda? Io non lo so dove sono, non lo so e non l’ho mai saputo. Louis non c’è e questo basta a farmi dire che sono sicuramente nel posto sbagliato. Sono perso, totalmente perso, non ho punti di riferimento, non ho niente se non ho lui. E mi manca quasi il respiro quando mi sdraio di schiena sulla ghiaia e sento milioni di piccoli sassi graffiarmi la schiena. Urlo con tutto il fiato che ho in corpo il nome che mai avrei creduto di urlare in quel modo. Gli urlo di venirmi a prendere perché non ho la minima idea di dove sono.
“Zayn” urlo di nuovo, prima che il fiato mi si spezzi in gola e le lacrime abbiano il sopravvento.
 
 
10 giorni prima
 
POV Zayn
 
Niall è in casa con me e Louis da appena tre giorni e già la vita qui sembra essere cambiata. Non c’è più silenzio tanto per cominciare. Niall sembra essere contemporaneamente in tutte le stanze della casa. Nessuno si può fermare un attimo a riflettere su quello che vuole senza che lui spunti dal nulla e inizi a consolarti su cose che tu nemmeno avevi considerato. Ed è infatti quello che sta accedendo proprio adesso. Sono solo seduto alla scrivania, ho la testa poggiata alle braccia che tengo conserte sul tavolo. Non sto facendo niente di particolare né pensando a qualcosa di drammatico, non in quel preciso istante almeno.
Ad un certo punto una mano calda mi accarezza la schiena e poi la nuca. Mi scompiglia i capelli e la voce di Niall inizia a dire “tranquillo Zayn, Harry arriverà”. E giuro non ho la minima idea di come possa essere entrato in camera mia senza fare il minimo rumore.
Allora alzo la testa di scatto e gli domando perché crede io stia pensando a quello. Lui mi guarda confuso e decide che abbracciarmi sia un buon modo di rispondermi.
Lo scosto da me e probabilmente faccio la mossa sbagliata quando gli dico: “perché parliamo sempre di me, di quello che mi fa soffrire, dei miei sbagli e di tutto quanto e mai di te?”.
Ed è la scelta sbagliata, ne sono certo, quando lui si incammina verso la porta della mia camera e io credo stia uscendo. Poi però la chiude, si gira e torna verso di me. Si siede sul bordo del letto mentre io ritorno a sedermi sulla sedia. Mi guarda e sorride: “cosa vuoi sapere?” mi chiede.
“niente, era solo per dire” dico ma lui inizia comunque. Ed è lì che so per certo di aver fatto la scelta sbagliata. Lo capisco da come sospira, da come si mette comodo, pronto a parlare per almeno una buona ora e mezza.
“Sono irlandese in realtà” dice come se lui avesse mai cercato di fingere il contrario, come mi importasse o come avessi mai creduto non lo fosse. Semplicemente non mi ero mai posto il problema.
“Ho un fratello ma non gli parlo da un po’. Abbiamo litigato quando gli ho rubato la ragazza e lui è molto più grande di me” puntualizza “poi gli è passata eh, abbiamo fatto pace ma si è arrabbiato molto quando ha scoperto che in realtà sono gay. Cioè se tuo fratello più piccolo gay ti ruba la ragazza la prendi male” spiega gesticolando.
Scuoto la testa e lui sembra indugiare un attimo prima di chiedermi: “ti da fastidio che sia gay?”
Sbuffo, odio i discorsi inutili. Alzo anche gli occhi al cielo: “sai che lo sono anche io, come potrebbe mai darmi fastidio?”.
Lui alza le spalle e mi domanda se deve continuare a raccontarmi qualcosa di lui
“Mi hai detto solo che sei gay” dico “ma se ritieni sia sufficiente” concludo indicando la porta. Non mi illudo lui esca, so che resterà lì. Mi guarda infatti non si muove.
Scuote la testa e arriccia le labbra.
“Che c’è?” chiedo
“Nulla, pensavo cos’altro raccontarti di me”
“Non voglio sapere niente Niall, ero qui da solo, pensa un po’, proprio per stare da solo. Non voglio parlare del passato soprattutto”
A quel punto si alza batte le mani e dice: “proprio quello che volevo dicessi” sorride “pensiamo al presente, ti va?”
Devo avere uno sguardo piuttosto perplesso infatti continua, arrossisce anche. Sembra cambiare completamente modo di fare quando, guardandosi le scarpe, sussurra imbarazzato: “visto che nel tuo passato io non ci sono, nel futuro forse nemmeno... pensiamo al presente”.
“Niall, ascolta...” provo a spiegare e vorrei davvero trovare qualcosa di convincente da dirgli ma quello che bisbiglio poco dopo è solo un “...no...”
“Ma no cosa?” mi chiede
“No qualsiasi cosa tu stia pensando”
“Penso che potremmo conoscerci, ecco cosa penso” spiega
“Ecco no...” dico
“Ma perché no?” mi domanda sinceramente sconvolto “non vorresti conoscermi? Se fossimo fuori di qui”
Sospiro e mi viene anche da ridere: “Tutto quello che penso da quando sono qui, Niall, è che sono qui, non esiste altro per me, ok?”
“Infatti sbagli, dovresti distrarti. Non sto dicendo che voglio chissà cosa, solo che mi interessi. Per cui te lo dico apertamente perché io lo so dimostrare solo così”.
Mi si pianta davanti a non più di un paio di centimetri dal mio naso.
“Io non ti interesso?” chiede
“Ti ho già detto che non riesco a pensare ad altro che non sia tutto questo casino” rispondo indietreggiando di un passo.
Lui accorcia di nuovo la distanza muovendosi in mia direzione.
“E io ti ho detto che sbagli. Perché non puoi distrarti per una volta, una soltanto?” chiede
“E tu perché non ti disperi per il fatto che sei nel nulla invece di pensare a cose inutili?”
“Perché se ci penso impazzisco quindi mi distraggo. So che Harry arriverà, è solo questione di tempo. Odio annoiarmi, ecco tutto”.
Indietreggio ancora e lui avanza nuovamente. Sospiro.
“Va bene Niall, cosa vuoi fare allora? Ti invito fuori ti va? Andiamo nella nebbia che dici? O in cucina magari, in bagno. Anche il salotto non è male”
“C’è una biblioteca al piano sotto. Andiamo lì?” chiede sorridendo.
Io lo guardo e scuoto la testa. Sorrido anche, dopo un po’, quando vedo che niente nel suo volto comunica incertezza, dubbio, paura. È sicuro e niente in quel posto mi aveva mai comunicato tranquillità, niente come lui e i suoi occhi.
Mi domando se sia quello l’effetto di un pezzettino di cielo azzurro, limpido, nell’oscurità.
“Va bene” dico alzando le spalle “andiamo?”
“No, non ora” dice lui andando verso la porta “quello che devi fare è tornare ad avere qualcosa da fare, scandire il tempo” spiega sorridendo. Apre la porta poi continua “Ci vediamo lì domani mattina” mima delle virgolette con le mani “cioè, dopo che ci siamo alzati dal letto. Ci troviamo lì. Come fosse un appuntamento”.
Sorride di nuovo mentre esce e si richiude la porta alle spalle.
Sono nella nebbia, nel nulla, non esiste il tempo, non esiste via di fuga. Non c’è niente ma ho un appuntamento e sorrido. Sì, deve essere questo l’effetto di un po’ di luce, nel buio.
 
