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Autore: CarlottAlien    07/11/2013    1 recensioni
"[...] L'odore di quel demone l'aveva inebriata, non aveva mai sentito nulla di simile,ma si riscosse immediatamente. [...] Sembrava un daiyokai, ma non ne era sicura. O non voleva crederci. Sapeva che, contro di lui, non avrebbe avuto scampo."
Spero di avervi incuriosito almeno un pochino ^^ se amate Sesshomaru, leggeteeeee ^^
Genere: Drammatico, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sesshoumaru
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 3

 

  Il sole, mentre spuntava all’orizzonte, era un’enorme palla di fuoco che, con i suoi caldi raggi, inondava tutta la valle dei Lupi Bruni come un oceano di luce, infiltrandosi tra le folte chiome degli alberi e rendendo la foresta un luogo magico.

Mentre la luce si insinuava tra i rami, le foglie, le radici degli alberi, entrava nelle tane degli animali annunciando il nuovo giorno, facendo sparire progressivamente le ultime ombre della notte ormai passata, arrivò anche allo spiazzo dove troneggiava la Grande Quercia, dipingendola con i colori caldi del giorno e svegliandola dal suo sonno. Intorno a quel maestoso albero regnava un’insolita pace, una sorta di quiete mistica creata dalla sua potente aura benevola, che rendeva quel luogo quasi sacro.

Anche Hitomi si godeva il sole appena tiepido sul viso, mentre sedeva sopra alla Quercia completamente assorta nei suoi pensieri. Grazie a quel luogo e a quell’albero riusciva ad uscire per un po’ da ciò che la circondava, dandole la possibilità di scrutare dentro sé stessa e pensare con razionalità. Quella mattina, però, il conflitto interiore con cui aveva a che fare era parecchio duro da risolvere.

Quella notte non era tornata alla Tana con suo padre, era rimasta nella sua foresta cercando di sbollire la rabbia che l’assaliva ogni volta che ripensava alla conversazione tra lei e Akeshi.

 

   […]“Non ne arriverà nessun’altro, te lo assicuro. E ti garantisco anche che nessuno verrà a sapere di questo.”

 

Così le aveva detto suo padre, senza darle spiegazioni dopo aver distrutto il corpo del Gaki morto. Aveva corso per la foresta finché i piedi nudi non cominciavano a dolerle. Forse sarà stato il dolore fisico a farla tornare in sé, ma dopo aver corso per quasi tutta la vallata si fermò. La rabbia era scomparsa, lasciando posto ad un’idea ben chiara e precisa. Fu allora che tornò indietro, verso la sua Quercia, si sedette ed entrò come in trance, cercando di risolvere quel groviglio di pensieri che aveva nella testa.

Con l’arrivo del nuovo giorno arrivò anche per Hitomi la consapevolezza di ciò che doveva fare, di quello che era giusto per lei. Si alzò in piedi, fissando bene la direzione che avrebbe preso e che, forse, l’avrebbe allontanata dal suo stesso clan. Sapeva che suo padre la teneva costantemente sotto controllo, percependo i suoi movimenti grazie alla sua aura. L’aveva tenuta d’occhio tutta la notte, lei lo sapeva, sentiva perennemente gli occhi di suo padre addosso, ed era certa che la stesse osservando anche ora, dalla cima della sua tana con gli occhi della sua mente saggia. Appena si sarebbe mossa, pensava, suo padre avrebbe capito dove si dirigeva e probabilmente non l’avrebbe ostacolata, ma avrebbe mostrato verso di lei la più totale indifferenza, in quanto gli aveva palesemente disubbidito. Ma ad Hitomi non importava, sentiva dentro il suo animo che quello che stava per fare era giusto, e sarebbe andata avanti dimostrando a suo padre che ormai era adulta e sarebbe stata in grado di affrontare decisioni difficili, come un vero capoclan.

Scese dall’albero con un agile balzo e scattò verso il luogo da cui non distoglieva mai lo sguardo, sapendo che qualsiasi mossa avrebbe fatto ne sarebbe venuto a conoscenza da li a breve.

Correva come un predatore affamato con lo sguardo fisso su una preda sconosciuta, curioso di sapere il suo sapore. I suoi occhi di ghiaccio scrutavano la foresta che pian piano mutava intorno a lei. Non c’erano rumori, solo il fruscio leggero delle foglie che sfiorava col suo corpo, che si muoveva sinuoso nella foresta.