Il “giorno” dopo
POV Niall
Sono in piedi nella mia stanza, immobile. Guardo la porta da non so nemmeno quanto tempo. Sto continuando a domandarmi perché mi sembrava una buona idea dire: “ci troviamo davanti alla biblioteca quando ci alziamo dal letto”. Che razza di modo è per misurare il tempo? E se lui fosse già lì? E se invece arrivassi troppo presto? Sarei un fottuto cretino. Beh ma se invece lui fosse già lì davvero? Non posso farlo aspettare.
La stanza di Zayn è al primo piano, la mia al secondo e la biblioteca a piano terra. Non posso nemmeno sentire se apre la porta o qualcosa di simile. Sono ufficialmente un imbecille.
Scuoto la testa e mi decido ad aprire la porta. Muovo qualche passo fuori incerto sul da farsi. La stanza di Louis è chiusa e lui probabilmente è dentro. Mi muovo verso le scale e guardo giù. Del piano dove c’è la camera di Zayn vedo poco e niente solo che la luce del pianerottolo è accesa. Mi convinco a scendere le scale, piano. Camera sua è chiusa ma non saprei dire se lui è lì dentro.
Mi avvicino e appoggio l’orecchio alla sua porta. Ed ecco perché non era una buona idea farlo: la dannata asse del parquet scricchiola sotto i miei piedi.  Zayn apre la porta un millesimo di secondo dopo.
Mi guarda interrogativo mentre dice: “Mi sono appena alzato dal letto”
“Oh, sì...” inizio balbettando “è che eri in ritardo”. Dio che cosa stupida.
“ Riesco ad essere in ritardo anche in una dimensione senza tempo?”  domanda sorridendo e io alzo le spalle.
“Ok, tu rimani qui” dico riprendendo il controllo di me e della situazione “ora conta fino a dieci poi scendi in biblioteca” corro verso le scale mentre lui esce dalla stanza, chiude la porta e mi guarda precipitarmi al piano sotto.
Faccio le scale a due a due e finalmente sono giù. Saluto il maggiordomo che tenta un inchino ma sembra piuttosto perplesso.
Ed eccomi finalmente davanti alla biblioteca. Sento il maggiordomo dire: “buongiorno signore”.
Zayn sta scendendo le scale nel modo più armonioso, attraente e sensuale che io abbia mai visto. È perfettamente dritto, tiene una mano sul corrimano e l’altra in tasca. La testa leggermente abbassata forse per nascondere l’accenno di sorriso che sono certo di aver intravisto.
Saluta con un cenno del capo poi si incammina verso di me, verso la biblioteca a qualche metro della porta d’ingresso.
“Buongiorno Niall” dice “scusa il ritardo” e stavolta sorride, eccome se lo fa.
“Oh buongiorno Zayn, non importa sono appena arrivato anche io”.
A quel punto mi guarda interrogativo mentre apro la porta della biblioteca e gli faccio segno di entrare.
“Grazie” dice oltrepassandomi. Entro anche io e mi richiudo la porta alle spalle.
È una stanza piuttosto grande, buia e con un forte odore di polvere. C’è un grande tavolo con un sacco di sedie ai lati e diverse lampade da lettura. Sopra al tavolo c’è solo qualche libro abbandonato, un posacenere e vecchi volumi di un’enciclopedia impilati senza un vero ordine.
Mi schiarisco la voce “io la trovo carina” dico “come stanza intendo... ci sono entrato ieri, non sapevo cosa fare quindi sono entrato e, non lo so, trovo sia bella”.
Lui mi guarda sorridendo, incrocia le braccia sul petto e annuisce, accende una delle lucine sul tavolo. La luce disegna sul suo volto ombre strane che lo rendono ancora più bello.
“A te non piace?” chiedo deglutendo e non staccandomi dalla porta. Lui è in piedi a pochi passi da me.
“Non ci entro mai” ammette guardandosi attorno “diciamo che preferisco camera mia... è più confortevole”
“Ma li ci stai sempre” dico “qui no... così facciamo qualcosa di nuovo. C’è altro che non fai da un po’? Possiamo farlo”.
Mi guardo intorno a quel punto. Deve esserci da qualche parte una pala, del terriccio fresco. Deve esserci un posto dove seppellirmi per aver detto quella cosa. Non posso, non posso mentalmente accettare di aver detto quelle parole. No.
Lui ride sinceramente divertito, più dalla mia reazione che dalla frase in sé. Sono arrossito lo percepisco dal calore insopportabile che mi sento addosso. Devo avere il viso in fiamme.
“Tante cose” dice sedendosi sul tavolo “davvero tante”.
Mi guarda in modo strano, malizioso forse.
“Tu cosa vuoi fare, Niall?” mi domanda poi.
Mi schiarisco ancora la voce: “Conoscerti”
“Sai praticamente tutto, Niall” dice lui
“Perché continui a ripetere il mio nome?”
“Perché è l’unica cosa che so di te” sorride divertito “oltre al fatto che sei gay, chiaro”
Finalmente mi scollo dalla porta e mi muovo verso di lui.
“Sai anche che sono in irlandese” puntualizzo
“Oh giusto... e su cosa devo concentrarmi al momento? Sul tuo nome, sul fatto che sei gay o sulla tua provenienza?” domanda. E riecco la malizia nella sua voce.
“Voglio che ti distrai, che tu non te ne stia a martoriarti l’anima in camera tua... voglio che tu sia, vivo” dico ad un passo da lui. Mi fermo “è questo che voglio”
“Non hai risposto” dice lui allungando un braccio in mia direzione. Mi avvicina a sé.
“Se vuoi” dico deglutendo ma davvero non credo di avere salivazione “possiamo parlare dell’Irlanda. C’è...c’è una cartina qui?” domando
“Lì” dice indicando delle librerie alle sue spalle “in effetti studiare la geografia è una delle cose che non faccio da un po’” sorride mentre annuisco e cerco di andare a prendere la cartina.
“Davvero?” domanda “stai davvero andando a prenderla?”
“Sì, solo tu credi io ti abbia portato qui per fare qualcosa... io voglio solo conoscerti”
“Fare qualcosa cosa?” chiede
Probabilmente vuole uccidermi. Vuole imbarazzarmi a morte o qualcosa di simile.
Arrossisco ancora infatti abbasso il viso che lui prontamente rialza.
“Volevi distrarmi, no?” chiede
Annuisco
“E vuoi davvero distrarmi parlando dell’Irlanda?” domanda a pochi centimetri dal mio viso. Scuoto la testa. Non mi fido della mia voce, credo ne uscirebbe un suono stridulo e goffo. Sono agitato, credo anche di tremare.
Perché mi piace così tanto quel ragazzo, perché? C’è qualcosa in lui che mi terrorizza, mi eccita e mi pietrifica allo stesso tempo. È misterioso, interessante e bellissimo.
“Voglio solo conoscerti” dico infine
“Niall” inizia lui allontanandomi, sospira, sbuffa “non c’è nulla di buono in me, davvero. Nulla. Perché ti ostini a dire che vuoi conoscermi?”
“Perché mi piaci” dico e ora sono certo la mia voce suoni ferma quasi autorevole. “Mi piaci” ripeto.
Lui scuote la testa “anche tu mi piaci” dice in un sussurro “ma...non finirà bene. Quando tutto sarà finito non so cosa accadrà e...”
“Avevi detto che avremmo pensato al presente” dico mettendo anche il broncio per rafforzare il concetto
Lui sorride.
“Infatti ma non è una buona idea...comunque”dice
“Volevi baciarmi. Vuoi baciarmi ma non vuoi conoscermi? Non ha senso”
Lui scuote la testa e ripete no no no.
“Niall, io...sono attratto da te. Lo sono. Lo sono da quando ti ho visto, anzi, da quando nemmeno sapevo che faccia avessi. Mi piaci da quando ho saputo il tuo nome e sono venuto a prenderti in macchina ma tu sei scappato. Mi piaci da quel preciso momento” dice tutto d’un fiato “sapevo che eri il pezzettino di cielo, sapevo avresti rotto il buio in cui vivo... per cui... ho paura, paura che quello che provo sia solo dovuto alla maledizione” conclude e poi si morde le labbra
“Cosa vuol dire?”
Sospira “che ho paura stia andando così perché è così che era previsto... che il fatto che tu mi piaccia sia un altro scherzo di questo posto. Ho paura di legarmi a te, che tu davvero mi piaccia e che questa sia la punizione finale. La maledizione che si infrange con l’arrivo di Harry e tu che sparisci insieme a lei”.
Non credo di aver mai visto la questione da questo punto di vista. Soprattutto non credo mi importi. Mi lecco le labbra, non so cosa dire. Mi avvicino a lui, di nuovo. Faccio scorrere le mie mani sulle sue braccia. Arrivo alla spalle e vorrei cercare di fermare le mie mani ma davvero non ci riesco. Arrivo ad accarezzargli il collo e lui sospira, chiude gli occhi.
“Quello che dici non è pensare al presente” gli soffio piano sulle labbra “Questo lo è” dico baciandolo.
E non c’è altro a fare da contorno a quel momento. Non c’è null’altro che valga la pena descrivere. Né le mie mani che salgono fino ai suoi capelli né le sue che mi percorrono la schiena. Non importa nulla, nient’altro.
Non mi importa nemmeno che tutto stia accadendo troppo in fretta, che poi, cosa vuol dire troppo in fretta in un posto dove il tempo non esiste? Perché dovrebbe essere sbagliato provare attrazione per qualcuno conosciuto in circostanze irreale, assurde?
Lui risponde al bacio, dischiude le labbra, la sua lingua sfiora la mia e a prendere il controllo di tutto, del mio corpo, sono milioni di brividi che si irradiano dai piedi fino alla punta dei miei capelli.
Lui è seduto a gambe aperte sopra il tavolo e io sono davanti a lui quando lo spingo e lo faccio adagiare di schiena sopra la superficie fredda.
Lo sento sospirare e mi stacco da lui per prendere fiato a mia volta. Lui sfrutta il momento per ribaltare le posizioni e in qualsiasi istante, se volessi, potrei opporre resistenza. Quando scende dal tavolo per esempio, potrei fermarlo e dirgli che le posizioni così com’erano non mi dispiacevano affatto. Potrei farlo quando mi gira intorno e mi fa sedere sul tavolo. Provo a dire qualcosa ma lui mi bacia, mi fa stendere e in un secondo è sopra di me. Non oppongo resistenza perché alla fine non mi importa.
Mi bacia il collo e io reclino la testa indietro. Credo davvero potrei morire nel preciso istante in cui sento la sua saliva disegnare linee immaginarie sulla mia pelle esposta e tesa. Con una mano mi sta slacciando la camicia mentre l’altra è impegnata a tenermi un polso ancorato al tavolo.
Sento ogni bottone lasciare l’asola con una lentezza snervante. Torna a baciarmi le labbra mentre io gli accarezzo piano i capelli.
“La mia camera era più confortevole, vedi?” sospira piano quando io mi lamento per un libro conficcato nella schiena.
“Sono comodo invece” dico io tornando ad occuparmi delle sue labbra. Cerco di rimettermi seduto e lui me lo permette assecondando i miei movimenti.
Gli sfilo il maglione e lo lascio cadere a terra, porto poi le mani sul bordo della sua maglietta e la sfilo piano, mi stacco da lui solo per levarla completamente. Ora è a petto nudo davanti a me. È letteralmente ricoperto di tatuaggi, sorrido perché davvero non me lo aspettavo. Lui segue il mio sguardo e: “sarebbe stato un ottimo argomento di conversazione per conoscerci...peccato eh”
Sorrido e lo bacio, porto la mano sul bottone dei suoi pantaloni: “No...mi diverte di più questo”
Mi guarda stupito solo per un istante. Mi domanda: “sicuro?” ma non credo si stia riferendo al discorso tatuaggi e al fatto che sono più interessato al cavallo dei suoi pantaloni. Lo domanda con dolcezza, premuroso e con un lieve accenno di paura.
“Sì” dico lasciando che anche quel bottone lasci l’asola. Gioco con l’elastico dei boxer mentre lui slaccia anche i miei pantaloni. Ci guardiamo negli occhi mentre lascio che lui abbassi i miei jeans fino alle caviglie. Continuiamo a guardarci per vedere chi per primo fermerà l’altro. Qualcuno dirà: “ok, no... stiamo sbagliando, è tutto troppo presto, troppo veloce”.
E quando la sua mano entra nei miei boxer, quando mi mordo le labbra quasi a sangue sono certo che quel qualcuno non sarò io. Non lo fermerò per nessuna ragione al mondo. La sua mano inizia a muoversi e anche se vorrei davvero socchiudere gli occhi e perdermi dentro quel piacere lancinante, non lo faccio, continuo a guardarlo. Voglio vedere quando anche lui capirà che non vuole io mi fermi. Faccio scivolare a terra i suoi pantaloni e abbasso anche i suoi boxer. Deglutisce e continua a guardarmi. La mia mano afferra il suo membro e inizia a muoversi all’unico tempo che siamo riusciti a dettare in quell’assenza di orologi, di scansione temporale e di ore, minuti, secondi. Muovo la mano al ritmo della sua e a quel punto lui chiude gli occhi reclina la testa a posso farlo anche io.
Lui non mi fermerà e io non fermerò lui.
 