Ad un tratto la boscaglia cambiò di netto, segno che era arrivata dove voleva essere. Si fermò di colpo, aspettando e ascoltando. Nulla. Nessuno intorno a lei. L’unica presenza pesante che sentiva costantemente era quella di suo padre, che per ora osservava le sue mosse. Ma in cuor suo Hitomi sapeva che, quando avrebbe accennato il primo passo oltre quel sottile confine che era rimasto tra lei e Akeshi, non sarebbe più potuta tornare indietro, se non a testa bassa e con la coda tra le gambe. Ma questo non lo avrebbe mai fatto, soprattutto con suo padre. Alzò la testa, puntando il suo sguardo gelido sul cielo coperto dalle pesanti nubi grigie. Non si guardò indietro e non ebbe il minimo rimorso quando partì nuovamente di corsa, dirigendosi verso i sentieri che portavano nel cuore dei monti Urishima.

 

 

 

  La figura possente del capoclan dei Lupi troneggiava dall’alto della sua tana, le spalle solide come roccia, le mani incrociate dietro l’ampia schiena, mentre fissava le nubi scure che circondavano le Montagne degli Spiriti. Lo sguardo era glaciale, inchiodato verso quel luogo maledetto dove in quel momento si trovava sua figlia. Tutto di lui in quel momento faceva trasparire calma e sicurezza, come un essere saggio e controllato, tuttavia, dentro quel possente corpo, ardeva un fuoco che sembrava indomabile. Rabbia, disapprovazione, delusione, preoccupazione, risentimento. Tutto questo era collegato al gesto di palese disubbidienza che aveva appena compiuto Hitomi. Lei sapeva che lui la controllava e, nonostante ciò, si era presa gioco di lui, ignorando quello che lui le aveva ordinato.

Lui era il capoclan, maledizione!! Per un attimo, un secondo soltanto, Akeshi perse il controllo di sé, e questo gli bastò per disintegrare una parte della parete di roccia che stava al suo fianco.

    ‘Calmati ora, non vorrai perdere il controllo come un ragazzino.’

Il vecchio lupo inspirò profondamente, imponendo a sé stesso di calmarsi. Dopotutto, anche se la collera che lo assaliva era tanta, quella che si stava cacciando nei guai era pur sempre sua figlia.

    ‘Oh, Hitomi…perché stai facendo tutto questo? Cosa vuoi dimostrare?’

Akeshi tornò a fissare le montagne con uno strano gusto amaro che gli attanagliava la gola, seguendo l’aura di Hitomi che, pian piano, scompariva.

 

 

 

  Man mano che si avvicinava, la giovane lupa cominciava a sentire l’oppressione della potente aura demoniaca dei monti Urishima, tanto che dovette frenare la sua corsa per cercare di ragionare a mente lucida.

Fissava ora le nude pareti di roccia che ormai sembravano terribilmente vicine, pronte a schiacciarla come una mosca. In fondo lei cos’era in confronto a quelle entità così antiche e potenti?

L’aura delle montagne cominciava a offuscarle i pensieri e confonderle i sensi, ma cercò di sforzarsi e trovare un passaggio per addentrarsi nel cuore dei monti. Le pareti di  roccia sembravano impenetrabili, senza alcun foro di entrata, e talmente alte che sembravano infinite, come se arrivassero al cielo e lo penetrassero.

    ‘Maledizione…come riuscirò ad entrare?’

Le venne un terribile mal di testa e la vista le si offuscò per qualche secondo, ma concentrò al massimo la sua aura, affrontando apertamente le montagne e i loro spiriti e riacquistando un po’ della sua lucidità.

    ‘La leggenda…parlava di un sentiero…ma qui sentieri non sembrano essercene…!’

Hitomi si guardò intorno in cerca di qualche indizio, magari una traccia di un demone che aveva risalito la montagna, ma non trovò nulla. Doveva prendere una decisione, altrimenti sarebbe rimasta li a vita senza concludere nulla. Cercò, per quanto possibile, di concentrarsi e decise di seguire il suo istinto: avrebbe proseguito verso il confine Ovest, agli estremi del suo territorio, costeggiando la roccia cercando un sentiero.

I suoi sensi ricominciarono ad offuscarsi, il respiro divenne affannoso, perse per qualche attimo il senso dell’orientamento, tanto che dovette inginocchiarsi nella polvere cercando di riprendersi.