 
9 “giorni” dopo
 
 POV Louis
 
Non ho mai dubitato che Niall fosse il pezzettino di cielo giusto, eppure tutto quello che mi sta accadendo intorno, da giorni, va ben oltre ogni mia più folle aspettativa. C’è luce, c’è caos, ci sono parole, risate addirittura. Niall è la luminosità fattasi uomo, è l’energia e la voglia di vivere.
E credo sia più o meno per questo che io, invece, ho sempre più voglia di morire. Zayn ride, guarda gli occhi azzurri di Niall con fame, voglia, desiderio e io vorrei sotterrarmi ogni volta. Vorrei sparire per non assistere a tutto questo. Vorrei avere gli occhi verdi di Harry da contemplare come facevo un tempo.
E se Zayn si fermasse solo un attimo, se smettesse anche solo per un secondo di imboscarsi in ogni stanza libera con Niall, gli parlerei. Inizierei il mio discorso sicuramente con un insulto e lo continuerei sottolineando quando schifosamente crudele sia il suo modo di fare. Mi ha strappato dalla cosa più bella che possedessi, mi ha tolto l’amore, mi ha tolto ogni affetto e mi ha recluso in una casa sconosciuta. Ho passato per colpa sua oltre un anno a vomitare l’anima ogni volta che nella mia mente si formava il ricordo di Harry. Mi sono consumato giorno dopo giorno nel ricordo, nell’attesa, nella speranza. È tutta colpa sua se sono qui, vuoto e agonizzante e ora lui cosa fa? “Niall mi piace” non fa che ripeterlo. Si mette a parlare di lui anche con il maggiordomo e io davvero vorrei prenderlo a calci, dirgli che a nessuno frega un cazzo dei suoi sentimenti. Vorrei dirgli che deve tirarci fuori da lì, vorrei ricordargli in che situazione di merda siamo per colpa sua. Ma lui non si ferma. Non è mai libero, non è mai il momento giusto dice. Non ha mai tempo per parlarmi o per fissare il vuoto con me, in attesa.
E non c’è nemmeno più Liam nella sua testa, non c’è più nulla, solo Niall.
L’effetto della luce nel buio, accecante, penetrante, esplosiva. Questo è stato l’effetto di quel minuscolo pezzettino di cielo nella vastità sconcertante che era il buio di Zayn. Ed oltre al disgusto che provo nel guardarli insieme mentre si scambiano stupidi baci provo anche meraviglia. Il più totale buio, il nulla, che albergava nel cuore di Zayn è stato sconfitto in una manciata di giorni. Il cuore di Zayn che era stato in grado di indicare la strada sbagliata ad una bambina, lo stesso cuore che aveva mentito alla polizia, che aveva desiderato Liam sparisse, morisse. Lo stesso dannatissimo cuore che non desiderava altro che la vita eterna nel più totale egoismo, è stato ripulito, svuotato e riempito nuovamente ma di luce, nel giro di un paio di giorni.
Meraviglia, disgusto e sconcerto. Ecco cosa provo e davvero non credevo fosse possibile provare sentimenti così contrastanti allo stesso tempo.
Mi premo i palmi delle mani sugli occhi per cercare di rimuovere l’immagine di Zayn e Niall che si baciano dai miei ricordi. L’immagine di Niall che scende le scale, bacia Zayn che lo attende nell’atrio.
La parola: “buongiorno” pronunciata così, labbra contro labbra. Perché per loro forse è diventato possibile. Loro forse riescono davvero ad immaginare una giornata scandita in minuti ed ore, come è normale che sia. Per loro è mattina quando si baciano la prima volta dopo essersi alzati dal letto. Per loro probabilmente è notte quando sono abbracciati sotto le coperte.
Le lacrime iniziano a bagnarmi le guance e nemmeno mi preoccupo di cancellarle. Zayn le dovrebbe vedere, penso, e mi andrebbe di alzarmi, aprire la porta di camera mia, precipitarmi da lui e urlargli in faccia: guarda cosa mi hai fatto.
Eppure no, non lo faccio, nemmeno ci riesco. Fisso il soffitto e sono finalmente sicuro di non avere più la forza di fare niente. Finalmente. Finalmente. Non credo si possa morire dove non esiste tempo eppure è probabilmente quello che mi sta succedendo. Sto morendo e non riesco a trattenere l’ennesimo “finalmente” che addirittura bisbiglio anche se nessuno può sentirmi.
Non ho la forza di muovermi, di spostare la ciocca di capelli che mi ricade sul viso e mi da fastidio. Non intendo fare niente di niente. Solo restare lì, sul quel letto, per sempre.
Ed è proprio quando mi rassegno al fatto di non voler più avere il minimo controllo sul mio corpo che mi alzo di scatto, salto giù dal letto e spalanco la porta.
È suonato il campanello della porta.
Guardo verso la stanza di Niall e anche lui è lì, immobile a fissare le scale che portano al piano di sotto. Dietro di lui c’è Zayn, mi guarda sconvolto.
“Come... come è possibile?” chiede
“Se tu sei qui chi può essere?” domando a mia volta andando verso le scale. Inizio a scenderle correndo. Arrivo al primo piano e mi affaccio. Vedo il maggiordomo andare verso la porta e gli urlo di fermarsi, voglio aprire io, devo aprire io.
“È Harry” urlo mentre Zayn inizia a scendere le scale seguito da Niall.
“Non può essere Harry” mi dice “sono io che devo andare a prenderlo e come vedi sono qui”.
Percorro gli ultimi gradini il più velocemente possibile. Non ascolto Zayn né Niall che cerca di farmi ragionare. È lui, è Harry, so che è lui. Salto gli ultimi quattro scalini e probabilmente sono troppi perché cado rovinosamente. Mi rialzo e dico al maggiordomo di levarsi immediatamente da lì davanti. Tiene una mano sulla maniglia.
“È compito mio aprire la porta” dice. Vorrei mandarlo al diavolo ma mi limito a scaraventarlo in un angolo.
Può essere solo lui, solo lui, solo lui mi ripeto. E non mi interessa come sia possibile visto che Zayn è a pochi passi da me, non mi interessa, è lui, può essere solo lui.  Apro la porta, la spalanco. Ed è luce tutto quello che riesco a vedere. Mi investe, mi invade, mi acceca. C’è luce, luce ovunque. Intuisco la figura di qualcuno appena davanti alla porta.
Chiudo gli occhi in quel bagliore accecante che non so da dove provenga. Non lo vedo ma riconosco il suo odore, la sua voce.
“Lou?” lo sento dire.
 Urlo e non so nemmeno cosa. E tremo quando il resto del mio corpo riconosce il suo appiccicato al mio. Sento le sue braccia stringersi intorno a tutta la mia persona. Persino la mia anima mi sembra coinvolta in quell’abbraccio. Mi sembra che non ci sia solo il me del presente in quell’intreccio di braccia ma anche quello passato, quello che lo ha amato ogni secondo da quando lo ha conosciuto. E sento anche il me del futuro, quasi, quando lui dice il mio nome e ogni tassello della mia vita sembra ritornare al posto giusto. Mi tremano le gambe e sto per cadere a terra quando lui inizia a piangere sulla mia spalla. Devo deglutire diverse volte prima di trovare il coraggio di pronunciare il suo nome.
“Harry” dico e lui risponde “Louis” perché non c’è altro. Nient’altro. Nient’altro che valga la pena far tornare al mio cervello, al mio cuore. C’è solo lui, solo quel nome. Di nuovo mi cedono le ginocchia e non ho la forza di oppormi, stavolta. Non apro nemmeno gli occhi, crollo a terra e il suo corpo intrecciato al mio mi segue. Lui piange, piange e non dice nulla. Sento i suoi ricci solleticarmi il collo e mi sembra che il cuore mi esploda per la gioia, mi sembra di non essere mai stato così pieno di vita, di amore. Il mio corpo deve essersi  rimpicciolito nell’aspettare il suo ritorno perché non mi pare possibile prima riuscisse a contenere tutta l’immensità che mi scorre nelle vene in quel momento. E siamo lì, a terra, abbracciati e tremanti. E poi mi stacco da lui quel tanto che basta che per aprire gli occhi e fissare quel verde magnifico che nella mia mente non è mai sbiadito. I suoi occhi sono lucidi, pieni di lacrime e di tutto il dolore del quale non vedono l’ora di liberarsi. Non me ne andrò più, non permetterò più a nessuno di dividerci. Vorrei dirglielo, vorrei riuscirci ma non ho voce, non ho fiato, non ho tempo. Non ho tempo, perché le mie labbra sono già appiccicate alle sue. Tutto il dolore che abbiamo provato, che non meritavamo e che ci ha accompagnato per oltre un anno è lì, sul suo corpo che trema, su quelle labbra che assecondano il mio bacio. E vorrei riuscire, baciandolo, a sottrargli tutto il male che ha dovuto provare, tutto il freddo, tutta la paura. Vorrei portarlo io quel peso, aggiungerlo a quello che già porto, non mi importa.
“Ti amo” gli dico staccandomi piano e lui si lecca le labbra salate di lacrime.
“Ti amo anche io” mi dice prima di baciarmi di nuovo.
 
 
POV Zayn
 
Luce.
Questo è la prima cosa che la mia mente elabora. La porta che si spalanca e tutto quello che si riversa in casa è luce. Louis abbraccia Harry, piangono, cadono a terra, si baciano e poi il mio sguardo li lascia, segue le linee della porta a si proietta all’esterno.
Niall mi tiene la mano quando entrambi osserviamo, dietro quei corpi intrecciati, gli alberi.
Si vedono gli alberi! C’è la scala in marmo che porta al giardino, la vedo bene e vedo anche il cielo, le nuvole, il sole. Mi bruciano gli occhi. Devo abituarmi a quella luce, a quella moltitudine di cose che credevo di aver perso per sempre. Devo tornare a rendermi conto di poter associare alla parola albero una forma e dei colori, per esempio.
Lascio la mano di Niall quando sulla soglia compare lui.
È Liam. Entra in casa guardandosi intorno. Harry e Louis non si scompongono. Restano immobili, intrecciati.
Avanza piano e si morde le labbra. Mi avvicino a lui mentre Niall mi osserva indeciso sul da farsi.
“Ciao” dice lui. La sua voce, la sua voce, la sua voce. È come se qualcuno mi avesse tirato un pugno in pieno stomaco.
“Liam” rispondo io perché davvero non mi sembra ci sia altro da dire. È Liam, è davanti a me, aspetto questo momento da anni e anni e la mia mente non riesce fisicamente a concepire che ora lui sia lì.
Muoviamo contemporaneamente l’ultimo passo che ci divideva. Ci abbracciamo in modo goffo. Il mio corpo riconosce il suo, è questo tutto quello a cui riesco a pensare. La mia testa che si incastra perfettamente nell’incavo tra il suo collo e la spalla. Le sue mani sulla mia schiena, il suo petto perfettamente premuto al mio. E il suo cuore, i nostri battiti cardiaci in contatto.
“Cos’è successo?” chiedo mentre siamo ancora attaccati.
Lui indietreggia, mi scosta. Guarda Niall e poi di nuovo me.
Rivolgo anche io il mio sguardo al biondo a pochi passi da noi.
“La maledizione si è spezzata...” dice Liam “il pezzettino di cielo è lui” indica Niall “la persona persa che ti chiede aiuto è Harry e...”
“No, Harry e Louis sono l’amore... l’amore che rende eterni, l’amore che dovevo aiutare...” dico ma mentre le parole lasciano la mia bocca, mentre Liam scuote la testa, mentre mi volto a guardare Niall, capisco.
“No” dice infatti Liam “... io credo che l’amore...di cui parlava la maledizione sia il tuo Zayn”
Gli occhi azzurri di Niall, pietrificati e assurdamente spalancati si posano su di me.
“Liam non sto capendo” dico sfregandomi gli occhi.
 
 
Siamo seduti in salotto, sotto il quadro gigantesco, mia unica compagnia per anni. Liam in realtà è in piedi accanto alla teca con la rosa. La finestra alle sue spalle mostra una bellissima giornata, luminosa e piena.
Harry e Louis non hanno minimamente ascoltato il discorso di Liam. Sono intrecciati strettissimi sopra una delle due poltrone in velluto. Louis sulle gambe di Harry, si baciano piano e intanto sorridono senza prestare la minima attenzione a tutto il resto.
Niall è seduto sul bracciolo della sedia che occupo e non ha ancora proferito verbo.
“La persona realmente persa, tra tutti noi era Harry” ripete Liam “Harry, quando ha invocato il tuo aiuto, Zayn, si è reso conto di non aver idea di dove andare e non solo, non aveva idea di dove fosse e di chi fosse. Lui è la persona persa che ti ha chiesto aiuto nel modo più sincero. Niall invece è indubbiamente la luce che doveva spronarti ad amare altro…” dice e sembra che le parole gli costino estrema fatica “oltre a te stesso” conclude.
Fingo di non cogliere l’allusione alla nostra relazione ormai lontana nel tempo.
“E l’amore che rende eterni sarebbe quello tra me e Niall?” chiedo invece
Ti amo Niall. Anche io Zayn.” dice Liam sorridendo e imitando la mia voce e quella di Niall. Solo la sua bocca è atteggiata a sorriso, il resto del suo volto è pietrificato.
Rimango in silenzio, continuo a guardare Liam mentre Niall mi fissa. Sento il suo sguardo addosso.
“Come lo sai?” chiedo
“L’ho sentito, non so perché... all’improvviso nel nulla ho sentito la tua voce dire a Niall che lo amavi e poi tutto è tornato normale. Sono comparsi gli alberi e il cielo. Tutto è tornato a posto. Io sono tornato ad essere me stesso e ho trovato Harry a piangere rannicchiato per terra. Gli ho detto di seguirmi e siamo venuti qui...”
Non so cosa dire, non mi viene nulla, nessuna parola, nessun suono.
Sento Niall prendermi una mano, la stringe. Rispondo alla stretta poco prima che Liam: “Lascialo” dica e non so se lo dica a lui o a me. Io però lascio la presa, mi alzo addirittura, mi allontano da Niall e dal calore del suo corpo. Lo faccio perché lo ha chiesto Liam. Mi ha detto di lasciare la mano che stringevo e io l’ho fatto.
E mi odio, dio se mi odio.
“Zayn?” dice Niall e mi viene da piangere quando l’unica risposta che so dare è alzare le spalle e scuotere la testa.