    ‘Ma…cosa mi sta succedendo…?’

Gli spiriti delle montagne sembravano non volerla nel loro luogo sacro, ma di certo lei non avrebbe lasciato perdere, sarebbe andata avanti lo stesso, con o senza il loro consenso. Doveva scoprire cosa stava succedendo. Lo voleva.

Si rialzò e cercò di riacquistare più lucidità possibile mentre si incamminava verso Ovest. La giovane lupa, però, non si era accorta della presenza che, nell’ombra, seguiva ogni suo movimento, aspettando il momento giusto per fare la sua mossa.

 

 

  Non appena cominciò a correre, quel senso di oppressione si alleviò abbastanza da permetterle di proseguire il suo viaggio. Il vento tra i capelli e tra la pelliccia le davano un senso di sollievo, anche se l’aria che circondava quei monti era pesante e soffocante.

Sebbene la roccia scorreva alla sua destra, Hitomi non notava alcun tipo di cambiamento. Anzi, sembrava sempre uguale, come se non si stesse muovendo di un solo centimetro da dove era partita, e questo la irritava all’inverosimile.

    ‘Bastardi, si stanno prendendo gioco di me!’

Aumentò l’andatura, sfrecciando tra le rocce e alzando un lieve polverone dietro di sé. Tuttavia, sebbene andava molto più veloce, le montagne sembravano non cambiare, rimanevano sempre identiche a prima, non uno spuntone di roccia in più o una crepa in meno. Hitomi si sentiva presa in giro da qui demoni insulsi e vigliacchi che non osavano neanche mostrarsi a lei, preferivano deriderla alla spalle. Sentiva la rabbia ribollirle dentro, cominciava a perdere il controllo, odiava non essere minimamente presa in considerazione. Si bloccò all’istante, stringendo i pugni e piantandosi gli artigli nei palmi delle mani, macchiando la sabbia del suo sangue. Digrignò i denti e urlò verso le nubi, compatte sopra la sua testa, tutta la sua frustrazione.

Fu proprio in quel momento che la lupa si accorse che qualcosa intorno a lei era cambiato. La luce era cambiata, sembrava entrata in un’altra dimensione. Il cielo non era più grigio per via delle nubi, ma si era tinto di un nero pece inquietante, senza fine. La foresta, invece, era sparita completamente, inghiottita anche lei da quel manto nero. Tutto era diventato un campanello d’allarme, qualcosa stava per succedere, ma la sola cosa che Hitomi notò era il sentiero che si apriva di fronte a lei, pronto per condurla nel cuore delle montagne. Nulla le suonava strano o fuori posto, davanti a lei vedeva solamente la sua metà, ciò che l’avrebbe portata ad una risposta.

    ‘Finalmente! Hanno deciso di farmi passare…’

La lupa scattò in avanti, imboccando quella via che sembrava condurla in un posto peggiore dell’inferno.

 

 

 

   Fino a quel momento era riuscito a percepire la sua aura, sebbene con qualche difficoltà. Ma ora l’aura di sua figlia era completamente sparita e, per quanto cercasse quasi disperatamente una sua traccia, non riusciva a trovarla. Scomparsa, inghiottita da quelle montagne maledette.

    ‘Hitomi, perché…’

Akeshi si passò una mano sul viso rugoso e segnato dal tempo e dalle battaglie, pensando alla fine che avrebbe potuto fare sua figlia se non fosse intervenuto. No, non poteva permettersi di perdere anche lei.

Balzò giù dalla sua tana, e cominciò a correre, cercando di salvare la figlia che rappresentava per lui passato e futuro.

 

 

 

   Mentre percorreva il sentiero che le si era aperto davanti agli occhi, Hitomi decise di camminare. Non sapeva bene il perché avesse smesso di correre, ma percepiva una strana presenza su di lei non appena cominciò a percorrere quella strada, perciò decise di andarci piano e tendere al massimo i suoi sensi. O almeno ci provava. L’aria era diversa da quella che circondava i monti, molto peggiore e più opprimente, tanto che la giovane lupa dovette socchiudere gli occhi a causa del terribile mal di testa che le era salito. Nonostante tutto continuava ad andare avanti senza mai voltarsi, anche perché una strana sensazione la colpiva quando tentava di guardarsi indietro, come se ci fosse un’entità che non le staccasse gli occhi di dosso.