Liam mi tende una mano e io ancora prima di poter pensare sento il mio corpo assecondare quella tacita richiesta. Stringo la sua di mano, così diversa da quella di Niall. Sento il rilievo ruvido della cicatrice, sento di nuovo il bruciore e il freddo della lama che aveva inciso la nostra pelle. Mi ricordo della mia voce da bambino che dice: “lo stesso destino”.
Mi stringe la mano fortissimo e io abbasso la testa. Le nocche delle nostre mani sono bianche in quella stretta soffocante. Persino il sangue fatica a scorrere in quell’intrecciarsi spasmodico e sento addirittura il battito cardiaco esplodermi all’altezza del polso.
“Zayn” ripete Niall e poi lo sento mentre dice “Liam, lascialo” ma la stretta non accenna a diminuire e nemmeno il mio corpo reagisce. Nemmeno io cerco di fare qualcosa per lasciarlo.
Sono debole, debole come lo ero allora, come lo sono stato la sera della scomparsa di Darcy. Sono di nuovo in balia del volere di Liam, sento di nuovo il suo odore, la sua voce, il suo calore e io non riesco ad oppormi.
Non sono io il buio che la luce di Niall doveva sconfiggere. Il mio buio, le mie tenebre, risiedono nel ragazzo che mi stringe la mano. Mi sono illuso, ecco tutto. Credevo davvero di aver superato Liam, credevo, condizionato da quanto la maledizione diceva, di potermi fidare di Niall, di abbandonarmi completamente a lui. Ti amo Niall. Queste parole mi girano in testa e adesso, stretto nella presa di Liam, non mi sembra possibile averle dette.
“È lui che non lascia me” dice Liam in un sorriso sollevando le nostre mani intrecciate.
“Bene, ok, la maledizione ora è distrutta no? Lascialo e fai finire tutto questo” dice Niall a voce troppo alta, mi fa male la testa e vorrei non sentire più nulla.
Harry e Louis sono voltati a guardarci e io ricambio lo sguardo con tutta l’invidia possibile.
“La maledizione sarà spezzata quando Zayn la spezzerà” dice Liam e per fortuna Niall mi risparmia la fatica di coordinare cervello e parole e domanda al posto mio “in che senso?”
“È il nostro giuramento che deve essere spezzato” inizia a spiegare Liam “il desiderio di Zayn era vivere per sempre, beh... eccoci qui. Qui può vivere per sempre. E a me sta bene. Voglio vivere per sempre, anche io. Ho lui, non voglio altro. Visto però che abbiamo giurato avremo lo stesso destino... se non vuole più stare qui deve lasciare me. Quando Zayn avrà fatto questa scelta la maledizione sarà spezzata”.
Lo sento schiarirsi la voce e poi concludere: “questo vale per noi. Voi tre siete liberi”.
Vedo Louis e Harry saltare in piedi.
“Nel senso che possiamo uscire?” chiede Louis
“Già”
Harry scoppia di nuovo a piangere, sembra non sia più capace di fare altro. Louis è impaziente invece, prende Harry per mano e gli chiede: “andiamo?”.
Lui annuisce e poi domanda, tra un singhiozzo e l’altro: “e Niall?”.
E a quel punto dovrei spostare i miei occhi in quelli azzurri, dovrei  cercare i capelli biondi che avevo accarezzato solo per una settimana e che avevo giurato a me stesso di amare. Avrei dovuto farmi anche io quella domanda: “e Niall?”.
Invece no, non lo faccio. È Liam che guardo, è la sua mano che stringo. Sento che Niall che mi sta guardando, lo percepisco chiaramente ma non faccio incrociare i nostri occhi. Lo sento nuovamente dire il mio nome e lo ripete anche. Sta piangendo. Me ne accorgo da come si incrina la sua voce quando dice: “mi guardi almeno?” e piange anche quando io scuoto la testa, piano.
E di nuovo il mio nome, ripetuto. È anche Louis a chiamarmi adesso. Liam stringe la presa quando anche io inizio a piangere.
“Zayn, guardami. Me ne vado, ti lascio con Liam ma guardami” dice Niall, di nuovo “non sono arrabbiato con te” aggiunge anche.
Non è arrabbiato con me ma lo sono io. Vorrei quasi dirglielo, alzare i miei occhi finalmente e dirglielo, dirgli che avevo ragione quando cercavo di allontanarlo da me. Scuoto la testa invece, di nuovo tenendo sempre lo sguardo basso.
“Ascolta Zayn, non avere paura, non farai quell’errore di nuovo” lo sento dire “Io ne sono certo. Non resterai qui. Tornerai da me. E io ti aspetterò, non lo so dove ma ti aspetterò”.
Sento che si avvicina a me nell’esatto istante in cui il corpo di Liam si irrigidisce al mio fianco. La presa sulla mia mano è sempre più forte.
Niall è a pochi centimetri da me, credo stia per abbracciarmi ma tutto quello che fa è darmi un bacio sulla guancia. Sono le braccia di Louis invece quelle che mi stringono. Mi saluta ma non sono sicuro di cosa dica.
Anche la voce di Harry tenta un “ciao” ma ha ancora le parole impastate di lacrime e quello che produce è solo un suono buffo, strano, che Louis si premura di rendere ancora più incomprensibile unendo le loro labbra. Niall mi sussurra qualcosa all’orecchio ed è a quel punto che con tutta la forza che ho in corpo lo guardo negli occhi. Sono velati di lacrime ma come al solito ricolmi di sicurezza. Annuisce infatti poco prima di seguire Harry e Louis.
“Ti aspetterò Zayn” dice poco prima di uscire di casa.
 
 
 “Scegli” dice Liam un paio di minuti dopo “a me non frega niente di nessun altro al mondo. Voglio vivere per sempre, qui. Che importa del resto? Scegliamo che per noi la maledizione non si spezzi. Scegliamo di restare qui. Tornerà la nebbia, tornerà il silenzio ma ci saremo noi. Solo noi”.
Ed è un quadro terribile quello che Liam dipinge, qualcosa di assurdo, insensato, malsano. Ha lo stesso identico tono di quella sera: “indichiamole la strada sbagliata, Zayn”.
È lo stesso tono, lo stesso. Io non riesco a dirgli di no, non ci riesco. Non sono capace. Lo odio e lo amo insieme.
Bisbiglio un sì che alle mie orecchie suona così lontano come pronunciato da qualcuno dall’altra parte del mondo e non da me. Annuisco anche, per rafforzare il concetto, accetto quell’assurdità e mi sento anche sollevato addirittura. Per l’ennesima volta ho scelto la cosa sbagliata ma l’ho scelta per lui. Ho fatto questa scelta per lui e automaticamente è diventata la scelta giusta nella mia mente.
Alzo la mano che Liam mi ha lasciato libera e la poso sul suo petto. Mi domanda cosa stia facendo ma io non rispondo. Chiudo gli occhi e mi concentro sui nostri battiti.
Battono insieme, all’unisono, non c’è un battito che il mio cuore si perda. Segue il suo ritmo con innata e incontrollata devozione.  
E Liam lo sa cosa sto pensando infatti lo dice: “non è cambiato nulla, hai visto?” ed era quello che stavo considerando.
“Da dove ripartirebbe il tempo se spezzassimo la maledizione?” chiedo e lascio anche la sua mano.
Lui è confuso quando mi domanda: “perché?”
“Perché voglio saperlo”
“Da dove è iniziata” dice e mi tende di nuovo la mano mentre con impazienza mi dice che devo scegliere.
La stringo e sorrido. Lui si sporge per baciarmi e mi chiede cosa voglio fare ed io, sorprendentemente so la risposta. Lo bacio, lascio che le nostre labbra si uniscano di nuovo come non avessero mai smesso di farlo. Perché alla fine lo amo. Lo amo e lo odio insieme. Lui non è semplicemente la persona che ho sempre voluto accanto, lui è una parte di me. Lui è la parte dominante della mia persona. La mia mano premuta sul suo petto registra di nuovo il suo battito cardiaco. Uguali, intrecciati, indissolubilmente sincronizzati.
E non c’è più Niall, non c’è più. Non ci sono più i suoi occhi azzurri, non ci sono più i suoi baci, non è più al mio fianco eppure io lo so cosa devo fare, lo so comunque.
Il battito cardiaco di Niall, il suo cuore che batte per lo stesso motivo per cui batte il mio ma ad un ritmo completamente diverso. I nostri abbracci goffi che finivano sempre guancia a guancia perché entrambi sceglievamo sempre lo stesso lato per inclinare la testa. Le nostre strette di mano sbagliate con le dita intrecciate a caso. La nostra imperfezione che mi spaventa e mi rende felice allo stesso tempo.
Liam è la parte dominante della mia personalità ed è quella alla quale devo rinunciare.
Mi stacco dalla sue labbra, da lui, dal suo corpo.
“Ti amo, ti amerò sempre” gli dico “ma io voglio che le nostre strade si dividano, Liam”
 