     ‘Non mi farò di certo intimorire da questi quattro demoni che credono di spaventarmi! Tsk, cosa pensano di fare…’

Tuttavia, sentiva con chiarezza che la sua avanzata era sempre più faticosa, sia per il suo fisico, indebolito dalle strane esalazioni che la circondavano, sia per la sua mente, continuamente oppressa dall’aura delle Montagne degli Spiriti. Vedeva ben poco davanti a sé, la vista le si appannava di continuo ed ora…non poteva crederci, addirittura le allucinazioni! Le sembrò di vedere due spiriti che giocavano davanti a lei e che la deridevano. Si, non si sbagliava, la stavano davvero deridendo. Cercò di urlare la propria frustrazione, ma la bocca era come legata, era senza saliva e solo tentare di deglutire le provocava un bruciore alla gola insopportabile. Sudava, le girava la testa mentre cercava il più possibile di trattenere in sé un minimo di lucidità, ma in un istante le gambe le cedettero e fu costretta ad inginocchiarsi nella polvere. Ma quella era davvero polvere? Aveva una strana consistenza, si portò le mani davanti agli occhi e le parve di vedere del sangue.

    ‘Sangue…? Mio dio…dove sono?’

Alzò lo sguardo e si ritrovò in un posto completamente diverso da quello di prima. Tutto era iniettato di rosso, l’aria irrespirabile carica di esalazioni tossiche, urla di anime disperate le rimbombavano in testa. Era finita all’inferno?

L’odore acre e pungente di cadaveri in putrefazione era talmente forte e insopportabile che Hitomi vomitò. O credette di vomitare, ormai non era più sicura di trovarsi nella realtà oppure in qualche mondo distorto.

In preda alle allucinazioni vide avanzare verso di sé, in mezzo al fumo, una figura alta e slanciata, un essere incappucciato e coperto da un lungo manto nero che non lasciava trasparire nulla di sé. Solo quando fu a pochi passi da lei, Hitomi poté notare il respiro leggero che usciva da sotto il cappuccio.

     ‘Allora è vivo, non è uno spirito…’

La lupa lo fissava, cercando di memorizzare qualche particolare di quella strana creatura che, ad un tratto, le parlò.

     “Non osare mai più sfidare il Regno dei Morti. La presunzione è un peccato che può essere pagato a caro prezzo.”

L’ultima cosa che Hitomi vide con chiarezza fu il braccio scheletrico della creatura che usciva dal suo manto per cercare di toccarla, prima di svenire e cadere nel vuoto più nero e profondo.

 

 

 

   Si muoveva. Impossibile, sulle montagne ricordava l’orrenda morsa che le aveva attanagliato le gambe, impedendole di muoversi. Un sobbalzo. Eccole, le gambe. Le sentiva a penzoloni. Era per caso sospesa?

Non ricordava più nulla dopo essere svenuta. L’unica immagine che le balenava in testa era quella creatura nera simile alla morte che cercava di toccarla per strapparle l’anima e gettarla in pasto ai demoni. Cercò di aprire gli occhi, ma la sua vista era ancora appannata. Un senso di nausea le attanagliava lo stomaco, tuttavia sentiva una bella sensazione sul suo viso. Era qualcosa di caldo. Subito le venne in mente il sangue che la circondava fino a poco tempo prima; ma no, questo non era sangue. Era morbido e…profumato. Si, le sue narici erano impregnate non più dell’odore marcio di cadaveri ma di un odore fresco di erba e foresta. Quell’odore le ricordava qualcosa, ma al momento le sfuggiva, non sapeva perché. La testa le faceva terribilmente male. Tentò ancora di aprire gli occhi. Li socchiuse appena e riuscì a scorgere un profilo affilato, glaciale e lunghi cappelli argenti, prima di svenire di nuovo ed abbandonarsi a quel profumo soave.

 

 

 

 

Ciao a tutti i lettori! ^^

Scusate se faccio così tanta fatica ad aggiornare la storia,

ma quest’anno ho la maturità

e sono davvero PIENA di studio e il tempo per scrivere rimane davvero poco >.<

comunque spero di aver scritto un capitolo decente e all’altezza delle vostre aspettative xD

non anticipo nulla, non mi piace rovinare la sorpresa a nessuno!

A presto! ^^

  
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