 
 
Ottobre 2013
 
POV Niall
 
I treni non sono mai in orario. I treni che prendo io specialmente, deve esserci una specie di motivazione astrologica in tutto questo. Probabilmente è dovuto all’avere Saturno che orbita dalle parti del proprio segno zodiacale o la Luna di traverso nel periodo del proprio ascendente, una di queste stronzate insomma.
Fatto sta che non ho mai, MAI, preso un treno che fosse arrivato in orario.
56 minuti di ritardo. Mi costringo a rileggere il tabellone con il nome Mullingar almeno tre volte, incredulo. Mi stringo nel cappotto nero e mi soffio nelle mani per cercare di scaldarle. Rimango poi ad osservare il contrasto quasi inquietante tra la mia pelle chiarissima e il nero della stoffa.
Déjà vu.
Mi fa sorridere la cosa perché ero certo sarebbe accaduto. Mi ripeto le parole che mi aveva detto mia madre la prima volta che cercavo spiegazioni: “mamma perché a volte mi sembra che le cose che faccio le ho già fatte? Mi sembra di aver già visto quello che succede” avevo sette anni. Lei aveva sorriso e aveva detto: “vuol dire che sei dove devi essere” ma non avevo capito il senso, non lo avevo capito affatto.
E mi succedeva con una tale frequenza, riuscivo praticamente a riempire lo spazio di un’intera giornata con almeno cinque o sei di quelle cose strane. Le cose succedevano e a me sembrava di averle già viste.
E mi ero abituato, col tempo. Mi ero abituato al fatto che accadesse e non ci facevo più caso.
Poi un giorno, quando ero più grande, avrò avuto quindici anni, avevo letto una frase che mi aveva lasciato a bocca aperta: I déjà-vu sono il modo che ha il destino per dirti che sei esattamente dove dovresti essere.
Sorrido ancora quando mi metto le mani in tasca.
Mi guardo intorno in cerca di una distrazione. Inizio a saltellare da un piede all’altro. Fa così schifosamente freddo.
Comprare un giornale all’edicola della stazione? Se fossi una ragazzina sarebbe così facile. Un giornale a caso e la mia mente sarebbe occupata da uomini mezzi nudi, pop star sorridenti dalle prime pagine e gossip scadente per almeno una buona ora. No, decisamente quei giornali non fanno al caso mio.
“Ciao” dice qualcuno alle miei spalle
“Ciao” dico io girandomi a guardarlo.
“Sai per caso cos’è successo al treno per Mullingar?” chiede e io scuoto la testa
“Ah guarda, lo sto aspettando anche io... non c’è speranza”
“Magnifico” dice lui “grazie”
“Di niente” rispondo poco prima che accada di nuovo.
Déjà vu.
Lui si siede su una panchina a pochi passi dall’edicola. Tiene le braccia strette al petto per cercare di scaldarsi. È un signore ben vestito, sulla quarantina. Porta un cappotto scuro come il mio ma la sua pelle non è del mio stesso inquietante pallore.
“Vuole bere un caffè?” gli chiedo alzando un po’ la voce per farmi sentire. Mi sono accorto di aver iniziato a dargli del Lei e se ne accorge anche lui quando: “dammi del tu”
“Ok... ehm... ti va?”
“Non ho moneta” dice tornando a guardare da un’altra parte
“Offro io” dico “Insisto, dai. Ti congelerai qui fuori”.
Così sbuffa, si alza, mi sorride anche se cerca di nasconderlo alzando la sciarpa fino a coprirsi la bocca.
Ci incamminiamo verso l’odore di brioches e caffè.
Vecchi cartelloni con le immagini dei gelati in vendita mi fanno salire brividi di freddo lungo la schiena. Sono due vecchi laminati incrostati di ruggine con coloratissimi disegni di prodotti che nemmeno credevo vendessero più. Persino quel gelato con le barzellette scandenti che mi facevano ridere un sacco quando ero bambino. Li vendono ancora?
Apro la porta e capisco immediatamente di aver fatto la scelta giusta: finalmente calore. L’ultima nuvola di condensa accompagna le mie parole :“Possiamo sederci?”
Indico un tavolino rotondo. Da un lato una panca ricoperta con una stoffa lurida, dall’altra due sedie in metallo. Opto per una sedia e anche l’uomo con me. Siamo seduti vicini e ci sorridiamo perché entrambi abbiamo accuratamente evitato la panca.
Il bar è quasi deserto se si esclude un signore di mezza età e i suoi insulti ad una rumorosa slot machine.
“Mi porta un cappuccino, per favore?” dico
“Due” mi fa eco l’uomo e credo sia venuto il momento di presentarsi.
 “Mi chiamo Niall” dico porgendo la mano
“Zayn” risponde lui.
E il momento dopo entrambi vorremmo rispondere di sì alla domanda “cacao?” del barista ma siamo troppo impegnati a dire all’unisono, dentro un sorriso: “déjà vu”.
 
 
 
 
  
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